Messaggi di Settembre 2007

Effetto Bossi

Post n°302 pubblicato il 30 Settembre 2007 da monari

Blogfoto3009 L'effetto Bossi si è manifestato in Silvio Berlusconi a 24 ore dall'assunzione della medicina, ovvero dall'ascolto della predica.
Ieri il capo della Lega aveva gridato: «Ora ci vuole una lotta di liberazione». Oggi il Cavaliere rilancia (al ribasso): scenderemo in piazza per chiedere nuove elezioni. C'è la sua bella differenza, come tra una Ferrari ed un'automobilina a pedali.
Si sa come vanno le cose del mondo, Bossi può tuonare, Berlusconi deve moderare. Ma insomma, parenti serpenti o soltanto inconcludenti, sempre parenti sono, perché stanno nella stessa Casa, anche se gli uomini di Bossi prendono in giro le donne del Cavaliere.
I circoli della libertà della signora MVBrambilla sono ieri diventati il «Circolo della Libertina». Sarà sì una goliardata, ma se l'avesse detto Grillo, al TG2 avrebbero gridato all'attentato come quel comico Beppe Braida che a Zelig faceva la parodia di un altro TG, quello di Rete 4 e di Emilio Fede.
Il presidente della Camera Fausto Bertinotti ha commentato l'uscita di ieri di Bossi: «Capisco che è un periodo in cui chi la spara più grossa ha i titoli. Ma io non sono per accettare come innocente chi la spara grossa. Può contribuire in modo drammatico a generare odio. Non puoi usare un termine come guerra di liberazione - afferma - primo perché parli di guerra nel tuo Paese e poi perché per noi di guerra di liberazione ce ne è solo una, quella contro i fascisti».
Finiamo sempre a dover fare i conti con la Storia passata. Di quella presente non ci accorgiamo mai. Prendiamo tutto come uno scherzo. Berlusconi ieri ha giustificato Bossi: «Lui usa sempre un linguaggio colorito nelle riunioni, ma poi, nella pratica, ha sempre dimostrato un grande senso di responsabilità».
Traduzione: dice sempre delle gran 'cose', ma poi fa quello che voglio io. Bisogna vedere se sulla seconda parte è d'accordo, e fino a quando, anche l'on. Umberto Bossi.

 
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Mastella-Grillo

Post n°301 pubblicato il 29 Settembre 2007 da monari

 
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Ministri della malavita (nel 1909)

Post n°300 pubblicato il 28 Settembre 2007 da monari

Golittieinadisartori_2 Il 19 scorso il prof. Giovanni Sartori in un fondo del «Corriere della Sera» parlava dei «miasmi di questa imputridita palude che è ormai la Seconda Repubblica». Parole da far sobbalzare sulla sedia, per la violenza insita nel concetto di uno Stato giunto alla sua putrefazione finale.

Ciò che non mi convince mai, sia detto con tutto il rispetto, quando si parla dell'Italia di oggi, è la definizione di «Seconda Repubblica».
Da nessuna parte dove si macina il Diritto (ovvero in Parlamento), si mai è detto che la Prima Repubblica era stata messa in soffitta da una nuova Carta costituzionale e da un nuovo assetto conseguente ad essa.

Pazienza, accettiamo per buona quest'etichetta che proviene da un figura illustre dalla Scienza politica, come spiega sull'«Espresso» uscito oggi Edmondo Berselli, un saggista a tutto campo che si occupa di sport il lunedì mattina alla radio, di televisione e vita dei partiti il venerdì sul settimanale romano, e che negli altri giorni scrive articoli gustosi di varia umanità sul quotidiano fondato da Eugenio Scalfari.

Orbene Berselli sull'«Espresso» di oggi parte da una premessa: «il professor Giovanni Sartori è il maggiore scienziato politico italiano, possiede un prestigio indiscusso, ha un alone di autorità internazionale».
Poi riporta la frase sui «miasmi di questa imputridita palude che è ormai la Seconda Repubblica», per concludere dopo aver riempito tutta la pagina con un non troppo enigmatico: «caro maestro, 'che fare'?».
Tutto finirebbe lì, se non fosse per il «Che fare?», titolo di un'opera di Lenin...

Sul «Corriere della Sera» di oggi, Gian Antonio Stella ripesca un brano di Luigi Einaudi dallo stesso quotidiano di via Solferino, del primo febbraio 1919: «Bisogna licenziare questi padreterni orgogliosi (...) persuasi di avere il dono divino di guidare i popoli nel procacciarsi il pane quotidiano. Troppo a lungo li abbiamo sopportati. I professori ritornino ad insegnare, i consiglieri di Stato ai loro pareri, i militari ai reggimenti e, se passano i limiti d'età, si piglino il meritato riposo».
Conclude Stella: «Era un qualunquista, Luigi Einaudi? Un demagogo? Un populista? Un «giullare della Suburra»? Meglio andarci piano, sempre, con le etichette insultanti. Forse, se i politici «padreterni» di allora lo avessero ascoltato senza fare spallucce, tre anni dopo ci saremmo evitati la Marcia su Roma».

