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« di esodi accostati alla ...dopo potresti scrivere davvero »

in quel bien-être ideologico del ribellarsi è giusto il mio bicchiere di rosso ha un buco a piombo

Post n°61 pubblicato il 19 Giugno 2011 da imagomentis

 

un tempo si agitavano al dire e al fare comunista di un padre morto

da molti anni che in una città esanime di un’isola dove le idee sono finte

strutture fatte di sangue sparso a mani nude sui vicoli scavati dai millenni

e di menefreghismo da quasi dei fu capace di mandare al diavolo i potenti

e di una madre mischiata di ragione e vino bianco sul mondo a muso duro

 

 

e c’ero tornato anni prima per arginare il fascio col vecchio impegno muto

ad incollare i manifesti sui muri e a dire ancora in adunanze operaie

i have a dream e che senza di loro costretto sarei stato a ripetermi

anarchico perciò borghese di parassiti ciarpami oppure a trattenermi

sopra i fogli a sagomare parole di dissonanza tra le muraglie accerchiate

 

 

così portai lì quella poesia su commissione a dutschke il rosso compagno

di germania suicidato nella sua stanza da bagno dal potere e col mio libro

ammuffito nella borsa volevo dirla perché le fosse in versi alati e duri

preludio e augurio del suo nuovo impegno rosa a sinistra virata seppia

che si coltiva piatta l’orticello asciutto nella sua polis protesa verso il mare

 

 

le dissi vorrei leggerla e mi rispose senza ironia che ero un intellettuale

di merda e chi l’udiva erano un socialista di settanta anni e un vecchio

ex comunista e la madre in altra stanza taceva irrigidita da un malessere

che le asserraglia il corpo di dolore e che le ha tolto la voglia di parlare

perciò mi alzai per scolarmi un rosso con pasolini a decantare in testa

 

 

andando a casa la ricordai sedicenne con un acerbo gran pezzo di sticchio

che accompagnava noi del settatasette irrequieti di rivoluzione e incauti

di ideologia banditi in eskimo dagli occhi buoni ancora vivi in una città

defunta fitta di stelle chine sopra le onde della notte cosparsa dalla striscia

oscena di una luna baldracca perciò pensavo fottiti perché non mi pento

 

 

e mentre di lei femmina adesso afona nella memoria vuota riecheggia

la frase sul mio passato sdrucito io rido e penso in discordanza letteraria

al mio mare come ad un’oasi di cartapesta e mi rievoco i seni e l’occhio

inciso nero come i capelli tagliati nel suo accadere indurito senza eros

che in un inizio di manchevolezza deve esserle stato ghigliottina e prigione

 

 
 
 
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