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Un blog creato da infinitoblog il 17/12/2008

INFINITO

Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza

 
 

CANTO XXVI- INFERNO


« "O frati," dissi, "che per cento milia

perigli siete giunti a l'occidente,
a questa tanto picciola vigilia

d'i nostri sensi ch'è del rimanente
non vogliate negar l'esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,

ma per seguir virtute e canoscenza". »

Dante Alighieri

 

 

PAOLO VOLPONI

La rivoluzione diviene sinonimo positivo di tutti i valori fondamentali, cioè di cultura

 

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WILLIAM SHAKESPEARE









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Essere o non essere questo è il problema è più decoroso per l’anima di sopportare i colpi dell’ ingiusta fortuna o impugnare le armi contro un mare di dolori e affrontandoli finirli? Morire dormire null’altro e dire che con quel sonno poniamo fine alle angosce del cuore e ai mille affanni naturali di cui è erede la carne… è una conclusione da essere avidamente desiderata morire dormire forse sognare"
 

LEV TOLSTOJ






"E'gli si sentiva un re, non perché credesse di aver prodotto un impressione su Anna, questo non lo credeva ancora, ma perché l'impressione che Anna aveva prodotto su di lui lo rendeva felice ed orgoglioso".

 

OSCAR WILDE





"nessun prezzo è troppo alto per una sensazione".

"E' mostruoso come oggi la gente vada in giro a dire cose assolutamente vere alle spalle deglia ltri".

"Ogni effetto che si produce crea dei nemici, per essere popolari bisogna essere mediocri".

 

GUSTAVE FLAUBERT

- 


"Ogni borghese, nel calore della gioventù, almeno per un giorno, per un minuto, si è sentito capace d’immense passioni, di grandi imprese. Il più mediocre dei libertini ha sognato sultane,; ogni notaio porta in se i relitti di un poeta."

 

THOMAS MANN

- 



"Giacché, sappilo, noialtri poeti non possiamo percorrere la via della bellezza senza trovarci Eros, che ben presto ci impone la sua guida; e possiamo anche, a modo nostro, essere eroi e disciplinati guerrieri; ma in realtà somigliamo alle donne, perché è la passione ciò che ci esalta, perché soltanto l’amore ci è dato aspirare: è questa la nostra gioia e il nostro obbrobrio. Or dunque, vedi che noi poeti non possiamo essere ne saggi ne dignitosi, che fatalmente cadiamo nell’errore fatalmente rimaniamo dissoluti venturieri del sentimento."

 

FEDOR DOSTOEVSKIJ

 

"... e adesso passo i miei giorni qui nel mio cantuccio burlando me stesso con la maligna e del tutto inutile consolazione che comunque sia una persona intelligente non può diventare sul serio qualcosa giacché a diventar qualcosa ci riesce solamente l’imbecille".

 

 

 

« ECO - IL NOME DELLA ROSAIL FOLLE VOLO »

CANTO XXVI INFERNO

Post n°46 pubblicato il 17 Febbraio 2009 da infinitoblog
 

Canto XXVI


Godi, Fiorenza, poi che se’ sì grande,


che per mare e per terra batti l’ali,


3     e per lo ’nferno tuo nome si spande!


Tra li ladron trovai cinque cotali


tuoi cittadini onde mi ven vergogna,


6     e tu in grande orranza non ne sali.


Ma se presso al mattin del ver si sogna,


tu sentirai, di qua da picciol tempo,


9     di quel che Prato, non ch’altri, t’agogna.


E se già fosse, non saria per tempo.


Così foss’ei, da che pur esser dee!


12     ché più mi graverà, com’ più m’attempo.


Noi ci partimmo, e su per le scalee


che n’avean fatto iborni a scender pria,


15     rimontò ’l duca mio e trasse mee;


e proseguendo la solinga via,


tra le schegge e tra ’ rocchi de lo scoglio


18     lo piè sanza la man non si spedia.


Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio


quando drizzo la mente a ciò ch’io vidi,


21     e più lo ’ngegno affreno ch’i’ non soglio,


perché non corra che virtù nol guidi;


sì che, se stella bona o miglior cosa


24     m’ha dato ’l ben, ch’io stesso nol m’invidi.