Una sola annotazione. Il gioco delle citazioni è molto più ampio e perverso di quello che si possa immaginare.
Un titolo, e basta: «Il ministro della malavita». Altro articolo, altro giornale, l'«Avanti» del 14 marzo 1909. Altro autore, Gaetano Salvemini. Un solo personaggio attaccato: Giovanni Giolitti.
L'accusa: essersi procurato il suffragio elettorale nel Mezzogiorno usando questure e malavita.
Sono passati 98 anni. Sembra oggi.


 
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Veltroni e Rimini

Post n°299 pubblicato il 25 Settembre 2007 da monari

Veltroni
Sulla lista Veltroni a Rimini, leggete questo aggiornamento ad un mio post del 2006 .

 
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Ci vorrebbe la Goggi a palazzo Chigi

Post n°298 pubblicato il 21 Settembre 2007 da monari


Goggi




È simbolica, molto simbolica la litigata avvenuta ieri sera a Miss Italia fra Loretta Goggi, dimenticata dietro le quinte da Mike Bongiorno che credeva di essere dentro il solito spot con Fiorello e non in diretta tivù con le fanciulle in fiore di Mirigliani.

Simbolica dello stato dello Stato italiano. La gerontocrazia che ha vertigini da orgoglio di primadonna e lascia le vere primedonne leggermente più giovani anche se non più fanciulle in fiore, dietro le quinte a mangiarsi il fegato...

Grande è stata la confusione sul palcoscenico di Miss Italia.




Ma non minore è quella che regna a Roma, dove Prodi è stato salvato da un estremista di destra, Achille Storace, pardon Francesco Storace. Mentre la parte di Mike Bongiorno è stata interpretata dal ministro di Clemenza e Giustizia Clemente Mastella, tanto poco fedele al proprio nome da uscire dall'aula facendo traballare pericolosamente il governo di cui fa parte.

Ecco, a questo punto ci vorrebbe a Palazzo Chigi un caratterino come quello di Loretta Goggi che è stata capace di dire ad inizio di trasmissione:«Me ne vado... grazie a tutti... buona notte».

Invece abbiamo avuto la solita liturgia delle telefonate di chiarimento fra Prodi e Mastella.

Forse il presidente del Consiglio con Mastella ha avuto una di quelle sue sfuriate che gli attribuiscono come risorsa del carattere in apparenza pacioso, e forse ha detto al suo ministro: «Se ti prendo ti faccio una faccia così».

Secondo fonti riservate in attesa di conferma, sembra che Prodi non abbia usato la parola faccia.

 
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Pd, tutto fa brodo?

Post n°297 pubblicato il 20 Settembre 2007 da monari

Veltroni
Stamani su «Repubblica» Mario Pirani ha scritto un editoriale sulla nascita del Partito democratico, che comincia così: «Non prendiamoci in giro. La nascita del Partito democratico non sta maturando attraverso una "fusione calda", malgrado le speranze suscitate e che erano sembrate coagularsi in due momenti: i congressi di scioglimento di Ds-Margherita e la presentazione della candidatura Veltroni. Dopo quei passaggi ci si attendeva un rilancio che aprisse subito le porte del costituendo partito a forze sociali fin qui mortificate, a intelligenze creative fin qui messe ai margini, a spiriti liberi pronti a impegnarsi. La delusione è, per contro, palpabile. Il timore che la perigliosa iniziativa sfuggisse di mano alle due nomenclature di riferimento ha prodotto un macchinario selettivo barocco e antidemocratico. Il suo funzionamento è difficilmente comprensibile, di nessuna attrattiva, dissuasivo nei confronti di ogni desiderio di partecipazione. Lo spezzatino delle liste per circoscrizione, la duplicazione delle medesime (più di una per candidato), la designazione delle candidature ad opera di piccoli gruppi di vertice addetti alla bisogna, il rifiuto di permettere le preferenze, così da controllare e gestire rigidamente l'ordine di ogni lista dei designati, (ricalcando l'aborrita - a parole - legge elettorale vigente): questi gli aspetti salienti del marchingegno messo in piedi».

Nelle parole di Pirani si rispecchia la sensazione che provo leggendo le liste riminesi. Non ditemi che parlo di cose periferiche. Il quadro complessivo del mosaico nazionale risulta dalle singole tessere locali. La mia città è una tessera, ma assieme contribuisce a fornire l'immagine generale, che è quella delineabile con le prime parole di Pirani: «Non prendiamoci in giro».

La lista a sostegno di Walter Veltroni nel collegio Nord è guidata da un assessore del Comune di Rimini, Elisa Marchioni, che l'anno scorso entrando in carica disse: «Non sono mai stata iscritta né vicina ad alcun partito, e più che interrogarmi sul centro-destra o sul centro-sinistra, alla proposta di un impegno in giunta, mi sono chiesta se mi sentivo di tirarmi indietro davanti all’opportunità di operare, da un altro punto di vista rispetto a prima, per le persone e la città».

