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Quando avrai trascorso trent’anni della tua vita a mettere a punto dei fini metodi psico-pediatrici, medico-pedagocici, psico-pedo-tecnici, alla vigilia della pensione prenderai una buona carica di dinamite e farai discretamente saltare qualche isolato di un quartiere di catapecchie.
E in un solo istante avrai fatto di più che in trent’anni di lavoro.
(Fernand Deligny)
Post n°218 pubblicato il 23 Maggio 2010 da francescodil_3
1. che dolore l’amore! ho visto un sacco di tipi ridursi come mosche d’inverno, come flaconi crepati, come gomme da masticare masticate: e io (io che ho gridato, una volta: questa volta non mi freghi più), che mi sono strappato mani e piedi (nemmeno fossero stati guanti e ciabatte, guarda), sono disposto a sputarti la mia lingua, ancora, a gentile richiesta:
2. un ungherese con il naso storto ( un eccellente poeta, pare) mi ha interrogato in piena notte, in piena Terrazije, dicendo: come hai fatto, tu, che non sei ancora impazzito? ( perché diceva ho tutta l’aria di un Artaud) : e io ho risposto, allora: ma ci aiutano le donne, un po’: era d’accordo ( anche se ha precisato subito che fu omosessuale, e che adesso non chiava niente): (ci aiutano con la loro pazzia, proprio, se aveva ragione quella specie di ristampa aggiornata di un’Elisa, lassù, nella sede di Politika, che mi lasciò dicendo: divertiti e ama): |
Post n°217 pubblicato il 20 Maggio 2010 da francescodil_3
È tutta una vita che passo da qua e ancora rischio di perdermi magari è questione di troppa sensibilità o sono soltanto motivi tecnici
E tu dici, una bussola dovevi almeno portarla con te, una bussola, potevi almeno spiegarmelo come si usa una bussola, scusa.
Ci sono amori che non si ricordano e baci che non si dimenticano persone che passano e non si salutano, e sputano e cani bianche che a volte ritornano
E tu dici, la vita dovevi almeno capire perché la vita
Il tempo che cambia col vento che arriva quest’anima stanca che pure respira quest’angolo piatto che gira quest’anima dolce e cattiva
che dice, guardami dice perché non parli?
Dice sbrigati prima che sia troppo tardi
guardami perché non parli? Fermati prima che sia troppo tardi…
(f. de gregori)
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Post n°216 pubblicato il 07 Maggio 2010 da francescodil_3
Di quanto sento la mancanza non ti saprei dire Ma la domenica mattina, non essere chiamato e richiamato dagli amici di sempre o non sentire l’odore di caffè del bar con chi hai fatto questi gesti per trent’anni di seguito è dura da sorbire
e intanto cammino in cerca di qualcuno che riesca a rendere meno amaro questo caffè insapore, o almeno una parvenza di sensazione…
…
Perdonami se ti sto vicino, alcune volte anche troppo, sappi, però, che è un’illusione, io non c’entro, non ci sto. Tu cercami lontano più lontano che puoi e mi troverai perso nei vicoli della città incompresa Ridente e infelice mentre assaggio il sapore di niente.
Sarò sempre inquieto e deluso Avrò, per riconoscermi, un grammofono appeso al collo che non suona più.
Il motivo?
È finita la corsa, c’è sciopero o solo per noia. Scegli tu quale.
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Post n°215 pubblicato il 02 Maggio 2010 da francescodil_3
Dall’ombra costruita di un albero virtuale mi proponesti un senso. Dietro il mio stupido diniego, per ripicca, abbandonasti me e te… e tutto il resto.
…
‘ tu sola hai conosciuto lo smontabile altare da campo di tutte le mie donne’, è un vezzosissimo verso, ma non l’hai concepito tu e neanche capito.
… Ho voglia di sentire riecheggiare dentro di me una sensazione antica
un’ora di pace dei miei vent’anni, senza troppo pensare.
… Eppure, non so che dirti…
la sensazione forte strana possibilità inesplorata non mi dà nessuna gioia, non mi fa né caldo né freddo. Mi rende, se possibile, ancora più triste.
…
Le vibrazioni del cuore ti portano fuori strada e fanno mancare la meta.
Scriverò forse di te sapendo che non lo saprai scoprendo ancora i tuoi occhi per smontare pian piano il mio ricordo.
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Post n°214 pubblicato il 18 Aprile 2010 da francescodil_3
Piove. Lacrime gocciolano sulle palpebre delle finestre e il fumo inonda la città di un pudore azzurrognolo. Ho voglia di dormire. Ma guarda! Un carro scorre silenzioso per la strada tagliata in due, come una barca in uno stretto canale, e i cavalli due macchie marroni, remano al ritmo dei colli dondolanti, mentre il contrappunto del piovigginante singhiozzo tamburella per la noia. |
Post n°213 pubblicato il 03 Aprile 2010 da francescodil_3
Sai che ti ho voluto molto bene anche se non te l’ho mai detto? E che quando, ormai, ti vengo a cercare sulla tomba non riesco mai a parlarti. Sono sempre distratto dai rumori e dalle cose e mi arrabbio. E allora mentre cammino per i viali, ti chiedo di aiutarmi, nella vita. Sono come un bambino che vuole il gelato. E siccome non ti muovi a farlo, penso che sia colpa tua. Tutto. Tutto ciò che di cattivo mi succede tu potresti non farlo accadere. Vedi quanto potere che ti do? E quanto ti considero.
