Creato da k.way il 13/11/2009

VAGHEIDEE

quell'andatura incerta che chiamano esperienza

 

Loro

Post n°176 pubblicato il 19 Ottobre 2011 da k.way
 

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Ciascun uomo nasconde in sè l'intero Universo.

Così come questo sta in una goccia di mare, in un petalo, in una piuma ...

ma Vederlo e Riconoscerlo è fortuna/sventura di pochi,
che spogli del pesante velo di un Ego fagocitante
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- e consapevoli della profonda Armonia del Tutto -
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hanno confidenza con l'Anima che anima tutte le cose.
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Ad essa, parlano. Con essa, si intendono.

Come con l'intero creato, che si svela loro,
presentandosi, ad ogni incontro,
per Nome.

Loro, sono i Puri.

Vedono ciò che non c'è,
odono il silenzio e dicono con parole mute.

Nel loro cammino, lasciano spesso un segno.

Sempre, lo portano dentro.

  

{k.way/11}

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Già !!!

Post n°175 pubblicato il 18 Ottobre 2011 da k.way
 

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<<Da ragazzo ero anarchico, adesso mi accorgo che si può essere sovversivi soltanto chiedendo che le leggi dello stato vengano rispettate da chi ci governa.>>

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 [Ennio Flaiano]

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E' giusto che sia così ... (forse)

Post n°174 pubblicato il 14 Ottobre 2011 da k.way
 

 

 

Gli innamorati

Si guardavano zitti
e senza fiato
gli innamorati.
Avevan gli occhi fermi
e brillanti,
ma il tempo che passava vuoto
vi ammucchiava il buio
e i tremiti del pianto.

Ed ecco, una volta, come l'erba
che si trova incastrata dentro un muro,
nacque una parola,
poi un'altra, poi più assai:
solo che tutte le volte
la voce somigliava
a una cosa sognata
che la senti di notte e che poi torna
più debole durante la giornata.

Sempre che si lasciassero
sembravano come le ombre
che si allungano nelle magie;
se sentivano un rumore, aguzzavano
le orecchie e si vedevano;
e se lampeggiava la luce si trovavano
faccia a faccia nel rosso dei mattini.

Un giorno
- non saprei dirvi se nel mondo
facesse freddo o piovesse -
uscì tutt'a un tratto
la luce di mezzogiorno.

Senza che lo sapessero
gli innamorati si tenevano per mano
e nuotavano insieme nel sorriso
che le campane del paese spandono.
Non c'erano più angosce;
si sentivano più lievi di un santo,
facevano i sogni delle giovinette
coricate sull'erba e che vedono
il cielo e una colomba
che gli passa davanti.

Erano giunti proprio al punto giusto:
ora si potevano stringere
si potevan baciare
si potevano unir come nel fuoco
le vampe e come i pazzi
piangere ridere e sospirare;
ma non fecero niente:
se ne stavano assorti come la neve
rosata delle montagne
quando il sole tramonta e ad ogni cosa
strappa un lamento.

Chi lo sa!
Senza dubbio temevano
di sparire toccandosi col fiato:
eran l'uno per l'altro
la bolla di sapone colorata;
e forse lo sapevano
che dopo il fuoco scorrono torrenti
di cenere e che i pazzi
se gridano troppo
li chiudono per sempre dove nessuno
oserebbe entrar mai.

Ora non so dove sono,
se son vivi o son morti,
gli innamorati;
non so se camminano insieme
o se il demonio li abbia separati.
Non voglia Iddio
sian divenuti fango nella via
.

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A occhie e cruce
(Ad occhio e croce)

A occhie e cruce
pàrete ch'è spiccète
stu bene tante granne ca m'ha'vòste:
nu chiantarèlle, e basta,
e i cose chiène chiène
ànne turnète belle n'ata vota
com'i fiore scattète nda na grasta.


