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Conflitto di interessi

Post n°79 pubblicato il 01 Gennaio 2016 da single_sound
 

 

 

 L'aver visualizzato su internet la polemica tra Romano (PD) e Travaglio in merito al conflitto di interessi del Ministro Boschi mi ha portato a pensare che forse valeva la pena spendere un po’ di tempo a riflettere sul tema del conflitto di interessi.

La questione dibattuta fra Romano e Travaglio, sempre che non si cada in un fraintendimento interpretativo, mi sembra riassumibile, per sommi capi, così:

  1. Posizione Travaglio: il fatto che la Boschi non abbia presenziato al Consiglio dei Ministri in cui si è approvato il decreto relativo a Banca Etruria non esime la Boschi medesima dal conflitto di interessi;

     

  2. Posizione Romano: il fatto che la Boschi non abbia presenziato significa che il conflitto di interessi non sussiste, in quanto la Boschi stessa non ha preso parte alla deliberazione.

La posizione di Romano è quella che maggiormente si avvicina al dettato della c.d. Legge Frattini (n. 215/2004), il cui art. 3 specificamente stabilisce: “Sussiste situazione di conflitto di interessi ai sensi della presente legge quando il titolare di cariche di governo partecipa all'adozione di un atto, anche formulando la proposta, o omette un atto dovuto, trovandosi in situazione di incompatibilità ai sensi dell'articolo 2, comma 1, ovvero quando l'atto o l'omissione ha un'incidenza specifica e preferenziale sul patrimonio del titolare, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado, ovvero delle imprese o società da essi controllate, secondo quando previsto dall'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, con danno per l'interesse pubblico”.

La legge sta, evidentemente, dalla parte di Romano. La ragione, insieme col diritto, sta invece da un’altra parte. La posizione di Travaglio è quella, difatti, più convincente, se non fosse che forse non è riuscito a spiegarla compiutamente.

Vediamo un secondo come stanno le cose. In quale situazione si è trovata la Boschi? In una tipica situazione in cui esiste un conflitto tra l’interesse pubblico che ella dovrebbe perseguire nella sua qualità di Ministro e l’interesse suo e della sua famiglia al salvataggio di una banca di cui il padre è stato amministratore. Questa situazione è oggettiva, sta là. Se non ci fosse stata, la Boschi avrebbe potuto partecipare alla deliberazione del Consiglio dei Ministri in relazione al decreto c.d. salva banche. Invece tale situazione c’è, tant’è vero che la Boschi, ai sensi di legge, si è dovuta astenere dal prendere parte alla deliberazione.

Come si chiama questa situazione? Si chiama necessariamente conflitto di interessi. Altro nome non ha. La Legge Frattini, che risente dei problemi (e delle furbizie; anche un somaro lo capirebbe) dell’epoca, tende per contro a qualificare come conflitto di interessi la situazione in cui il titolare della carica di governo partecipa alla deliberazione. È assolutamente chiaro che la formulazione della Legge Frattini altro non era che un gioco di parole per dire, a suo tempo, che Berlusconi, non partecipando a deliberazioni del Consiglio dei Ministri riguardanti le sue imprese, non era in situazione di conflitto di interessi. Insomma, un escamatoge.

A voler fare i puristi, bisognerebbe dire che si tratta di una legge scritta coi piedi. Ma qui non bisogna fare i puristi dell’esegesi, perché è ben noto che chi la scrisse così non era certo uno sprovveduto, ma sapeva perfettamente cosa stava facendo.

In realtà, se dovessimo scrivere una legge in proposito basandoci sul principio della non partecipazione, allora dovremmo comportarci più o meno così:

  1. Stabilire la casistica dei potenziali conflitti di interessi;

  2. Stabilire l’obbligo dell’astensione al ricorrere delle circostanze di cui al punto a); 

  3. Stabilire la punizione corrispondente alla violazione del dovere di astensione.

Furbescamente, invece, il legislatore/redattore del testo del 2004 ha sostanzialmente accorpato il punto a nel b facendo in tal modo “scomparire” il conflitto di interessi, in presenza dell’astensione dell’interessato dalla deliberazione. Del resto, non è una novità della politica legislativa del centrodestra. I soggetti li conosciamo e li abbiamo visti all’opera varie volte.

Ma quale che sia il testo di legge in materia, è ovvio che il conflitto di interessi è una situazione che preesiste al dato legislativo e che, semmai, necessita di una disciplina coerente e non tagliata per i comodi di qualcuno.

In disparte ogni considerazione sul fatto che uno del PD come Romano finisca per riprendere argomenti di stampo berlusconiano (il che la dice lunga sull’evoluzione/involuzione di tale partito), è interessante altresì osservare che il legislatore (di centrodestra) negli stessi anni, a proposito della riforma della disciplina societaria, ha adottato un’altra impostazione per i conflitti di interesse degli amministratori sociali, prevedendo l’obbligo di astensione solamente per l’Amministratore delegato ma non per gli altri membri del Consiglio di Amministrazione. Questi ultimi infatti possono partecipare alle deliberazioni del Consiglio di Amministrazione, che però dovranno essere motivate, e saranno chiamati a rispondere a titolo di responsabilità delle delibere da essi approvate in conflitto di interessi qualora queste rechino nocumento alla società.

La differenza di approccio è evidente. Tale ultima disciplina difatti parte dal presupposto che il potere di influenza del consigliere di amministrazione in conflitto di interessi non si esaurisca nel momento della delibera, poiché il potere di condizionamento dell’interessato esiste, ad esempio, anche prima della deliberazione. Sicché tanto vale responsabilizzarlo anche sul piano legale sotto il profilo risarcitorio. Punto, quest’ultimo, completamente negletto, guarda caso, dalla Legge Frattini del 2004.

Ci si potrebbe chiedere a questo punto come mai queste due discipline sono divergenti, pur essendo state redatte contemporaneamente. Si potrebbe obiettare ad esempio che esse vanno a toccare due settori differenti, quello pubblico e quello privato. Ma, a prescindere dal fatto che il meccanismo del conflitto di interessi, al fondo, non è dissimile nei due settori mentre diverso potrebbe essere il grado di responsabilità e di obblighi incombenti sugli amministratori pubblici, il punto essenziale da sottolineare adesso è proprio il fatto che la Legge Frattini non prevede nulla a proposito del potere di influenza dei membri del Governo che pure si siano astenuti da deliberazioni riguardanti interessi personali.

È questo esattamente il caso del Ministro Boschi che detiene un rilevante potere di influenza sul Capo del Governo e, di riflesso, sugli altri membri del Governo, peraltro in una situazione come la nostra in cui si tende a un verticale accentramento dei poteri.

Di qui il fatto che il problema del conflitto di interessi del Ministro Boschi non si è esaurito con la sua astensione dal voto in occasione dell’approvazione del c.d. decreto salva banche e il fatto che, forse, sarebbe ora di rivedere del tutto la disciplina del conflitto di interessi per i detentori di cariche pubbliche, visto che quella vigente fa “sorridere” (ad esser cortesi).

 

 

 

 
Rispondi al commento:
esternoluce
esternoluce il 04/01/16 alle 18:29 via WEB
questa storia della boschi è davvero grossa. questi giovani virgulti sono saliti su al governo per salvare non se stessi ma i loro padri. forse era meglio berlusconi? almeno avevo più senso.....è comse se marina si presentasse per salvare Silvio...che tristezza. son miei coetanei! ciao da

canon82

 
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