Creato da: MICHELEALESSANDRO il 15/07/2012
PREISTORIA UMANA E TRADIZIONALISMO INTEGRALE

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Messaggi di Ottobre 2012

 

LA VIA POSITIVA DEL DEMIURGO

Post n°24 pubblicato il 07 Ottobre 2012 da MICHELEALESSANDRO
 

 

Come dicevamo più sopra, esiste per il Demiurgo non solo la possibilità della ribellione e della conseguente caduta luciferica, ma anche quella dell’azione in piena conformità al superiore Principio spirituale che lo regge.

E’, questa, la prospettiva nella quale, in ambito cristiano, si sottolinea come Dio, nella creazione, sembra servirsi dell’ausilio di entità subalterne, facendo anche ipotizzare a Meister Eckhart che l’uso della persona plurale nel passo genesiaco “facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza” rappresenti una chiara indicazione dell’intervento di angeli intermedi tra il Principio e gli enti inferiori. Anche in ambito extra-cristiano sono numerosi in ogni tradizione i riferimenti ad un Demiurgo creatore del cosmo e dell’uomo. Ci limitiamo a ricordare, ad esempio, il serpente Ofione, detto anche Borea, presente sia nel mito ebraico che in quello egiziano (ed altrove inserito nella stirpe dei Titani), del quale ci sembra significativa sia la sua natura ofidica, in questo caso evidentemente non malefica, che il nome Borea, dai chiari rimandi nordico-polari. Anche i nativi australiani ricordano gli Antenati Mitici che, durante il “Dreamtime”, non generarono la realtà attuale dal nulla ma, operando appunto in modo demiurgico, trasformarono un materiale preesistente, informe ed indifferenziato (“masse semiembrionali di bambini sviluppati a metà”) per creare l’uomo qual è oggi. Degno di particolare nota, ci sembra pure il mito dei Mordvini, per i quai fu proprio lo stesso Sajtan, qui chiaramente visto nel suo aspetto “benevolo”, a creare l’uomo.

Ora, quindi, la potenza demiurgica guarda e riconosce l’Androgine come diretta immagine del Principio, e sovente ciò avviene fino al punto di identificarsi / sovrapporsi ad esso, se è vero che, ad esempio, nei complessi sistemi gnostici accade che il primo Adamo, quello pre-fisico, spesso presenta caratteristiche demiurgiche egli stesso. In un’altra versione di questi, è l’entità chiamata Sofia-Zoe che crea l’Adamo “psichico”, denominato anche Eva o Afrodite, da cui il rapporto con la bisessualità. Nell’articolata antropogonia gnostica trovano posto anche un Adamo “pneumatico”, parte spirituale più vicina al Principio, e l’Adamo “terrestre”, che si manifesterà più tardi ancora, ma è proprio la figura di Sofia-Zoe che ci sembra particolarmente interessante in quanto presenta attributi femminili rispetto a Dio (in quanto sua “manifestazione”), ma contemporaneamente androginici rispetto all’umanità. Fu probabilmente questa situazione di equidistanza tra una fisicità non ancora completatasi ed una uranicità non più assoluta, in quanto ormai rivolta verso il mondo, che orientò Platone a porre l’Androgine sotto la tutela della Luna, a metà strada tra Cielo e Terra, e ciò forse anche per la sua già segnalata “relativa” femminilità in rapporto al Principio supremo. La stessa traccia interpretativa ci sembra ravvisabile nei passi evoliani dedicati agli enigmatici Nephelin: in alcune situazioni questi assumono chiaramente le vesti dei “caduti”, secondo la linea demiurgica discendente descritta nei post precedenti, mentre invece altrove, ad esempio nello stadio in cui anticamente furono gli “uomini gloriosi” citati nel sesto capitolo del Genesi, corrispondono tout-court alla “razza originaria, potente e divina, androginica” della paradisiaca età aurea.  

Ma il Demiurgo non è tale se non posto in relazione ad una materia prima da plasmare. Come dicevamo più sopra, tale materia, che corrisponde alla “terra” utilizzata da Dio per modellare Adamo nel secondo capitolo del Genesi, è quella che nel frattempo è venuta a crearsi con la contemporanea caduta luciferica. Anche in ambito extra-biblico si trovano significative analogie sull’origine di questo primario elemento di base. Ad esempio, Mircea Eliade ci ricorda come, nel mito greco, gli uomini sarebbero stati creati utilizzando le ceneri dei Titani folgorati da Zeus nel momento conclusivo della “titanomachia”; a rigore, andrebbe detto che tale episodio dovrebbe collocarsi solo alla fine dell’età dell’oro ed inaugurare la sua reggenza che, successiva a quella di Kronos, tradizionalmente segna il passaggio all’età dell’argento. Ma, come ebbe modo di notare anche Ugo Bianchi, nel Mito il riferimento a “Zeus” molto spesso è del tutto generico e quindi può riguardare fatti anteriori al suo effettivo avvento; ciò, riteniamo, secondo una trasposizione analoga a quella dei “Figli di Dio”, che nel Genesi appaiono appena al sesto capitolo, ma purtuttavia, come abbiamo visto, potrebbero rappresentare (anche) eventi ben precedenti. Eliade ricorda anche altri miti, di origine mesopotamica, nei quali la materia prima della quale sarà poi costituito l’uomo è, pure qui, di natura demoniaca: è il caso del sangue di Kingu, che anticamente era stato uno dei primi Dei ma poi era divenuto il capo della fazione dei Demoni, e la cui analogia con la figura del Lucifero caduto ci sembra piuttosto chiara.