Iè nun le sacce bbòne
si tu n'ha' fatte nu torte
a chill'amore noste ca nascìvete
nda nu vée rusète,
sacce sùue na cosa:
ca ci ha' rumèse 'nghiuse nda stu core
come nd'i mène sante d'u Signore
tutte quante u criète.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ad occhio e croce
pare che sia finito
il bene così grande che mi hai voluto:
un piccolo pianto, e basta,
e pian piano le cose
son ritornate belle un'altra volta
come i fiori sbocciati entro una grasta.


Io non so bene
se tu hai fatto un torto
a quell'amore nostro che nasceva
in un velo rosato;
so soltanto una cosa:
che sei rimasta chiusa in questo cuore
come nelle mani sante del Signore
tutto quanto il creato.

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E' giusto che sia così

E' giusto che sia così:
non ci sarebbe il volo,
se non ci fosse il peso che ti scaglia
e t'inchioda alla terra.

Benedetto il nemico;
il diabolico; il verme
che s'indora di bava mista a sangue
di chi fuggì trafitto:
essi sono la fune che protegge
lo scafo crivellato.

Non può esserci amore
nella dolcezza immota dell'Eterno;
morirebbe la vela fra gli scogli,
se non ci fosse il vento.

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La piuma sui tetti

Chi vuole una cosa
e chi un'altra,
chi è sordo
e chi è cieco,
ma ci son pure quelli che ti dicono
se vola una piuma sui tetti
e sentono il vento forte in un fiato.

Io, se mi sento stordito,
vado camminando ancor di più;
e tutte le cose sembrano destate
agli occhi che vi bruciano sopra.

E mi scordo dei dirupi,
e zitto zitto e quieto mi c'incanto
con le cosette piccole,
magari con una foglia, o con un legno,
che se li porta via l'acqua di un fiume.

Albino Pierro

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Albino Pierro (Tursi, 19 novembre 1916 – Roma, 23 marzo 1995) è stato un poeta italiano. È famoso soprattutto per la sua svolta dialettale e per essere stato più volte candidato al Premio Nobel per la Letteratura. Fu consacrato fra i grandi lirici del novecento italiano da critici come Gianfranco Contini e Gianfranco Folena. Le sue opere sono pubblicate in inglese, francese, persiano, portoghese, spagnolo, rumeno, arabo, neogreco, olandese e svedese.

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 Tra i tanti, troppi, Artisti immeritatamente dimenticati e semisconosciuti.
In Italia!

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A volte

Post n°173 pubblicato il 12 Ottobre 2011 da k.way
 

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Le persone che amiamo, vivono già dentro di noi,
da sempre. 

Anche se non lo sappiamo.
Anche se non lo abbiamo mai saputo.
Anche se dovessimo non saperlo mai.

A volte,
accade di incontrarle.

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Jib Peter Photo

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A volte.

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Due Geni, uova, nani e alberi

Post n°172 pubblicato il 07 Ottobre 2011 da k.way
 

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*
L'uovo ha una forma perfetta
benché sia fatto col culo.

[Bruno Munari]

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Un Grandissimo!
(per me un mito)
Un artista/designer che non ha mai perso lo spirito del bambino.

 «Durante l’infanzia – scrive l’artista – siamo in quello stato che gli orientali definiscono Zen: la conoscenza della realtà che ci circonda avviene istintivamente mediante quelle attività che gli adulti chiamano gioco. Tutti i ricettori sensoriali sono aperti per ricevere dati: guardare, toccare, sentire i sapori, il caldo, il freddo, il peso e la leggerezza, il morbido e il duro, il ruvido e il liscio, i colori, le forme, le distanze, la luce, il buio, il suono e il silenzio… tutto è nuovo, tutto è da imparare e il gioco favorisce la memorizzazione.
Poi si diventa adulti, si entra nella ‘società’, uno alla volta si chiudono i ricettori sensoriali. Non impariamo quasi più niente, usiamo solo la ragione e la parola e ci domandiamo: quanto costa? A cosa serve? Quanto mi rende? E poi, diventati ricchi, ci si fa costruire una bella villa al lago e, come ricordo di una infanzia felice e perduta per sempre, si fanno mettere in giardino la serie completa dei nanetti e Biancaneve in cemento colorato.»


