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Creato da: r.capodimonte2009 il 13/10/2009
attualità, politica, cultura

 

 
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Il calcio italiano è ormai un affare losco, di speculatori, ladri e tifoserie fanatiche

Post n°1353 pubblicato il 14 Giugno 2016 da r.capodimonte2009
 

L’Italia ha cominciato bene, e forse farà la sua bella figura a Parigi, ma ancora una volta ci dimentichiamo in che condizioni versa lo sport italiano, in genere, e il calcio, in particolare.

Certi numi tutelari, come gli Agnelli, i Berlusconi, i Moratti sono scomparsi dalla faccia della terra o stanno tristemente abbandonando quelle che, a loro dire, erano i punti di riferimento affettivo delle loro vite, cioè le squadre del cuore: con un giro di boa di 360° costoro, coadiuvati da quelle tifoserie ricolme di imbecilli, che, da una parte riscuotono il loro compenso di nullafacenti dai Presidenti, per rimpinzare stadi che, altrimenti, sarebbero del tutto deserti; e dall’altra sono pronti a mettere le città a ferro e fuoco, e addirittura ad uccidere, per sfogare ben altri istinti e patologie, come la disoccupazione e l’alcoolismo (e naturalmente, da vili quali sono, preferiscono farlo in nome del calcio, piuttosto in nome della giustizia sociale!); costoro, dunque, tutti impegnati a mantenere alti i loro profitti, che ormai veleggiano verso settori della speculazione a della criminalità finanziaria, che, innanzi tutto è, evasione fiscale, si separano senza colpo ferire dal business sportivo, al capezzale del quale giunge adesso la feccia capitalista del globo, quella orientale, che mangia ancora comunismo ma beve champagne, o quella araba dei tagliatori di teste, e dalle auto d’oro massicci; distruggendo, così, un altro pezzo della storia eroica d’Italia, quella dei campionati mondiali del 70, dell’82 e del 2006 (l’ultimo degno di quel nome), che d’ora in poi sapranno del gusto vomitante della carne di cane, delizia culinaria degli uomini di Pechino!

I tycoon del calcio italiano già da tempo avevano optato per il business, e non per la bandiera di club: e il business è incollato a quel cancro finanziario che sono i “diritti Tv”, sui quali, ormai si poggia tutta la piattaforma tecnica del calcio italiano, compresi gli ingaggi milionari di giocatori e allenatori, che non hanno più limiti, neppure di decenza, viste talune performance. Si parla di decine di Presidenti, alcuni dei quali addirittura indagati per reati fiscali, e poi scomparsi dall’orizzonte calcistico, ma mai veramente puniti; altri per doping o corruzione, ma mai finiti in galera, assieme ai giocatori, loro complici; di fronte ad una giustizia che latita per i vasti reati di corruzione che stanno affondando il Paese, figurarsi per quelli di natura sportiva!

Il fatto sconcertante è che la stessa Tv di Stato, che pure è marcia fino al midollo, ha accantonato questa scorribanda speculativa, a caccia di diritti, e l’ha definitivamente lasciata in mano ai due poli privatistici, Mediaset e Sky, che hanno fatto dello sport “mercenario” il loro scopo.

Ma cosa sono questi famosi diritti? A parlarne fa più rabbia che a rispondere: alla fin fine sono i cartelloni pubblicitari che, una serie di agenzie specializzate, si premurano di porre ai lati dei campi, e che contengono la pubblicità delle imprese, grandi e piccole, che si illudono di poter usufruire di qualche secondo di apparizione, perché a questo si riduce l’operazione (pensate poi quando la pubblicità è inserita dei tabelloni mobili!), per risollevare i loro bilanci: le TV pagano le squadre, per trasmettere le partite (i diritti di prima fascia), e a loro volta inseriscono la pubblicità durante le partite e le trasmissioni sportive, e si rifanno abbondantemente; le squadre ricevono questi milioni, a loro volta, pagano le agenzie che immettono i tabelloni (diritti di seconda fascia), e anche loro si rifanno abbondantemente.

La storia di questi diritti risale al 1981, quando l’Italia si allineò alla mercificazione dello sport, un modello, che, guarda caso, abbiamo importato dagli USA: prima la Rai, in esclusiva, poi Tele+ e Stream, poi Sky e Mediaset, alla fine il malloppo è finito, al 70% nelle tasche di Robert Murdoch, il quale, nel tempo, ha corroso l’impero televisivo di Arcore, fino a distruggerlo, a livello nazionale e internazionale. Lasciando in piedi una Tv Digitale, che ormai, a causa della crisi economica, costa sempre di più e guadagna sempre di meno.

