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Post n°13 pubblicato il 11 Luglio 2007 da noi_xsempre

è stato creato per affrontare i vostri problemi, dubbi, incertezze...che possono riguardare sia il lato sentimentale che famigliare...e quant'altro...chiunque di voi, ha qualsiasi problema...è il benvenuto ad esporlo!!!

Io farò il possibile per consigliare, e dare una mano...insieme i problemi si possono risolvere!!!

 
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Quando una storia finisce...

Post n°12 pubblicato il 11 Luglio 2007 da noi_xsempre

...è il momento di ritrovare se stessi!

Pensare all’amore come nutrimento è un modo per dare significato positivo ad un sentimento denso di pericoli.
Dell’amore si finisce per parlare in modo pesante, mettendo nell’amore tanti sentimenti personali, tanti bisogni al limite del desiderio di perdita e disgregazione dell’Io.
Di amore si muore quando al sentimento verso un altro si aggiunge l’incapacità di restare dentro se stessi.
È questa incapacità che determina il bisogno di essere riconosciuti da quella particolare persona, fuori di noi, perché si è già perduto lo specchio dove incontrare il nostro viso, il suono della nostra voce, il profumo del nostro corpo, perché si è accettata una sostituzione, perché a causa del rapporto con l’altro abbiamo perduto le nostre regole, i nostri punti di riferimento.
Dell’amore si certificano solo gli estremi: il batticuore, la dipendenza, la rabbia, la gelosia, la malattia dell’anima che accompagna le delusioni sentimentali.
Esiste per le delusioni d’amore un percorso ripetitivo fatto da alcune domande che tornano sempre: spiegazioni, ricerca delle cause, tentativo di giustificare il comportamento dell’altro/a, di assumerne la responsabilità.
Spesso è così breve la parte felice, ma nello stesso tempo così intensa, che crea dentro un’immediata nostalgia, forse questa è la componente più importante nelle delusioni sentimentali: essere consapevoli della perdita e assumere per proteggersi un comportamento che invece genera attesa e speranza di riscatto.
Forse è l’attesa la parte forte e difficile dell’amore, e accanto la sensazione di avere incontrato una parte di noi misteriosa, ma densa di senso e più forte del nostro precedente rapporto con il mondo e le cose intorno a noi.
La delusione, il tradimento dell’altro/a, mette in scacco il nostro valore e la sensazione immediata di sentire forte si trasforma nel sentire male.
È in questo momento che bisogna dire il nostro nome, è in questa fase che è utile dire: Io sono, Io voglio, Io penso, Io posso.
Come una piccola cantilena che ci ricorda l’unicità del nostro essere e ci propone come primo riconoscimento questa dimensione orgogliosa da lupo solitario.
All’inizio è solo un esercizio ripetitivo, ma poi diventa un modo per riportare l’attenzione alla nostra capacità di nutrire l’amore in prima persona.


Confrontare le storie familiari può riavvicinare una coppia.

Nella consultazione sessuologica si fa fare un test, che si chiama genogramma sessuale, attraverso il quale i due membri della coppia riflettono sui miti delle loro famiglie, sugli ideali, desideri di successo, sul potere e sui sogni che ogni famiglia affida ai propri discendenti.
Una parte importante della riflessione è legata ai messaggi sulla corporeità ed intimità che sono stati ricevuti in infanzia e sulla capacità dei genitori di accogliere il piacere e il dolore.
Si lavora insieme alla coppia anche sulle informazioni che hanno ricevuto dalla famiglia di origine e dalle famiglie allargate, da nonni, zii, cugini, rispetto ai ruoli maschili e femminili, sul rapporto tra uomini e donne, sulla coppia e la sessualità.
Questo test, che viene usato per raccogliere l’anamnesi, cioè le informazioni utili alla identificazione delle cause e alla formulazione della diagnosi, è sempre molto interessante da un punto di vista emotivo e di comprensione.
La coppia prende atto delle differenze dei percorsi educativi e delle diverse attese rispetto alle emozioni ed ai sentimenti e entra in modo diretto nella comprensione dei modelli di relazione tra uomo e donna che si sono appresi quasi inconsciamente durante l’infanzia e l’adolescenza.
È un test che è bello fare anche su noi stessi: disegnare il proprio albero genealogico, entrare con racconti e fotografie nella propria storia familiare, ricordare quali messaggi ci hanno rassicurato ed impaurito rispetto al nostro essere maschi e femmine e cosa ci permetteva di cercare o di fuggire da un contatto corporeo, o chi traduceva in parole i sentimenti e con quali caratteristiche.
È come se aprissimo di fronte ai nostri occhi un affresco allargato della nostra storia e si riuscisse quasi a toccare i perché dei nostri comportamenti, dei nostri modi di valutare lo scambio sessuale, l’amore, il significato della coppia e del matrimonio.
Il genogramma diventa uno scambio, un racconto allargato che lo psicoterapeuta usa per dare un significato alle cose che accadono oggi, consapevole che ognuno di noi porta con sé, a volte senza saperlo tanti condizionamenti buoni e cattivi che vanno sciolti per riuscire a costruire un cambiamento nella propria storia di coppia.

