Creato da: MICHELEALESSANDRO il 15/07/2012
PREISTORIA UMANA E TRADIZIONALISMO INTEGRALE

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EVOLA E GUENON: IL PROBLEMA DELLA MONOGENESI

Post n°4 pubblicato il 19 Luglio 2012 da MICHELEALESSANDRO
 

Come lo stesso Julius Evola scrisse nella sua autobiografia (Il cammino del cinabro) la sua interpretazione della storia venne elaborata attraverso una sintesi articolata delle vedute di Renè Guenon, di Herman Wirth e di Johann Jakob Bachofen. Quest’ultimo autore, com’è noto, espresse nella sua corposa opera il concetto che la chiave fondamentale della dinamica storica di tutte le civiltà, risiedesse fondamentalmente nell’alternanza, e spesso opposizione, di fasi matriarcali e di fasi  patriarcali di dominio.

Da vari studiosi in ambito tradizionale è stato in effetti rilevato che l’influenza, senz’altro notevole, che le categorie bachofeniane esercitarono sulle elaborazioni di Julius Evola, rappresentano un elemento tutto sommato abbastanza isolato nell’ambito degli autori che si accostarono allo studio delle dottrine tradizionali, qualcuno anzi sottolineando come tali categorie, da questo punto di vista, non possano essere sorrette da alcuna autorità dottrinaria. Ma è proprio da tali categorie che Evola ricevette un’impostazione che possiamo senz’altro definire “dualistica”, la quale probabilmente non lo abbandonò mai e che gli trasmise la tendenza in ogni ambito e quindi anche in quello storico, che qui più ci interessa, ad intravedere maggiormente gli elementi separativi piuttosto che quelli unitari ed a contrapporre dottrine che invece, con un diverso approccio interpretativo, avrebbero potuto essere lette come aspetti certamente diversificati ma pur sempre riconducibili ad un’unica realtà spirituale di fondo.

Si arriva così alla situazione, per certi versi paradossale e problematica, che Evola, pur ammettendo a priori una “Tradizione Primordiale”, arrivi poi a postularne due opposte formulazioni, una cioè legata al Nord e poi all’Occidente, l’altra legata al Sud e poi all’Oriente. Nei sui scritti di carattere storico-tradizionale il pensatore romano, non rinuncia infatti mai a mantenere una differenza non conciliabile tra una “Luce del Nord” ed una contrapposta “Luce del Sud”, quali riflessi di civiltà che sembrerebbero inassimilabili l’una all’altra ed irriducibilmente separate fin dai tempi delle primissime origini umane. Va tuttavia evidenziato come per Evola il contesto che avrebbe accompagnato la “Luce del Nord” (da lui connessa alla primordiale spiritualità olimpico-solare) sarebbe legato alle avverse condizioni climatiche drammaticamente sopraggiunte nell’habitat delle primordiali razze boreali, portando questa a dover sviluppare particolari attitudini di dinamismo culturale e di “virilità” spirituale: a nostro avviso, questa è un’ulteriore conferma di quanto accennavamo nel post precedente, ovvero il fatto che Evola consideri come primordiale una fase che invece non lo è già più, in quanto contrasta apertamente con le condizioni edeniche da “eterna primavera” che miticamente avrebbero contraddistinto la vera Età dell’Oro.

Questo dualismo, continuamente presente "sottotraccia" nel pensiero evoliano, riteniamo segni una netta differenziazione concettuale rispetto a Guenon, nel quale l’originaria unitarietà iperborea non viene mai seriamente intaccata da alcuna successiva contrapposizione tra nord e sud, della cui l’inconsistenza dottrinale egli ebbe anzi a scrivere, ritenendola erronea ed in definitiva equivalente alla posizione di chi nega del tutto l’esistenza originaria di una Tradizione Primordiale.

Da qui, di conseguenza, il silenzio quasi completo di Julius Evola sull’esistenza di una fase storica veramente primordiale ed unitaria, dalla quale si sarebbero lontanamente originate anche le forme umane e le civiltà che invece, in linea con le ipotesi di Herman Wirth, Evola di fatto tende a considerare come autoctone del sud del mondo. Ed infatti, a conferma di ciò, non risulta che nelle elaborazioni evoliane siano mai presenti concetti esplicitamente validi per l’umanità nel suo complesso (entità che, anzi, tende a negare come organismo unitario) e questo pur in un quadro indubbiamnte più dettagliato di quello guenoniano nella raffigurazione degli eventi preistorici più remoti. Rarissime eccezioni a questa linea sono date, a quanto ne sappiamo, da accenni veramente fugaci: in un’occasione Evola ricorda la primordiale “razza” unitaria Hamsa (della quale parleremo più avanti), anteriore ad ogni successiva differenziazione umana, mentre in un altro, menziona la dualità latente del principio generatore unico che ha nutrito i due gemelli Romolo e Remo, così opposti (Romolo è votato alle divinità maschili, celesti e solari, mentre Remo a quelle femminili, ctonie e lunari), ma tuttavia nati dalla stessa Lupa, fratelli ricordati come chiave interpretativa delle stesse “origini umane”.

Ma, a parte le eccezioni sopra, non sembra che, più nello specifico, nella sua opera Evola utilizzi mai il termine “Manvantara”, già accennato nella premessa, come “cornice” generale di un completo ciclo umano. Di fatto egli quindi appare come un “poligenista”, soprattutto quando interpreta l’origine delle popolazioni australi di colore come “residui involuti di cicli precedenti”, dando a nostro avviso alla parola “cicli” il significato di umanità (e quindi Manvantara) anteriori a quella attuale. Ed, aggiungiamo, nel pensiero evoliano non sono solo le popolazioni del sud ad apparire come residuali e decadute, ma spesso anche quelle mongoliche ed orientali che pur in altri punti, citando tradizioni cinesi e tibetane, Evola, contraddittoriamente, riconduce anch'esse ad un’origine nordica.

 

Dal canto suo, Renè Guenon invece propende – implicitamente, ma riteniamo abbastanza chiaramente – per una monogenesi umana, sia per il frequente utilizzo nei suoi scritti del concetto di Manvantara, che quindi riveste per lui un’importanza non secondaria, sia perché rimarca chiaramente la scomparsa da questo livello di esistenza di tutte le umanità vissute nei Manvantara precedenti al nostro. Il metafisico francese sottolinea infatti come tutto ciò che riguarda la manifestazione corporea relativa ad un dato ciclo, al suo termine letteralmente si volatilizzi dal piano materiale; nello specifico viene utilizzato l’esempio degli “antichi re di Edom”, che nella sua interpretazione rappresentano le umanità dei precedenti Manvantara, trascorsi i quali finiscono in una modalità extracorporea del Manvantara attuale. Per Guenon quindi ogni umanità parte da una sorta di “tabula rasa”, con la sua età dell’oro e via seguendo le altre, e non vi sono popolazioni “residuali” (come invece per Evola) che passano da un Manvantara all’altro, almeno non sul piano della manifestazione materiale.  

 

 
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