Quante ’l villan ch’al poggio si riposa,


nel tempo che colui che ’l mondo schiara


27     la faccia sua a noi tien meno ascosa,


come la mosca cede a la zanzara,


vede lucciole giù per la vallea,


30     forse colà dov’e’ vendemmia e ara:


di tante fiamme tutta risplendea


l’ottava bolgia, sì com’io m’accorsi


33     tosto che fui là ’ve ’l fondo parea.


E qual colui che si vengiò con li orsi


vide ’l carro d’Elia al dipartire,


36     quando i cavalli al cielo erti levorsi,


che nol potea sì con li occhi seguire,


ch’el vedesse altro che la fiamma sola,


39     sì come nuvoletta, in sù salire:


tal si move ciascuna per la gola


del fosso, ché nessuna mostra ’l furto,


42     e ogne fiamma un peccatore invola.


Io stava sovra ’l ponte a veder surto,


sì che s’io non avessi un ronchion preso,


45     caduto sarei giù sanz’esser urto.


E ’l duca, che mi vide tanto atteso,


disse: "Dentro dai fuochi son li spirti;


48     catun si fascia di quel ch’elli è inceso".


"Maestro mio", rispuos’io, "per udirti


son io più certo; ma già m’era avviso


51     che così fosse, e già voleva dirti:


chi è ’n quel foco che vien sì diviso


di sopra, che par surger de la pira


54      dov’Eteòcle col fratel fu miso?".


Rispuose a me: "Là dentro si martira


Ulisse e Dïomede, e così insieme


57     a la vendetta vanno come a l’ira;


e dentro da la lor fiamma si geme


l’agguato del caval che fé la porta


60     onde uscì de’ Romani il gentil seme.


Piangevisi entro l’arte per che, morta,


Deïdamìa ancor si duol d’Achille,


63     e del Palladio pena vi si porta".


"S’ei posson dentro da quelle faville


parlar", diss’io, "maestro, assai ten priego


66     e ripriego, che ’l priego vaglia mille,


che non mi facci de l’attender niego


fin che la fiamma cornuta qua vegna;


69     vedi che del disio ver’ lei mi piego!".


Ed elli a me: "La tua preghiera è degna


di molta loda, e io però l’accetto;


72     ma fa che la tua lingua si sostegna.


Lascia parlare a me, ch’i’ ho concetto


ciò che tu vuoi; ch’ei sarebbero schivi,


75      perch’e’ fuor greci, forse del tuo detto".


Poi che la fiamma fu venuta quivi


dove parve al mio duca tempo e loco,


78     in questa forma lui parlare audivi:


"O voi che siete due dentro ad un foco,


s’io meritai di voi mentre ch’io vissi,


81     s’io meritai di voi assai o poco


quando nel mondo li alti versi scrissi,


non vi movete; ma l’un di voi dica


84     dove, per lui, perduto a morir gissi".


Lo maggior corno de la fiamma antica


cominciò a crollarsi mormorando,


87     pur come quella cui vento affatica;


indi la cima qua e là menando,


come fosse la lingua che parlasse,


90     gittò voce di fuori, e disse: "Quando


mi diparti’ da Circe, che sottrasse


me più d’un anno là presso a Gaeta,


93     prima che sì Enëa la nomasse,


né dolcezza di figlio, né la pieta


del vecchio padre, né ’l debito amore


96     lo qual dovea Penelopè far lieta,


vincer potero dentro a me l’ardore


ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto


99     e de li vizi umani e del valore;


ma misi me per l’alto mare aperto


sol con un legno e con quella compagna


102     picciola da la qual non fui diserto.


L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna,


fin nel Morrocco, e l’isola d’i Sardi,


105     e l’altre che quel mare intorno bagna.


Io e ’ compagni eravam vecchi e tardi


quando venimmo a quella foce stretta


108     dov’Ercule segnò li suoi riguardi


acciò che l’uom più oltre non si metta;


da la man destra mi lasciai Sibilia,


111     da l’altra già m’avea lasciata Setta.


"O frati", dissi, "che per cento milia


perigli siete giunti a l’occidente,


114     a questa tanto picciola vigilia


d’i nostri sensi ch’è del rimanente


non vogliate negar l’esperïenza,


117     di retro al sol, del mondo sanza gente.


Considerate la vostra semenza:


fatti non foste a viver come bruti,


120     ma per seguir virtute e canoscenza".


Li miei compagni fec’io sì aguti,


con questa orazion picciola, al cammino,


123     che a pena poscia li avrei ritenuti;


e volta nostra poppa nel mattino,


de’ remi facemmo ali al folle volo,


126     sempre acquistando dal lato mancino.