[da Verbale scritto]

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La gallina non ha fatto l’uovo. Detto da un Genio:

Qualcosa da cenare! La madre, cercando riprendersi, guardò per la cucina, vuota e fredda, schiuse un’anta della credenza dove l’ombre s’erano addormite su quel po’ di sentor di lardo e d’avanzi: in cucina non v’era quasi nulla, da potergli preparare nemmeno un ovo. Lo stentòreo deretano delle galline del Giuseppe ci perveniva piuttosto raramente, a una così gloriosa estromissione. Ne teneva più d’una, ma facevan l’ovo a turno: e spesso, poi, marinavano íl turno. Il figlio si sarebbe imbestialito anche di ciò: e allora bisognava sorvolare, sulle ova. Già altra volta era accaduto che s’infuriasse, per quella inadempienza dei polli del Serruchón porco: e aveva accusato il gallo di morosità genetica e di perversione, le galline d’esser lesbiche, e tr…

[La cognizione del dolore]

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[Carlo Emilio Gadda]

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ALBERO
l'esplosione lentissima
di un seme.

[Bruno Munari]

.

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Dallo spettacolo d’una edilità pacchiana, cùrule o plebea, rifuggivo con le mie speranze alle querci, ai pini. Le querci responsali dell’antica gente druidica: i pini! il di cui sussurro lento, nel vento del monte, mi regalava il batticuore. Batticuore d’amore. Il mio spirito, il groppo di rapporti di cui ero il nodo, pio nodo, pio non ostante tutto, sentiva che del popolo alto dei pini era la mia genitura e la mia gente, l’antica […]. Ma gli alberi sacri erano spenti: erano stati recisi: perché desse albergo, la terra, alla nanificata prole degli umani.

[Come lavoro]

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[Carlo Emilio Gadda]

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Non sono le cose che ci accadono,
che ci circondano o che subiamo,
a “fare” il nostro mondo.

[ben povera e limitata sarebbe la vita]

E’ il COME le guardiamo !

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Danza i confini!!!

Post n°171 pubblicato il 30 Settembre 2011 da k.way
 

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Sarà pure una stupidata
(ma è più prossima alla "genialata")

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eppure,

con oltre TRENTANOVEMILIONI di visite,

ogni confine è stato abbattuto.

*

D A N C E

!!! !

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Not war!

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Confini

Post n°170 pubblicato il 28 Settembre 2011 da k.way
 

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Quanti e quali meravigliosi mondi scopriremmo, se fossimo solo capaci di abbandonare per qualche attimo il nostro Ego, la nostra prigione buia, illusoriamente illuminata da schegge del Nulla. Siamo parte di un Tutto infinito, ed in quanto tali, altrettanto infiniti, ma ci serriamo nelle nostre paure, difendendo finti giardini ormai aridi e tristi, privandoci giorno dopo giorno della sola ricchezza che può renderci compiutamente Uomini: il riconoscimento dell'altro in noi. E di Noi, nell'Altro.

In fondo, il vecchio adagio recita "siamo tutti sotto lo stesso cielo" ...

Final Toto Photo

...ed ogni confine, in realtà, è solo nella nostra (piccola) mente.

*

*

*

 

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Oniriche realtà

Post n°169 pubblicato il 25 Settembre 2011 da k.way
 

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E nulla, proprio nulla è perduto:

se nel sogno i sentieri sono tutti ancora da percorrere,

se nel sogno si cela il possibile,

se il sogno è "l'infinita ombra del vero"?

