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GRAZIE

 

JESSE

 

 

Post N° 89

Post n°89 pubblicato il 27 Aprile 2010 da ladispoli.ma
Foto di ladispoli.ma

E' assurdo avere ancora ogni giorno un pensiero per te...

E' impossibile credere di dimenticare...

E' improbabile trovare qualcuno che riempia il vuoto che hai lasciato...

Però è straordinario continuare ad amarti...

 
 
 

Che ci posso fare se ogni giorno sei qui...

Post n°88 pubblicato il 20 Aprile 2010 da ladispoli.ma

 
 
 

il linguaggio della resa

Post n°87 pubblicato il 19 Aprile 2010 da ladispoli.ma

 
 
 

Modà

Post n°86 pubblicato il 15 Aprile 2010 da ladispoli.ma

 
 
 

love

Post n°85 pubblicato il 15 Marzo 2010 da ladispoli.ma

 
 
 

"Se tu mi dimentichi" ... A te...

Post n°84 pubblicato il 05 Marzo 2010 da ladispoli.ma

 
 
 

Per un eroe chiamato Pietro

Post n°83 pubblicato il 02 Marzo 2010 da ladispoli.ma

 

Sembra strano vedere la tua foto qui... quando io stessa ho avuto il piacere di incontrarti...

Non sapevo chi eri... per gioco ho scattato una foto dove ci sei tu e rivedendola mi si gela il sangue...

Ti lascio in silenzio il mio saluto...

Ciao Pietro!

 
 
 

Esercizio teatrale 2

Post n°82 pubblicato il 10 Gennaio 2010 da ladispoli.ma

Silenzio… troppo silenzio… muri bianchi… solo una finestra… stanza vuota… mi giro intorno… tutto uguale… tutto fermo… fisso un punto, più bianco del bianco… è il riflesso del sole… c’è il sole! Ne sento il calore solo guardandolo… voglio sporgermi da lì, da quel piccolo vetro… ma è alto, accenno un sorriso… ci provo, mi avvicino… salto e… no, impossibile… ci riprovo… mi do lo slancio e… ancora una volta no… non ce la posso fare… torno sui miei passi, vicino a quel quadrato luminoso proiettato in terra… mi accuccio abbracciandomi le gambe… il tempo sta scorrendo… sguardo immobile… penso… silenzio… ancora silenzio… mi sdraio, ho la testa pesante… a mala pena distinguo il muro dal pavimento… bianco… solo il maledetto bianco… chiudo gli occhi… conto il numero dei miei respiri, è l’unico segno di compagnia… 10… 50… 120… quanto tempo è che sono lì, non lo so… ADESSO BASTA! BASTA… BASTA!!! Fatemi uscire… che ci faccio qui… lasciatemi andare… AIUTO! Non c’è nessuno, perché il mio urlo non arriva oltre queste mura… perché! Nessuno mi sente… ho il cuore dentro che scoppia… ho le corde vocali in tensione… denti stretti a bruciare la mandibola… dove siete… perché non mi sentite… eppure grido con tutta la forza possibile… cosa succede, non riesco a muovermi… neanche un muscolo… perché? Ho paura! Sento solo i pugni stretti… le unghie premono sulla pelle quasi bucandola… cambiano colore… dal rosa al rosso, subito violaceo… ma non mi muovo… non più… ho gli occhi imbevuti di lacrime, la bocca spalancata, la saliva non c’è più… riconosco quella sensazione… sì, ora la riconosco… è la solitudine della mia adolescenza… quella che non sono mai riuscita a placare… non serve la ragione… non serve urlare… non serve piangere… ma solo aspettare… aspettare che il sonno arrivi e porti via lo stremo di quella solitudine subìta…

 
 
 

Scritto da me... esercizio teatrale

Post n°81 pubblicato il 22 Novembre 2009 da ladispoli.ma

Questa non è una storia… questa non è una storia inventata, fatta di principi e principesse… o di orchi, gatti, mammuth o bradipi.

Questa è la storia di un uomo, un uomo non più giovanissimo ma neanche con il sale tra i capelli… un uomo che amava i libri, amava l’arte e la filosofia… ma soprattutto amava la solitudine!