Voi come l'avete fissuta la fine del vostro rapporto?

 
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Rapporto agli sgoccioli?

Post n°11 pubblicato il 11 Luglio 2007 da noi_xsempre

Il processo di separazione non è facile, soprattutto quando si tratta di una relazione di lunga durata.
Arrivati al momento della decisione di abbandonare il partner, ci si trova di fronte alle proprie paure e insicurezze.
Infatti, soprattutto se la relazione è durata molti anni, si può vedere il futuro come un grande punto interrogativo: la vita che si è condotta fino ad oggi e il rapporto con il partner, per quanto problematico, sono un terreno conosciuto, nel quale si è imparato a sopravvivere e a difendersi, anche a costo di una grande sofferenza emotiva.

Non si sa nulla invece di quella che potrebbe essere la propria vita da oggi in poi, se si decide di troncare la relazione e allora si teme il peggio.
La cosa peggiore per molti è rappresentata dalla solitudine, dal timore di non trovare nessuno e di invecchiare da soli.
Per altri invece la paura del futuro è rappresentata dalla prospettiva di dover ricominciare una nuova relazione tutta da capo e magari di sbagliare e di soffrire ancora e si sente di aver perduto la fiducia nell'altro sesso.

Molti pensano che sarebbe più facile lasciare una storia che rende infelici, se ci si coinvolgesse prima in un'altra relazione sentimentale.
Il distacco non apparirebbe più come un temibile "salto nel vuoto", se ci fossero già due braccia amorevoli pronte ad accoglierci.
Naturalmente può capitare di innamorarsi di un'altra persona quando ancora non si è concluso interiormente il processo di separazione dal partner precedente, ma spesso succede invece che si tratti di una soluzione fittizia: infatti una nuova relazione prematura, costruita sulla paura di restare soli, finisce facilmente per essere fallimentare, se non ci si prende il tempo sufficiente per riflettere, per ristabilirsi e per assumersi la responsabilità di camminare sulle proprie gambe.

E' difficile porre fine a relazioni a lungo termine in modo soddisfacente per entrambe le parti.
Spesso il vantaggio di uno dei due rappresenta un dramma per l'altro.
Inoltre i partner, nel lungo periodo trascorso insieme, hanno creato un universo comune, sia materiale che relazionale: di cose materiali, come la casa, che rappresenta un ambiente intriso di oggetti e di ricordi del tempo trascorso insieme; di relazioni interpersonali create tra i familiari e le comuni amicizie.

Una casa non si può tagliare in due al momento della separazione: chi se ne va perde una parte del proprio mondo e dovrà costruirsene un altro ex novo, ripartendo da zero; chi resta dovrà continuare a vivere in uno spazio in cui tutto rimanda ai ricordi e alle esperienze del tempo della vita a due.

Dopo una separazione avviene un profondo rimaneggiamento anche dei rapporti con amici e parenti che precedentemente si vivevano insieme come coppia: infatti il cambiamento strutturale in una rete di rapporti stabili, coinvolge anche tutte le persone che ruotano attorno a questi rapporti.

Accade spesso che l'entourage della ex coppia si divida su "chi è il buono e chi è il cattivo".
Gli amici comuni dopo la separazione non sanno bene come comportarsi o tendono a eclissarsi nei confronti di uno dei due ex partner, per non mostrarsi sleali con l'altro.
Gli amici finiranno spesso per mettersi dalla parte del partner con cui erano legati già prima della formazione della coppia.

A volte la percezione di mancanza di appoggio esterno, quando si è posto fine ad una lunga relazione, può aumentare il senso di solitudine e la paura del futuro.
Separarsi vuol dire uscire da un universo relazionale che, all'origine, prometteva di soddisfare tutti i propri bisogni più profondi.
E anche nei casi in cui si attribuisce all'altro la maggior responsabilità del fallimento della relazione, lo si vive comunque anche come un proprio personale fallimento.

Occorre elaborare, a volte anche lungamente, l'esperienza della distruzione della coppia e della separazione e arrivare a sviluppare un atteggiamento più sereno, cessando di colpevolizzare l'altro o sé stessi.
Una separazione, per quanto dolorosa, può avviare un processo di maturazione personale che potrà essere messo a frutto in una nuova relazione, se si sarà imparato a non focalizzarsi esclusivamente sull'altro, rendendolo responsabile della propria felicità o infelicità.

