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attualità, politica, cultura

 

 
« Le vie obbligate per Mat...Bagattelle per una rivoluzione »

Matteo Renzi e i poteri forti: subirli o abbatterli?

Post n°683 pubblicato il 10 Dicembre 2013 da r.capodimonte2009
 

 

L’ex-testa di legno del Cavaliere, ministro degli Interni dell’Italia e dell’Azerbajgian, avvocato “azzeccagarbugli” di Anna Maria Cancellieri, Don Chisciotte dei mulini a vento del NCD, Angelino Alfano, e tutta la sua combriccola di attorucoli da commedia dell’arte, non si aspettavano certo quel che è successo ieri a Torino, durante gli scontri tra i “forconi”, i” disoccupati”,  “sanspapier” e “sanculotti”, insomma tutta l’indigenza che i Governi del Presidente e quelli della Troika hanno scatenato nel Paese, e le forze dell’ordine. Che a un certo punto, codeste, dopo aver constatato che stavano “menando” della povera gente subissata dal regime, e che ne erano e ne saranno gli strumenti pervicaci e sanguinari, dietro cui questo si nasconde, tremebondo che la caduta sia ormai inevitabile, hanno fatto un gesto “inequivocabile”: si sono sfilati i caschi e si sono allineati sugli attenti: un segno “inconfondibile” di solidarietà con la povera gente, che i media di regime hanno immediatamente “censurato” facendolo sparire dalle immagini, che pure, in parte, sono sfuggite ai lecchini di Alfano. Il quale, prontamente ha dichiarato, con una nota i scarsa credibilità, anzi del tutto falsa, che “si tratta di una prassi, che la Polizia applica quando i dimostranti si arrendono!”

Una di quelle patacche che il “bamboccetto” siculo ogni tanto si appunta sul bavero della giacca, e che la dice lunga su quanto stia avvenendo sulle piazze italiane.

E non è un caso che la rivolta parta dal profondo Sud, ma si esplichi in modo più “vistoso” nel profondo Nord, dove intere filiere produttive sono allo sbando, le grandi banche sono a un passo dal fallimento, Equitalia spazia in regime di terrore, l’astensionismo politico sta premiando la Lega e il M5S.

Né è un caso che ieri fosse il primo giorno da “segretario del PD” di Matteo Renzi, e che in mattinata, dopo aver riferito alla stampa, tutta inginocchiata davanti a lui, la composizione del suo ufficio politico, colmo di belle donzellette, si recasse a trovare il Presidente del Consiglio, assediato a Palazzo Chigi, da un cordone di mille poliziotti pronti a stroncare i “forconi” (e forse a togliersi i caschi anche loro!),  in un colloquio di quelli all’araba, ognuno che nascondeva il pugnale dietro la schiena.

Pare che Renzi abbia insistito sull’agenda minima che va ripetendo da due giorni, e che Letta abbia nicchiato, preso com’è ancora dal pallottoliere, per la copertura dell’Imu. E soprattutto poco convinto che la legge elettorale debba essere al primo punto (dopo la vergognosa catalessi costituzionale del “porcellum”), perché in poche parole significherebbe che, al primo stormire di fronde, se ne dovrebbe andare a casa, insieme al vecchio “mestatore” che abita il palazzo che fu dei re e dei papi.

Al secondo punto dell’o.d.g. è apparso un timido richiamo alla “diminuzione dei costi della politica”, fatto, però, attraverso le “leggendarie” riforme costituzionali (eliminazione del Senato e delle Provincie), al posto dell’unica riforma veramente importante, quella dell’abolizione del rimborsi ai partiti, dopo la presa di posizione molto dura della Corte dei Conti. Ma si sa, la CdC non è un organo controllato da Napolitano, e quindi è inascoltato!