Ora però il Demiurgo estrinseca l’aspetto “positivo” e pienamente conforme al Principio, apparendo come un suo mero strumento per la creazione antropo-cosmica: in tale visuale corrisponde a “Ruach”, il biblico soffio divino (assimilabile anche all’indù “Hamsa”, mitico cigno-veicolo di Brahma e sul quale torneremo più avanti) che, agendo sulla materia primordiale, costruisce l’Adam Ha-Rishon immortale, “principio” dell’uomo sensibile. Ma la presenza dell’anzidetto elemento materiale, pone ora l’intervento demiurgico al livello della manifestazione che, per utilizzare le categorie guenoniane, è quello “formale” o “individuale”, ancorchè secondo noi, ancora “sottile” e non grossolano: prendendo a modello l’Androgine bisessuato, viene quindi plasmato il sottostante Adamo del secondo capitolo del Genesi, il quale, non a caso, Leopold Ziegler ricorda essere ancora “unico della sua specie e non accoppiato”. Per Titus Burckhardt questo “soffio vitale”, esso stesso costituito di materia sottile, appartiene al mondo intermedio posto tra Cielo e Terra, “vento” che – associato anche al Mercurio – nel proprio ventre porta il germe spirituale: rispetto al Principio trascendente ricopre quindi una funzione passiva e ricettiva, esattamente come riceve ed “assume” l’immagine androginica.

In tale prospettiva, Evola segnala come in ambito gnostico il mondo del Demiurgo rivesta infatti carattere femminile (più sopra avevamo accennato alle caratteristiche di Sofia-Zoe) di cui la “mercurialità” è senz’altro un carattere distintivo. Ma il mondo animico, come ci ricorda Guenon, può assumere, a seconda del punto di vista dal quale lo si considera, gli attributi dell’essenza o quelli della sostanza, il che gli conferisce una parvenza di duplice natura; e, quindi, la potenza demiurgica appare nello stesso momento attiva e formatrice in rapporto al complesso della sottostante manifestazione formale in tutte le sue estensioni. Tale concetto, in rapporto al particolare caso dell’antropogenesi, è probabilmente riassunto nell’idea, sempre originante dalle correnti gnostiche, che il Demiurgo creò sia il corpo umano, sia la sua forma sottile, indicata come Psychè, ovvero l’anima. Quindi, per la sua posizione intermedia, è il Demiurgo stesso a rappresentare l’Anima del ternario composto dalla sovrastante immagine archetipica androginica, che simboleggia lo “Spirito”, e dal sottostante Adamo terrestre che ne è il “Corpo”; come dicevamo, però, questo “corpo” consta di un elemento sostanziale che nell’Adam Ha-Rishon viene definito “polvere” sottile e che anche a parere di Leopold Ziegler non può ancora corrispondere a quello attuale e solidificato.

 

 

 

 
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L'UMANITA' PROTOTIPICA

Post n°25 pubblicato il 13 Ottobre 2012 da MICHELEALESSANDRO
 

L’esegesi biblica si è spesso soffermata sul significato della formazione di Adamo con polvere della terra, descritta nel secondo capitolo del Genesi.

Significativamente – come concludevamo nel precedente post – da più parti si è sottolineano come tale plasmatura non debba essere intesa (non ancora, almeno) nel senso dell’elemento corporeo dell’uomo, evidenziando come siano piuttosto precisi i riferimenti all’utilizzo non della parte grossolana e “spessa” della terra (’adamah), ma del suo stato più leggero (‘afar): a quell’elemento, cioè, più puro e “meno materiale” della materia stessa che secondo il Talmud fu preso dal Centro del mondo, sul monte Sion. Per Jakob Bohme, a costituire la parte sostanziale di Adamo, “uomo virginale” plasmato a perfetta immagine di Dio, fu infatti la “terra paradisiaca” che in lui assume un valore “quintessenziale”, tradizionalmente associabile all’elemento “Etere”. Anche per Schuon è l’etere stesso – quinto elemento – che di fatto rappresenta l’uomo primordiale, l’uomo come tale, e questa “protomateria sottile” costituisce il punto di partenza del mondo corporeo, che si estende senza soluzione di continuità dagli stati più sottili ed impalpabili a quelli più opachi, densi e pesanti. Renè Guenon ricorda come l’etere, elemento nel quale l’azione del guna Sattwa si estrinseca al massimo grado, rappresenti, nel suo ordine, la “non-manifestazione” principiale e cosmologicamente l’idea del Centro, mentre, nei confronti del mondo corporeo, ne costituisca il principio più immediato per il tramite degli altri quattro elementi classici (Aria, Fuoco, Acqua, Terra); nello stato di indifferenziazione primordiale, Guenon segnala inoltre come l’etere contenga in potenza tutti i corpi e la sua stessa omogeneità lo renda capace di ricevere tutte le possibili forme nelle loro varie modificazioni.

