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« Che cos'è la famiglia?La politica di Beppe Grillo »

Il futuro dei giovani e del lavoro

Post n°239 pubblicato il 25 Aprile 2012 da cavallo140

 E paga il cittadino.

Avere un lavoro, fisso e certo, è già ora un privilegio. E sempre di più lo sarà. La crisi occupazionale investirà tutti, chi più e chi meno e tutti saranno coinvolti. Dai lavoratori dipendenti di tutte le categorie, fino ai liberi professionisti di ogni genere e tipo. Forse in qualche misura, Stato permettendo, i lavoratori autonomi, già abituati alla flessibilità, potranno sopravvivere.

I segnali ormai sono evidenti. La Germania stessa, mette i paletti  obbligandola ad assumersi oneri e doveri nei confronti dei lavoratori dipendenti ivi occupati. Lo Stato tedesco non vuole nè tantomeno è in grado di assorbire l’urto mediatico e sociale di migliaia di operai e impiegati a spasso senza lavoro. Il costo sociale sarebbe altissimo, quello politico e mediatico ancora di più. Ma il problema di fondo qual’è? Semplicemente si nasconde il fatto che, persino nella super-industrializzata Germania, è ormai impossibile far assorbire al comparto produttivo del Paese, tutti i disoccupati che il fallimento della centenaria casa automobilistica tedesca procurerebbe, tra indotto e casa madre stessa. Perchè non c’è posto! Dove metterli? Che prospettiva dargli? Quale futuro? Boh! Dove metti 8-10 mila operai che hanno lavorato sulle catene di montaggio? Operazioni di riconversione, sono assolutamente impossibili e hanno costi enormi. Allora meglio salvare un’azienda ormai decotta e sperare nel rilancio.

 

La novità di questi anni è che non si fallisce più. Le grosse aziende, i grossi gruppi e gli enormi conglomerati industriali non possono fallire, per il bene di tutti. Si salvano le banche, si salvano le grosse aziende industriali, si salva il salvabile. E paga il cittadino. Il cittadino paga per non essere licenziato e si indebita. Mentre gli industriali delocalizzano portando la produzione in Paesi dove la manodopera ha costi accettabili per geneare il giusto profitto e mantenere in equilibrio i propri bilanci.

Come dice un mio carissimo amico, in Italia (ma aggiungo in tutta Europa e nei paesi postindustrializzati) rimarranno solo servizi, ricerca e sviluppo e design. La testa in Europa e in USA e il braccio in Cina, India e Brasile con qualche paese Africano in aggiunta. La produzione di massa, in Europa non ha futuro. E come ho già scritto in passato, si tornerà al piccolo. Dopo i giganti, o se vogliamo dire i dinosauri, arriverà il momento dei piccoli.

Ma questo non è tutto male, anzi. Semplicemente cambierà il tipo di lavoro, cambierà il modo di lavorare e soprattutto, saranno necessarie politiche scolastiche che possano portare ad avere più opportunità di lavoro in tal senso. L’operaio alla catena di montaggio non ha futuro. Ma il programmatore di software o il designer di moda sì. Il lavoro sarà orientato alla generazione di idee, di metodologie, di progetti e sarà molto più competitivo di adesso. Ma perchè questo possa diventare un futuro roseo, è necessario che il mondo della politica e della gestione della pubblica amministrazione sia al passo con i tempi che cambiano. Ma così non è, men che meno da noi in Italia.

L’imprenditoria è ostacolata come in nessun altro Paese europeo. Essere imprenditori in Italia è un atto di puro eroismo. Tra lacci e lacciuoli, imposizioni, trappole giuridiche e fiscali, fare impresa soprattutto per i giovani, è come mettersi “le palle in mezzo all’uscio” come si dice da noi, quando proprio adesso dovrebbe essere diverso. Proprio adesso sarebbe il momento di agevolare l’impresa soprattutto quella nuova, quella giovane, quella che porta idee e innovazione.

Questo sicuramente comporterà una espansione della richiesta di lavoro dipendente, sicuramente specializzato e più evoluto (con tutto il rispetto per il lavoro in catena di montaggio, per carità) ma è il nostro futuro. Non ne esiste un altro. Altrimenti che futuro lavorativo e professionale diamo ai nostri ragazzi? Che speranza avranno? Cosa gli aspetta?

Siamo imbracati e imbrigliati nel nostro sistema di veti e controveti, di interessi contrapposti o condivisi. Abbiamo un debito pubblico da capogiro, una disoccupazione potenziale da rivoluzione sociale. Non esiste una pubblica amministrazione che sia regionale, provinciale o comunale che non sia in passivo (se avessere l’obbligo di presentare i bilanci come si deve).

Per avere un’opinione fuori dal coro degli “eletti” (e non dico verità, dico opinione) bisogna ascoltare i “vaffa” di Beppe Grillo o guardare Report su RAI3. E i nostri ragazzi escono dalle scuole pensando che valga la penna vivere solo di presente. Non possono uscire di casa per farsi una famiglia, non hanno prospettive future se non nuvoloni neri di recessione e povertà culturale. Niente figli i figli costano! Niente matrimoni, i matrimoni costano.  Niente sogni, i sogni costano! Niente futuro, il futuro costa!

Niente lavoro! Il lavoro costa! Stiamo uccidendo la speranza....Forse è morta.

VITA
di Juan Ramon Jiménez

Giorno difficile, in cui il sole
e le nuvole combattono
- a tratti aperto, fiore,
a volte chiuso, frutto - ,
per confondersi nella notte!
Vita!
Veglia in cui gli occhi
si aprono e si chiudono,
in un gioco stanco
di verità e menzogna,
per confondersi nel sogno!
Vita!

 
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