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LA LOGICA DELLA FISICA MODERNA

Post n°11 pubblicato il 25 Ottobre 2014 da MinoucheLaGatta

                                   LA LOGICA DELLA FISICA MODERNA

                                    Parte Prima : Punti di vista generali

Qualunque sia la nostra opinione circa l'accettazione definitiva dei dettagli analitici della teorie ristretta e generale della relatività di Einstein,non v'è dubbio che grazie a queste teorie la fisica ha subito un cambiamento permanente.Lo scoprire che i nostri concetti classici,ammessi senza discussione,erano inadatti ad affrontare l'effettiva situazione,ha costituito una grande sorpresa,da cui è nato un attegiamento critico,nei riguardi di tutta la struttura concettuale,che almeno in parte permarrà.Un esame della situazione dopo questa sorpresa mostra che non avrebbero dovuto occorrere i fatti sperimentali che hanno portato alla relatività,per convincerci dell'insufficienza dei nostri vecchi concetti,e che invece un analisi sufficentemente profonda avrebbe dovuto per lo meno prepararci alla possibilità di ciò che Einsein fece.Guardando ora verso l'avvenire,possiamo affermare che le nostre idee circa il mondo esterno saranno sempre soggette a cambiamenti con l'aumentare della nostra conoscenza sperimentale;però vi è una parte del nostro atteggiamento verso la natura che non dovrebbe cambiare in avvenire,precisamente quella parte cghe poggia sulla base stabile del carattere della nostra mente.E' proprio qui,in questo aumento di comprensione dei nostri rapporti mentali con la natura,che bisogna vedere il contributo definitivo della relatività.Dovremmo ora dedicarci alla ricerca di una comprensione così profonda del caraqttere dei nostri rapporti mentali con la natura,che diventi impossibile un altro cambiamento nel nostro attegiamento come quello dovuto a Einstein.E' comprensibile che una rivoluzione nell'attegiamento mentale abbia avuto luogo una volta,dato che la fisica è una scienza giovane ed i fisici hanno avuto molto da fare,ma non avremmo scuse se in futuro giungessimo a considerare necessaria un'altra rivoluzione del genere.

                             Sempre possibili nuove specie di esperienze

La prima lezione della nostra recente esperienza con la relatività consiste semplicemente in una accentuazione di quanto l'insieme delle precedenti esperienze ci aveva pure insegnato,e cioè che quando l'indagine sperimentale tocca nuovi campi,dobbiamo attenderci fatti nuovi,di un carattere totalmente diverso dei fatti già a noi noti.Questo si vede non soltanto nella scoperta di quelle proprietà insospettate della materia in moto a velocità elevate,che hanno ispirato la teoria della relatività,ma anche,e in modo più evidente,nei nuovi fenomeni nel dominio dei quanti.Fino a un certo punto,naturalmente,il riconoscimento di tutto ciò non comporta un cambiamento di atteggiamento : il "fatto" è sempre stato per il fisico l'argomento decisivo contro cui non vi è appello,e di fronte al quale l'unico atteggiamento possibile è un'umiltà quasi religiosa.La nuova caratteristica della situazione attuale è una più profonda convinzione nella reale esistenza di nuovi generi di esperienza e nella possibilità di incontrarne continuamente.Già ci siamo trovati di fronte a fenomeni nuovi entrando nei campi delle grandi velocità e delle piccole scale di grandezza : analogamente,possiamo prevedere di incontrarne,per esempio,entrando nel campo delle grandezze cosmiche o in quello delle proprietaà della materia di densità eccezionale,quale si suppone esista all'interno delle stelle.Nel riconoscimento della possibilità di nuove esperienze al di fuori dei nostri limiti attuali,è implicito il riconoscimento che nessun elemento di una situazione fisica,comunque irrilevante o banale,fino a che gli esperimenti non proveranno effettivamente questa mancanza di effetti.L'atteggiamento del fisico deve pertanto essere un attegiamento di puro empirismo.Egli non deve ammettere nessun principio  a priori che determini o limiti le possibilità di nuove esperienze.L'esperienza-è-determinata-soltanto-dall'esperienza.Questo praticamente sigifica che noi dobbiamo rinunciare alla pretesa che tutta la natura venga abbracciata in una formula,semplice o complicata.Può darsi che risulti effettivamente possibile comprendere la natura in una formula,ma dobbiamo organizzare il nostro pensiero in modo da non considerare ciò una necessità.