E che stupido, che sono! Mio caro papà. |
Post n°212 pubblicato il 25 Marzo 2010 da francescodil_3
Il passato non esiste. Ora come ora è solo un’omelette bruciata ed indigesta. Al limite, volendo, un passato lo potrei cercare in alcune ore di letto soffice o in interminabili discussioni dentro stanze bianche con i muri vuoti dove si parlava di tutto di patate, di spiriti di cipolle, di pianti poi, niente.
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Post n°211 pubblicato il 23 Marzo 2010 da francescodil_3
Sai, la tristezza passerà domattina o tra una settimana forse, forse passerà, se spunterà il sole se il cuore del nostro ‘bene’ senza cuore smetterà di confondere se capirà, ma chissà.
E se poi anche noi capiremo i tasti che abbiamo toccato se ci saremo ancora se le ali non ci faranno più male (Quelle fragili sono più resistenti si è sempre saputo).
Intanto resteremo attaccati a qualcosa che ci inchioda ad una fantasia di niente alle nostre scale senza età che molti, normalmente, prenderanno per infanzia.
E rideremo ancora di una poesia, forse, non so, chissà. |
Post n°210 pubblicato il 14 Marzo 2010 da francescodil_3
Anna e Mauro, nella loro bella villa costruita con il sudore di una vita, si svegliarono non sapendo che quella sarebbe stata la giornata peggiore della loro esistenza. Mauro non riusciva, non ci era abituato, ad alzarsi con comodo. In inverno alle sette e mezza massimo lo trovavi giù in cucina che preparava il caffè. Stava lì quando bussarono alla porta e l’inferno ebbe inizio. In campanello non era una novità a quell’ora, sarà un conoscente… invece erano due brutti ceffi. Appena Mauro aprì fu scaraventato a terra, gli misero un cerotto alla bocca e lo legarono ad una sedia. Anna scese le scale mentre i due in evidente stato di agitazione stavano prendendo suo marito a schiaffi e pugni. Voleva tornare indietro su per le scale, ma fu afferrata da uno dei due uomini che la prese per la gola, la trascinò giù sul divano e le puntò una pistola alla tempia. Al suo pianto l’uomo rispose con una botta in testa con il calcio della pistola. Anna dovette vedere come Mauro veniva lentamente massacrato per tutta la mattina, li dovette accompagnare alla cassaforte e prendere soldi e oro. Poi la legarono ad una sedia imbavagliandola. Verso le 13 finalmente se ne andarono. Poco dopo non sentì più il respiro di Mauro, per lui, menomale, era finita. |
Post n°209 pubblicato il 21 Febbraio 2010 da francescodil_3
“ Della mia vita, in un certo giorno, non seppi più nulla, soltanto quello che rivelò il barbiere domandando dei miei figli e m’accorsi di non averne mai saputo, guardandomi bene negli occhi sopra la schiuma e i riflessi del rasoio. Uscii e impolverai le scarpe tra le pietre, e proseguii, le stringhe slacciate, sulla via di casa, il gocciolìo del sudore: entrando qualcosa accadde, non ricordo, dietro il portone, immobile tra i cristalli, l’ostilità di mia moglie e mi chiesi chi era. Per togliere la polvere, chinato, si recidevano le stringhe, la fronte mi sanguinava, tra i cristalli spezzati, le stringhe tra i capelli, e premevo, frugando tra le schegge, scrivendo nella polvere, la lingua mi si tagliava, lambendo, il sangue colava dagli occhi, sulle tempie, i figli non sanno nulla…”.
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GIOVANI E SOCIETÀ
Provate a dare uno sguardo a come i giovani proletari vengono formati in strada dalla mancanza di riferimenti e di interessi, dall’essenza di dialogo con la società, dalla ghettizzazione rotta solo con la violenza o con la partecipazione al consumo, da quanto si potrebbe fare in termini di spazi, strutture, educazione e cultura e da quanto invece non si fa. (M. Braucci)
L O STILE
Io sono così. Nei miei libri racconto i fatti, che sono la vera cosa importante. Tutto accade in modo crudo e semplice. Sono le persone che ci ricamano intorno. Certamente questo stile riflette anche il mio modo di essere. Ho faticato molto per trovare il mio stile, quello che meglio mi si adattava. I miei primi scritti erano poesie, ed erano totalmente differenti, meno tristi anche. Non ne ero soddisfatta però, ritenevo di scrivere come tutti gli altri, che nel mio modo di scrivere non ci fosse niente di originale. Ero anche stanca di quel linguaggio così enfatico e sentimentale. Volevo scrivere in modo più asciutto e più oggettivo. Così sono arrivata a questo stile, meno lirico, più scarno, ma che mi rispecchia anche di più.
(Agota Kristof)
PREVÉRT E LA POESIA
L’intelligenza non aiuta affatto a scrivere belle poesie; essa può tuttavia evitare di scriverne di brutte. Se Jacques Prévert è un cattivo poeta è soprattutto perché la sua visione del mondo è piatta, superficiale e falsa. Era già falsa ai suoi tempi; oggi la sua nullità appare lampante, al punto che l’intera opera sembra lo sviluppo di un gigantesco luogo comune. Sul piano filosofico e politico, Jacques Prévert è innanzitutto un libertario, cioè, fondamentalmente, un imbecille.
Michel Houellebecq