acronlusdifatto19 il 04/12/17 alle 10:35 via WEB
Riceviamo da Gatti Presidente del Circolo Biagi e volentieri pubblichiamo l'Articolo Carlo Borghetti Consigliere Regionale uscente membro della Comm. SANITA'..
La Regione Lombardia sta per introdurre una vera rivoluzione nella gestione dei malati cronici. Il nuovo modello partirà entro fine anno, ma la cittadinanza non è ancora stata informata. Come funzionerà? Funzionerà o no? Che effetti avrà? Lo chiediamo a Carlo Borghetti, consigliere regionale, capogruppo PD in Commissione Sanità, che ha espresso, sia in Regione che in molti incontri pubblici, forti perplessità.
Consigliere Borghetti, chi sarà interessato a questo nuovo sistema?
«Il sistema potenzialmente può interessare una persona su tre, perché sono oltre 3 milioni i cittadini lombardi che soffrono almeno di una malattia cronica –cardiopatie, diabete, malattie respiratorie o neurologiche… –. Patologie che rappresentano oltre l’80% delle cause di decesso e impegnano quasi il 70% della spesa sanitaria».
Come si dovranno comportare d’ora in poi i malati cronici secondo la Regione?
«In pratica il paziente per tutto quello che riguarda la sua malattia cronica (e solo per quella) anziché rivolgersi al proprio medico di famiglia, potrà scegliere un “ente gestore”, (col quale dovrà firmare un Patto di Cura) che lo seguirà nella prescrizione di visite, esami e terapie, al posto del suo Medico. L’ente gestore si sceglie all’interno di una lista di enti gestori accreditati, che riceveranno dalla Regione un budget economico per ogni paziente che si prenderanno in carico, in base a un Piano Assistenziale Individuale, detto PAI, e potranno prendersi in carico fino a 200mila pazienti».
Senza entrare in dettagli troppo tecnici, ci può dare un suo parere in merito?
«In realtà i dettagli tecnici sono fondamentali (c’è ad esempio il problema di come possa essere costruito un Piano Assistenziale veramente individuale da parte di un gestore che si prende in carico ad esempio 50 o 60mila pazienti...), ma una delle questioni più importanti è che nel 70% dei casi si taglia fuori dalla cura della cronicità il Medico di famiglia –che già conosce il paziente- (infatti solo circa il 30% dei Medici è coinvolto nel nuovo sistema): questo è un problema, perché non si può ridurre l’assistenza al malato cronico a una sequela di esami e prestazioni senza curare la persona “intera”, come viene insegnato ai Medici. Se Medici diversi prescrivono medicine a uno stesso paziente, questi Medici devo sapere l’uno cosa fa l’altro, e le terapie devono essere coordinate, ad esempio. Tutti sanno che bisogna curare la “persona”, e non la “malattia”: con questo sistema invece il paziente sarà “diviso” tra la cura che riceverà dal proprio Medico per ciò che non riguarda la sua cronicità, e l’ente gestore per ciò che riguarda la sua malattia cronica».
Le è sorto qualche particolare interrogativo nell’affrontare questa materia?
«Gli interrogativi sono parecchi. Ad esempio, chi suggerirà ai pazienti a quale ente gestore rivolgersi? Come faranno i cittadini a decidere quale struttura scegliere? Gli enti gestori saranno in maggioranza privati: che selezioni sono state previste? E se un paziente avendo più di una patologia cronica volesse scegliere un ente gestore per una certa patologia, ma volesse restare col suo specialista attuale per un’altra patologia, è garantita questa possibilità? O deve abbandonare la struttura a cui si è sempre rivolto? Chi garantisce nel tempo il corretto aggiornamento e svolgimento del Piano Assistenziale se il paziente peggiora? Come fa un paziente, nel momento che ha un nuovo disturbo, a sapere se si deve rivolgere al proprio Medico di famiglia, o se deve andare dall’ente gestore che ha scelto per la sua cronicità? In base a quali elementi la Regione ha deciso che i Medici di famiglia non sono più adatti a curare i pazienti cronici? Non bastava ad esempio dare più supporto ai Medici di famiglia?»
Secondo lei c’è il rischio di “ospedalizzare” ancora di più il sistema sanitario lombardo?
«Sì. Ai sensi della riforma sanitaria lombarda –approvata nel 2015– dovevano essere costituiti per la cronicità i Presidi Ospedalieri Territoriali (Pot) e i Presidi Socio-Sanitari Territoriali (Presst): sono passati ormai oltre due anni e quella previsione è rimasta inattuata... ora, perché la Regione vuole partire con il nuovo sistema degli enti gestori –entro fine anno– se non ha ancora realizzato i Pot e Presst pubblici? C’è quindi il rischio concreto che i grandi enti gestori siano gli ospedali: ma non si dovevano potenziare i servizi sul territorio? Ancora: La Regione vuole consentire agli enti gestori di subappaltare prestazioni fino al 10% (e anche oltre) ad altri enti che non sono ancora stati inseriti a contratto nell’attuale sistema pubblico, e non se ne capisce il motivo».
Ma quali sono di conseguenza i rischi reali per i pazienti e per la sanità regionale pubblica?
«Noi vediamo soprattutto il rischio di una gestione delle prestazioni che metterà in competizione i gestori sulla base della loro capacità di attrarre i pazienti più remunerativi (magari risparmiando poi sulle prestazioni). Non siamo certo contrari ai cambiamenti, se sono migliorativi, e c’è anche bisogno di governare finalmente meglio la spesa sanitaria per i malati cronici in questa Regione, ma questa novità ci preoccupa, perché smonta un altro pezzo del servizio sanitario in Lombardia».
C’è ancora un margine, temporale e politico, per discutere di questi aspetti con il presidente della Regione Lombardia?
«Se la Regione riuscirà a coinvolgere i Medici di famiglia (di cui solo un terzo appunto ha aderito al sistema nella forma dei “cogestori”) e se alle suddette domande arriveranno risposte concrete e convincenti da Maroni, la rivoluzione -con adeguati correttivi- potrà avere delle chance di riuscita, altrimenti intravediamo un esito triste: il sistema sanitario pubblico lombardo perderà ulteriori pezzi. Noi siamo a favore di un servizio che cammini sulle due gambe di cui oggi è dotato, quella pubblica e quella privata, però rilanciando il pubblico, non sostituendolo ulteriormente col privato. Altrimenti la monetizzazione della cronicità metterà a serio rischio l’appropriatezza e l’efficacia delle prestazioni che verranno offerte ai pazienti».
Milano, 22 novembre 2017
.. a cura di acr il baggese
(Rispondi)
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