In base a questa situazione, dunque, sono stati 924,3 i milioni di euro che i venti club si sono spartiti nel 2015-16, frutto del miliardo e 169 milioni di euro  incassati per i diritti televisivi dai quali vanno però scalati i 50,4 milioni dovuti ad Infront per le commissioni, il 10% per la mutualità del sistema, i premi per la Coppa Italia e infine i 60 milioni destinati al paracadute per le tre squadre che sono retrocesse. A loro volta le ripartizioni, in base agli imbrogli della Legge Melandri (PD), risentono della classifica, dell’anzianità del club, del numero di tifosi, ecc. Il tutto per favorire i grandi club (alla Juve quest’anno ne sono finiti 103, al Frosinone 22!), lasciando escluse le altre serie calcistiche, le uniche invece che andrebbero aiutate, se non altro per incrementare il vivaio italiano, ormai disintegrato dal nugolo degli stranieri! Voi direte, ma chi segue in Tv le squadre di Lega-Pro (ex-Serie C), l’ultima espressione professionistica del calcio? Oh, di TV private disposte a farlo ce ne sarebbero a iosa, e scommettiamo che anche con discreto share, ma chi paga?

E questa sconcertante truffa va avanti e nessuno pensa di modificarla: pensate solo che al “mediatore” –ce n’era proprio bisogno- l’Infront, l’agenzia multimediale e multinazionale che gestisce il passaggio dei quattrini, e cura la pubblicità diretta della Lega Calcio (le partite nazionali e internazionali dell’Italia!), e le partite internazionali delle società di Serie A, vanno “in premio” più di 50 milioni, in parcelle, che andrebbero meglio spesi per sostenere le squadre minori e certi Presidenti, meno massoni e più eroici!

Insomma lo sport del calcio non esiste in pratica più, perché è solo ed esclusivamente un giro vorticoso di soldi, di interessi, di corruzione, che da noi hanno tentato di far emergere in cento processi, ma dato che il nido delle vespe è chiuso dentro il cuore stesso della Federazione, nelle stanze segrete del potere sportivo, che non è poi tanto lontano da quello politico, certi giudici preferiscono voltare la faccia altrove, e intascare i biglietti per la partita! D’altra parte che esista una filiera di corruzione nel calcio, anche a livello internazionale, lo si è visto dalla caduta di Blatter e Platini!

La conclusione, però, è tutt’altro che scontata: con tutta questa massa di euro che finiscono nelle tasche dei più grandi evasori d’Italia, gli imprenditori che si spacciano per Presidenti e i loro lacchè, i bilanci delle squadre dovrebbero essere più che fiorenti: ma proprio perché questi introiti finiscono nei paradisi fiscali, e grazie alla dabbenaggine e alla connivenza delle vigilanza fiscale e bancaria, il 90% dei club è in profondo rosso. E sapete dove è depositato questo “rosso”? In quelle banche che ormai sono praticamente fallite, e che sono andate a derubare e lo faranno, o lo stanno facendo, i loro clienti, i loro azionisti, i risparmiatori, e non certo questa risma di criminali, che si cela dietro le magliette colorate del calcio!

Volete qualche cifra? L’ha stampata per conto della FGIC (che annota ma non commenta!), il Centro Studi Arel: 168 pagine di orrori, cioè di bilanci di A-B-Lega Pro, Stagione 2014-15.

Ricavi complessivi: 2,6 miliardi/Costi complessivi 3,07 (-407 milioni)

Perdite societarie: Serie A 379 milioni/Altre Serie 28

Diritti TV assegnati: Stagione 2013/14 987 milioni/Stagione 2014-15 1,05 miliardi (+18 milioni)

Plusvalenze: 2014 582 milioni /2015 380 (-202 milioni -69%)

Patrimonio netto societario: 2014 274 milioni/2015 37 (-237 milioni -74%) (il patrimonio della sola Serie A, nel 2015 è a -12,8 milioni rispetto al 2014).

Ora, per carità, il Governo ha altre gatte da pelare, ma tra tutte le varie menzogne che è capace di sfornare, almeno quella di dire che lo sport italiano va bene, ce la potrebbe risparmiare!

E non è solo per i risultati eclatanti di qualche atleta isolato, nel nuoto, o nella scherma o nelle pallamano, ma perché si insiste del premiare e finanziare il calcio, che non è più uno sport ma uno scandalo finanziario!

Uno Stato serio dovrebbe intervenire, una volta tanto, e mettere ordine, sia fiscalmente, bastonando gli utili televisivi, sia sportivamente, retrocedendo le società in passivo, qualsiasi esse siano, sia giuridicamente, mettendo qualcuno finalmente in galera. Ponendo, infine un limite di mercato alla compravendita di tecnici e giocatori, con un taglio esemplare alla sussistenza di questo mercato delle vacche, in cui, a fare la parte del leone, non è più lo sport, ma l’alta finanza predatrice!  (R.S.)

 

 

 

 

 

 
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