                                  Il carattere operativo dei concetti

Nel riconoscere l'essenziale impossibilità di estrapolare il significato degli esperimenti al di là dei loro limiti attuali,il fisico deve,per non essere costretto a rivedere continuamente il proprio atteggiamento,usare nella descrizione e nel collegamento reciproco dei fenomeni naturali concetti di un genere tale,che la nostra esperienza del momento non ponga ipoteche sul futuro.In ciò mi sembra consistere il contributo maggiore di Einstein.Sebbene personalmente egli non lo dichiari in modo esplicito,credo che uno studio di quanto Einstein ha fattomostri la modifica subita per opera sua dal nostro modo di giudicare quali sono e quali dovrebbero essere i concetti utili in fisica.Fino ad ora molti dei concetti della fisica sono stati definiti in termini delle loro proprietà.Un esempio eccellente è rappresentato dal concetto newtoniano di tempo assoluto.La seguente citazione dallo Scolio del libro I dei "Principia" è indicativa : 

"Io non definisco Tempo,Spazio,Luogo o Movimento,in quanto sono ben noti a tutti.Osservo soltanto che il profano non concepisce queste grandezze altro che in termini delle loro relazioni con gli oggetti sensibili.Da ciò il sorgere di certi pregiudizi,per rimuovere i quali è conveniente distinguerle in Assolute e Relative,Vere e Apparenti,Matematiche e Comuni.Il Tempo Assoluto,Vero e Matematico,in sè e per sua natura scorre uniformemente senza riferimento a nulla di esterno,e con altro nome viene detto Durata".