Nessuno può dire se in verità fosse una solitudine gioiosa o una solitudine sofferta… sta di fatto che aveva imparato ad ascoltare il silenzio e sentire le sensazioni scorrere come corrente sulla sua pelle.

 

Era mattina di un giorno di primavera, quando l’aria era ancora frizzante, ma i raggi del sole riuscivano a penetrare la stoffa delle camicie di raso e le giacche di velluto costoso.

Edward, il nome del nostro protagonista, la notte che precede il giorno del racconto fece degli incubi che al canto del gallo lo fecero svegliare con l’umore strano… non sapeva neanche lui spiegare a parole ciò che l’inconscio gli ebbe mandato… ma sta di fatto che non si sentiva tranquillo!

 

La sua casa, un piccolo casale ereditato dai nonni, troneggiava su una collina piena di colori… c’erano i vigneti a perdita d’occhio tutt’intorno, degli alberi di frutta, dei greggi in lontananza e a qualche miglio di distanza il contorno di una cittadina, fatta di casine tutte color mattone e i tetti di un rosso acceso, come un magenta appena spruzzato su una tavola da pittore.

Nel suo cortile, poco distante dal grande portone di legno, c’era un pozzo che il caro nonno aveva usato nei tempi che furono ed Edward non aveva toccato nulla della vecchia piantina di casa… amava il tempo immobile, fermo, da cartolina.

 

Quella mattina si alzò, si lavò, prese una fetta di pane, ci spalmò con doverosa precisione del burro e la marmellata di albicocche; poi uscì. Aveva in mente dei ricordi di bambino, pensava a ciò che aveva imparato studiando, rifletteva sui suoi amici, pochi in verità… insomma gli balenavano in testa sensazioni così malinconiche che quasi gli occhi si riempivano di lacrime.

Andò in città, si mise a camminare fra la gente, qualche saluto distinto fra tanti conoscenti, si fermò di fronte una vetrina e, mentre curiosava tra i libri, oggettini e cianfrusaglie, si fermò ad osservare, nel riflesso del vetro, un gruppetto di uomini: uomini vestiti di tutto punto, con giacche, cravatte, doppi petti. Uomini che con il loro aspetto occupavano la scena… bastavano gesti senza suoni di voce, sguardi così imponenti da capire cosa guizzava sotto i capelli… risate sonore per attirare l’attenzione… insomma, sembravano i padroni del mondo. Mentre era così immerso nell’osservazione di tale spettacolo, si accorse che poco più in là, due donne sciattose e ben truccate, sorridevano tenendo d’occhio il gruppo maschile… sembravano due adolescenti per come si atteggiavano, come si lasciavano scappare quei risolini come un richiamo… non si poteva non notarle.

Edward rimase ancora catturato, gli piace vedere quella trama di cui conosceva il sapore… si divertiva a prevedere ciò che sarebbe successo… qualcuno del gruppo più numeroso si sarebbe avvicinato alle due donne, con garbo le avrebbe salutate e offerto da bere a entrambe… si sarebbe seduto al fianco della donna che gli interessava e avrebbe fatto di tutto x farglielo capire… è un film che aveva visto tante volte e forse era anche un po’ invidioso di tutte quelle persone che sono in grado di cogliere le occasioni per farsi amare… fosse anche solo per un pomeriggio…

 

E lì, come un fulmine a ciel sereno, un flash… una fotografia… lei… lei con i suoi capelli ricci, lunghi, di color cenere… lei con i suoi occhi disegnati da un artista, lei che lo aveva fatto sentire un vero uomo solo con un sorriso… lei che era sicuro di amare ancora e che non avrebbe mai dimenticato… lei, così pura e lontana che neanche i ricordi potranno mai svanire con i soffi del tempo… la realtà tornò come un rombo di tuono… il riflesso del vetro adesso accoglieva una mamma che spingeva una carrozzina di neonato con vicino un altro pargolo che mangiava un gelato… dei tipi di prima nessuna traccia… si sentì gli occhi gonfi, pieni di lacrime… gli mancava il respiro… aveva bisogno della sua solitudine… come può essere triste un luogo pieno di persone, quando manca proprio quella del cuore… rifece la strada verso casa quasi di corsa, come se fosse rincorso da qualcuno… ansimava e dal suo petto uscivano dei sospiri rumorosi, somigliavano al suo nome…