Piuttosto si apprezzerà quello che è in grado di donarci, convivendo con i suoi limiti e valutandolo in modo più realistico.
In ogni caso un rapporto di coppia resta un continuo processo di crescita e cambiamento, nel quale continuamente si deve essere in grado di rivedere le proprie aspettative ed di ricominciare da capo.

Voi come avete vissuto la vostra separazione?

 
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Intimità nella coppia

Post n°10 pubblicato il 11 Luglio 2007 da noi_xsempre

Nella psicoterapia sessuale si trova spesso che le disfunzioni sessuali sono motivate da fobie sensoriali e ansia relazionale: difficoltà a sentire l’odore del corpo durante il rapporto, a dare significato positivo alle aree genitali, a restare esposti visivamente nell’approccio sessuale, a sopportare una profonda intimità corporea, a cedere all’onda ancestrale che l’orgasmo porta dentro la testa ed il corpo.
L’intimità sembra essere alla base della costruzione di una coppia, è desiderata, cercata, come segnale del valore del rapporto, ma nello stesso tempo racconta fiducia ed affidamento e si esprime attraverso un lasciarsi andare che spesso è in contrasto con la paura degli altri e anche del/della partner.
Nella relazione a volte sembra che anche il partner, per quanto scelto e desiderato, sia considerato potenzialmente un nemico ed un predatore verso il quale è necessario mantenere una distanza.
Queste paure, questi divieti mentali e corporei, possono creare ostacoli in aree diverse della relazione sessuale: alcune funzionano nell’area del desiderio, altre bloccano l’eccitazione e l’orgasmo.
Ci sono uomini e donne che riescono a provare desiderio quando il partner è distante, al lavoro, in viaggio, ma entrano in crisi se si trovano vicini: il desiderio si attenua e diventa impossibile accettare la sessualità. Altre persone conservano una buona eccitazione fino al momento della penetrazione, provano piacere nella masturbazione reciproca, ma perdono le sensazioni positive al momento della penetrazione perché la penetrazione rende troppo confuso il proprio corpo con quello dell’altro/a.
Uomini e donne condividono dei problemi nella fase orgasmica perché il piacere forte che trascina può dare di nuovo una idea di perdita del controllo e riescono a restare nel piacere sessuale solo escludendo la conclusione orgasmica.
Alle risposte fobiche sensoriali e relazionali in psicoterapia si risponde con una graduale esposizione del paziente e della coppia alla situazione temuta, producendo una progressiva confidenza con le aree del corpo, gli odori, le fasi sessuali, che determinano paura e rifiuto o in ogni caso, disagio.
Si procede in avanti solo quando l’ansia si è attenuata completamente e sono stati costruiti accorgimenti e modalità di comportamento accettati e condivisi.

Le vostre esperienze sono tutte ben accolte!!!

 
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Post N° 9

Post n°9 pubblicato il 11 Luglio 2007 da noi_xsempre

Quando il partner non si apre...ecco perchè!!

Il sentimento d’amore nell’adulto proviene dallo strato infantile della sua personalità. Se una persona ascolta il proprio cuore, significa che è in grado di ascoltare il bambino che è dentro di lui: quel bambino che è stato accudito e nutrito dalla madre e che ha potuto vedere soddisfatte le sue necessità di contatto e di nutrimento, attraverso l’intimità fisica con lei.

Quando nell’infanzia non si è potuto sperimentare pienamente questo tipo di relazione basata sul calore e sul contatto, l’adulto si sentirà isolato da quel bambino che ha in sé e non potrà sentire la pienezza dell’amore.
A livello fisico strutturerà una “corazza muscolare” nella zona del torace, cioè una rigidità della parete toracica che ha una funzione protettiva, per impedire che le sensazioni di dolore e di tristezza raggiungano la coscienza.
In questo modo il cuore viene a trovarsi racchiuso in una gabbia, per non essere trafitto dalla freccia dell’amore.
Infatti la persona teme inconsciamente di trovarsi nella stessa situazione in cui era nell’infanzia e che gli ha procurato dolore e angoscia.
Questa difesa però frenerà l’impulso del cuore ad aprirsi all’amore e lo estranierà dai suoi sentimenti più profondi.

Questo tipo di atteggiamento indurrà ad impostare dei rapporti di coppia in cui non ci si lascia andare totalmente ma si stabilisce una sorta di compromesso dove ciascuno dei due “sfrutta l’altro”.
Di certo si è in grado di provare affetto l’uno per l’altro, ma il compromesso serve fondamentalmente a nascondere la paura di lasciarsi andare.
E come se si creasse un tacito contratto: “se sei disponibile a soddisfare le mie esigenze, sarò disponibile a soddisfare le tue”.
Finchè funziona il compromesso, si attenua la paura dell’abbandono, ma ciò risulta profondamente insoddisfacente perché non può sostituire l’amore.

