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Metafisica della Terra della Sera

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Post N° 125

Post n°125 pubblicato il 18 Gennaio 2005 da john.keating
Foto di john.keating

Cerco di emergere a fatica da una persistente influenza - tre giorni a 38° fissi: sarei la felicità di qualunque giocatore del lotto. Il termometro si è stufato di indicarmi la temperatura: mi guarda con l'aria di compatimento dovuta a chi fatica a realizzare le cose.

Trovo vari e variegati commenti al post precedente. Ognuno la vede a suo modo, come è giusto e bello che sia.
Io naturalmente continuo a pensare che la Musica sia e resti una sola. Semmai sono i significati che ci appiccichiamo su, ad essere infiniti.

Che la Musica sia di volta in volta allegra, drammatica, scherzosa e quant'altro, sta nella sua natura: essa proviene da quella parte primordiale di noi non ancora toccata, organizzata dalla Logica, dalla Ragione. La Musica viene dall'Ombra, appunto, ed è la parte di noi che meno conosciamo, la parte ferina, istintuale, oscura, onirica.

Poi, con l'elaborazione dei concetti, la facciamo diventare qualcos'altro: la manifestazione di un valore, l'espressione di un significato, un simbolo...
Ed è allora, quando cade sotto la ragnatela dei concetti, quando la Musica cessa di essere manifestazione dell'Ombra per diventare un prodotto culturale, che essa perde il suo potere tremendo di perderci, di trasportarci lontano e indietro.
Che altro è dopotutto la cultura, se non il tentativo della Ragione di sottomettere il Mondo e le sue forze oscure, irrazionali? (curioso termine, irrazionali: semplice antitesi al Razionale che, con Hegel, riteniamo essere la condizione del reale).
Una volta che la Musica ha assunto un valore culturale, cessa di parlarci delle nostre oscurità, e diventa poco più che merce, etichetta, oggetto di studio, di riflessione; diventa conoscenza da esibire, marchio di cui fregiarsi, vestito da indossare. Animale allo zoo.

Ed è allora che abbiamo bisogno del potere salvifico dell'ironia, per rovesciare le sovrastrutture imposte, le convinzioni che lasciano il tempo che trovano (i Genesis valgono più di Goldrake, Ninfea? Ma dai? E Brahms a che punto sta della graduatoria? E Frank Sinatra? Ci sarà una top ten, immagino: Mozart e Beethoven venti settimane nella classifica dei dischi caldi... rido. E ridi anche tu!).

Curioso. Non c'è religione al mondo che abbia previsto il ridere come struttura del divino. Non c'è. Il sorriso - sempre di vago compatimento, magari - ma il ridere mai. Così come nessuna ideologia, pratica di vita, filosofia. (No, neanche Bergson, tranquilli. Lui si è limitato a spiegare perché si ride).
Il ridere è destabilizzante infatti. Mette in discussione le certezze, capovolge le convinzioni, turba la serenità (strano a dirsi eh?).

Applicato alla Musica, il ridere mostra tutta la ridicola fragilità, tutta la pomposa supponenza, tutta la vacua indeterminatezza, delle classificazioni. Assistere ad un concerto come predisporsi ad un rito: emozioni già previste, preconfezionate. Una celebrazione, non una Rivelazione. Tutto è già stato detto, tutto è stato compreso, spiegato, classificato, incasellato. Tutto tenuto rigorosamente a bada dai ferrei scherani della Ragione. Un Carnevale previsto e concesso: in questo passaggio ti puoi commuovere, qui puoi esaltarti, qui lasciarti trascinare del lirismo. Fine.

Il potere creativo dell'ironia gioca sul fuori contesto, costringe a ripensare alle nostre classificazioni per quel che sono. Giochetti di società. "Io ascolto il jazz" (mecoioni!). "E io ascolto Goldrake" (ah, che merdaccia...)

Boh?

Uno che ho sempre ammirato da questo punto di vista è Mike Oldfield.
Al di là delle sue opere maggiori, che hanno accompagnato la mia esistenza dalla adolescenza ad oggi, ho sempre riso come un matto al suo humor molto molto british, che lo portava a reinterpretare arie e romanze celebri (In Dulci Jubilo di Bach, Don Alfonso - un allegro sfottò di quello mozartiano, il Concerto in Do di Vivaldi, l'Ouverture del Guglielmo Tell di Rossini...) con la massima serietà - meglio: nel modo più compassato - e con arrangiamenti che pur mantenendo apparentemente tutto dello spirito originale, ne minavano alla base ogni credibilità "seriosa", tra un mandolino, una squillante ed impertinente chitarra elettrica, un piffero ed un cantato squinternato.
Ironia pura, appunto, e pura ironia.

Io ci sono cresciuto, con queste cose qui. Ed è probabilmente anche grazie a loro, che ho un profondo senso del Divino, ma un senso del Sacro piuttosto relativo...
Sorrido.

 
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