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e credo che sia stato
walter benjamin
nel suo angel novus
o forse adorno
in minima moralia
ad affermare che il vuoto
a volte è colmo
di cattivo pieno
poi si lasciava andare
in altre frasi
che non rammento
ma che potrei cercare
tra le mensole
te le risparmio
perché da sobrio
al mattino
non capirei il motivo
della faccenda
la luce bianca è sparsa
nel cortiletto in coccio
forse sono le nuvole
che impallidiscono
oppure è davvero l’autunno
che ritorna
questo però
non è importante
non è il momento
di fare arcadia
da circo equestre
perché voglio far cenni
disimpegnati
con minimi aggettivi
di quel vuoto
che ci separa e unisce
in quel pieno ammassato
dal tempo osceno
del disincanto incanto
nell’esistere monco
di aggiustamenti e sconti
sentimentali
c’è chi nel vuoto
mette persino un figlio
come se fosse facile
prendersi cura
di un’altra essenza
sarà perché l’allegoria
del rispecchiarsi
mi annoia
io nel mio vuoto
non ho messo un figlio
c’è chi ci mette il dovere
e chi un consorte
oppure un gesto
di preghiera infinita
di bestemmia o di sesso
e chissà cosa ancora
a riversare
ho fin troppa ironia
disincantata
per prendere sul serio
gli uni e gli altri
e infatti
non ce li ho messi
certo ti piacerebbe
che ti narrassi
un po’ di più di me
per darmi il benvenuto
nel tuo vuoto
dovresti cogliermi ebbro
di chiaroscuri
così potrei riempire
quello spazio
sarebbe divertente
per una volta
mettermi in mostra e fare
puleggia di pavone
ma tu non reggeresti all’urto
del quotidiano mio
quest’estate ad esempio
vennero le formiche
giù in cucina
a spingersi
sul pavimento e sul muro
in fila indiana
per scompigliare
la zuccheriera
e raccogliere
le mollichine sparse
sui ripiani
ci crederesti
se ti dicessi
che le ho lasciate libere
di muoversi
senza schiacciarne alcuna
che non si fosse
per caso
trovata sotto il mio piede
scalzo sul pavimento?
era felice il geco
che scorrazzava
nella sera sul muro
a rimpinzarsi
ed erano felici
le formichine
ed io mi divertivo
a spifferare
sulla mia pelle
quando con le zampette
mi stuzzicavano
tu le avresti ammazzate
tutte quante
e questo cosa c’entra
con il cattivo pieno?
se vuoi puoi ridere
ma nel tuo vuoto
ci sguazzerei come un luccio
tra i gorghi di un torrente
o dove il fiume sfocia
e mischia schiuma
dolce e salata
in mulinelli sul mare
quando però il sole
si accinge alla caduta
e si scompone
nella luce impalpabile del balzo
sull’emisfero
concede un vuoto
per un istante al cielo
in una foggia riflessa
messa a rovescio ai bordi
di un confine scarlatto
all’orizzonte
perché direbbe un altro
tra gli scaffali
ciò che conta di un vaso
è il vuoto che esso contiene
e sono sobrio in un’alba
che ricomincia
dall’incavo dei sensi
a raccontare
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