Il cuore ingabbiato non può fare da fulcro dell’asse che unisce la testa con la pelvi e ciò non permette la piena integrazione dei tre aspetti che costituiscono il sé: la testa, il cuore e genitali.
Quindi anche la sessualità potrà essere vissuta in modo staccato dal cuore.

Come è possibile ammorbidire la corazza che intrappola il cuore e gli impedisce di pulsare e di aprirsi pienamente all’amore?

Un esercizio di coppia molto utile può essere quello di respirare l’uno abbracciato all’altro, per un certo tempo.
Inspirare lentamente e profondamente ed espirare insieme stringendosi fortemente al petto del partner.
Questo esercizio aiuterà a “sentire” l’altro in modo più completo, attivando quella sequenza vitale data dalla possibilità di respirare, muoversi e commuoversi.

 
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A come Amicizia!

Post n°8 pubblicato il 11 Luglio 2007 da noi_xsempre

Quante persone che amano il proprio partner lo considerano anche un amico? L’amicizia rappresenta un requisito importante della relazione d’amore, soprattutto nel rapporto di lunga durata. L’elemento della passione viene considerato la forza trainante di un rapporto d’amore, ma è soggetta ad alti e bassi e può andare e venire nel corso del tempo. L’amicizia può rappresentare invece il cemento della relazione: essere anche amico del proprio partner, aiuta a mantenere aperto il dialogo nel lungo periodo, ad attraversare i cambiamenti e a sostenere nei momenti difficili.

Quali sono gli elementi che rappresentano il tessuto dell’amicizia e che si trovano anche nella relazione d’amore?
Con un amico esiste un rapporto reciproco e paritario, caratterizzato dalla fiducia e dalla confidenza, dall’accettazione, dall’aiuto reciproco, dalla comprensione e dal rispetto. Tutti elementi, questi, che dovrebbero essere naturalmente presenti anche nella relazione di coppia. Ma succede sempre così?

Di un amico si ha fiducia, nel senso che si presume che ci voglia bene e che non ci farà del male intenzionalmente. Si può aprire il cuore con lui, mostrarsi vulnerabili, comunicare con spontaneità i propri sentimenti, sentendosi liberi di essere sé stessi. L’onestà nel comunicare dovrebbe essere una prerogativa essenziale del rapporto d’amore, perché ci si possa conoscere profondamente; talvolta succede invece che si considera il partner con una certa sfiducia: si esita ad aprirsi con lui per la paura di essere feriti o biasimati.

Il processo di conoscenza reciproca è certamente un cammino fatto di prove e di errori: esprimere onestamente che cosa si prova, può occasionalmente ferire l’altro. Ciascuno ha infatti le sue aree di maggiore sensibilità, i suoi punti deboli. Solo però se si è onesti nel comunicare e si rimane aperti sulle proprie zone vulnerabili, si impara a conoscersi e a interagire con l’altro nel modo migliore, sapendolo “prendere” nel modo giusto. In questo modo è possibile costruire un rapporto su basi più solide, senza sentirsi obbligati a mascherare parti di noi e dei nostri sentimenti.

Di un amico si ha comprensione, lo si accetta così com’è, senza cercare di modificarlo e di renderlo una persona diversa. Apprezziamo il suo modo di essere e non lo assilliamo per fargli fare delle cose che non vuole fare.
Il fatto di non poter cambiare l’altro e di accettarlo per quello che è, è una profonda verità di cui bisognerebbe essere consapevoli anche nel rapporto a due. Spesso invece si ha più tendenza a criticare la persona amata che non un amico.
Quante volte uno dei due pensa sì di amare l’altro nel suo complesso, ma vuole anche cambiare in lui le cose che non gli piacciono? Intraprende una crociata a “fin di bene” per rendere l’altro consapevole dei suoi difetti e per farlo cambiare. Ma non appena uno cerca di cambiare l’altro, ecco che si scatena la lotta per il potere.