 

Arrivò nella sua casa… negli occhi aveva solo un vetro appannato… non doveva cedere, no, non in quel momento… si sdraiò nel suo letto e riuscì ad addormentarsi… sognò una collina con una siepe… sognò stagioni… gli vennero in sogno piante mosse dal vento… e poi silenzio, il suo amato silenzio…

 

Si svegliò lentamente, quando ormai le ombre erano allungate… rimase qualche minuto immobile, a fissare il soffitto… si sentiva meglio, le nuvole si erano allontanate dalla sua anima… si sollevò dal letto, lasciò una carezza vicino quella cornice sul comodino… e uscì… si incamminò fra i campi, tra le alture della collina, sapeva che lì vicino c’erano dei massi dove di fronte si stagliava uno spettacolo naturale… si sedette… chiuse gli occhi… fece dei respiri profondi e, quando i suoi dolci ricordi gli fecero sentire il profumo di lei, allora sorridendo iniziò a scrivere: “sempre caro mi fu quest’ermo colle e questa siepe che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude…”

 
 
 

Oceano Mare

Post n°80 pubblicato il 17 Novembre 2009 da ladispoli.ma

"... Caro Andrè, mio amato amore di mille anni fa, la bambina che ti ha dato questa lettera si chiama Dira.
Le ho detto di fartela leggere, appena arrivato alla locanda, prima di lasciarti salire da me.
Fino all'ultima riga.
Non cercare ci mentirle. Con quella bambina non si può mentire. Siediti, allora.
E ascoltami.
Non so come hai fatto a trovarmi.
Questo è un posto che quasi non esiste.
E se chiedi della locanda Almayer, la gente ti guarda sorpresa, e non sa.
Se mio marito cercava un angolo di mondo irraggiungibile, per la mia guarigione, l'ha trovato.
Dio sa come hai fatto a trovarlo anche tu.Ho ricevuto le tue lettere, e non è stato facile leggerle.
Si riaprono con dolore le ferite del ricordo. Se io avessi continuato, qui, a desiderarti e ad aspettarti, quelle lettere sarebbero state abbagliante felicità.
Ma questo è un posto strano. La realtà sfuma e tutto diventa memoria.
Perfino tu, a poco a poco, hai cessato di essere un desiderio e sei diventato un ricordo.
Mi sono arrivate le tue lettere come messaggi sopravvissuti a un mondo che non esiste più.
Io ti ho amato, Andrè, e non saprei immaginare come si possa amare di più.
Avevo una vita, che mi rendeva felice, e ho lasciato che andasse in pezzi pur di stare con te.
Non ti ho amato per noia, o per solitudine, o per capriccio.
Ti ho amato perchè il desiderio di te era più forte di qualsiasi felicità. E lo sapevo che poi la vita non è abbastanza grande per tenere insieme tutto quello che riesce a immaginarsi il desiderio.
Ma non ho cercato di fermarmi, nè di fermarti.
Sapevo che lo avrebbe fatto lei. E lo ha fatto. E' scoppiata tutto d'un colpo. C'erano cocci ovunque, e tagliavano come lame.
Poi sono arrivata qui. E questo non è facile da spiegare.
Mio marito pensava fosse un posto dove guarire. Ma guarire è una parola troppo piccola per ciò che succede qui.
E semplice. Questo è un posto dove prendi commiato da te stesso. Quello che sei ti scivola addosso, a poco a poco. E te lo lasci dietro, passo dopo passo, su questa riva che non conosce tempo e vive un solo giorno, sempre quello.
Il presente sparisce e tu diventi memoria.
Sgusci via da tutto, paure, sentimenti, desideri: li custodisci, come abiti smessi, nell'armadio di una sconosciuta saggezza, e di un'insperata pace.
Riesci a capirmi? Riesci a capire come tutto questo - sia bello?
Credimi, non è un modo, solo più lieve, di morire.
