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Post n°86 pubblicato il 23 Maggio 2013 da imagomentis
l'uomo parla Minchia però, questa stanza anche stanotte è un bordello. Passano i giorni rattoppati e non cambia, o meglio cambiano i pezzi delle cose che lascio in giro in forma di parole tra la gente distratta, che va e viene e si sgola per dire e si affatica per fare, mentre prima dovrebbe inabissare l’occhio nel bicchiere e poi palparsi l’anima a vicenda con le mani sulla pelle in rilievo. si altera un poco la voce è ironica Tanto non cambia niente dopo troppo reale in croste di memoria. E cambia tutto nell’immaginario dove alture tra cime nevose e fredde diventano passerelle bianche su fiumi caldi, e dove parole e cose di te che appari nuda e ti accartocci e gemi sono pause poggiate tra tuoi seni ed in file asimmetriche sono formiche rosse ubriache tra le tue cosce caramellose. che va in frantumi ma non cade
alza la voce Occazzocazzocazzo! Prestami la tua cipria! Oggi non ho voglia di separare gli specchi e non ho nemmeno voglia di uscire, ma ho quasi finito le sigarette e il vino e qualcuno deve andare fuori a comprarli, perciò mi serve un po’ del tuo makeup da spalmare sul viso, a dita chiuse come un selvaggio in guerra. Due strisce orizzontali sulla fronte e tre distese a piombo sulla guancia. (mette le dita nel bicchiere e ripete il gesto) e sussurra alzandosi in piedi Al mio rientro, per caso, tornerò a pensarti sparsa nel mio bicchiere e dentro il fumo, come una folata acre di vento tiepido e liquido che si attorciglia agli occhi in mulinello spaiato. guarda nel bicchiere soffia il fumo della sigaretta davanti a sé e lo osserva mentre si dirada. ha un'espressione di stupore sul viso si sposta dal tavolo. si piega sui ginocchi. tiene la testa tra le mani che si muovono sul viso. come carezze. la voce è monotona Certo tra noi succederà qualcosa perché è scritto persino su questo soffitto basso. Se chiudo gli occhi lo leggo anche sui muri che tu sarai, probabilmente in chiosa oasi di pioggia e luna sgocciolata nel tuo cerchio. Ed io forse sarò, in triangolo e delta, scudo e sentiero di questo divenire lento nel raggrumarsi.
ricomincia a bere. la voce è alterata Stanotte aspetterò l’alba del quotidiano per insultarla sorpreso nell’assurdo e nel mio sguardo arrossato d’azzurro. E sarò senza appoggio in una lacerazione di preghiera e di guerra. Rito dissennato come quel pane mistico spezzato nel vuoto bianco del cielo. Imbevuto nel vino strizzato a sangue in una vaga memoria del sacrificio di un palestinese, biondo con gli occhi azzurri, che resta sempre un’effige erotica come le madonne del quattrocento.
al centro dello sfondo appare il quadro del giambellino e ai lati fotografie in bianco e nero di volti e corpi di palestinesi dell’intifada in successione casuale. si alza indica l’immagine del quadro con l’indice delle mano destra. con la sinistra beve dalla bottiglia Hai mai guardato il viso della donna che porge quel bimbo ai saggi, nella presentazione al tempio del Giambellino, cognato di Andrea Mantegna? E' puro eros appiccicato al muro. Eros e Tanathos nel loro fatto sacro.
si siede prende dei fogli formato A4 li guarda uno ad uno parla e continua a bere. la voce è dolce E leggerò i tuoi fogli per poggiarli sparsi sul fianco sgombro del mio letto disfatto, prima del sonno ed al di là dell’assenza. Ed alla fine avrai la tua leggerezza brumosa di un sussurro di foglie di castagni nel bosco, in quel tramonto impastato di terra e di pioggia. E in un estroso spumeggiare di onde, in un mare d’inverno sotto la prima luce, avrai la tua consistenza di battigia schiumosa.
in una mano ha la bottiglia e nell'altra i fogli si sposta continuamente parla e beve La verità è che non me ne strafotte una minchia! E le parole sono solo un pretesto perché la realtà non è parola e il tuo gesto non è che un suono di sillabe su questa carta che leggo.
si siede accende una sigaretta beve
Stanotte c’è uno strano sciabordio di sensi. E noi della ciurmaglia del buon buk, di notte sbronzi, con una tastiera e i sensi all’erta, siamo pericolosi. Sfidiamo l’ira del buon dio dei credenti e tocchiamo persino il culo al diavolo. si calma. la voce diventa normale smette di bere Forse dovrei trovarmi una compagna, perché da troppo tempo insisto nel rifiutare sinestesie di donnette, che sono facili facili. Ma una donna è quasi un tatuaggio indelebile, proprio sul terzo occhio che si schiude su quel delta di venere istoriato da uno schizzo tracciato sopra un segno.
va fino al centro dello spazio. si siede sul tavolato. si agita mentre parla Perché penso alla tua bocca indolente che si raggomitola in un risucchio di ombra? Perché mi lascio andare alle visioni di un estetismo instabile nell’alcool? Per quale scopo la maledetta inquietudine ritorna in un contesto astratto e si fa immagine di concretezza?
parla senza sgomento scandisce la parole con foce ferma La mia realtà è linguistica. Insopportabile se ci pensi bene. E nel reale, quella parte di me che si disloca tra cose e persone, non ha l’essenza inutile del dire, ma la sostanza cieca dell’apparire. beve chiude gli occhi ride piange ride
E infine so che il mio essere inquieto, dopo tanto reale rimasticato crudo, è nei frammenti dell’immaginario e nelle tracce di un disastro che annuncia un sentimento fatto di parole.
si alza guarda i libri sparsi ne raccoglie alcuni a caso e li ammassa alla sua sinistra guarda le bottiglie vuote le raccoglie ad una ad una le sistema alla sua destra una accanto all’altra prende lo specchio in frantumi dal basamento in marmo lo mette davanti a sé lo guarda. raccoglie un frammento. si specchia e parla Nel mio caos esistenziale, quotidiano e ossessivo, non reggeresti per una settimana. Perciò lasciamo che tra di noi ci sia solo un fatto di lessico. guarda la maschera torna a sedersi al tavolo ricomincia a bere in silenzio |
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