Ora nulla ci garantisce che in natura esista qualcosa avente prprietà simili a quelle indicate in tale descrizione,e la fisica,ridotta a concetti di questo genere,diventa una scienza astratta e lontana dalla realtà quanto la gometria astratta dei matematici,costruita su postulati.E' compito dell'esperienza stabilire se concetti così definiti corrispondono a qualcosa di esistente in natura;noi dobbiamo essere sempre preparati a constatare che questi concetti non corrispondono a nulla,o solo in parte corrispondono a qualcosa.In particolare,se esaminiamo la definizione di tempo assoluto alla luce dell'esperienza,non troviamo in natura nulla che abbia tali proprietà.Il nuovo atteggiamento verso verso i concetti è del tutto differente.Possiamo illustrarlo prendendo in considerazione il concetto di lunghezza.Cosa intendiamo per lunghezza di un oggetto? Evidentemente sappiamo che cosa intendiamo per lunghezza se possiamo dire qual'è la lunghezza di qualunque oggetto,ed al fisico non occorre niente di più.Per trovare la lunghezza di un oggetto,dobbiamo compiere certe operazioni fisiche.Il concetto di lunghezza risulta pertanto fissato quando sono fissate le operazioni mediante cui la lunghezza si misura; vale a dire,il concetto di lunghezza implica nè più nè meno che il gruppo di operazioni con cui la lunghezza si determina.In generale,per lunghezza noi non intendiamo altro che un gruppo di operazioni; il-concetto-è-sinonimo-del-corrispondente-gruppo-di-operazioni.Se il concetto è fisico,come nel caso della lunghezza,le operazioni sono effettive operazioni fisiche,cioè quelle mediate cui si misura la lunghezza; se il concetto è mentale,come nel caso della continuità matematica,le operazioni sono operazioni mentali,cioè quelle mediante cui determiniamo se un dato insieme di grandezze è continuo o no.Non intendiamo con ciò che vi sia una divisione netta e fissa tra concetti mentali e concetti fisici,o che l'una specie di concetti non contenga sempre qualche elemento dell'altra; questa classificazione non ha importanza ai fini delle mie future considerazioni.Dobbiamo esigere che il gruppo di operazioni equivalente a un dato concetto sia un gruppo unico,altrimenti sorgono inammissibili possibilità di ambiguità nelle applicazioni pratiche.Applichiamo questa idea di <> al tempo assoluto : non comprendiamo il significato del tempo assoluto a meno che non ci poniamo in grado di determinare il tempo assoluto di qualunque evento concreto,cioè a meno che non misuriamo il tempo assoluto.Ora,basta che noi esaminiamo una delle operazioni con cui possiamo misurare il tempo per vedere che tutte le operazioni di questo genere sono operazioni relative.Pertanto la precedente,affermazione che il tempo assoluto non esiste,viene sostituita dall'affermazione che il tempo assoluto è privo di significato.Nell'affermare ciò non diciamo nulla di nuovo circa la natura,ma soltanto portiamo in luce implicazioni già contenute nelle operazioni fisiche usate per misurare il tempo.E' evidente che se noi adottiamo nei riguardi dei concetti questo punto di vista,cioè che la definizione propria di un concetto va data non in termini di proprietà,ma in termini di operazioni effettive,evitiamo il pericolo di dover rivedere il nostro atteggiamento verso la natura.Infatti se l'esperienza viene sempre descritta in termini di esperienza,vi sarà sempre corrispondenza tra l'esperienza e la nostra descrizione di essa,e noi non ci troveremo mai imbarazzati come ci è successo cercando di rintracciare in natura il prototipo del tempo assoluto di Newton.Inoltre,tenuto presente  che le operazioni a cui un concetto fisico equivale sono operazioni fisiche effettive,i concetti risulteranno definibili soltanto nei limiti dell'esperienza attuale,indefiniti a privi di significato nei domini non ancora toccati dall'esperienza.Ne segue che,a rigore,noi non possiamo fare la minima affermazione circa domini non ancora toccati dall'indagine sperimentale,e che quando ne facciamo qualcuna,come inevitabilmente succede,compiamo un estrapolazione convenzionale,della cui insufficienza dobbiamo essere pienamente consapevoli e la cui eventuale giustificazione risiede negli esperimenti del futuro.Probabilmente nè Einstein nè altri autori hanno affermato in modo esplicito che il cambiamento sopradescritto nell'uso dei <> è avvenuto consapevolmente,ma che le cose stiano così è dimostrato,ritengo,da un esame del modo in cui Einstein ed altri impiegano ora i concetti.E' ovvio,infatti,che il vero significato di un termine va cercato esaminando come un uomo lo usa,non cosa ne dice.Posso mostrare che è questo il senso effettivo in cui si stanno cominciando ad usare i concetti,esaminando in particolare il modo in cui Einstein tratta la simultaneità.Prima di Einstein il concetto di simultaneità era definito in termini di proprietà.Era una proprietà di due eventi,descritti in riguardo alla loro relazione nel tempo,che uno fosse precedente o successivo o simultaneo rispetto all'altro.La simultaneità era una proprietà di due eventi,niente altro : i due eventi erano simultanei o non lo erano.Si giustificava l'uso di tale termine in questo modo col fatto che ciò sembrava corrispondere al comportamento effettivo delle cose.Ma naturalmente l'esperienza era allora limitata ad un campo ristretto.Quando il campo venne allargato,prendendo in considerazione le alte velocità,si vide che il concetto non era più applicabile perchè nell'esperienza non vi era alcun riflesso di questa relazione assoluta fra due eventi.Einstein assoggettò il concetto di simultaneità ad una critica consistente,in sostanza,nel mostrare che le operazioni grazie a cui due eventi possono venir descritti come simultanei,comportano misure sui due eventi effettuate da un osservatore,di modo che,l'essere <> non è una proprietà assoluta riguardante solo i due eventi,ma implica invece il rapporto degli eventi con l'osservatore.Pertanto,finchè non si hanno prove sperimentali in contrario,dobbiamo essere preparati che la simultaneità di due eventi dipende dal loro rapporto con l'osservatore,e in particolare della loro velocità.Einstein,analizzando le implicazioni del giudizio di simultaneità e ponendo nell'atto dell'osservatore l'essenza della situazione,adotta in pratica un nuovo punto di vista riguardo ciò che dovrebbero essere i concetti della fisica,e precisamente il punto di vista operativo.Naturalmente Einstein andò molto più in là e trovò il modo esatto in cui le operazioni per giudicare la simultaneità cambiano al muoversi dell'osservatore,ottenendo espressioni quantitative circa l'effetto del moto dell'osservatore sul tempo relativo di due eventi.Possiamo osservare,tra parentesi,che vi è una grande libertà di scelta nello stabilire le operazioni stesse;quelle scelte da Einstein erano determinate da ragioni di convenienza e semplicità in rapporto ai raggi di luce.A prescindere dalle relazioni quantitative precise della teoria di Einstein,il punto importante per noi è che se avessimo adottato il punto di vista operativo,avremmo visto,prima ancora della scoperta dei fenomeni fisici effettivi,che la simultaneità è in sostanza un concetto relativo,e avremmo fatto posto nel nostro pensiero alla possibilità di scoprire quegli effetti che vennero poi trovati.Minouche.

