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« Nettuno Interessi troppi...I DIRIGENTI DI VENTURA O... »

SE TRIBUTI ITALIA FOSSE CANCELLATA

Post n°3 pubblicato il 05 Gennaio 2010 da progetti.editoriali
 

Ormai tutte le parti in causa – Comuni & Privato – hanno fatto scelte definitive ed irreversibili. La Tributi Italia, apparentemente costretta all’angolo da comuni inferociti in cerca dei tributi perduti, nella realtà, ha giocato bene le sue pedine piazzondele strategicamente per dare scacco matto. Vediamo come e perché, al contrario, i comuni abbiano fatto scelte strategiche suicide, miopi e dannose per la collettività e le finanze comunali. Per queste ragioni, nel prosieguo, analizzerò i vari aspetti di una vicenda complessa, ma non troppo, secondo il punto di vista dei vari attori che animano la scena. Ed in particolare dal punto di vista del socio privato Tributi Italia, delle due miste ASER & Nettuno Servizi che giuridicamente hanno una loro autonomia patrimoniale con obbligazioni certe verso terzi (contribuenti, dipendenti prestati al privato, fornitori, fisco…..) e dei soci pubblici che sono i Comuni di Nettuno, Aprilia, Pomezia ed Ardea. In questo scenario semplificato emergono con grande chiarezza reponsabilità e diritti dei vari attori che sinteticamente riassumo in uno scenario semplificato e dal loro punto di vista :

 

TRIBUTI ITALIA

Era da due anni consapevole che le continue acquisizioni di società similari e di fusioni con altre avevano replicato quel meccanismo già in precedenza subito dal sistema bancario che riusciva ad incassare i soli versamenti spontanei dei contribuenti mentre sui contenziosi (accertamenti, atti esecutivi, manette alle macchine, pignoramenti immobiliari) incassava appena l’1%. Man mano le anticipazioni delle banche aumentavano fino ad arrivare ad uno stop che ha provocato poi quel terremoto di cui tutti i giornali parlano (lo denunciammo cinque anni fà parlando delle “fonti di finanziamento della Publiconsult”).

 

Preparandosi al peggio la società  ha pensato bene di cambiare pelle, attraverso advisors di livello (Bain & Company,  Livolsi & B. Partners, Studio Legale Chiomenti, PKF, Ernst & Young, Anacap ed alla fine il tocco di classe dell’avvocato di Berlusconi Ghedini) si è data una struttura istituzionale e tecnologicamente organizzata, certificando i propri bilanci, certificando accertamenti complessivi per 450 milioni di € con un aggio in suo favore di 150 milioni di €, adottando gli schemi organizzativi anti-corruzione di cui al D. Lgs. n. 231/01. Poi ha sanato i propri debiti tributari con un versamento cash di 13 milioni di €, ha cambiato management mettendo tutte faccette pulite con fedina immacolata, ha cambiato nome in Tributi Italia trasferendo la sede sociale a Roma, in Via Vittorio Veneto ed aumentando il capitale sociale a 15 milioni di € (novembre 2008), ecc….insomma  si è data un gran daffare come una mignotta arricchita si dà una ripulitina esteriore di grande effetto ma sempre mignotta nell’anima resta. Poi, trascinata nel Tribunale fallimentare di Roma dalle istanze delle società che avevano rilasciato fideiussioni ai comuni, il colpo definitivo della richiesta di ristrutturazione del debito (art. 182 bis L.F.). La cancellazione dall’Albo è nei fatti un atto dovuto, proprio in ragione della sua situazione pre-fallimentare, che può essere sospeso dal Tar o comunque rivisto se il giudice fallimentare approva la ristrutturazione del debito; 

 

COSA SUCCEDERA A TRIBUTI ITALIA ?

Abbiamo due sole ipotesi possibili :

Approvazione della ristrutturazione del debito

In questo caso i 135 comuni, i fornitori, le banche, i dipendenti (il fisco no perché è  già stato pagato) potranno ricevere parte del credito vantato (tra il 40 / 50 %) in sessanta comode mensilità. Rientrerà in bonis, verrà reiscritta all’Albo se non avesse già provveduto il Tar, e potrà tranquillamente attaccare i comuni per le procedure giudiziarie irrituali che hanno seguito danneggiandola, per gli arbitrati vinti, ecc ;

 

Non approvazione della ristrutturazione del debito

In questo caso i Comuni non avranno praticamente nulla perché la società possiede soltanto beni strumentali di scarso valore (computer, mobilia….) e nell’attivo saranno presenti alcuni arbitrati vinti (Nettuno, Aprilia) per i quali il curatore avrà l’obbligo e l’interesse di chiuderli chiedendone il pagamento ai due comuni in vantaggio della massa passiva. I crediti dei comuni (arbitrati, tasse) come quelli delle banche, dei fornitori, dei dipendenti……si inseriranno nel passivo fallimentare in base al privilegio. L’operazione della chiusura del passivo sarà lunga e faticosa perché i comuni non saranno in grado di presentare (per assenza di dati) insinuazioni convincenti. Nelle more il curatore dovrà cercare di rivendere ai comuni, come stato avanzamento lavori, i 450 milioni di accertamenti nella pancia di Tributi Italia….facile ipotizzare che andranno tutti in prescrizione.

