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« e sono sobrio in un’albasei graspi di frasi, in ... »

daimon xenos fragmenta eidos

Post n°77 pubblicato il 20 Luglio 2011 da imagomentis


 

 


I A fragmenta

Le scaglie d’immaginario si frantumano se cozzano indecise su una realtà che affiora solo a brandelli, se a pezzi sparsi s’impone, questo reale fasullo, fatto da alambicchi impeciati che stillano vermi in fossati di terra nera. La bellezza in idea è lampo breve di luce intensa che un nugolo di demiurghi accecati scaglia a caso da iperuranio lontano. Occhi veloci nel raccoglierlo e attenti al suo variare, o torna tremulo lume del reale.


I B eidos

L’allegoria leggera
di un demone sorpreso
da una dea che s’incurva
per poggiare le labbra
sulla linea dell’acqua,
dona una forza lieve
nel crocicchio di cose
alle tue forme sciolte
in cristalli di segni.

 

 

 

II A fragmenta

Non esiste in estetica un’unica forma essenziale che include la sostanza dell’essere tra le cose per descriverle, è il terzo volto della medaglia quello che bisogna cogliere mentre la moneta gira nell’aria, non è testa né croce: l’esistenza in parole è la semantica inefficace del divenire.


II B eidos

E t’immagino in bilico
nel vertice del capo
reclinato su un ponte
di luce e d’ombra mite
solo se suddivisa
nella tua gerla fertile
senza frasi di pace
unta d’ipocrisia.



III A fragmenta

Poi s’incontra qualcuno per caso e il caso diventa necessità, e il miele d’api diventa sostanza appiccicosa di fico acerbo. Il discorrere s’inquieta e non si trovano più le parole: è lo scontro inutile con se stessi, il bisogno di ritrovare negli altri la parte estranea di sé dispersa in un gorgo molteplice di frasi.

 


III B eidos


Tu sei guerra feroce
e mite calura eburnea,
sei il demone e la dea
che sfidano nell’aura
il principio e la fine
e si cingono chiusi
nel margine ideale
della materia uccisa.

 

 

 


IV A fragmenta

Eppure bisogna cercarsi l’anima, in questa caotica rimembranza di follia che brucia il tempo e che veloce s’insabbia come quegli scorpioni del deserto, resistenti al sole e alla sete, e l’anima passa attraverso i pori di un corpo mai stanco, quel corpo che è la somma delle apparenze possibili e immaginabili.


IV B eidos


Sento stringere avido
tra paludi di fumo
il penetrare lento
del desiderio confuso
e deciso m’inoltro
col mio passo di cuoio
nelle foschie del vespro
sparso nell’arenile.

 

V A fragmenta

Ed è guerra di posizione, scontro di trincea mimetizzata e mobile, nella terra arida di nessuno dove è possibile muoversi senza le ali della maschera, abbandonando ipocrisia e pudore, lasciandosi alle spalle le certezze e i dubbi: si tratta di camminare senza voltarsi indietro, come Orfeo nei meandri infernali, e alla fine si rischia di spingere il masso da soli, inutilmente e per un’eternità provvisoria. Vale la pena di correre il rischio di Sisifo.


V B eidos

Per domare gli specchi
nella mia mano stringo
un’antica arma bianca
e per te porto in dono
nella bocca una rosa
che con la lingua imperlo
se tra i denti una spina
punge le labbra chiuse.




VI A fragmenta



L’alchimia dell’intelletto, la magia bianca della parola, senza la forza di un demone straniero, è sterile sopravvalutazione d’istinto e di ragione, che soccombe incapace di mutarsi in creazione reale, di conservare e togliere l’immediatezza, e mostrare di sé solo la parte minima. Il resto è gioco fittizio d’apparenze e d’intrichi tra le figure retoriche più o meno efficaci, che alla fine si mostra per quello che è: falso disastro e cortigiana devastazione. Di fronte a se stessi, nel laboratorio interrato della scrittura, non si discute volentieri del proprio disintegrarsi un pezzo alla volta, tra le facezie incerate del quotidiano coesistere. Non è mai evidente la lenta macerazione della fusione poetica d’eros e di psiche: è scandalo scritto sui carri dell’uragano, è nascondiglio da scovare tra le apparenze fugaci della scrittura.


VI B eidos

A me stesso straniero
presso il tuo nascondiglio
cerco di decifrare
ombre di segni incisi
nel tuo istinto scarlatto
intrecciato di cose
fatte da un furibondo
demone meridiano.




 

Chiusa imprecisa e chiosa

Sono frasi scavate per offrire una dedica imprudente in punta di labbra impulsive, sono un gesto furtivo nel margine dell’esistere in forma di parole. E dietro questo scrivere c’è stata una mano che si è mossa, sospinta, con leggerezza o brutalità, da un’entità immateriale che ha mostrato, tra le cose, un volto di demone e un viso angelico. In ogni caso entità portatrice di luce. In ogni caso entità portatrice di tenebre.


 

 
 
 
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