 
 
 

LA FISICA E LA TRASMISSIONE DEL PENSIERO

Post n°10 pubblicato il 17 Settembre 2014 da MinoucheLaGatta
Foto di MinoucheLaGatta

Leggeremo il pensiero,registreremo i nostri sogni per rivederli o mostrarli agli amici,ci connetteremo a Internet col pensiero,potremmo conversare a piacimento con versioni digitali dei defunti e forse vivremo per sempre,anche se disancorati dal nostro corpo.<<O per lo meno,ci sono buone probabilità che tutto questo accadrà,perchè in università e centri di ricerca già si stanno studiando questi ambiti,esistono in molti casi dei prototipi e la loro realizzazione,non violando le leggi della fisica,sarà più questione di ingegneria che di fantascienza>> ci assicura Michio Kaku,fisico teorico alla City University di New York,cofondatore sdella teoria di campo delle stringhe,ma soprattutto divulgatore scientifico fra i più noti nel mondo,che in questi giorni e' in libreria con "Il futuro della mente".Perchè un fisico scrive un libro sul futuro della mente?...<<Nella Via Lattea abbiamo cento miliardi di Stelle,nel cervello abbiamo un numero simile di neuroni.Per trovare una cosa più complessa del cervello umano,ossia un ipotetico cervello extraterrestre più evoluto di noi,dovremmo viaggiare almeno fino alla stella più vicina,Proxima Centauri,distante  4,23 anni luce dalla terra.Universo e mente sono i due misteri più grandi della scienza...ma anche a far luce sui misteri della mente sono oggi i fisici,grazie ai progressi della risonanza magnetica,nell'elettroencefalogramma,nella Tac,nella tomografia a emissione di positroni.E' cosi' che negli ultimi 15 anni si sono scoperte più cose sul cervello che in tutta la storia precedente dell'umanità.E potremmo svelarne tutti i segreti : cos'è la coscienza,dove nasce l'intelligenza,come facciamo a pensare?...prendiamo la telepatia e la telecinesi.Fino a qualche anno fa solo la fantascienza diceva che queste cose erano possibili.Oggi lo dice la fisica.Usando la fisica possiamo infatti leggere le immagini che si formano nel cervello quando vediamo qualcosa.Lo fa Jack Gallant,neuroscienzato dell'Università della California : grazie alla risonanza magnetica e ad algoritmi che abbinano una biblioteca di immagini agli schemi di attività del cervello corrispondenti,Gallant può estrarre dalla nostra corteccia visiva un'immagine,rozza e sfocata,di quello che vediamo.Riesce a "leggere" le parole del nostro monologo interiore.Certo,al momento, c'è un limite a tutto ciò : per posizionare gli elettrodi bisogna rimuovere porzioni di cranio,e quindi si è verificato solo su volontari durante operazioni chirurgiche a cervello aperto fatte per curare l'epilessia.Ma in futuro potremmo farlo in modo più "soft".E potremmo scambiarci ricordi e sogni digitalizzati,proprio come facciamo oggi con i filmati su Youtube.Ma come si fa a registrare un ricordo?...Theodor Bergher della University Southern California è riuscito a farlo.Ha insegnato ad un topolino a spingere due levette in sequenza per ottene acqua.Questo apprendimento corrisponde ad un preciso insieme di segnali elettrici nel cervello del topo.Lo scienziato ha isolato proprio questi segnali tra i milioni di impulsi rilevati nel topo.Poi ha rimosso il ricordo dal topo tramite un farmaco.Infine ha passato al topo una sequenza di impulsi elettrici identica a quella "registrata" prima,e ha visto che il topo ricordava quali levette premere per l'acqua.I ricordi,quindi,si possono registrare nella loro forma di segnali elettrici.L'obbiettivo ora è realizzare un pacemaker celebrale che possa aiutare i malati di Alzheimer : premendo un pulsante il paziente potrebbe riaquistare nozioni basilari come il proprio nome,quello dei familiari o il proprio indirizzo.D'altra parte il Darpa,ossia il braccio scientifico del Pentagono ha appena dato il via a un progetto che entro quattro anni dovrebbe realizzare la prima protesi esterna per la memoria.Il progetto si chiama Restoring Activ  Memori,e non è un caso se il suo acronimo sia Ram come la memoria dei computer.Io credo che la nostra memoria non funziona in maniera molto diversa da Google : quando memorizziamo qualcosa gli assegniamo un marcatore.Poi,al momento del recupero,ottimizziamo le ricerche ritrovando i marcatori...