Ma il metafisico francese ricorda anche come l’etere corrisponda, in ambito indù, alla casta primordiale Hamsa (il cui nome è analogo a quello del cigno e del soffio divino, già più sopra incontrati), ovvero la prima “razza” unitaria, che anche Julius Evola riconosce essere anteriore ad ogni successiva differenziazione. Le caratteristiche chiaramente auree di tale super-entità originaria, collegata al primo grande anno del Manvantara – e della quale nessuna delle attuali popolazioni umane può considerarsi erede diretta – erano tali che Hamsa, dal punto di vista delle caste tradizionali, presentasse una situazione di perfetto equilibrio dei tre gunas, sintetizzando nel contempo, a livello superiore, le funzioni delle due più importanti caste sottostanti, ovvero quella sacerdotale (brahmana) e quella guerriera (kshatriya).

Questi due poteri, nell’ambito mitologico della Tradizione Romana, vengono ancora da Guenon ricordati e riassunti nella figura unitaria di Giano che, come  notavamo, regnò in un periodo antecedente a quello di Saturno; emblematizzati nei simboli del cinghiale (sacerdoti) e dell’orso (guerrieri), anche secondo altri autori furono dominati ed armoniosamente conciliati dalla divinità bifronte, prima della loro separazione / polarizzazione che ebbe luogo in un momento sicuramente posteriore (ed il cui significato verrà approfondito in seguito).

Nel mito ellenico un analogo ricordo di tale fase primordiale ed unitaria, oltre al già citato Androgine platonico, è rappresentato dalla prima delle cinque razze riportateci da Esiodo, ovvero quella aurea, beata ed immortale, che al termine del suo ciclo venne mutata in una compagine di demoni epictonii (ma non nell’accezione negativa veicolata dal Cristianesimo); furono entità che, divenute invisibili per gli uomini delle ere successive – ma non costrette ad un soggiorno sotterraneo – sono descritte con caratteristiche sicuramente benigne e, in qualche modo, “protettive” nei confronti di una più recente umanità “ordinaria”. Julius Evola le identifica ai già incontrati Veglianti, evidentemente anch’essi considerati non nel loro aspetto “infero”, ma in quello positivo.

Il ricordo di questa prima umanità esiodea si sovrappone e si avvicina, secondo vari studiosi tra cui Ugo Bianchi, a quella menzionata nel filone mitologico facente capo al Titano Prometeo, che secondo alcune versioni ne sarebbe anche il plasmatore, assumendo quindi quelle caratteristiche pienamente demiurgiche più sopra descritte. E’ stato notato come l’umanità prometeica appaia informe, prototipica e “non terrestre”, risultando sottoposta a delle condizioni di esistenza diverse da quelle attuali; ma sarà proprio Prometeo, intermediario-separatore con gli Dei superiori, che per mezzo dei suoi atti, spesso maldestri e fraudolenti, creerà tutta una serie di conseguenze che finiranno con il condurre quell’umanità ancora mitica alla situazione attuale. Da un’esistenza indistinta ed una vita in comune con le entità divine, si arriverà quindi alla separazione ed alla definizione dei rispettivi ruoli nell’incontro di Mecone; dopo questo cruciale evento, come punizione per i sotterfugi del Titano, le divinità superiori invieranno all’uomo Pandora – la prima donna – ad ulteriore conferma del fatto che l’umanità prometeica viveva in una condizione probabilmente analoga a quella androginica già altrove descritta.

In definitiva, sulla base degli elementi raccolti, quali conclusioni possiamo trarre in merito al primo Grande Anno del nostro Manvantara ?

A nostro avviso, la più importante è che raffigurazioni quali l’Adamo plasmato di polvere sottile, la casta Hamsa sostanziata di etere, la prima razza immortale di Esiodo, l’informe umanità prometeica, ecc... rappresentano diverse immagini per definire una stessa realtà di fondo: quella di un’umanità – se così possiamo già definirla – non ancora fisicizzata secondo i canoni odierni e quindi praticamente impossibile da rinvenire sotto forma di resti fossili. Resti che infatti, nel periodo tra  65.000 e 52.000 anni fa, o latitano del tutto, o sono fortemente controversi.

Dall’unità primordiale, prototipica ed androginica del primo Grande Anno si passerà quindi alla dualità maschio-femmina: ciò costituirà indubbiamente uno degli eventi di maggior discontinuità nella storia arcaica dell’Uomo, contrassegnando il passaggio al secondo Grande Anno del nostro Manvantara come, più nel dettaglio, avremo modo di vedere nei prossimi post.   

 

 

 
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