*
[Elena Clementelli –  da “Quasi una certezza”]

 

 

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Ciò che sogniamo
non è
meno reale
di ciò che respiriamo

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Mi piace pensare che in quel tronco
ci sia un Sogno che
 Danza
- e sento pure magiche note che l’accompagnano –

che
mi chiama in un bosco incantato
vecchio

che
mi invita
a percorrere una strada
 che non porta in nessun posto

e lì scoprire
che
ci sono più posti che strade

 e certi tesori …


(ma è solo una mia realefollia)

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Vuoti

Post n°168 pubblicato il 09 Settembre 2011 da k.way
 

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L'avevano chiamato a Torino per parlare di spiritualità. Lui che è il funambolo più famoso del mondo, infatti, sembrerebbe un esperto di dei, a forza di camminar loro vicino, lassù nei cieli. Ma Philippe Petit, che ha passato la vita a disubbidire, si mantiene a cauta distanza dalle religioni rivelate. «Non credo in Dio, e nemmeno negli psicanalisti». [...].

«Chiunque può guardare qualcosa di incredibile - dice - e sognarlo». Come? Petit rivela il suo metodo, una specie di religione che lega montagne e cuori, nell'affascinante libricino, Credere nel vuoto, pubblicato da Bollati Boringhieri [...] Sul frontespizio compare «introduzione di Michele Serra». Non è proprio così. Perché il giornalista-scrittore fa qualcosa in più, dialoga, pone domande, pungola maieuticamente Petit sulla fede, sulle vertigini, sull'umiltà, sulla mistica della tenacia. Chiede persino se c'è qualche broker che lo assicura prima di un'impresa. Risposta: «Firmo documenti complicati in cui prometto di non fare causa a nessuno nel caso in cui muoia». [...]

La prima impresa è stata a Parigi, Notre-Dame, 1971. Tese una corda tra le due torri e camminò nel nulla, sopra centinaia di persone stupite. Quando scese lo misero in galera, perché era proibito turbare l'ordine pubblico e fare mattane. [...] In quarant'anni ha passeggiato tra le nuvole ovunque, da Sydney alla Torre Eiffel. E vorrebbe ancora farlo in posti estremi, come il Gran Canyon o l'isola di Pasqua.

Il suo sogno più grande sono state le Torri Gemelle. Cominciò a pensarci quando le vide solo in forma di progetto su una rivista. E preparò per mesi l'impresa come fosse un colpo in banca. Nel '74 si arrampicò di nascosto sui grattacieli in costruzione, beffò la sicurezza, tese il filo e andò avanti e indietro per una quarantina di minuti a 400 metri d'altezza, vestito di nero. Lo arrestarono di nuovo, ma fu condannato a una pena mite: esibirsi per i bambini a Central Park. Era arrivato a New York come un cospiratore, con quello sberleffo estremo in mente. Non se n'è più andato via. [...]

Petit piace alle gente comune, ma anche a tipi come Herzog e Mailer. Perché quando disobbedisce alla gravità, lassù, riesce a dare le vertigini a chiunque, a sollevarlo dalle banalità terrestri. Un giorno, per esempio, passò nel cielo di Gerusalemme. Qualche decina di migliaia di arabi e israeliani si scoprirono a battere le mani tutti insieme per incitarlo, dimenticando d'odiarsi cordialmente. [...] Allora perché ciondola su quelle corde tese a centinaia di metri d'altezza, perché rischia di sfracellarsi ogni volta? Non sa rispondere con precisione, come Matisse non saprebbe spiegare perché ha usato certi colori sulla tela. Dice solo che gli piace andare in «una terra di nessuno in cui nessun uomo è mai arrivato. Perché un essere umano sulla sommità di una cima altissima, molto forte ma molto,fragile, è un'immagine perfetta». [...]