<<Magari,tra qualche decennio,potremmo vivere le esperienze altrui.Invece di vedere un film,potremmo vivere in prima persona momenti ed emozioni altrimenti riservate solo a pochi eletti : vincere la finale dei mondiali di calcio o un premio Nobel,volare nello spazio e così via.E naturalmente scopi molto più pratici,come acquisire,con un cli,tutto il sapere di un laureato senza spendere nemmeno un giorno sui libri.E poi potremmo inviare e ricevere pensieri via Internet>>.Tra quanto tempo?...<<Ci sono già le basi : Miguel Licolelis,lo scienziato che ha permesso ad un paraplegico di dare il calcio di inizio ai mondiali brasiliani grazie ad un esoscheletro robotico,è riuscito a far sì che i segnali neurali di un gruppo di ratti tenuti in un laboratorio alla Duke University,convertiti in impulsi trasmessi attraverso Internet,raggiungano un secondo gruppo di ratti,in Brasile,e facciano compiere loro azioni preordinate.Mentre alla Washington University di Seattle due neuroscienziati,Rajesh Rao e Andrea Stocco,hanno realizzato nel 2013 la prima comunicazione diretta cervello-cervello tra umani : un segnale neurale inviato dal primo che ha mosso il braccio destro del secondo.Certo,non è clamoroso come quello che vediamo nei films,ma è la prova che in linea di principio è possibile una brain net,una Internet delle menti.Una rete dei cervelli potrà rivoluzionare le vite dei nostri pronipoti.Potremmo fare immersioni totali nelle menti altrui.E saremmo più empatici di oggi,perchè sarà immediato vedere il mondo con gli occhi di un altro.Registrare tutti i ricordi di una persona su un computer,è un pò come creare una copia digitale,un replicante.E questo apre la prospettiva più rivoluzionaria per il futuro : l'immortalità,non biologica,ovviamente,ma tecnologica.Se gli scienziati del futuro riusciranno a registrare su disco l'intero "connettoma" di una persona,ossia la mappa neurale di tutte le connessioni neurali del suo cervello,allora le esperienze e senzazioni di quella persona non finiranno con la sua morte.Se abbiamo il nostro genoma e il connettoma sui Dvd,è teoricamente possibile ricreare una versione digitale di noi stessi.Un giorno potremmo avere degli ologrammi che replicano l'aspetto fisico dei nostri defunti e sono dotati di tutti i loro ricordi.Un ologramma di nostro padre non solo sembrerà lui,ma parleraà come lui,avrà i suoi ricordi e le sue esperienze.La sua personalità in breve.Potremo conversare con lui.Quello che abbiamo visto nell'ultimo film di Superman,dove Russel Crowe,padre di Superman,rivive sotto forma di ologramma,sarà possibile.Un giorno potremo avere una vera e propria libreria di anime.Così potremo conversare con i nostri antenati.Questo significa che noi (o meglio un un nostro clone digitale che ha una copia identica dei nostri neuroni,pensa e reagistra proprio come noi e ha tutti i nostri ricordi) potremmo vivere per sempre.Ma non finisce qui : siccome nel modello d'onda di un raggio laser si possono comprimere quantità di informazioni,potremmo inviare il nostro connettoma all'interno di un raggio laser,verso le stelle.Sarebbe un modo di esplorare la Galassia liberi dai vincoli e dai rischi della materia.Su ogni pianeta che visiteremo con astronavi robotiche,potremo costruire stazioni capaci di captare questi "viaggiatori laser",e usare i bit contenuti in un raggio per ricostruire copie digitali di noi stessi su questi altri pianeti>>...E' il momento di decidere le sorti dell'acceleratore di particelle americano,e un membro del congresso chiese a uno dei fisici del progetto : "Troveremo Dio con questa macchina"? il fisico rispose,in modo onesto ma assai poco accattivante,"Troveremo il bosone di Higgs"...Io avrei risposto che l'acceleratore avrebbe potuto ricreare alcune delle condizioni iniziali dell'Universo,sarebbe stato insomma una "macchina della genesi".Minouche.