Al terzo punto di Renzi c’è la “riforma del lavoro”, e qui suona un campanello d’allarme: se non andiamo errati si parla di “diminuzione delle pensioni” e quindi finanziamento dei contributi lavorativi con il conquibus: insomma si prende dai poveri per dare ai più poveri. A meno che il sindaco di Firenze non intenda procacciarsi liquidità dalle maxi-pensioni d’oro, abbattendo, una volta per tutte, il dogma dei “diritti acquisiti”, che, per molti pensionati della casta sono rappresentati da quasi due miliardi di “contributi figurativi”, cioè “mai versati”, ma utilizzati per aumentare il valore della pensione o addirittura ottenerla quando non se ne aveva alcun diritto. “Contributi” che, insieme a quelli delle “baby pensioni di Stato” hanno pesato e pesano come macigni sull’Inps, che non si può permettere, oggi, neppure di rivalutare dell’inflazione, le pensioni fino a 2000 €!

E’ inutile che vi diciamo  chi sonoe sono stati i beneficiari delle pensioni d’oro, ma anche degli stipendi d’oro: lo sapete tutti. Vedremo se il giovane “leone” avrà il coraggio di rompere l’incantesimo della casta e iniziare ad abbatterne i privilegi, oppure si schiererà con la “testa di legno” di cui sopra, per diventare una “testa di legno” anche lui, al servizio dei poteri forti del regime.

A proposito di poteri forti, il primo che si troverà di fronte è proprio quello del “sindacato”, il quale da anni sta vivendo sulle “vittorie di Pirro” che gli consente la equa e scandalosa distribuzione della cassa integrazione, che ha preteso “in deroga”, cioè “senza regole precise”, in modo da “distribuirla a panacea” quando le situazioni economico-politiche lo pretendono: un solo nome, la Fiat, un altro nome l’Alitalia, ecc.ecc. Migliaia di lavoratori che ricevono ugualmente uno stipendio, per periodi ogni volta “modificabili”, appunto in deroga, per tenerli buoni, “avinazzarli” perché non reagiscano con la violenza, “narcotizzarli” con gli spiccioli, facendo loro dimenticare il lavoro, quello a cui hanno diritto e che è un dovere, e che li distingue, come nel film “La scelta di Sophie”, tra figli sacrificabili, i disoccupati, e quelli salvabili, i cassaintegrati; i quali, poi, restituiscono alle commissioni interne, che sono il vero potere  esecutivo del sindacato, pan per focaccia, cioè l’appoggio politico, che è indispensabile, per la Triplice, per reggere a sua volta il Governo.

E così gli operai si trovano dentro una morsa paradossale e letale, che li salva dal licenziamento (finchè dura!), e non li caccia nella selva oscura della “disoccupazione”, e quindi li rende, in un certo senso, “privilegiati”.

La cosa rende soddisfazione anche ai “padroni” di Confindustria, i quali, a spese dello Stato, cioè dei cittadini che pagano le tasse e poi ricevono servizi pessimi, si possono permettere di aprire, chiudere, riaprire, richiudere e infine fallire o scappare via!

Ebbene è giunta l’ora di strappare queste armi da imbonitore dalle mani del sindacato, e riscrivere completamente il discorso degli ammortizzatori sociali, e prospettare una rivoluzione vera e propria, applicabile alle aziende in difficoltà: la gestione partecipativa o diretta da parte delle maestranze, così come prevedono già alcuni articoli della nostra Costituzione del tutto ignorati dal legislatore, appunto per favorire i sindacalisti. Sindacalisti che, proprio in barba all’art. 39 continuano a non rappresentare i lavoratori altro che “fittiziamente”, come fossero “partiti”, senza alcun riconoscimento giuridico da parte dello Stato, che li obbligherebbe a comportarsi secondo le regole, salvo l’esclusione dalle fabbriche!

Vedremo quanto Renzi farà contro questa “torre d’avorio”, che ha speso, solo nel 2013, 5,3 miliardi di € per questo “assistenzialismo” selvaggio di miliardi di ore lavorative, e centinaia di aziende decotte destinate, ugualmente, al fallimento.

Noi nutriamo dei seri dubbi, se, come ha detto, lui vorrà “laburistizzare” il PD, e quindi doterà il sindacalismo di altre armi, e quindi altri soldi, per rafforzarne il potere politico e concertativo. In questo modo favorendo, da buon liberista, anche il grande capitale,  che di scrupoli non ne ha mai avuti tanti!

Insomma, alla fine vedremo se le “chiacchiere” diventeranno fatti concreti. (ITALIADOC)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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