Accettare il partner, anche se non è perfettamente corrispondente con noi, significherebbe invece riuscire ad ammettere le differenze esistenti senza necessariamente correggerle o combatterle, ma adattandovisi, cercando percorsi compatibili, pur nel rispetto delle diversità.
Un altro requisito in comune dell’amicizia e dell’amore dovrebbe essere il rispetto, cioè la considerazione, l’attenzione a non offendere l’altro, la gentilezza verso di lui. Mentre tra amici queste prerogative tendono a rimanere stabili, nella coppia può succedere che, con il tempo, questi aspetti si diano per scontati e a volte diminuiscano considerevolmente. Ci si può rivolgere alla persona che si dice di amare con asprezza ed impazienza, a volte la si ferisce inutilmente, la si offende e le si manca facilmente di rispetto. Senza rispetto, è difficile mantenere vivo l’amore. La scelta di parlarsi sempre in modo rispettoso dovrebbe essere un impegno reciproco, che contribuirebbe a rendere più serene e costruttive le discussioni, evitando che degenerino in litigi carichi di emotività.

In amore, lasciamoci dunque “ispirare” dall’amicizia e proviamo a vedere la nostra donna o il nostro uomo con gli stessi occhi con cui guarderemmo il nostro più caro amico: ritrovare interiormente i fondamenti di un’intima amicizia con il proprio partner, può aiutarci a essere più aperti e tolleranti e a mantenere la relazione più equilibrata, più gratificante e, in definitiva, più sana.
E voi quanto siete amici del vostro uomo o della vostra donna?? ;)

 
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Coppia in crisi??

Post n°7 pubblicato il 11 Luglio 2007 da noi_xsempre

Non più sette ma tre. Trentasei mesi e la coppia entra in crisi.
Si comincia con il «parlare al singolare». Poi a tirare fuori tutte le scuse possibili e immaginabili per non fare l’amore, la più sfruttata «Sono stanco/a».
La comunicazione a parole si spegne: nel bene e nel male, niente discussioni ma neppure dialogo civile.
Dell’altro o dell’altra comincia a dare fastidio tutto. Ma si tace, per il quieto vivere. L’incomunicabilità, fisica e verbale, uccide la coppia all’alba del terzo millennio.

«BOMBE INTELLIGENTI»
Si tratta di frasi o atteggiamenti ad hoc per farsi del male. Quando una coppia le sa usare, allora non c’è niente da fare. Uno dei due può anche pensare di poterne uscire, ma accade raramente: ci sono quei tre anni di "litigate" difficili da superare.
Ecco il primo comandamento. Non arrivare a quei tre anni che, un tempo, forse erano piatti che volavano, oggi, di «comunicazioni interrotte».

I SINTOMI
Una psicoterapeuta ed esperta di terapia di coppia sostiene che i campanelli di allarme sono più che visibili: «Si comincia a fare sempre meno l’amore, per esempio. Che non significa che siamo troppo stanchi per farlo, ma piuttosto che non c’è più voglia di comunicare con il corpo e di affidarlo all’altro».
Ma non solo. «Si comincia a provare fastidio per tutto quello che l’altro fa, ma si preferisce non dirlo. Mi viene in mente quella paziente che mi raccontò di quanto non sopportasse che il marito, alla sera, arrivasse a tavola, fresco di doccia e tutto profumato di borotalco. Lei odiava quel profumo. Ma non glielo diceva».
Per la psicoterapeuta spesso l’inabissarsi nel quieto vivere è in realtà calarsi in un silenzio devastante.

I RIMEDI
Cosa fare? «Certo quando una coppia va in psicoterapia significa che vuole uscirne.
Ma attenzione non sempre - avverte l’esperta - va bene. Perché può essere una fuga inconscia; un delegare agli altri la soluzione di un problema che sta dentro di noi.
A volte la soluzione è unicamente a due. Ha spesso funzionato il consiglio di pensare a un nuovo progetto comune: acquistare una casa o preparare un viaggio.
Fondamentale capire sempre se la crisi dichiarata è voglia di fuga o di una nuova coesione».
Amici, parenti, consultori, sacerdoti, a chi parlarne? «A tutti e a nessuno. Il ruolo dei genitori di una coppia giovane, può essere per esempio devastante, ma non si può generalizzare. Per chi ha una formazione religiosa la parrocchia è sempre un buon punto di riferimento».

Ragazzi partecipate..condividete le vostre esperienze...; )

 
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Dall'innamoramento...

Post n°6 pubblicato il 10 Luglio 2007 da noi_xsempre

all'amore...

Nella fase dell’innamoramento, in cui la forza dell’emozione e delle sensazioni è massima, il cervello si trova in uno stato di sovraeccitamento, “inondato” da endorfine e da altre sostanze che alimentano la condizione di benessere e di esaltazione tipica di questo stato.
Se vi è la possibilità di realizzare una relazione affettiva, in cui si sperimenta un certo stato di stabilità e sicurezza, dopo un certo periodo si assiste ad un’ evoluzione e a una modificazione delle emozioni che si provano.