 
 
 

ANALISI FUNZIONALE-PARTE TERZA-IL CONCETTO DI DIMENSIONE

Post n°9 pubblicato il 06 Agosto 2014 da MinoucheLaGatta
Foto di MinoucheLaGatta

Cosa nasconde il concetto di <<dimensione>>?...Quando ci imbattiamo in una curva siamo portati a ritenerre che essa èuna figura ad una dimensione.Il suo concetto si può rendere abbastanza semplicemente : se uno vuole dividerne una,lunga un metro,in parti lunghe un centimetro,gli bastera' spezzarla in cento parti.Se invece vuole decompore una superficie di un metro quadrato in tanti centimetri quadrati,sarà costretto a frazionarla in diecimila parti.Infine,se ha l'intenzione di dividere un cubo di un metro al cubo in parti di un metro al cubo,sarà costretto a parcellizarlo in un milione di parti.Nella definizione delle diverse dimensioni c'è dunque una graduatoria...Infatti,se si vuole commentare questa formalizzazione si dirà che <<la dimensione della curva è uno,la dimensione della superficie è due,la dimensione del cubo è tre.>> Analogo discorso potrebbe ripetersi per gli spazi funzionali,pervenendo anche alla dimostrazione che questo tipo di dimensione,detta di Hausdorf,per gli spazi funzionali piu' interessanti è infinita.Ma sono facilmente distinguibili la dimensione finita e infinita degli spazi funzionali?...non sempre e non facilmente.Il cammino di individuazione e di separazioni degli spazi di dimensione infinita è costellato da mille insidie.Insidie che talvolta non sono molto dissimili dalla individuazione degli spazi di dimensione finita.Per il resto sono problemi che si imbizzarriscono nel paradosso,costringendo lo studioso ad una analisi più accurata rispetto a quella necessaria per trasporre dal finito all'infinito.Prima di oltrepassare questa soglia dobbiamo essere consapevoli che ci stiamo imbarcando con un Caronte che ci porta difilato <<nel mondo dei paradossi dell'infinito>> e di conseguenza in un campo in cui l'intuizione matematica,nata dall'osservazione fisica,deve essere controllata e guidata da accortezze di tipo logico.Pena le più penose delle contraddizioni.Per me gli spazi di dimensione infinita sono come il cortile di casa mia.Mi muovo con estrema sicurezza intuitiva,comprendendo a prima vista dove l'analogia col finito funziona e dove l'analogia degli spazi di dimensione finita cessa di avere efficacia.(Questa mia estrema concisione mi ha spesso inimicato il mondo accademico).Dallo studio degli spazi funzionali sono passata (assai brillantemente) alla <<teoria geometrica della misura>>...dove ho lasciato un impronta indelebile.Ora,quali sono i rapporti di questa teoria con lanalisi funzionale? Permettetemi di risponderre con un esempio.Anzi con un paradosso.In matematica i più interessanti spazi funzionali sono quelli che contengono anche figure e curve non continue,tracciate,disegnate male,deformi,sbilenche,storte,composte da linee spezzettate,da tratti e salti configurati nei modi più strani.Insomma,si arriva a una curva e a un disegno non più disegnabile o del tutto incomprensibile.Ebbene,dopo esservi sbizzarriti in questo guazzabuglio,avete risposto al primo <<ricatto>> dell'Analisi Funzionale : per ricavarvi teoremi significativi occorre avere uno spazio funzionale <<completo>>,cioè contenente curve regolari e figure che non lo sono affatto e non facilmente riconducibili alle solite figure geometriche piane alle quali siamo abituati.Dunque,come procedo?...dapprima inserisco quest'accozzaglia di funzioni,figure e curve quanto più strampalate possibili (come le <<funzioni misurabili>>,cioè a bassissimo indice di regolarità,ideate da H.Lebesgue).Fatto questo mi è possibile dare una ragionevole definizione della quadratura delle superfici.Per riepilogare,sono passata,in questi ultimi 3 posts,dall'Analisi Funzionale,alla teoria geomentrica della misura ed ora alla definizone della quadratura delle superfici.Di che cosa si tratta?...Minouche.

 
 
 

ANALISI FUNZIONALE-PARTE SECONDA-TOPOLOGIA.

