INFINITOFatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza |
CANTO XXVI- INFERNO
« "O frati," dissi, "che per cento milia perigli siete giunti a l'occidente, Dante Alighieri |
PAOLO VOLPONI
La rivoluzione diviene sinonimo positivo di tutti i valori fondamentali, cioè di cultura
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WILLIAM SHAKESPEARE
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"Essere o non essere questo è il problema è più decoroso per l’anima di sopportare i colpi dell’ ingiusta fortuna o impugnare le armi contro un mare di dolori e affrontandoli finirli? Morire dormire null’altro e dire che con quel sonno poniamo fine alle angosce del cuore e ai mille affanni naturali di cui è erede la carne… è una conclusione da essere avidamente desiderata morire dormire forse sognare"
THOMAS MANN
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"Giacché, sappilo, noialtri poeti non possiamo percorrere la via della
bellezza senza trovarci Eros, che ben presto ci impone la sua guida; e possiamo
anche, a modo nostro, essere eroi e disciplinati guerrieri; ma in realtà
somigliamo alle donne, perché è la passione ciò che ci esalta, perché soltanto
l’amore ci è dato aspirare: è questa la nostra gioia e il nostro obbrobrio. Or
dunque, vedi che noi poeti non possiamo essere ne saggi ne dignitosi, che
fatalmente cadiamo nell’errore fatalmente rimaniamo dissoluti venturieri del
sentimento."
FEDOR DOSTOEVSKIJ
"... e adesso passo i miei giorni qui nel mio cantuccio burlando me stesso con la maligna e del tutto inutile consolazione che comunque sia una persona intelligente non può diventare sul serio qualcosa giacché a diventar qualcosa ci riesce solamente l’imbecille".
« ECO - IL NOME DELLA ROSA | IL FOLLE VOLO » |
Canto XXVI Godi, Fiorenza, poi che se’ sì grande, che per mare e per terra batti l’ali, 3 e per lo ’nferno tuo nome si spande! Tra li ladron trovai cinque cotali tuoi cittadini onde mi ven vergogna, 6 e tu in grande orranza non ne sali. Ma se presso al mattin del ver si sogna, tu sentirai, di qua da picciol tempo, 9 di quel che Prato, non ch’altri, t’agogna. E se già fosse, non saria per tempo. Così foss’ei, da che pur esser dee! 12 ché più mi graverà, com’ più m’attempo. Noi ci partimmo, e su per le scalee che n’avean fatto iborni a scender pria, 15 rimontò ’l duca mio e trasse mee; e proseguendo la solinga via, tra le schegge e tra ’ rocchi de lo scoglio 18 lo piè sanza la man non si spedia. Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio quando drizzo la mente a ciò ch’io vidi, 21 e più lo ’ngegno affreno ch’i’ non soglio, perché non corra che virtù nol guidi; sì che, se stella bona o miglior cosa 24 m’ha dato ’l ben, ch’io stesso nol m’invidi. Quante ’l villan ch’al poggio si riposa, nel tempo che colui che ’l mondo schiara 27 la faccia sua a noi tien meno ascosa, come la mosca cede a la zanzara, vede lucciole giù per la vallea, 30 forse colà dov’e’ vendemmia e ara: di tante fiamme tutta risplendea l’ottava bolgia, sì com’io m’accorsi 33 tosto che fui là ’ve ’l fondo parea. E qual colui che si vengiò con li orsi vide ’l carro d’Elia al dipartire, 36 quando i cavalli al cielo erti levorsi, che nol potea sì con li occhi seguire, ch’el vedesse altro che la fiamma sola, 39 sì come nuvoletta, in sù salire: tal si move ciascuna per la gola del fosso, ché nessuna mostra ’l furto, 42 e ogne fiamma un peccatore invola. Io stava sovra ’l ponte a veder surto, sì che s’io non avessi un ronchion preso, 45 caduto sarei giù sanz’esser urto. E ’l duca, che mi vide tanto atteso, disse: "Dentro dai fuochi son li spirti; 48 catun si fascia di quel ch’elli è inceso". "Maestro mio", rispuos’io, "per udirti son io più certo; ma già m’era avviso 51 che così fosse, e già voleva dirti: chi è ’n quel foco che vien sì diviso di sopra, che par surger de la pira 54 dov’Eteòcle col fratel fu miso?". Rispuose a me: "Là dentro si martira Ulisse e Dïomede, e così insieme 57 a la vendetta vanno come a l’ira; e dentro da la lor fiamma si geme l’agguato del caval che fé la porta 60 onde uscì de’ Romani il gentil seme. Piangevisi entro l’arte per che, morta, Deïdamìa ancor si duol d’Achille, 63 e del Palladio pena vi si porta". "S’ei posson dentro da quelle faville parlar", diss’io, "maestro, assai ten priego 66 e ripriego, che ’l priego vaglia mille, che non mi facci de l’attender niego fin che la fiamma cornuta qua vegna; 69 vedi che del disio ver’ lei mi piego!". Ed elli a me: "La tua preghiera è degna di molta loda, e io però l’accetto; 72 ma fa che la tua lingua si sostegna. Lascia parlare a me, ch’i’ ho concetto ciò che tu vuoi; ch’ei sarebbero schivi, 75 perch’e’ fuor greci, forse del tuo detto". Poi che la fiamma fu venuta quivi dove parve al mio duca tempo e loco, 78 in questa forma lui parlare audivi: "O voi che siete due dentro ad un foco, s’io meritai di voi mentre ch’io vissi, 81 s’io meritai di voi assai o poco quando nel mondo li alti versi scrissi, non vi movete; ma l’un di voi dica 84 dove, per lui, perduto a morir gissi". Lo maggior corno de la fiamma antica cominciò a crollarsi mormorando, 87 pur come quella cui vento affatica; indi la cima