E’ come se il nostro cervello non potesse tollerare per un tempo eccessivo queste ondate continue di iperstimolazione e si “proteggesse”: la tempesta emotiva e biochimica si attenua e si entra in un’altra fase.
Poiché l’amore è un processo dinamico, in movimento, non bisogna considerare questo passaggio in modo negativo.
Ci sono, è vero, coloro che, alla ricerca continua di stimoli, vivono questo passaggio come un momento di noia e finiscono per non approfondire mai un rapporto e passare da un partner all’altro nella ricerca ripetitiva di sensazioni forti.

Nella maggioranza dei casi, però, non è così, e stare insieme all’altro, conoscerlo sempre più a fondo, approfondendo l’intimità emotiva e sessuale con lui e condividendone sempre di più la vita, rappresenta un progresso, non un regresso.
Passata l’esaltazione dell’inizio, quando la “follia” dell’innamoramento scema, l’altro non è più un essere idealizzato e perfetto, perché si acquista la consapevolezza di come è realmente.
Ma non ci si sente delusi, una volta che si aprono gli occhi e ci si rende conto che l’altro è una persona normale: nonostante questo, non lo vogliamo assolutamente perdere, perché è colui che amiamo e che ci ama in maniera esclusiva.
Adesso, anche se lo vediamo come lo vedono gli altri, siamo disposti ad accettare anche i suoi difetti, perché ci sentiamo profondamente legati a lui e viviamo in modo positivo il fatto che il rapporto si sia evoluto.
E’ come se dicessimo all’altro: “Vedo come sei, ma mi vai bene lo stesso e voglio stare con te, non voglio perderti”.

Adesso non ci sono più soltanto la passione fisica, l’attrazione che ci spinge a cercare inesauribilmente l’altro, come nella fase dell’innamoramento; subentra l’attaccamento, che deriva dalla conoscenza dell’altro e che ci fa sentire di essere intimamente legati al partner da qualcosa di più profondo e duraturo, che vogliamo alimentare e far perdurare con un impegno volitivo e cosciente.

Dopo la tempesta dell’innamoramento, si assaporano nuovi piaceri e nuove emozioni intense legate al senso di sicurezza, alla serenità, al senso di appartenenza reciproca, alla consapevolezza della presenza e del sostegno del partner.
C’è la sensazione profonda di essere completati dall’altro in modo unico, sia a livello fisico che psicologico.
L’attaccamento non è prepotente come l’innamoramento, che è un fuoco che divampa, ma può essere una fiamma inestinguibile che lega due persone in un impegno costante e gratificante, che può durare anche per tutta la vita.

Raccontatemi qualche vostra esperienza che rispecchi ciò che avete appena letto... ; )
Io ad esempio sono ancora in fase di innamoramento..o meglio..innamorata sono sicuramente...ma forse sono già nella fase dell'amore ...e se così fosse...be..è stupendo direi!!!

Baci

 
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Istinto o ragione?

Post n°5 pubblicato il 10 Luglio 2007 da noi_xsempre

Il modo in cui inizia una storia non è mai neutro, è come se nell’inizio fosse contenuto un piccolo riassunto della storia della persona che abbiamo davanti, ma sono i particolari, anche piccoli, che indicano cosa veramente accadrà.
Avere uno sguardo distratto nei primi incontri, sottovalutare le espressioni, i gesti, le parole, voler vedere solo quello che desideriamo, è necessario per iniziare una storia, se dedicassimo tanta attenzione ad ogni evento, non riusciremmo mai ad innamorarci.

Perché una storia possa avere un buon futuro bisogna però sentire che quella persona ha una forte capacità di farci respirare, che capiamo cosa sta dicendo, che ci piace fisicamente, che non abbiamo obiezioni al suo odore e al suo sapore, che si può ridere, che il nostro corpo ed il corpo dell’altro, durante gli incontri, non contengono troppa rigidità o tensioni.
Un segnale profondo dovrebbe farci sentire che facciamo una buona scommessa, che possiamo credere nella costruzione di un nuovo incontro.
L’intuizione ci deve portare, in un secondo momento, ad aprirci ad una fase sensoriale, dove dobbiamo avere la pazienza di risuonare di fronte a tutte le cose che il tempo fa emergere.

In questa seconda fase bisogna esprimere la nostra pazienza, non cedere solo all’impulso, mentre le cose che accadono ci permettono di capire cosa i comportamenti, le parole, la sessualità, creano dentro di noi.
In fondo ogni relazione funziona da grande specchio e le storie amorose, amicali, di lavoro, ci permettono costantemente di aggiornare il nostro punto di evoluzione e riflettono la nostra immagine allo specchio.
A volte, nella costruzione di una storia, diamo risposta ad un solo bisogno: bisogno di essere corteggiati, di avere qualcuno vicino, di rompere l’isolamento sociale, di poter fare un progetto sul futuro, di rispondere alla seduzione e all’eccitazione.