Post n°8 pubblicato il 27 Luglio 2014 da MinoucheLaGatta
Foto di MinoucheLaGatta

                      ANALISI FUNZIONALE-PARTE SECONDA-<<TOPOLOGIA>> 

Topologia,mi viene in mente la <<misura ed integrazione degli insiemi direzionalmente orientati>>. Questioni topologiche. Posso facilmente rintuzzare qualsiasi critica e senza ricorrere all'ausilio della lavagna e senza scrivere alcunche',risolvere in pochi istanti un astruso problema di analisi.Riconfermo la validita' delle mie intuizioni (Professor D.L.)...e che gli invidiosi,i permalosi,i sospettosi,i furbi,i cinici,i carrieristi si cuocano nel proprio brodo.Ad ogni buon conto,gli <<spazi muniti di distanza>>,come classe importante e molto ampia,alla matematica pura ed applicata,offrono molta "carne a cuocere". Ma quali sono i loro vantaggi,la loro utilita'? Insomma a che servono? Basta averli definiti per cavarne una teoria matematica definita? Certo che no! A compiere un ulteriore avanzata ci pensa il '900. E cosi',fra l'altro,ai matematici salta il chiribizzo di studiarne la struttura geometrica. Fu una buona idea? Nessuno ci aveva pensato prima. Piu' che un campo minato era una frontiera inesplorata. Poteva rivelarsi fertile o sterile. I primi pionieri cominciarono ad intuire che in questi spazi i cui elementi sono funzioni,si possono trasferire molti concetti,come quello della <<geodetica>> o quello di <<linea di livello>>,tutti concetti propri della geometria elementare. A questo punto il dado era tratto. L'incontro fra spazi e geometria sorti' un effetto a dir poco dirompente : una specie di intuizione spaziale generale,per cui,il matematico di talento,ad un certo punto,vede questi spazi ad infinite dimensioni con la stessa naturalezza ed in modo abbastanza simile a quello con cui il matematico classico vedeva le figure del piano e dello spazio ordinario. Si era dunque scoperta un altra <<dimensione>>?...Si proprio cosi'. Un salto di qualita' addirittura rivoluzionario. D questa intuizione originaria deriva poi,col ricorso ad alcuni assiomi,la <<formalizzazione della teoria degli spazi metrici>>. Di tali assiomi ce ne sono di sofisticatissimi e di meno complicati,come i tre assiomi dello spazio metrico,abbastanza naturali. Gli assiomi sono importanti per essere riferibili a qualsiasi distanza o differenza. 1) : il primo assiomka e' la cosiddetta <<proprieta' triangolare>>,che afferma : <<dati tre elementi a,b,c, la distanza di a da c e' uguale o minore della somma delle distanze di a da b e di b da c>>. Tutti possono convincersi che questo principio e'commisurabile con ogni ragionevole idea di distanza. 2) : <<un elemento ha distanza nulla da se stesso>>...ed ecco il terzo assioma,certamente il piu' ostico da accettare,perche' prima sembra essere addirittura ovvio,poi si rischia di perdere la faccia : <<la distanza di a da b e' uguale alla distanza di b da a>>. Tutto bene se si pensa ad una distanza <<ideale>>,ad esempio fra Roma e Lecce,ma considerato che fra le due Citta' ci sono salite e discese,e si puo' impiegare mezz'ora di piu' in andatarispetto al ritorno,allora l'assioma sembra scricchiolare. Ma va rilevato che esso e' naturale se si pensa ad una geometria di strade piane. Percio' si possono adombrare teorie matematiche sia sulle <<distanze simmetriche>>,sia sulle <<distanze asimmetriche>>. E,adesso datemi il tempo di fare a pugni con la <<dimensione degli spazi funzionali>>.Minouche.

 
 
 

ANALISI FUNZIONALE-PARTE PRIMA

Post n°7 pubblicato il 13 Luglio 2014 da MinoucheLaGatta
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Tutto si può compendiare nell'analisi funzionale.Partiamo dagli <<enti matematici>> e dai <<tre punti di vista>> dai quali essi possono essere osservati.Il primo stabilisce che gli enti <<esistono in sè>>,come,e' ben noto,esistono <<l'insieme di tutti i numeri interi,l'insieme di tutte le rette,dei cerchi e dei quadrati>>.Dopo aver preso coscienza di questo esistere oggettivo,passiamo al secondo angolo di osservazione : trovandosi cosi' a dover fare i conti con <<gli oggetti fisici che rappresentano gli enti matematici>>.Ma c'e' anche una terza soglia (e' la prima delle domande che cominciano a fioccare) : e' quella nella quale vengono descritti e rappresentati graficamente questi enti matematici,e cioe' attraverso formule,assiomi ecc.In proposito,un caso classico che viene in mente e che proviaene dall'antica Grecia,e' quello della diagonale di un quadrato.Esiste un quadrato ideale?In effetti e' da rilevare che la questione sta nella <<differenza tra rappresentazione fisica e quadrato ideale>> : il quadrato che di volta in volta disegnamo sul foglio e l'altro che sta nella mente di ciascuno di noi e che e' il <<quadrato ideale>>.Tra le due <<entità>> c'e un infinita' di differenze che,fin dall'antichita',furono oggetto degli studi dei matematici.Dopo averene disegnato uno,dieci,centomila ci si avvicina al quadrato ideale? E' una questione che Pirandello avrebbe affrontato in termini drammaturgici.In matematica bisogna ammettere che,nonostante gli sforzi,non si riesce mai a disegnare su un foglio il quadrato ideale della matematica.C'e' una ragione plausibile? ne abbiamo una prova fornitaci duemila e piu' anni fa,meglio conosciuta come teorema : <<La lunghezza della diagonale non e' commensurabile con la lunghezza di un lato,nel senso che non possiamo mai trovare due numeri interi tali che il rapporto tra la lunghezza di un lato e quella di una diagonale sia uguale al rapporto fra questi due numeri interi.Quale effetto ha prodotto un teorema siffatto? A questo teorema si deve un importante risultato che segnera' la storia della matematica : la nascita della teoria dei numeri irrazionali,cioe' l'uso delle radici quadrate,cubiche,ecc. Come si fa a capire che un numero e' irrazionale?...non credo che esista un uomo con capacita' di rappresentazione cosi' sviluppate e raffinate da poter discernere un numero razionale da un numero irrazionale.Percio' bisogna stare al gioco.Il quadrato ideale sta da una parte e la sua rappresentativita' fisica sta dall'altra.Il concetto di <<funzione> ha inizialmente una spiegazione semplice : <<una certa grandezza e' funzione di un altra grandezza,se i valori della prima sono univocamente determinati dai valori dell'altra>>. 