Non mi sono mai sentita più viva di adesso. Ma è diverso. Quel che io sono, è ormai successo: e qui, e ora, vive in me come un passo in un'orma, come un suono in un eco, e come un enigma nella sua risposta.
Non muore, questo no. Scivola dall'altra parte della vita.
Con una leggerezza che sembra una danza. E' un modo di perdere tutto, per tutto trovare.
Se riesci a capire tutto questo, mi crederai quando ti dico che mi è impossibile pensare al futuro.
Il futuro è un'idea che si è staccata da me. Non è importante. Non significa più nulla. Non ho più occhi per vederlo.
Ne parli così spesso, nelle tue lettere.
Io faccio fatica a ricordarmi cosa vuol dire. Futuro. Il mio, è già tutto qui, e adesso.
Il mio sarà la quiete di un tempo immobile, che collezionerà istanti da posare uno sull'altro, come se fossero uno solo.
Da qui alla morte, ci sarà quell'istante, e basta.
Io non ti seguirò, Andrè. Non mi ricostruirò nessuna vita, perchè ho appena imparato ad esser la dimora di quella che è stata la mia.
E mi piace.
Non voglio altro. Le capisco, le tue isole lontane, e capisco i tuoi sogni, i tuoi progetti.
Ma non esiste più una strada che mi potrebbe portare laggiù.
E non potrai inventarla tu, per me, su una terra che non c'è.
Perdonami, mio amato amore, ma non sarà mio, il tuo futuro.
C'è un uomo, in questa locanda, che ha un buffo nome e studia dove finisce il mare.
In questi giorni, mentre ti aspettavo, gli ho raccontato di noi, e di come avessi paura del tuo arrivo e insieme voglia che tu arrivassi.
E' un uomo buono e paziente. Mi stava ad ascoltare.
E un giorno mi ha detto: "Scrivetegli".
Lui dice che scrivere a qualcuno è l'unico modo di aspettarlo senza farsi del male.
E io ti ho scritto.
Tutto quello che ho dentro di me l'ho messo in questa lettera. Lui dice, l'uomo col nome buffo, che tu capirai.
Dice che la leggerai, poi uscirai sulla spiaggia e camminando sulla riva del mare ripenserai a tutto, e capirai.
Durerà un'ora o un giorno, non importa. Ma alla fine tornerai alla locanda.
Lui dice che salirai le scale, aprirai la mia porta e senza dirmi nulla mi prenderai fra le braccia e mi bacerai.
Lo so che sembra sciocco. Ma mi piacerebbe succedesse davvero.
E' un bel modo di perdersi, perdersi uno nelle braccia dell'altra.
Niente potrà rubarmi il ricordo di quando,
con tutta me stessa, ero la 
                                                  Tua Ann

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: ladispoli.ma
Data di creazione: 18/01/2008
 

Se potessi, correrei sul lungomare più veloce dei miei pensieri
per sfuggire a questo dolore lancinante
che mi scorre sotto la pelle...
Correre per sentire il vento vicino,
compagno per pulire la mente,
come con le foglie cadute...

Invece sono immobile
sempre sulla stessa sedia
senza sfogo...
Urlare non basta,
non basta più...
Perchè con questa stessa voce gli ho detto che lo amo!

 

GRACIAS A LA VIDA

 
 

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"Domani indosserò una goccia di lacrima che stasera ho colto dal mio volto... Forse potrei essere più bella, molti dicono che il mio viso contratto dalla tristezza è una meraviglia e i miei occhi brillano di tenerezza.. Ma stasera il buio sta facendo di me un mostro, un fantasma, un essere vuoto senza sentimento.. Quanto può bruciare un amore perduto.. Quanto dolore devo ancora sentir battere dentro il cuore.. Il mio silenzio urlato è rimasto senza voce, non sa più come sfogarsi.. Ha bisogno di aria perchè qui, dentro di me, si soffoca.."

mary to freespirit

 

 
 

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