Petit, come dice il nome, è «piccolo» in alto, un minuscolo puntino nel vuoto e nel cielo. Eppure molto più vicino agli dèi di noi quaggiù. I miti antichi raccontano che gli onnipotenti s'indignavano se qualcuno s'accostava troppo impertinente e lo facevano precipitare. Ora invece stanno a guardare quell'uomo che sale in cielo discreto, a piedi quasi scalzi, come un mistico che cerca l'assoluto. Certo, crede fortemente in se stesso, è quasi più audace di Icaro, ma deve anche conoscere l'umiltà perché se commette un errore è spacciato. Forse è per questo che gli dei lo lasciano fare. Forse la sua levità non li disturba. O forse, come dice il decano James Parks Morton «Dio crede in te».

[tratto da un articolo di Bruno Ventavoli  su La stampa del 3.09.2008]

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"...quello che faccio non ha nulla a che vedere con il corpo. Passione, intuizione, ricerca della perfezione, tenacia, amore per qualcosa: tutto questo è frutto della mente. Per camminare su una corda tesa si ha certamente bisogno del corpo, ma prima di tutto è necessario generare una sorpredente energia di solidità e di fede: bisogna credere. Quando sono sulla fune, quando, dopo aver afferrato la mia asta da equilibrista, sono pronto a partire, devo sapere in anticipo, prima di fare il primo passo, che arriverò dall'altra parte. Se non lo sapessi, fuggirei via perchè sarebbe terrificante. Questa è fede. Forse è una fede religiosa: di certo ha a che fare con la mente. La mia filosofia è di avere un'idea, un progetto, impegnare la mia mente in qualcosa e poi coinvolgere il corpo, tirandolo per una manica. Il corpo seguirà la mente. Certo, per fare le sue famose dodici piroette Baryshnikov* ha bisogno di dodici anni di lavoro, ma è solo un dettaglio. La cosa importante è la mente".

 (da Credere nel vuoto )

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"chi è fiero della propria paura osa tendere cavi sui precipizi; si lancia all’assalto dei  campanili; allontana e unisce le montagne. ecco il viaggio da fare: alzati quando il filo si mischia alla carta del cielo."

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 Manhattan 11 Settembre 2001

Il vuoto della ragione.

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Un vero amore

Post n°167 pubblicato il 02 Settembre 2011 da k.way
 

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Un vero Amore uccide sempre. Tutte le false vite precedenti, le nostre solide certezze, ogni nostra stupida gloria. Ciò che non siamo e pensiamo di essere, la paura di respirare.

Un Amore vero vive sempre, ha un suo posto oltre il Tempo, oltre la casualità dei giorni, degli eventi. Esplode mentre dormi, e se anche i fuochi cessano, ti rimangono le schegge, sotto pelle, eterne e sanguinanti ...

a ricordare che il Senso della Vita si svela solo se la si Vive e che il dolore non conta meno della gioia, e che ovunque, ed in chiunque, si nasconde una briciola di Felicità.

[K.way]

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Mi piacerebbe dormire ancora un po', disse lui,
è appena l'alba.

Non hai dormito per quasi tutta la notte, disse lei,
ti ho sentito, cosa credi?

[A.T.]

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Test "matematico"

Post n°166 pubblicato il 29 Agosto 2011 da k.way
 

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"Trova il valore di  n tale che  n più qualsiasi altra cosa nella vita ti faccia sentire felice. A che cosa equivarrebbe n ?  Trova n."

[Peter Cameron - Paura della matematica]

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peccato che la matematica non sia il mio forte

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Post n°165 pubblicato il 28 Agosto 2011 da k.way
 

