Creato da: MICHELEALESSANDRO il 15/07/2012
PREISTORIA UMANA E TRADIZIONALISMO INTEGRALE

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IL FEMMINILE

Nel post precedente avevamo iniziato con la nota di Filone di Alessandria, per certi versi paradossale, secondo la quale il termine “maschio” si riferisce al regno del tutto privo di differenziazione sessuale (Nous, Logos, Dio stesso), mentre “femmina” al regno materiale che, a sua volta, porta in sé la polarità maschio-femmina.

In effetti se andiamo ad approfondire il significato del termine greco Nous, vediamo che questo identifica un elemento di qualità, spirituale ed archetipico, che in ebraico corrisponde a neshimah, l’intuizione intellettuale, facoltà trascendente, che va oltre all’uomo stesso, superiore alla ragione perché questa è di matrice ancora psichica e quindi sottoposta a mutevolezza ed incertezza. Questo è quindi il “maschio” al quale si riferisce il filosofo alessandrino, considerato cioè secondo una prospettiva che qui non lo vede “correlarsi”, su un piano più o meno “orizzontale”, alla “femmina”: corrisponde, di conseguenza, all’Adamo ancora androgino e letteralmente polare.

Sotto tale ottica si può ricordare come, ad esempio, anche S.Ambrogio in qualche modo avvicini Adamo al Nous. Sappiamo comunque che, in questa fase, la “femmina” appare ancora “contenuta” nel maschio in qualità di sua potenzialità, di possibile “corpo” sostanziale e più basso che da lui dipende, in quanto suo principio immediato. In questo caso, riteniamo che la femmina possa essere fatta corrispondere all’insieme potenziale della manifestazione formale (o individuale) tutta, secondo i termini esposti dal metafisico Renè Guenon: infatti, in varie e diffuse concezioni tradizionali, l’insieme del mondo corporeo-mentale riveste natura passiva e femminea. A tale proposito, è opportuno ricordare come molti Padri della Chiesa consideravano Eva, la femmina per eccellenza che “esce” da Adamo, quale simbolo dell’anima-corpo, mentre per Origene il femminile rappresentava la creatura radicata nella manifestazione. Nella stessa direzione si muove Coomaraswamy quando segnala il “Sé”, che nasce dal seno divino, corrispondere all’Uomo interiore e costituire la Persona vera, sovra individuale, mentre quello che chiama l’Uomo esteriore – cioè l’aggregato psichico-fisico – nasce dalla donna; ne deriva che l’individualità esteriore di un essere umano (maschio o femmina) sia sempre di natura femminile rispetto al Sé interiore, che rappresenta la parte maschile del composto. Evola evidenzia come il femminile corrisponda all’instabile, al mutevole, al sub-lunare ed è sostanza animatrice, psyche, forza-vita; inoltre tale forza-vita femminile dell’essere eterno, quando la manifestazione procede dall’Uno, praticamente lo “cronifica”, cioè sviluppa questo essere, in sé immutabile, nella dimensione temporale, da cui il chiaro ed importante collegamento del femminile “in azione” con il simbolo del tempo, il titano Kronos. E’ inoltre significativo che il termine arabo “El-Hayah”, appellativo della vita, sia molto simile a quello del serpente (El-hayyah), mentre in ebraico hayah significa a un tempo vita ed animale e così appare evidente quanto sia stretto il rapporto tra il serpente ed Eva (la “vivente”).

Riprendendo alcuni accenni evoliani, in particolare sul “demonismo” dell’elemento femminile, crediamo inoltre sia plausibile avvicinare quest’ultimo alla funzione demiurgica già descritta in relazione agli eventi avvenuti precedentemente; nella misura in cui esso trovi, com’è ovvio che sia, una sua collocazione nell’ambito del disegno cosmico, può cioè esservi un parallelo con l’angelo Lucifero che, essendo in origine il più bello, partecipava anch’egli a suo modo della globalità, dalla quale però ad un certo punto volle astrarsi. Già Evola ricordava come nello gnosticismo la natura femminile veniva considerata il “mondo del demiurgo”; caratteristiche che possono essere di volta in volta, ed in modi diversi, impersonate da figure come Kronos, Lilith, Prometeo. E’ ovvio che l’aspetto femminile sia più chiaramente riconoscibile in Lilith, prima moglie di Adamo secondo le mitologie mesopotamiche, mentre lo è meno in Prometeo e Kronos, ma i due titani, come vedremo più avanti, tradiscono nel loro agire innegabili aspetti “lunari” e quindi indirettamente femminili. Di conseguenza, sotto questo aspetto, la “femmina” rappresenta una parte del disegno globale, della quale però non può sfuggire il suo stato di subordinazione ontologica rispetto all’elemento maschile, come anche Evola ebbe spesso modo di sottolineare; la stessa immagine biblica della creazione di Eva, per arrivare alla quale è necessario l’utilizzo del corpo di Adamo, può essere letta come il ricorso ad un modello, ad un prototipo, al quale è necessario fare riferimento. Per Paolo, infatti, come l’uomo è l’immagine di Dio, la donna è l’immagine dell’uomo, mentre, in termini più generali, è stato notato il fatto che la creazione della donna da una parte del corpo maschile presenti numerosi paralleli nei vari miti delle origini del mondo. A questo livello, l’interpretazione del maschio come causa esemplare può quindi confermarci nel consideralo secondo i suoi aspetti sovra-formali in rapporto a quelli sottostanti “femminili”, individualizzati e psichico-grossolani, che poi però, secondo l’iniziale accenno di Filone alessandrino, andranno a polarizzarsi a loro volta; per certi versi, paradossalmente, è quindi nell’ambito di questa femmina che andrà allora a delinearsi quell’Adamo psichico già precedentemente menzionato (e non a caso definito anche Eva o Afrodite), evidenziando ancora una volta la netta polivalenza della simbologia tradizionale ed una marcata transitorietà delle denominazioni e delle caratteristiche funzionali che avevamo già sottolineato in precedenza. 

Le note di cui sopra possono tuttavia valere come brevi considerazioni di carattere generale nel rapporto intercorrente tra il maschile ed il femminile del piano umano. Nella fase in cui non si è ancora verificata la polarizzazione tra di essi (cioè durante tutto il primo grande anno del Manvantara), la femmina, però, non può pienamente estrinsecare tutte le sue possibilità di manifestazione e quindi rimane “contenuta” nell’ambito dell’unità androginica, limitando il suo apporto alla sola corporeità sottile della prima umanità, sostanziata di Etere, e la cui potenzialità plastica rappresenta infatti il “principio” dei successivi elementi che si dispiegheranno più tardi. 

                    

 

 
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