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Un blog creato da biondaefelide il 30/09/2006

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8 MARZO 2008: ECCO A VOI IL VERMEDELLIBRO!

Ce l'ha fatta, il piccolo vermiciattolo verde, è arrivato – un po' col fiatone in verità, un po' emozionato nel vedere tanti bambini riuniti ad ascoltarlo nella bibliotaca comunale di Civitanova – è arrivato finalmente in libreria.
Tutti ora possono averlo, tutti possono seguire col dito le sue parole scritte in un libro...un LIBRO VERO!
Lui ama poco farsi vedere, in verità. Preferisce suggerire storie e fiabe con la sua vocina sottile sottile, nascondendosi tra le righe, ma ora che si è presentato non può più tirarsi indietro, anzi! Invita tutti ad andarlo a trovare, tra gli scaffali di libri per ragazzi o sul sito del suo editore: firenzelibri.com.
A presto e...buona lettura!

 

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PICCOLI MOTIVI PER LEGGERE

Caterina in punta di piedi tra gli scaffali, per sfuggire al suo temporale: gocce di pioggia che assomigliano alle sue lacrime, un fiume inarrestabile di piccola solitudine. Un libro, poi un altro e un altro ancora, lasciati lì, vocine inascoltate. Ma poi gli occhietti birichini si illuminano, non può aspettare di arrivare a casa, si accoccola, una seggiolina nella libreria semideserta, comincia a leggere…Brrr! Che paura! Anche il vero temporale, là fuori, ascolta stregato. Non una lacrima scende alla fine della storia. Esce Caterina con un sorriso e un sacchetto pieno stretto nella mano, il miglior antidoto contro la tristezza.
 

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Appunti di viaggio

Post n°7 pubblicato il 18 Ottobre 2006 da biondaefelide
 
Tag: Storie

Partire è un po’ come sfidare le leggi del tempo e dello spazio, oltrepassare confini definiti e rubare ore e giorni allo stillicidio della vita quotidiana. Compiere chilometri e chilometri di strada per arrivare al centro di se stessi e fare un giro sopra la propria anima. Mi domando se al ritorno riuscirò a rimettere i panni che ho lasciato sul letto di casa mia e rientrare così nella vita normale.

Partenza.
Mentre scrivo, il rombo dell’aereo disperde i pensieri e richiama tutta l’attenzione al qui e ora, a questa strana sensazione di assenza di peso allo stomaco e di pesantezza alla testa. Sono soggiogata dal decollo, dalla potenza del reattore che riempie l’aria e sembra annullare ciò che è stato prima, dando a tutto un nuovo inizio, come in una rinascita. Sono bambina, sono piena di entusiasmo, curiosa, come se avessi mille cose nuove da scoprire… mi volto e davvero scopro qualcosa, qualcuno, al mio fianco. Sembra assorto tra le pagine di un libro, solo io riesco a leggere nei suoi occhi blu.

Voyage.
Sto volando. Volo. Non ho paura. Piano piano le dita che poco fa si artigliavano al sedile si rilassano e riprendono il loro aspetto normale. Le membra si sciolgono ed io mi abbandono sullo schienale con un lungo sospiro. Ormai il motore è solo un ronzio indistinto, una vibrazione tranquilla e rassicurante. Le nuvole sono un tappeto bianco ed è strano guardarle, un tetto che diventa pavimento, il mondo che si capovolge. Sorrido. È un buon segno, visto che questa sarà la mia casa per altre… dieci, dodici, quindici ore? Pazienza. Sacrificio ripagato: l’Australia calpestata dai miei frenetici piedini, l’Australia sotto il fuoco dei miei occhi avidi e indiscreti e della mia penna coscienziosa, che non lascia indietro nulla che valga la pena essere raccontato. Mi volto. Dov’è andato quel bel ragazzo che mi sedeva accanto, dallo sguardo incredibilmente profondo capace di divorare le pagine di un libro e allo stesso tempo di farmi desiderare di essere quelle pagine? Se ti capita di entrare nella traiettoria dei suoi occhi sei come risucchiata dentro un uragano, un vortice di luce e speri con tutto il cuore di non uscirne mai più. A volte sorride e allora senti tutt’intorno un calore avvolgente, un’oasi di pace, un’infinita dolcezza. Eccolo che ritorna, il passo elastico dello sportivo, i muscoli che si tendono sotto la t-shirt, lo so, sarà mio. Ha trovato la sua fila, fa alzare una signora seduta accanto al corridoio che gli sorride civettuola (potrebbe essere il suo tipo), un movimento rapido ed è a due centimetri da me. Sposta il libro abbandonato sul sedile, si appoggia sul gomito, si avvicina e mi bacia. Sono in paradiso. “Tesoro, sei ancora lì a scrivere? Dormi un po’, il viaggio sarà lungo”. Parole sante.

