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Creato da: enzo.decostanzo il 31/03/2010
" Giovani,vi auguro di scaldare il vostro cuore con il calore di un ideale" (Sandro Pertini) isolano,liberale,socialista

 

 
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Mazzini e Marx all’ombra del Torrione

Post n°81 pubblicato il 06 Luglio 2017 da enzo.decostanzo

 

di Emanuele Verde.Cos’era Forio a cavallo tra ‘800 e ‘900? Era un territorio di poco più di 7000 abitanti, abbastanza isolato fisicamente e culturalmente, in cui a comandare erano 40, 50 persone tra proprietari terrieri, poche famiglie più in vista e i preti, quei “sacerdotuzzi del fariseismo moderno” descritti in maniera urticante da Luigi Patalano in quel capolavoro ancora straordinariamente attuale che è “La Patogenesi di un comune“.

Forio, però, era anche altro. Era, per esempio, un paese in cui le idee mazziniane, democratiche, laiche e libertarie circolavano da tempo. Questi valori avevano rappresentato il patrimonio ideale, poi tradito, di quanti in quegli anni si opponevano al partito municipale di Vincenzo Morgera; ed erano anche le idee che avevano alimentato la giovinezza di Luigi Patalano e dell’avv. Domenico d’Ambra (1874 – 1936), primo consigliere comunale socialista di Forio nel 1905 nonché, in seguito, assessore all’Annona del comune di Napoli.

Abbiamo già parlato di lui. Domenico d’Ambra, infatti, con ogni probabilità è stato l’uomo più schedato dell’isola d’Ischia. I fascicoli a suo carico continuarono anche dopo la fine dell’impegno politico (al termine della Prima Guerra Mondiale) a dimostrazione di quanto le idee socialiste fossero ritenute una minaccia concreta allo status quo. Per approfondirne la figura umana e politica è indispensabile leggere il saggio “Domenico d’Ambra e il suo tempo” del prof. Antonio Alosco edito nel 1997 dal Centro di Ricerche Storiche d’Ambra.

Se ne scrivo qui è per un’altra ragione. Domenico d’Ambra, infatti, appena ventitreenne, e non ancora laureato in giurisprudenza, tenne a Forio una conferenza dal titolo assai ambizioso “Giuseppe Mazzini e Carlo Marx”. L’interesse per il filosofo di Treviri accanto a quello, più prevedibile, per il repubblicano genovese rappresenta, secondo me, un elemento di grande novità. Marx, infatti, era morto da 14 anni e, grazie a d’Ambra, l’eco del suo pensiero arrivava in quel “comunello rurale perduto in fondo a un’isola” efficacemente descritto qualche anno prima da Patalano.

A chi oggi dovesse sembrare scontato tutto ciò occorre ricordare che simili prese di posizione avevano un prezzo. Prezzo di cui Domenico d’Ambra, a dispetto della giovane età, era assolutamente consapevole, tanto da aprire la conferenza rivolgendosi ai suoi avversari politici. Scrive d’Ambra il 19 marzo 1897:

Disprezzo chi mi fece giungere fino all’orecchio una critica a priori ed insulti bassi e vigliacchi. Ho la coscienza di volere e poter fare – permettetemi quest’unica superbia, ch’è mezzo di difesa e non fine, in certi momenti. Simili giorni, rammentatelo, erano quelli che precedettero la caduta del Borbone in Napoli. Anzi oggi siamo in un ambiente peggiore di quello: la reazione è più acuta; la camorra bassa e lo sfruttamento infame circolano nelle sfere così dette di alto bordo; le violenze, i soprusi sono all’ordine del giorno.”

È in questo clima di motivata delusione per gli esiti del processo unitario che compare sulla scena l’analisi marxiana. Il giovane Domenico d’Ambra spiega all’uditorio foriano il rapporto tra struttura e sovrastruttura e la teoria del plusvalore. Insomma, i fondamentali del pensiero marxista che d’Ambra s’incarica d’esporre insieme agli ideali mazziniani per renderli –  testuale – “popolari, semplici, come le dottrine di Cristo“.

Un’opera divulgativa in cui a Marx viene riconosciuto un ruolo di “primus inter pares”, come sul punto efficacemente osserva il prof. Antonio Alosco. Scrive ancora d’Ambra:

Tre problemi, a detto di un filosofo contemporaneo, ci sovrastano: il politico, compimento delle nazioni; il sociale, rivendicazione delle plebi; la federazione delle nazioni. Sulla bandiera rossa di Mazzini vi era scritto per chi sappia leggere: problema politico, compimento delle nazioni; sulla bandiera di Marx vi era e vi è scritto: rivendicazione delle plebi, problema sociale.
La tripartizione dei problemi vige, ma il sociale è la sintesi degli altri“.

Ma non è finita, perché d’Ambra nel suo discorso fa riferimento anche all’emancipazione femminile. Scrive, infatti:

Ridate i diritti a coloro che spettano; date il prodotto proporzionalmente a colui che lo produce; rendete libera la donna di potere amare chi vuole, assicurandole il lavoro e il guadagno; liberatela delle strettezze della vita; istruitela; ed avrete risolto tanti mali che con una misera forma politica, sia anche quella repubblicana, non allevierete nemmeno“.

Insomma, un gigante per quel tempo, tanto più in un comune ancorato a logiche retrive e di strapaese come Forio. D’Ambra lo sa perfettamente, eppure chiude il suo discorso con un auspicio, ahinoi finora disatteso, per i “figli dell’Epomeo”:

Lasciate le vostre nenie carnascialesche; lasciate gl’inni che addormentano i fanciulli nella culla; lasciate le novene dell’umil zampogna; correte nella lotta ad intonare un canto, che traduca tutti i vostri dolori, che sorpassando i limiti della Marsigliese e dell’inno di Garibaldi, sia tuono armonico e melodico delle miserie, che, nel suo lampo, faccia il giro della terra col nome di Canto dei Lavoratori“.

Domenico d’Ambra, “Giuseppe Mazzini e Carlo Marx”, 19 marzo 1897 Forio d’Ischia.

P:S.: Desidero ringraziare l’avv. Nino D’Ambra per aver resodisponibile la lettura del saggio “Giuseppe Mazzini e Carlo Marx”. 

( Fonte IschiaBlog )

 
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