Quando accade questo, lo specchio riflette la nostra urgenza di ottenere un risultato ed il rapporto avrà bisogno di costruzione per diventare adatto a durare nel tempo.
Altre volte le nostre prove sono così lunghe e laboriose che la forza positiva dell’intuizione scompare lasciando il posto ad un forte desiderio di fuga.
Una domanda che è utile farsi è se nella nostra vita hanno funzionato di più le decisioni prese con la pancia (emozioni) o con la testa (riflessive) e nel primo caso vivere bene l’impulso come orientamento iniziale, nel secondo caso invece sapere che la fase del riposo e dell’abbandono ai sentimenti nasceranno dopo il vaglio della riflessione.

E voi ragazzi? Siete persone istintive o razionali?? Lasciatemi qualche vostro commento così magari ne discutiamo insieme...

 
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Cos'è la "sexsomnia"?

Post n°4 pubblicato il 10 Luglio 2007 da noi_xsempre

Chiedere, o fare, sesso mentre si dorme.
La condizione è stata chiamata dagli anglosassoni «sexsomnia» e gli scienziati stanno cercando di capire qualcosa di questa rara patologia.
Lo riporta la rivista di divulgazione scientifica britannica New Scientist.
Le indagini su questa curiosa variante del sonnambulismo , nel quale chi sta dormendo farebbe avance sessuali a qualcun altro del tutto sveglio, non sono facili. E non è arduo capire il perchè: chi ne soffre ne è talmente imbarazzato che fa parecchia fatica a parlarne col medico.

SESSO E SONNAMBULISMO - Molti esperti inquadrano la sindrome nell'ambito del sonnanbulismo, ma chi ne soffre resta a letto invece di alzarsi e camminare. Il sonnambulismo colpisce dal 2 al 4% degli adulti, mentre la sexsomnia è ritenuta pittosto rara, anche se un sondaggio fatto nel 2005 in Canada suggerisce che i casi siano più frequenti di quanto si possa pensare.
«La maggior parte delle volte il sesso nel sonno avviene tra persone che sono già partner», ha spiegato alla rivista Mark Pressman, specialista del sonno al Lankenan Hospital di Wynnewood, Pennsylvania.

 
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Il linguaggio del corpo

Post n°3 pubblicato il 09 Luglio 2007 da noi_xsempre

Il corpo parla. Eccome. E il suo linguaggio è molto più importante e incisivo, a livello emotivo, di quello delle parole. Pare che l’impatto psicologico della comunicazione verbale, cioè di quello che diciamo, corrisponda soltanto al 7% del totale. La comunicazione non verbale, cioè il linguaggio dei gesti (ciò che vediamo, ma che non sentiamo) corrisponde ben al 55%. Mentre il restante 38% è il linguaggio paraverbale, vale a dire il tono di voce.
Difficile crederci? Basta fare una prova. Dì a qualcuno che conosci che sei felice di vederlo, ma dillo con una smorfia di disgusto e voce annoiata. Scommettiamo che non ti crederà affatto? Normale: non abbiamo forse detto che il contenuto equivale soltanto al 7%? Oppure, se sei donna, prova a dire al tuo uomo che è un delinquente, un assassino, un disgraziato, un figlio di buona mamma, e via insultando; ma dillo accarezzandolo sensualmente, con voce flautata. Vedrai che prenderà le tue parole come complimenti!
La comunicazione non verbale è gestita dall’inconscio. Conoscerla serve per decodificare la comunicazione del nostro interlocutore: per capire, cioè, se è sincero. I segnali del corpo possono essere di gradimento o di rifiuto: vediamo i più importanti.

Segnali di gradimento

Nel viso il centro del piacere è la bocca. Serve per succhiare il latte materno, per mangiare, per provare sensazioni piacevoli; quindi accarezzarsi le labbra, mordicchiarsele o, meglio ancora, passarci sopra la lingua indica un notevole gradimento da parte del nostro interlocutore. Nei confronti di quello che stiamo dicendo, se il segnale avviene in corrispondenza con una nostra parola, proposta o argomento: pertanto ci conviene approfondire quel tema per suscitare approvazione nell’altro. Se invece il segnale di gradimento viene dato in continuazione, ad esempio morgdicchiandosi il labbro di continuo, meglio ancora: significa che il gradimento riguarda la nostra persona.
Altri segnali positivi sono succhiare un oggetto, spingere le labbra leggermente in fuori (il cosiddetto “bacio analogico”), leccarsi le labbra (il “linguino”), premere la lingua all’interno delle guance, accarezzarsi mento e collo (la cosa lo ingolosisce!) Spostare il busto o il corpo in avanti, verso di noi, simboleggia un avvicinamento psicologico nei nostri confronti: insomma, gli piaciamo! Lo stesso vale per lo spostamento di oggetti verso noi stessi: sono seduto a un tavolo, l’interlocutore è dall’altra parte e avvicino a me una penna, un foglio, un bicchiere. Significa che l’argomento mi interessa e cerco simbolicamente di avvicinarlo a me.
Puntare il piede, soprattutto il destro, verso qualcuno vuol dire che siamo attratti da quella persona, o da quello che sta dicendo. Mentre tenere un atteggiamento aperto, con braccia aperte e gambe non conserte, denota cordialità e disponibilità. Alcuni gesti hanno una valenza seduttiva: accarezzarsi i capelli o giocare con collana, bracciale o anello da parte delle donne; e aggiustarsi la cravatta, un simbolo fallico, da parte degli uomini.