Tutte le stelle già de l’altro polo


vedea la notte, e ’l nostro tanto basso,


129     che non surgëa fuor del marin suolo.


Cinque volte racceso e tante casso


lo lume era di sotto da la luna,


132     poi che ’ntrati eravam ne l’alto passo,


quando n’apparve una montagna, bruna


per la distanza, e parvemi alta tanto


135     quanto veduta non avëa alcuna.


Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto;


ché de la nova terra un turbo nacque


138     e percosse del legno il primo canto.


Tre volte il fé girar con tutte l’acque;


a la quarta levar la poppa in suso


141     e la prora ire in giù, com’altrui piacque,


infin che ’l mar fu sovra noi richiuso".

 

 

 
 
 
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L'INFINITO



Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
De l'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo, ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e 'l suon di lei. Così tra questa
Infinità s'annega il pensier mio:
E 'l naufragar m'è dolce in questo mare

Giacomo Leopardi

 

COSA PORTARE SU UN'ISOLA DESERTA



- La Divina Commedia- Dante.
- Faust- Goethe.
- Amleto- Shakespeare.
- Don Chisciotte- Cervantes.
- Gargantua e Pantagruele- Rebelais.
- McBeth- Shakespeare.

-Madame Bovary- Flaubert.
- Delitto e castigo- Dostoevskij.
- Il rittratto di Dorian Gray- Wilde.
- Anna karenina- Tolstoj.
- Moby Dyck- Melville.
- I promessi sposi- Manzoni.
- La coscienza di Zeno- Svevo.
- Il rosso e il nero- Stendhal.
- Papà Goriot- Balzac.
- Le relazioni pericolose- Laclos.
- Le confessioni- Rousseau.
- Notre Dame de Paris- Hugo.

- Corporale- Volponi.
- Il maestro e Margherita- Bulgakov.
- Cent'anni di solitudine- Marquez.
- Il partigiano Jhonny- Fenoglio.
- L'insostenibile leggerezza dell'essere- Kundera.
- Il nome della rosa- Eco.
- Opinioni di un clown- Boll.

 

AFORISMI SUI LIBRI E LA LETTURA

 

 

Ce             Cerrti autori cominciano a scrivere prima di aver imparato   a leggere (FRANCO FOSSATI)

        Il successo di molti libri si forma sull’accordo fra la        mediocrità dell’idee dell’autore e  la mediocrità dell’idee del pubblico (N. DE CAMPFORT)

 

L      La carriera dello scrittore italiano ha tre tempi:

-      Brillante promessa.

-      Solito stronzo.

-      Venerato maestro. (ALBERTO ARBASINO)

U    Un libro al giorno caccia l’ignoranza di torno (L. VALENTE)

U   Classico è un libro che non finisce mai quello che ha da dire ( ITALO CALVINO)

     Una casa senza libri è una stalla (L. BUTTITTA

N  Nessuno di noi...sarebbe stato quello che è stato senza     aver letto tale o tal’altro libro (POUL BOURGET)

(.  (...)Perché proprio coloro che dovrebbero leggere non lo fanno? (FRANCESCO ALBERONI)

 L  L'ignoranza è na cosa più che amara

Non costa gnente ma se paga cara (TITTA MARINI)

L   La lettura è divenuta l’unica forma di vita possibile (PIERO CITATI)

     So che morrò con un libro in mano sarà la mia estrema  unzione (FARSETTI)

 -  La lettura è una difesa contro le offese della vita ( CESARE PAVESE)

    Distruggete gli uomini se volete ma salvate i libri (R. ROLLAND)

I   I ibri non servono ne per divertirsi ne per istruirsi ma per vivere. (GUSTAVE FLAUBERT)

U  Un uomo che legge ne vale due (VALENTINO BOMPIANI)

 

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ERNEST HEMINGWAY









"-Ma l'uomo non è fatto per la sconfitta- Disse il vecchio- L'uomo può essere ucciso ma non sconfitto".

 

MICHAIL BULGAKOV











"L'amore ci si parò dinnazi come un assassino sbuca fuori da un vicolo, quasi uscisse dalla terra e colpì subito entrambi. Così colpisce il fulimine, così colpisce un cortello a sarramanico! Del resto in seguito lei affermava che non era così, che si amavano da molto pur non essendosi mai visti e pur vivendo lei con un altro".

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