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La quarta Italia

Post n°71 pubblicato il 03 Novembre 2015 da single_sound
 
Foto di single_sound

Ho letto "La Quarta Italia" di Joseph Roth. Volevo leggere qualcosa di breve ma interessante e ho afferrato questo libricino.

Dico subito che questo volumetto di poche pagine non mi è piaciuto per lo stile dell'autore, che ho trovato eccessivamente descrittivo specie all'inizio, e per il fatto di essere una sintetica raccolta di articoli di giornale apparsi in coincidenza di viaggi in Italia dell'Autore durante l'inizio del regime fascista.

Ciò nondimeno, l'ho trovato molto interessante in alcuni spunti, alcuni dei quali mi hanno ricordato Prezzolini e Papini, che mi hanno fatto pensare all'Italia di allora e all'Italia di oggi, oltre a considerazioni più generali sul fascismo e sul comunismo.

La prima considerazione che mi è venuta alla mente leggendo le prime pagine del volumetto è riferita al fascismo come "regime dell'apparenza" (definizione mia).

Parlando del primo fascista che Roth vide in Italia, l'autore a un certo momento così lo descrive: "Quando il fascista camminava sembrava che svolazzasse. Al suo fianco destro pendeva, in un fodero di pelle marrone, nuovo, una minuscola, graziosa pistoletta simile più a un ornamento che a un'arma. La mano del fascista agitava l'aria con un elegante frustino che all'estremità aveva un bottone metallico e un laccio in pelle".

Ecco, già questa descrizione mi ha dato da pensare. Cos'è stato il fascismo in Italia? Non penso di poter risolvere io un problema su cui si arrovella da tempo la storiografia. D'altronde, credo che alcune questioni siano ancora aperte, in particolare due: 1) il fascismo conquistò il potere con la forza?; 2) il fascismo aveva il consenso delle masse?

Roth, però, rispetto a queste questioni ci dà uno spunto di riflessione, proprio a partire dalla descrizione sopra riportata, poiché si potrebbe appunto ipotizzare che il fascismo altro non è stato che il prototipo delle democrazie contemporanee. Si tratta di una discussione difficilissima. Mettiamola in questo modo molto sinteticamente. Depuriamo il fascismo della violenza fisica, che pure c'era. Cosa resta? Resta un regime politico che ricercava il consenso facendo la voce grossa, sfruttando la comunicazione e cercando di impressionare l'opinione pubblica. E che c'è di diverso rispetto al modo attuale di gestire il consenso politico? Naturalmente, alcune differenze c'erano, in primis la volontà di avere il consenso per risolvere con la violenza i problemi internazionali. Ma anche qui bisognerebbe interrogarsi circa il modo in cui il consenso politico è stato ottenuto negli ultimi 20 anni e poi a quale scopo è stato utilizzato.

Vi è poi un aspetto che riguarda propriamente l'Italia, cioè il fascino che l'italiano medio subisce rispetto alle apparenze, alla prosopopea, alla voce grossa (perché così sembra che chi la fa abbia "le palle"), alla retorica.

Eppure l'Italia è stata una nazione contadina. Dunque, a prima vista, avrebbe dovuto essere amante di altre "tradizioni", maggiormente ancorate alla concretezza. Qui, credo che il problema riguardi l'esistenza, dal punto di vista storico, della nazione italiana e la costruzione dell'unità nazionale italiana, in aggiunta al problema dello sviluppo capitalistico nel nostro Paese, sviluppo che in altri paesi, in parallelo alla formazione dello Stato nazione, ha preso secoli mentre da noi si è risolto in soli 100 anni.

Uno spunto in questa direzione si trova, del resto, nel testo di Roth. A un certo momento,  a pag. 17, Roth ci ricorda di come i giornali europei fossero soliti, all'epoca, raffrontare il regime fascista e quello sovietico (come si vede il problema dell'equiparazione fra i due regimi, sebbene a livello internazionale l'equiparazione avvenga per lo più tra regime sovietico e regime nazista, non è poi del tutto nuova e non nasce del tutto dopo la seconda guerra mondiale). Però, Roth vedeva tra il regime sovietico e quello fascista solo differenze. Quali? Alcuni esempi: le guardie rosse di confine erano semplici e massicce, non avevano un profilo da imperatore né una pistola civettuola. Le guardie rosse non salutavano affatto, al contrario dei fascisti soliti salutare a braccio teso. Ai muri erano appese foto di Lenin il quale, tutt'al più, aveva l'aspetto di un impiegato con una cravatta, non certo alla moda, comprata a Zurigo.

Un ulteriore aspetto di questo regime dell'apparenza erano le spie, che nel fascismo, a giudizio di Roth, non servivano a sorvegliare, bensì a intimidire. E quindi dovevano essere, per l'appunto, visibili, apparenti e non mimetizzate.

Di qui il giudizio di infantilismo affibiato da Roth al regime. Resta da chiedersi quanto di quel giudizio possa estendersi al Paese. Il che ci porterebbe molto lontano nell'identificazione del fascismo con l'Italia. Anche qui mettiamola così: l'Italia è forse un paese infantile e vecchio allo stesso tempo. D'altronde, con la vecchiaia risorge, se mai è sparito, il nostro infantilismo.

Dopo aver descritto il "regime della fotografia", vale a dire delle foto di Mussolini ovunque in cui tra l'altro prevale l'aspetto "regale e sovrano" ma non il lato umano del potente (ciò che mi ha ricordato prima di ogni altro Berlusconi), Roth ci parla dell'ottimismo obbligatorio. Di quell'ottimismo che si vedeva nelle strade italiane perché il futuro sarebbe stato coronato dai successi del presente fascista (ciò che onestamente mi ha ricordato Renzi). A che serviva tutto ciò, aggiungo io? Semplice a farci smettere di pensare e ragionare, per farci perdere dietro il duce di turno che a tutto pensa, tutto fa e tutto risolve, smarrendosi con ciò - come naturale conseguenza - l'autonomia culturale e morale dell'individuo.

Concludo questo post con alcuni rilievi a proposito dell'Italia del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (o stato di polizia). Roth ci parla della "polizia onnipotente" e racconta di quando, arrivato in hotel, subito gli viene richiesto dal portiere il passaporto. Ma che è cambiato rispetto a oggi? Niente, in definitiva quando si va in hotel in qualche città d'Italia bisogna sempre lasciare il proprio documento.

Ma non finisce qui, perché Roth ci ricorda che nell'Italia fascista "ogni manifestazione pubblica - che abbia uno scopo scientifico, sportivo o persino caritatevole - deve essere comunicata almeno un mese prima al prefetto. Egli approva il luogo e l'ora. Egli può vietare la manifestazione.... neanche una commemorazione può essere tenuta senza l'autorizzazione della polizia".

Che c'è di diverso rispetto a oggi? Oggi è persino peggio. Almeno i fascisti i provvedimenti amministrativi li adottavano sulla base delle leggi. Oggi invece i provvedimenti repressivi "per prevenire" la violenza negli stadi, eccezion fatta per il daspo, sono adottati senza leggi che li supportino.

Il libretto di Roth ci offre materiale per riflettere sull'Italia di ieri e quella di oggi.

Buona lettura.

 
 
 
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