1) : Siamo già nel mondo dell'Analisi Funzionale?...diciamo che quello degli assi cartesiani ne è l'ingresso.Le figure di un grafico e di una tabella hanno un rapporto con l'idea matematica di funzione dello stesso tipo di quello delle figure che rappresentano i quadrati disegnati rispetto all'idea matematica di quadrato.E quindi l'Analisi Funzionale tratta delle funzioni,un concetto matematico di cui le più semplici rappresentazioni sono quelle delle temperature o di altri consimili.

2) : L'Analisi tratta una funzione per volta?...no,non si limita a trattare una funzione per volta,o un numero finito di funzioni per volta.Se così non fosse,che gusto,che interesse ci sarebbe a fare i matematici? Li ebbero,nel calcolo infinitesimale classico,protagonisti come Newton e Leibniz.Nel 900 c'è stato di nuovo l'interesse a considerare una famiglia infinita di funzioni e ad organizzarla in qualche modo,in maniera da poter studiare le proprieta' di questa famiglia organizzzata che prende il nome di "spazio funzionale".

3) : Numero infinito di funzioni e spazio funzionale c'è modo di raccapezzarcisi?...ci sono diversi modi per studiare gli spazi funzionali,il più semplice è quello in cui una famiglia molto ampia di funzioni,viene considerata come spazio metrico.Lo <<spazio metrico di funzioni>> indica che esso contiene infinite funzioni,per intenderci tutte quelle rappresentabili dai grafici prima descritti sulla temperatura e che sono funzioni reali di una variabile reale.

4) : Se le funzioni sono infinite,come si fa a gestirle in analogia alle famiglie finite di funzioni?...Inserendo nello spazio funzionale il concetto di <<distanza>>,ossia un numero che misuri <<quanto>> una funzione differisca da un altra.

5) : Una volta definita?...A questo punto la teoria matematica dei cosiddetti <<spazi metrici>> osserva che possono esserci degli spazi formati dagli stessi elementi,in cui sono definiti diversi tipi di distanze.Se si vuole visualizzare la definizione è ragionevole considerare il massimo scarto tra le due funzioni,cioè si considerano tutte le differenze tra i valori dell'una e i valori dell'altra e si vede il punto in cui la distanza è massima.Esempio : consideriamo il caso di due temperature,massima e minima,o due temperature rilevate in due città diverse.Ci si potrebbe chiedere quale sia stato il giorno in cui la temperatura di una città era più lontana dalla temperatura dell'altra o la temperatura massima più lontana dalla minima.Si potrebbero,percio',con lo stesso tipo di logica,considerare altri tipi di <<distanze>>.Per misurare quanto si differenzino reciprocamente le temperature dell'unna e dell'altra città basta misurare l'area racchiusa tra i grafici delle due funzioni ottenendo così una nuova distanza.E cosi' possono discendere una miriade di distanze,quali,ad esempio,il cosiddetto <<scarto quadratico medio>>,che si trova,per così dire,a metà strada fra la distanza calcolata come massima differenza fra le due funzioni e la distanza calcolata come differenza media fra di esse.La descrizione di tali distanze le rende ben visualizzabili.In definitiva gli spazi funzionali sono insiemi di funzioni organizzate mediante la definizione di una distanza.A questo riguardo qualcuno,con linguaggio raffinato,parla di <<topologia>>.Continua %...Minouche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
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Un blog di: MinoucheLaGatta
Data di creazione: 15/06/2014
 

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