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"Una cosa come l'amore, che è sempre urgente e indifferibile, che richiede la presenza e la consumazione o consumazione immediata, si può annunciare senza che ancora esista, o essere ricordata davvero quando non esiste più? O non sarà forse che lo stesso annuncio e il puro e semplice ricordo, già e ancora rispettivamente, fanno parte di quell'amore? Lo ignoro, ma quel di cui sono davvero convinto è che l'amore si basa in grande misura sulla sua anticipazione e sulla sua memoria. E' il sentimento che richiede le maggior dosi di immaginazione, non soltanto quando chi lo ha sperimentato e lo ha perduto ha bisogno di spiegarselo, ma anche mentre l'amore si sviluppa e ha pieno vigore. Diciamo che è un sentimento che richiede sempre qualcosa di fittizio oltre a ciò che gli procura la realtà. In altre parole, l'amore ha sempre una proiezione immaginaria, per quanto possiamo crederlo tangibile o reale in un determinato momento. E' sempre sul punto di compiersi, è il regno di quel che può essere.
O anche di ciò che avrebbe potuto essere."

[Javier Marìas]

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Autoscatto

Post n°164 pubblicato il 28 Agosto 2011 da k.way
 

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Tommy Ingberg - Torn

Ecco è così

esaTTamente

così

!

estenuanteconflittotranecessitàerealtà

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Niente da dire

Post n°162 pubblicato il 21 Agosto 2011 da k.way
 

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La distratta

 

Brigitte Carnochan, Nudes, Diana

Non sei più qui. Quel che vedo di te,
corpo, è ombra, inganno.
Se n'è andata la tua anima
dove tu sarai domani.

Mi offre ancora il pomeriggio
false garanzie, sorrisi
vaghi, e cenni rallentati,
un amore ormai distratto.

Ma l'intenzione d'andare
ti portò dove volevi,
via da qui, dove ti trovi
e mi dici:
"eccomi qui con te, guarda".

 

E mi indichi l'assenza.

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senza niente da dire
a guardare che spiove

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Radici

Post n°161 pubblicato il 19 Agosto 2011 da k.way
 

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Ogni albero, sia esso modesto e fragile ovvero rigoglioso e maestoso in superficie, affonda pur sempre le sue radici nel silenzio della terra. E sono loro, le radici, che nutrono, che scavano, che cercano, che si contorcono ... che Riconoscono, che Legano ... che soffrono e che urlano negli strati profondi della carne del mondo, la necessità vitale di captare quella linfa invisibile che nutre mille volte più dell'acqua, quella sostanza indecifrabile ma divinamente umana che porta il nome di 'riconoscimento'.

Perchè il riconoscersi non è mai una questione di distanze, ma di  pro.fon.di.TA'.

Per questo è tanto raro che avvenga. Non basta essere vicini, che i rami si intreccino tra loro, che le foglie si confondino le une con le altre, quello va bene per una bella fotografia ... poi viene una bufera, e non rimane che il ricordo.
No, ci si riconosce oltre lo sguardo del mondo. Ove un tacito fremito, nel silenzio delicato dei pensieri, accende le stelle del cielo.

E nessuno, sulla Terra, sa spiegarsi il perchè.

[K.way]

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Post n°160 pubblicato il 13 Agosto 2011 da k.way
 

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Ciò che sai amare non ti sarà strappato.
Ciò che sai amare rimane, il resto è scoria
ciò che sai amare non ti sarà strappato
ciò che sai amare è il tuo vero retaggio

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Qua_si/no

Post n°159 pubblicato il 12 Agosto 2011 da k.way
 

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"Ancora peggiore della convinzione del no, è l'incertezza di un forse, la disillusione di un * quasi!

È il quasi che mi dà fastidio, che mi intristisce, che mi uccide portando con sé tutto ciò che avrebbe potuto essere e non è stato."

[Luís Fernando Verissimo]

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la verità talvolta pesa
ma di più rende leggeri
libera chi la libera
salva chi la temeva
(e non fa fumo!)
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* Un quasi che fu. Effimero.
  Per un lago dal fondo
ancora inesplorato.
  V'è forse un tesoro.
  Ci si vede zavorra.

