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L'Armenia e il torto di non essere conosciuti

Post n°4 pubblicato il 24 Aprile 2015 da single_sound
 
Foto di single_sound

Oggi il pensiero non può non andare a Erevan e alla tragedia che un secolo fa colpì il popolo armeno nel corso della prima guerra mondiale.

Proprio in occasione di tale ricorrenza è stato riscoperto, pubblicato e commentato uno degli articoli giovanili di Antonio Gramsci relativo all'Armenia, al suo popolo e alla disgrazia che lo colpì. L'articolo può essere letto per intero su questo sito di cui vi offro il link: http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=11294

Sono svariati i temi che si potrebbero toccare a proposito sia dell'Armenia e della sua tragedia anche in relazione ai tempi attuali sia dell'articolo di Gramsci.

In breve, vorrei però concentrarmi principalmente su una frase dell'articolo di Gramsci che dice: "E' un gran torto non essere conosciuti. Vuol dire rimanere isolati, chiusi nel proprio dolore, senza possibilità di aiuti, di conforto".

Il primo pensiero che ho avuto leggendo questa frase ha riguardato proprio Antonio Gramsci (l'anniversario della cui scomparsa ricorre peraltro proprio tra pochi giorni, il 27 aprile). Ebbene, Gramsci passò direttamente dalle aule parlamentari a una cella e il regime fascista, con la soppressione della libertà, fece di tutto affinché egli, insieme a tanti altri (che tuttavia erano presenti nell'emigrazione antifascista che ne teneva viva l'immagine), non fosse più conosciuto dal nostro popolo, rompendo così i legami che tenevano uniti gli operai, i contadini e Gramsci. Probabilmente, ognuno, per molti lunghi anni, fu costretto a vivere chiuso nel proprio dolore, senza possibilità di aiuto e conforto, nel torto di non essere conosciuto.

Ma oggi la situazione è così diversa? Apparentemente sembrerebbe di sì, ma se scaviamo fino al fondo delle cose, allora ci accorgiamo che no, non è diversa. Oggigiorno proprio il concetto di solidarietà è stato spazzato via e con esso siamo rimasti più isolati, ognuno chiuso nel proprio dolore, che sia esistenziale o momentaneo, e ormai senza più possibilità di aiuti.

Resta comunque una domanda: è un gran torto non essere conosciuti? La risposta è sì, ma con una precisazione: oggi essere conosciuti vuol dire essere famosi. Non vuol dire essere conosciuti in quanto persona con le proprie qualità e, perché no?, anche coi propri difetti, non vuol dire essere conosciuti in quanto popolo con la sua storia e la sua cultura.

Attenzione, però, essere famosi è una condizione effimera, si rischia di essere spazzati via nel giro di un secondo.

La lezione di Gramsci e della tragedia armena è dunque la seguente: noi vogliamo essere conosciuti, non essere famosi.

Igor Di Bernardini

 

su Twitter: @verso_il_fronte 

 

 
 
 
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