Segnali di rifiuto

Il naso è il centro dello sgradimento. Se mentre sto parlando l’interlocutore si gratta il naso ripetutamente può significare che l’argomento, o la mia persona, gli stanno causando una forte tensione. Come il linguino è il massimo segnale di gradimento, questo rappresenta invece il massimo segnale di rifiuto. Si potrebbe obiettare: ma come, non ci si può grattare semplicemente perché il naso prude? Certo che sì. Ma il prurito è causato da una vasodilatazione dei capillari, che reagiscono a situazioni di stress. E se la persona che si gratta è stressata ci sarà pure un motivo.
Anche spostare il corpo indietro, lontano dall’interlocutore, non è un buon segnale: equivale a prendere le distanze da lui. Così come spostare oggetti lontano da noi: significa che vogliamo allontanare l’argomento o la persona. Spolverare o spazzare via dagli abiti o dal tavolo polvere o briciole ha un significato preciso: non voglio farmi carico di questi problemi. Mentre il colpo di tosse e il raschiamento della gola sono un rifiuto netto di quanto stiamo dicendo. E, ovviamente, gambe accavallate e braccia conserte sono segnale di chiusura. Ma anche qui bisogna stare attenti. Non è detto che chi assume questa postura ci sia ostile: forse si sta soltanto rilassando in una posizione comoda. Serve trovare conferme alla nostra tesi. Come diceva Sherlock Holmes, “un indizio è un indizio, due sono due indizi, tre sono una prova”.

Segnali specifici

Esistono, poi, che non rientrano nelle categorie di gradimento o rifiuto, ma hanno un significato più complesso. Come grattarsi il capo: chi lo fa ha un grattacapo, cioè un problema da risolvere. E grattarsi o massaggiarsi la fronte? In questo caso l’interlocutore non ha chiaro l’argomento della discussione e gradirebbe un chiarimento.
Grattarsi o massaggiarsi l’orecchio, o la zona circostante, esprime una pulsione sessuale inibita. Vorrei, ma non posso. Esempio: sto parlando di una donna con un amico, e lui comincia a grattarsi l’orecchio. Significa che ne è attratto sessualmente, ma esiste un vincolo all’appagamento. Se si gratta l’orecchio destro vuol dire che è lui a porsi delle remore; se si gratta il sinistro è l’amica che non ci sta.

 
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Il mio primo blog...

Post n°1 pubblicato il 09 Luglio 2007 da noi_xsempre
Foto di noi_xsempre

Non sapendo che fare, ho deciso di creare un blog...sono appassionata di psicologia e spero di conoscere qualcuno che condivida il mio stesso interesse in modo da scambiare qualche opinione...Ps: le informazioni inserite in questo blog, non sono frutto della mia mente ; ), ma frutto di ricerche in internet...è da sottolineare per evitare qualsiasi tipo di insulto....

La psicologia

La psicologia può essere definita come:

la disciplina che studia i rapporti che intercorrono tra un essere vivente e se stesso e i rapporti che intercorrono tra un essere vivente e l'ambiente in cui vive. Rapporti che si possono esprimere in termini di esperienza e comportamento.
Ha per oggetto di studio i
processi mentali.

La psicologia moderna è una scienza composita, i cui metodi di ricerca vanno da strettamente sperimentali (di laboratorio o sul campo) a etnograficamente orientati (ad esempio: alcuni approcci della psicologia culturale); da strettamente individuali (ad esempio: studi di psicofisica, psicoterapia individuale) a metodi con una maggiore attenzione all'aspetto sociale e di gruppo (ad esempio: la psicologia del lavoro che impiega i cosiddetti 'gruppi focali'). Queste diversità di approccio hanno causato un proliferare di discipline psicologiche e di matrici culturali che tendono a sostenere punti di vista diversi e spesso in conflitto tra loro.

 
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