qua e là menando, come fosse la lingua che parlasse, 90 gittò voce di fuori, e disse: "Quando mi diparti’ da Circe, che sottrasse me più d’un anno là presso a Gaeta, 93 prima che sì Enëa la nomasse, né dolcezza di figlio, né la pieta del vecchio padre, né ’l debito amore 96 lo qual dovea Penelopè far lieta, vincer potero dentro a me l’ardore ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto 99 e de li vizi umani e del valore; ma misi me per l’alto mare aperto sol con un legno e con quella compagna 102 picciola da la qual non fui diserto. L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna, fin nel Morrocco, e l’isola d’i Sardi, 105 e l’altre che quel mare intorno bagna. Io e ’ compagni eravam vecchi e tardi quando venimmo a quella foce stretta 108 dov’Ercule segnò li suoi riguardi acciò che l’uom più oltre non si metta; da la man destra mi lasciai Sibilia, 111 da l’altra già m’avea lasciata Setta. "O frati", dissi, "che per cento milia perigli siete giunti a l’occidente, 114 a questa tanto picciola vigilia d’i nostri sensi ch’è del rimanente non vogliate negar l’esperïenza, 117 di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, 120 ma per seguir virtute e canoscenza". Li miei compagni fec’io sì aguti, con questa orazion picciola, al cammino, 123 che a pena poscia li avrei ritenuti; e volta nostra poppa nel mattino, de’ remi facemmo ali al folle volo, 126 sempre acquistando dal lato mancino. Tutte le stelle già de l’altro polo vedea la notte, e ’l nostro tanto basso, 129 che non surgëa fuor del marin suolo. Cinque volte racceso e tante casso lo lume era di sotto da la luna, 132 poi che ’ntrati eravam ne l’alto passo, quando n’apparve una montagna, bruna per la distanza, e parvemi alta tanto 135 quanto veduta non avëa alcuna. Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto; ché de la nova terra un turbo nacque 138 e percosse del legno il primo canto. Tre volte il fé girar con tutte l’acque; a la quarta levar la poppa in suso 141 e la prora ire in giù, com’altrui piacque, infin che ’l mar fu sovra noi richiuso".
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L'INFINITO
![](http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/c/c6/Leopardi,_Giacomo_(1798-1837)_-_ritr._A_Ferrazzi,_Recanati,_casa_Leopardi.jpg)
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
De l'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo, ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e 'l suon di lei. Così tra questa
Infinità s'annega il pensier mio:
E 'l naufragar m'è dolce in questo mare
Giacomo Leopardi
COSA PORTARE SU UN'ISOLA DESERTA
- La Divina Commedia- Dante.
- Faust- Goethe.
- Amleto- Shakespeare.
- Don Chisciotte- Cervantes.
- Gargantua e Pantagruele- Rebelais.
- McBeth- Shakespeare.
-Madame Bovary- Flaubert.
- Delitto e castigo- Dostoevskij.
- Il rittratto di Dorian Gray- Wilde.
- Anna karenina- Tolstoj.
- Moby Dyck- Melville.
- I promessi sposi- Manzoni.
- La coscienza di Zeno- Svevo.
- Il rosso e il nero- Stendhal.
- Papà Goriot- Balzac.
- Le relazioni pericolose- Laclos.
- Le confessioni- Rousseau.
- Notre Dame de Paris- Hugo.
- Corporale- Volponi.
- Il maestro e Margherita- Bulgakov.
- Cent'anni di solitudine- Marquez.
- Il partigiano Jhonny- Fenoglio.
- L'insostenibile leggerezza dell'essere- Kundera.
- Il nome della rosa- Eco.
- Opinioni di un clown- Boll.
AFORISMI SUI LIBRI E LA LETTURA
Ce Cerrti autori cominciano a scrivere prima di aver imparato a leggere (FRANCO FOSSATI)
Il successo di molti libri si forma sull’accordo fra la mediocrità dell’idee dell’autore e la mediocrità dell’idee del pubblico (N. DE CAMPFORT)
L La carriera dello scrittore italiano ha tre tempi:
- Brillante promessa.
- Solito stronzo.
- Venerato maestro. (ALBERTO ARBASINO)
U Un libro al giorno caccia l’ignoranza di torno (L. VALENTE)
U Classico è un libro che non finisce mai quello che ha da dire ( ITALO CALVINO)
Una casa senza libri è una stalla (L. BUTTITTA
N Nessuno di noi...sarebbe stato quello che è stato senza aver letto tale o tal’altro libro (POUL BOURGET)
(. (...)Perché proprio coloro che dovrebbero leggere non lo fanno? (FRANCESCO ALBERONI)
L L'ignoranza è na cosa più che amara
Non costa gnente ma se paga cara (TITTA MARINI)
L La lettura è divenuta l’unica forma di vita possibile (PIERO CITATI)
So che morrò con un libro in mano sarà la mia estrema unzione (FARSETTI)
- La lettura è una difesa contro le offese della vita ( CESARE PAVESE)
Distruggete gli uomini se volete ma salvate i libri (R. ROLLAND)
I I ibri non servono ne per divertirsi ne per istruirsi ma per vivere. (GUSTAVE FLAUBERT)
U Un uomo che legge ne vale due (VALENTINO BOMPIANI)
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MICHAIL BULGAKOV
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"L'amore ci si parò dinnazi come un assassino sbuca fuori da un vicolo, quasi uscisse dalla terra e colpì subito entrambi. Così colpisce il fulimine, così colpisce un cortello a sarramanico! Del resto in seguito lei affermava che non era così, che si amavano da molto pur non essendosi mai visti e pur vivendo lei con un altro".
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