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Il centro dell'Universo

Post n°158 pubblicato il 04 Agosto 2011 da k.way
 

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Sono seduto su un cumulo di sassi. I sassi sono identici a qualche altro miliardo di sassi disseminati per questo deserto di pietra, ma sono impilati con la massima cura: sono seduto sopra un monumento funerario. La tomba di un uomo.

So che père Foucauld ha scelto questo posto per costruire una capanna e viverci e morirci, perché questo luogo pareva essere dal suo punto di vista il centro dell'Universo.

Il suo era il punto di vista della semplicità. L'Universo essenziale. Da quello che vedo può aver avuto ragione.

Questo è davvero il buco del culo del mondo, questo è davvero il centro dell'Universo. Tutto quello che sto guardando, fin dove si spinge la mia imperfetta vista, e dunque ancora più oltre, è fatto di un'unica materia.

Pietra primordiale, cristalli del siluriano, basalto delle origini. Qui, ancora troppo giovane per potersi trattenere, la Terra ha prolassato il suo cuore. O il suo intestino, a seconda dello sguardo con cui vedete la cosa.

Attualmente, il centro dell'Universo è un rigurgito della Terra rappreso in purissimo cristallo. L'Hoggar. Semplicità.

Il primo albero è a un giorno di jeep da qui, il secondo e il terzo che io sappia non ci sono neppure, non almeno fino alla prima città, a due giorni di strada.

Sono andato a vedere l'albero pochi giorni dopo essere arrivato in questo posto, è la principale attrazione turistica del centro dell'Universo.

Mi ci ha portato un pessimo soggetto, un contrabbandiere tagil. Un berbero del deserto interiore.

Mi ha detto che quello che vedevo - e vedevo levarsi il sole in quell'infinità di montagne e valli e crepe e distese e ancora valli e ancora gole e colli su cui lo vedo adesso calare -, sì, tutto ciò non era affatto la più grande bellezza dell'Hoggar. Se lo volevo, mi avrebbe portato lui a vedere la bellezza più rara.

C'era una roccia, uno sperone altissimo che saliva dritto e acuminato dallo sfasciume disseminato lì intorno. Era spaccato in due da una fenditura che lo trapassava per tutta la sua altezza. Nell'ombra nera della fenditura era sospeso un sottile fascio di luce che dava forma a un qualcosa di grigio e d'argento. E quando ho varcato la soglia di quella specie di tabernacolo d'ombra, ho alzato una mano verso l'argento e ho toccato una fogliolina di ulivo.

Cosa si prova a toccare un ulivo nel mezzo di un deserto a duemila chilometri dal mare più vicino? Un ulivo che non dovrebbe essere lì, ma che invece c'è, e c'è da qualche millennio probabilmente.

Allora, cosa si prova? Io ho provato sgomento. Perché, ho pensato, non è bene che una cosa che vive duri troppo a lungo, che duri oltre il tempo e l'epoca che spetta a ciascuna cosa. Ora quest'ulivo vive nel dolore, ho pensato, in un tempo che non è il suo. Ha le sue radici nella solitudine.

E ho provato paura. E ho pensato ancora: non è bene che questo albero sia qui, non è affatto bene che disorienti il deserto e la sua perfetta semplicità con il disordine della sua presenza. Non sono per niente contento di averlo visto.

Sbagliavo, ma non potevo saperlo.

Père Foucauld pensava che il centro dell'Universo nella sua assoluta semplicità fosse ricco di cose utili. E riteneva che bellezza e utilità fossero un tutt'uno; un tutt'uno che aveva a che fare con Dio. Il giorno della gita alla meraviglia, ero un perfetto straniero nel mezzo di una landa desolata e sconosciuta. Ora ho imparato qualcosa.

[liberamente tratto da "Il viaggiatore notturno"]

-[

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Fuori luogo e fuori tempo
sono talvolta gli uomini, certi uomini,
che contro le potenti logiche della natura
e la natura fragile dei sentimenti,
sopravvivono al vento arido del deserto,
- li trovi avvolti nell'ombra della loro amata timidezza -
le radici nella solitudine
in attesa della viandante
che  imparerà  la loro utile bellezza.