Città di diamanti.
Quando riapro gli occhi siamo già arrivati. È mezzanotte ora locale e dall’alto Sydney sembra fatta di mille diamanti luccicanti che formano disegni prodigiosi e appagano la vista. Megan, la mia amica australiana, è già ad aspettarci insieme a suo marito per caricare i nostri bagagli e accompagnarci nella loro casa. Non ho sonno e la mia mente registra ogni sensazione, ogni piccola impressione. Mi appare subito una città dalla nightlife meravigliosa, un frizzante brulicare di vita. Sono così sveglia che andrei a ballare, ma non credo che i miei compagni siano dello stesso parere. Arriviamo a casa, un loft al ventesimo piano di un alto grattacielo, dalle cui vetrate si abbraccia tutta Sydney. Non mi sembra vero, Megan è qui con me in carne ed ossa, con il suo sorriso accattivante e l’accento australiano che non ha mai perduto, neanche nei cinque anni trascorsi in Italia. Occupiamo l’unico grande spazio a nostra disposizione, dove due invitanti divani fanno bella mostra di sé. Ma noi ci sediamo a terra, ricordo informale delle chiacchierate interminabili nel nostro appartamento ai tempi dell’università. Mi emoziono mentre le racconto di me e della mia vita, continuando un dialogo fra noi mai spento, ma ravvivato negli anni da continui scambi via e-mail. È strano pensare di trovarsi dall’altra parte del mondo e allo stesso tempo sentirsi a casa. Forse è l’atmosfera che si è creata dentro questa stanza, piena di sussurri e di risate soffocate, di zapping fra una lingua e l’altra, di silenzi pieni di significato, alfabeto morse compreso solo da noi due. Non so come, si materializza accanto a noi una bottiglia di vino bianco, che Megan stappa solennemente in onore alla nostra bellissima amicizia e così i brindisi si moltiplicano mentre la sete viene soddisfatta insieme alla fame di ricordi. Oddio, vedo due bottiglie ora…Chissà Lui dove si è cacciato?

The day after.
Sydney mi dà un buongiorno sfavillante di luce e di vitalità che mi colpisce direttamente gli occhi serrati dal gran sonno. Li apro a fatica e mi sembra di sentire un mal di testa in arrivo. Come mai? Ah, sì, la conosco, si chiama sbronza colossale. La casa immersa nel sole sembra sorridere condiscendente di fronte ad una scena che ha dell’esilarante: io e Megan addormentate sul tappeto con la testa fra le braccia, la bottiglia di vino praticamente vuota che fa bella mostra di sé e delle poche gocce superstiti del suo liquido chiaro scintillante e traditore… Anche lei riemerge dagli abissi dell’alcol e nonostante la nostra brutta cera non riusciamo a trattenerci dal ridere.