 

Questo modo di vedere le cose ha condizionato poi anche la fuga dalle due miste da parte dei due sindaci con la correlata ed irragionevole scelta suicida che ebbi occasione di illustrare in un mio vecchio articolo titolato “ Salviamo il soldato Saggese……..e la politica” di cui riproduco la parte maggiormente saliente.

 

“Torniamo all’Aser ed alla Nettuno Servizi fornendo qualche ragguaglio tecnico/giuridico. Le due società, pur essendo simili, presentano percorsi e responsabilità diverse. Per la Nettuno Servizi, al giovin sindaco Chiavetta, la soluzione era offerta su un piatto d’argento derivando dalla semplice applicazione della legge quando un Comune, come quello di Nettuno, viene sciolto per criminalità organizzata. La Corte dei Conti Umbra, nel 2006, condannò un Consorzio che aveva costituito una società non rendendola poi operativa andando a realizzare una "società fittizia", ovvero una "scatola vuota", secondo il linguaggio in uso nell'imprenditoria privata. Rilevò che le carenze strutturali nell'organizzazione aziendale della società (tale società non aveva una sede propria) hanno comportato che essa, lungi dal porre in essere realmente una qualche attività di produzione diretta dei servizi che le venivano chiesti dal Consorzio, ha semplicemente "girato" le richieste stesse agli operatori esterni (nella stragrande maggioranza dei casi già fornitori diretti del Consorzio), ponendo in essere una attività che non può neanche definirsi di "produzione indiretta o di scambio", propria delle imprese commerciali, ossia delle imprese che attendono ad una attività di "intermediazione", ex art. 2195 cc ma che va definita di mera "interposizione fittizia" tra il Consorzio ed i suoi precedenti fornitori. Pertanto, il danno procurato alle casse del consorzio deve attribuirsi per la maggior parte al presidente e, in misura minore al vicepresidente, che hanno omesso ogni cura nell'assicurare il concreto soddisfacimento degli interessi pubblici perseguiti dal consorzio, agendo e persistendo nella piena consapevolezza di venir meno ai loro doveri istituzionali verso la pubblica amministrazione, nonché, in misura residuale, anche ai componenti del collegio dei revisori dei conti del consorzio, per aver omesso ogni controllo sull'andamento della partecipazione del consorzio nella società partecipata.

 

L’esempio calza a pennello nei casi di Nettuno Servizi ed Aser perché con il DPR del 28/11/2005 il Comune di Nettuno veniva sciolto e circa tre pagine del decreto parlano delle scelleratezze compiute nella Nettuno Servizi definita “scatola vuota” con tutte le caratteristiche illustrate in precedenza e con l’aggravante di essere stata la copertura della Tributi Italia attraverso amministratori compiacenti. Quando un Comune è sciolto per criminalità organizzata la Commissione nominata ha un potere extra ordinem che nei fatti non ha esercitato, stessa cosa il giovin sindaco (Consiglio di Stato 7335/05). L’unica spiegazione logica è che nella realtà le due miste a prevalente capitale pubblico erano incontro di mediazione tra politica e privato sull’utilizzo delle tasse pagate dai cittadini. E’ la sola spiegazione logica del perché i due comuni tengano accuratamente fuori della tenzone le miste, preferendo appellarsi ai mancati versamenti del minimo garantito e non puntando a sanare anomalie funzionali scientificamente studiate a monte riappropriandosi di una vera gestione dei tributi. Questo sbaglio, voluto, di strategia giudiziaria replica errori del passato come raccontano le illuminanti sentenze del CdS per Aprilia (n. 2461/05) dove si dice all’amministrazione Meddi di aver sbagliato procedura dovendo seguire quella del Giudice Ordinario essendo in rapporto disciplinato dal diritto societario, poi quella su Pizzo Calabro ove, in un convegno ANUTEL nel 2003, dissi ad un collega assessore di Pizzo di non risolvere il rapporto unilateralmente e di ricorrere al diritto societario : non lo fece ed il Comune fu condannato a risarcire la società privata cacciata (CdS n. 687/04). Domanda : perché tutte le amministrazioni comunali degli ultimi dieci anni (Aprilia, Pomezia, Nettuno) preferiscono fare sceneggiate e non applicare leggi semplici riportando alla legalità società fantasma e poi cacciare il privato se ci sono gli estremi? Alla fin fine che i quattrini finivano nelle casse del privato e non certo in quelle comunali è cosa antica e risaputa e coinvolge le amministrazioni di tutti i colori politici di Aprilia, Pomezia e Nettuno degli ultimi dieci anni e, diciamola tutta, perché quei quattrini sono stati il volano finanziario del sodalizio “Saggese & Politica”. “

 
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