Dal punto di vista della Semplicità
il centro dell'Universo
è quel piccolo sole
che ti brucia l'anima.

Che sorge solo per Te!

Va cercato nel microcosmo di un cuore.
Ha dimensione di una lacrima
il calore di una carezza.
Ed impari ad essere felice.
 

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S.cambio termico

Post n°157 pubblicato il 03 Agosto 2011 da k.way
 

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'' È come avere un gran fuoco nella propria anima e nessuno viene mai a scaldarvisi, e i passanti non scorgono che un po' di fumo, in alto, fuori del camino e poi se ne vanno per la loro strada. ''

[Vincent Van Gogh]

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nulla scalda più
dell'amore donato

(quello ricevuto
ha già perso qualche grado)

nondimeno

a chi
suo malgrado
ne ha conservato troppo

capita

che quel fuoco
gli divori l'anima

che gli si congeli
il cuore

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-

-

-

toglietemi passioni, amici,
il riso del saluto,
ma non si può perdere quello che
mai in fondo si è tenuto
non si può perder niente se
niente si è mai avuto

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Quando giocare fa male

Post n°156 pubblicato il 31 Luglio 2011 da k.way
 

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E penso ai bambini, cui ogni giocattolo, anche quello più lungamente atteso e che suscita al principio grande entusiasmo, viene presto a noia, a favore del successivo, di quello più nuovo, dell'ultimo arrivato ... così il destino di ogni giocattolo è quello di essere abbandonato, messo in un angolo e, presto o tardi, dimenticato.

Poi a volte la vita fa strani scherzi, così succede, ormai cresciuti e lontani da quel periodo, di riprendere in mano uno di quei vecchi giochi, o semplicemente ripescarlo dalla memoria, ricordarlo con inusitata tenerezza, e provare in quell'attimo una immensa nostalgia, per quell'oggetto che, senza chiederci nulla, con la sua sola delicata e silenziosa presenza, sapeva donarci indescrivibili gioie e duraturi sorrisi ... E quasi sempre, quel giocattolo, quello che ricordiamo con maggior commozione, non era tra quelli più tecnologici e sofisticati, con mille funzioni ed infiniti accessori, tra quelli che ci promettevano avventure spaziali o imprese sovrumane, quelli che tutti volevano, no ... era il giocattolo più semplice, più "povero", meno appariscente, quello che richiedeva poco spazio eppure, quando lo cercavi, lo trovavi sempre, si faceva trovare, c'era, voleva esserci ... era muto, a lui davamo la nostra voce, con lui, oserei dire, si condivideva il cuore ... era l'unico che sapeva davvero farci sognare e viaggiare nella magia più autentica, mai con inganno, ma con la verità nascosta delle cose semplici. E' l'unico che, qui, ora - potendo - faremmo tornare tra le nostre mani rimaste vuote.

Ciascuno di noi ne ha avuto uno, e quanto ci pentiamo per averlo rotto, perduto, gettato chissà dove, per essercene separati. Perché, allora, appena più grandi - con tutta la presunzione di chi si sente "più grande" - ci apparve stupido, troppo banale, inutile.

Ma eravamo ancora bambini, non potevamo sapere che certi giocattoli, come certe persone, continuano a vivere affianco a noi anche dopo che ce ne siamo liberati. Non potevamo sapere che un giorno ne avremmo sentito la mancanza, che li avremmo cercati e che, quel giorno, avremmo capito che non erano 'solo' un gioco.

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Kalua K Krynska photo

... ai bambini si può perdonare.
Da grandi certi giochi cambiano nome
e le regole si chiamano Rispetto, Fiducia e Lealtà.
Giocarci è ingiusto. Giocarci fa male.
Tu ridi, l'altro piange.

[ancora non sai
quanto ti mancherà]

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