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un tempo si agitavano al dire e al fare comunista di un padre morto
da molti anni che in una città esanime di un’isola dove le idee sono finte
strutture fatte di sangue sparso a mani nude sui vicoli scavati dai millenni
e di menefreghismo da quasi dei fu capace di mandare al diavolo i potenti
e di una madre mischiata di ragione e vino bianco sul mondo a muso duro
e c’ero tornato anni prima per arginare il fascio col vecchio impegno muto
ad incollare i manifesti sui muri e a dire ancora in adunanze operaie
i have a dream e che senza di loro costretto sarei stato a ripetermi
anarchico perciò borghese di parassiti ciarpami oppure a trattenermi
sopra i fogli a sagomare parole di dissonanza tra le muraglie accerchiate
così portai lì quella poesia su commissione a dutschke il rosso compagno
di germania suicidato nella sua stanza da bagno dal potere e col mio libro
ammuffito nella borsa volevo dirla perché le fosse in versi alati e duri
preludio e augurio del suo nuovo impegno rosa a sinistra virata seppia
che si coltiva piatta l’orticello asciutto nella sua polis protesa verso il mare
le dissi vorrei leggerla e mi rispose senza ironia che ero un intellettuale
di merda e chi l’udiva erano un socialista di settanta anni e un vecchio
ex comunista e la madre in altra stanza taceva irrigidita da un malessere
che le asserraglia il corpo di dolore e che le ha tolto la voglia di parlare
perciò mi alzai per scolarmi un rosso con pasolini a decantare in testa
andando a casa la ricordai sedicenne con un acerbo gran pezzo di sticchio
che accompagnava noi del settatasette irrequieti di rivoluzione e incauti
di ideologia banditi in eskimo dagli occhi buoni ancora vivi in una città
defunta fitta di stelle chine sopra le onde della notte cosparsa dalla striscia
oscena di una luna baldracca perciò pensavo fottiti perché non mi pento
e mentre di lei femmina adesso afona nella memoria vuota riecheggia
la frase sul mio passato sdrucito io rido e penso in discordanza letteraria
al mio mare come ad un’oasi di cartapesta e mi rievoco i seni e l’occhio
inciso nero come i capelli tagliati nel suo accadere indurito senza eros
che in un inizio di manchevolezza deve esserle stato ghigliottina e prigione
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