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Appunti per un film sulla lotta di classe

Post n°294 pubblicato il 20 Aprile 2007 da La_Chambre_d_Isabeau
 

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In tempi di travagli evoluzionistici della sinistra italiana, Ascanio Celestini con il suo nuovo spettacolo non teme di rimettere al centro del suo racconto uno dei fondamenti dell’ antico dna dei partiti di ispirazione marxista. “Appunti per un film sulla lotta di classe, al teatro Mercadante a Napoli, è infatti un progetto che prova a dimostrare l’ assoluta contemporaneità del problema.

“Il titolo - spiega il centista romano - nasce dall’ idea di fare un film in grado di raccogliere più spunti, a partire dalla testimonianza del protagonista, il lavoratore di un call center della periferia di Roma”. Non quindi un vecchio operaio in tuta blu, un Cipputi sopravvissuto alle dismissioni dell’ industria metalmeccanica, ma un soggetto dall’ attuale precarietà lavorativa.
“Si - continua l’ attore - perché la sempre più accentuata distanza fra chi possiede e chi no, fra antiche ricchezze e nuove povertà, conferma l’ idea che la lotta di classe non sia affatto sparita. Perché non è un’ intenzione ideologica, ma un semplice dato di fatto”.  Anche se la categoria è considerata da molti obsoleta, anche tra le forze del progressismo moderno.
“Qui si apre una questione enorme - conclude Celestini - quella del rapporto irrisolto del Pci prima e dei Ds poi, non con la storia dei regimi del cosiddetto Socialismo reale, oggettivamente dittatoriali, ma con l’ essenza stessa del Comunismo, da cui pure era nato. Ciò spiega, sin dagli anni ’50, il distacco progressivo da valori ancora oggi necessari, come dimostra ogni giorno, ad esempio, la presenza di un lavamacchine ai semafori delle nostre città”.


Stefano de Stefano

Commenti al Post:
ladymiss00
ladymiss00 il 20/04/07 alle 21:10 via WEB
Celestini non si ferma all'affermazione della necessità della lotta di classe (concetto che oggi si vorrebbe in disuso). Quello che gli preme, infatti, e arrivare fino alle radici di quel germe di diseguaglianza che ha reso gli uomini nemici in un mondo in cui secondo la metafora celestiniana dominano i leoni con la loro ferocia (poi ci sono gli animali che praticano l'arte di arrangiarsi e gli altri sono bruchi che vivono nel loro buco e che quando decidono di uscire allo scoperto per vedere il cielo stellato vengono presi dalla paura) e lo trova nel denaro. Chi ha denaro è più uguale di altri e crede che il suo diritto alla felicità sia fuori discussione. In un mondo dominato dal denaro, però, le sacche di ingiustizia e di paura, anzi quasi di terrore, del quotidiano le troviamo soprattutto fra chi vive una vita da precario con lavori a termine, dove quella ricerca d'identità fondamentale che nasce dal lavoro, viene - se possibile - ancora più negata da una vita provvisoria, senza possibilità di ipotizzare un futuro, perennemente in bilico fra povertà e disperazione. Come l'operatore di call center costretto a lavorare praticamente a cottimo per cercare di raggranellare quegli 85 centesimi, il massimo che può guadagnare da ogni risposta telefonica...
 
Billieholiday
Billieholiday il 20/04/07 alle 21:54 via WEB
In quel call center, io c'ho lavorato, conosco benissimo quella realtà che fa paura. Giovani che si fanno le scarpe per prendere più chiamate o che si comprano le postazioni, persone di mezza età messe in mezzo alla strada che arrivano al call center con giacca e cravatta e la 24 ore e ancora non hanno capito che cazzo ci stanno a fare lì. Ad ogni modo in base alle campagne c'è il caso che il compenso sia 39 centesimi... La soc. in questione è Atesia di cui proprietaria è Telecom che da in gestione il servizio di customer care a "lavoratori autonomi" creando di fatto una situazione di subappalto. E' proprio come dice Celestini (che adoro) "lì si lavora con una bomba in tasca".
 
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