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Le amministrative 2016

Post n°105 pubblicato il 25 Giugno 2016 da single_sound
 
Foto di single_sound

Le elezioni amministrative si sono svolte ed è giunta l'ora di un'analisi su ciò che è accaduto, sebbene l'incalzare degli eventi spinga verso altre direzioni di analisi e commento.

Come era stato scritto all'indomani del primo turno, non è possibile valutare un'elezione a due turni dopo un turno solo. Bisognava aspettare il secondo turno. Tuttavia, un'analisi onesta richiede di dire che l'analisi stessa dell'insieme non può fondarsi solo sul secondo turno, per quanto esso sia stato di impatto.

In altre parole, se il secondo turno ci ha dato un PD in caduta libera, il primo turno ci dava invece un PD in difficoltà, ma non in caduta libera. Perché il PD sia crollato al secondo turno è evidente e non c'è bisogno di girarci intorno. Al ballottaggio l'elettorato proveniente dal centrodestra che non si è astenuto è confluito interamente sul candidato M5S. Tutto qui.

Come sanno bene al Nazareno, ciò vuol dire che in un'elezione a due turni, come quella prefigurata dall'Italicum, il PD ha poche chance di vincere perché finirà per avere tutti contro. Del resto, per rifarsi a quanto detto alcuni giorni orsono circa la fine del centrosinistra, il risultato è questo se dopo anni non riesci mai a costruire una coalizione che tiene e se, per di più, a questa minestra aggiungi un gruppo di persone, come quelle capeggiate da Renzi, che trasudano arroganza e supponenza e alienano ogni simpatia.

Ciò detto e ricordato peraltro come la tendenza sia quella alla caccia del voto di centrodestra in uscita da questa (per ora, ex) coalizione che in 5 anni ha litigato più del centrosinistra in 20, il problema di queste elezioni è, in sostanza, stato il suo significato. Con ciò si vuol dire che queste elezioni hanno assunto, volenti o nolenti, un significato politico nazionale. E' doveroso dispiacersene, perché le elezioni amministrative, in principio, dovrebbero servire non a dare un giudizio politico sul Governo nazionale ma a esprimere un voto in funzione della realtà più prossima che ci circonda.

Ma bisogna essere realisti. Non poteva esser così. Perché gli italiani non sono stati abituati a pensare in questi termini e dunque non si può pretendere che, da un giorno all'altro, inizino ad agire diversamente. E poi perché la situazione di sfascio a livello governativo è talmente intrecciata con il livello territoriale che è impossibile domandare alle persone di operare ora una distinzione tra i due livelli.

Stando così le cose, allora è evidente che la situazione di insofferenza nei confronti delle amministrazioni locali che erano espressione del sistema di potere degli ultimi anni non potesse che riflettersi nel voto di questo giugno.

A questo punto, incombe sul M5S una responsabilità che bisognerebbe definire "grave" in termini politici. Cioè quella di rappresentare realmente un cambiamento, in senso oggettivo e non meramente soggettivo. Ciò perché, per quanto potrà sforzarsi di cambiare, Renzi (e il gruppo di potere che lo circonda) non ha margini per ricostruire una credibilità che in realtà non ha mai avuto, ma che giusto gli elettori del PD, giunti alla disperazione, potevano riconoscergli.

In questa circostanza, non è corretto avanzare dubbi sul M5S. Lasciamo stare. Semmai ce ne occuperemo in un'altra occasione.

Tuttavia, in conclusione, è doveroso mettere in rilievo un aspetto relativo all'astensionismo. In un commento su Repubblica online Cacciari ha sostenuto che l'astensionismo è dovuto al fatto che una fetta dell'elettorato, che non si reca alle urne, è in attesa di un'offerta politica più intelligente e seria dell'attuale. Questa considerazione è vera, ma andrebbe precisata ulteriormente. Nel senso che una fetta dell'astensionismo è dovuta anche al comportamento di coloro i quali, proveniendo dal fallimento del proprio schieramento all'epoca del bipolarismo, non hanno seguito il principio dell'alternanza e hanno preferito stare a guardare, magari rompendo i ponti col proprio passato ma senza passare dall'altra parte nella decisione definitiva di rimanere a guardare. Magari poi esiste una fetta di elettorato astensionista che, pur proveniendo anch'essa dai fallimenti del centrodestra o del centrosinistra, non ha parimento seguito il principio dell'alternanza (che del resto era meramente soggettiva) e ha preferito restare in attesa, in quanto delusa dal mondo di provenienza e schifata dall'altra parte, ma che magari è rimobilitabile in future occasioni elettorali.

Occorrebbe domandarsi allora se almeno quest'ultima fetta di astensione è rimobilitabile e, in caso positivo, se chi è confluito sull'astensione è rimasto sulle proprie posizioni politiche precedenti (se si può dir così) o se invece è disposto a rimettersi in gioco per un'offerta politica nuova e più seria, appunto, dell'attuale e soprattutto a prescindere da nomi ed etichette.

 
 
 
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