Orbene, adesso a questo assessore verrebbe da chiedere se si è nel frattempo interrogata «sul centro-destra o sul centro-sinistra», per non definirsi più soltanto votata al bene comune della gente.
Ora si tratta di creare un nuovo partito (di centro-sinistra, se non ho io le visioni), per cui sarebbe opportuno sapere se è divenuta consapevole delle differenze fra destra e sinistra, o se per lei ancora tutto fa brodo.

 
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Colonnella in biblioteca

Post n°296 pubblicato il 07 Settembre 2007 da monari
Foto di monari


Ho depositato nella biblioteca Gambalunga di Rimini copia del mio saggio intitolato «I Padri "della Becca" alla chiesa della Colonnella di Rimini: documenti (1680-1726) dell'Archivio storico comunale di Rimini conservati nell'Archivio di Stato di Rimini».

Il testo è catalogato con la seguente segnatura: "M 0700 01085".



Il testo è scaricabile da questo link.



L'immagine è tratta dal sito web del Comune di Rimini.

 
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Indro Montanelli, il bugiardo

Post n°295 pubblicato il 02 Settembre 2007 da monari

333pxindromontanellilettera22Bugie a fin di bene, insomma, quelle di Indro Montanelli, spacciate come verità e dette soltanto con un nobile scopo: salvare l'Italia e quella sua certa idea di politica che non piaceva agli altri.

Questo è in pillole il commento che Mario Cervi collega, amico ed allievo di Indro Montanelli lancia su "il Giornale" di oggi, per rispondere ad un articolo apparso sull'ultimo numero de “l'Espresso" in cui si dà conto di un prossimo volume di Renata Broggini, nel quale l'autrice smaschera come non vere alcune vicende personali presentate da Montanelli quali invece rispondenti a fatti realmente accaduti.



Ecco cosa scrive Cervi di Montanelli: «Voleva che la storia risultasse più giornalistica, voleva accentuare la sua presenza di testimone dei maggiori eventi. Non era a Milano nei giorni della Liberazione e non poteva perciò aver visto i corpi appesi di piazzale Loreto. Ma il racconto montanelliano, così come i suoi ritratti, resta genuino, autentico, impeccabile nelle linee generali, che sono quelle che contano».

Alcuni punti del libro di Renata Broggini erano stati anticipati in un volume apparso da Einaudi nel marzo 2006, «Lo stregone» di Sandro Gerbi e Raffaele Liucci.  A pagina 219 si legge ad esempio che la Broggini ha accertato come Montanelli non fosse presente in piazzale Loreto il 29 aprile 1945.


Nello «Stregone», volume di quasi 400 pagine, gli autori hanno smentito numerose altre cronache montanelliane. Il lavoro di Gerbi e Liucci è prezioso per comprendere pure i contesti in cui il giornalista-mito di Fucecchio lavorò ed agì.


Sono quelli di una storia complessa e difficile. Il che non significa che poi, superati i momenti in cui la regola prima è quella di salvare la pelle, non si debba fare un serio ed onesto esame di quei momenti e di quei fatti, almeno per togliere l'effetto dell'imbarazzo ai posteri.

Uno arguto come Montanelli deve averci pensato, di non lasciarsi 'fregare' dai posteri. Però, se lo ha fatto, non ne ha ricavato le sue debite conseguenze.

Spirito controcorrente, 'maledetto toscano' a tutto tondo, non merita però la giustificazione di Cervi. Non serve a nulla tirar fuori la ragion di Stato della politica anticomunista, per spiegare le cose non dette o dette a rovescio.

Montanelli sapeva bene che in Italia i comunisti non potevano prendere il potere, perché Mosca non voleva. Tutto il resto è una pantomima più legata all'attualità (elettorale) che alla storia.

Anche Veltroni sa che, quando dice che il 'suo' nuovo partito non odia i ricchi, non fa altro che ripetere la vecchia vulgata emiliana secondo cui il comunismo in Italia era il capitalismo gestito dai «rossi».

Tutto il resto appartiene ai drammi personali. Compreso quello della moglie di Montanelli per cui Filippo Sacchi, celebre critico cinematografico, accusò il collega di «imprudenza».

O quello di un industriale coinvolto indirettamente nella vicenda della moglie di Montanelli, ma poi ucciso nel 1944.
Non possiamo sapere quanto peso nella storia segreta di Montanelli queste cose abbiano avuto, ma non dobbiamo neanche sottostare alla giustificazione addotta da Mario Cervi: «Voleva che la storia risultasse più giornalistica».

Quante storie macina la Storia. Montanelli ci potrebbe spiegare che macina anche quelle fasulle, e che se non lo sappiamo siamo degli idioti. Anzi dei bischeri.

 
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