Scatta che ti passa.
Megan e Mark sono una coppia di giovani architetti e conto su di loro per vedere il meglio di Sydney e tornare in redazione con un reportage di viaggio a dir poco strepitoso! Immagini e parole capaci di trasmettere emozioni vive, cambiamenti in farsi, momenti unici ed irripetibili. In barba al fuso orario partiamo tutti nel primo pomeriggio diretti in centro. Ho con me un cappellino a larga tesa, la borsa con penna e bloc-notes e la mia fedele macchina fotografica, già appesa al collo con l’obiettivo puntato verso il mondo. Ho deciso che sarà la città a raccontarmi la sua storia e non io ad imporle la mia. Sarò in sua balìa e in balìa dei sogni che saprà suggerirmi, vorrò vedere solo ciò che lei vorrà mostrarmi. Se è vero che la macchina fotografica è un occhio che può guardare davanti e dietro di sé e l’immagine esterna non fa che restituire la visione dell’anima interna del fotografo, da questo viaggio scoprirò qualcosa di più su me stessa, nuovi desideri, nuove destinazioni, un nuovo corso. La giornata è lucida, netta, di un blu perfetto come gli occhi dell’uomo che accompagna i miei passi e non mi perde di vista nemmeno per un istante. Ops, tranne ieri sera… ma io so che Lui e Mark hanno fatto in modo di lasciarci da sole a liberare i ricordi, senza che nulla disturbasse il nostro viaggio nel passato. Lo adoro per questo. Quando lo guardo mi sorride. Ecco ancora quel vortice. Stavolta mi inchiodo sui miei passi e scatto. Prima foto: Sydney nei suoi occhi. Ottimo inizio.

Se voglio, voglio l’infinito.
I giorni scappano via veloci, ma fermarli e contemplarli fa parte del mio mestiere. Ho già un buon numero di foto e il bloc-notes pieno di geroglifici a penna biro che solo io saprò decifrare. Sydney si è aperta per me come un vaso delle meraviglie. Di giorno il suo skyline dalle audaci forme architettoniche, che lascia senza fiato perché in esso si respira già il futuro, di notte il brivido caldo di una festa perenne, che non conosce fine né risveglio. Un pellegrinaggio fotografico tra visi abbronzati modello Baywatch ed espressioni più risolute di donne che quotidianamente fanno i conti con la realtà metropolitana di una città che non schiaccia, ma impegna. Si respira un’aria di libertà sconfinata che non si scontra con i grattacieli e con il traffico intenso, è una liberazione interiore, una sensazione che immagino provino solo gli uccelli quando si alzano in volo. Ma non mi è bastato vivere la frenesia della notte e riprendere da tutte le angolazioni possibili il possente edificio che si libra come una vela nel cielo, simbolo della città. Ho voluto vedere l’oceano. Ho voluto assaporare l’infinito e vedere se mi piace. La spiaggia fuori città è un piccolo deserto su cui si riversano aggressive le onde del Pacifico. Mille puntini colorati entrano ed escono dall’acqua, come in una danza propiziatoria. Sono i surf che giocano con l’oceano e sfidano le leggi della gravità. Le onde ritornano sui loro passi, ripetutamente e con forza, ma ogni volta con un rumore diverso, un nuovo accento, una nuova intenzione. Che sia questo l’infinito?

Ritorno.
Ho ancora negli occhi le immagini di questo viaggio, ma più ancora risuona nelle mie orecchie il rumore freddo dell’oceano. Non lo dimenticherò tanto presto, anche perché ho capito bene il suo messaggio. L’infinito è proprio qui, vicino a me, con i suoi occhi blu e la sua mano che stringe la mia. Sai, Sydney, ho deciso di dirgli di sì.

 
 
 
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Un invito per una merenda speciale, non ci sono biscotti, non c'è caffelatte, non c'è thè. Qui serviamo storie, facciamo a fette torte di racconti, condite con risate di zucchero filato...riservato solo a chi ha fame...di fantasia.
Buon appetito.

 

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