Creato da Junglearte il 20/02/2008
Quando gli uomini creano opere immortali...
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Prefazione
In questa rubrica ci poniamo l'obbiettivo di mostrarvi e spiegarvi, periodicamente, qualche opera di grandi artisti che hanno fatto e continuano a marcare la storia del mondo, che hanno dato un contributo importantissimo all'immagine di epoche o nazioni, che hanno dipinto e scolpito la felicità, la dannazione, i sentimenti e le emozioni di persone, rivoluzioni, guerre, classi sociali.
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L'uomo sarebbe il peggiore degli animali senza l'arte ad elevarne lo spirito. Viva l'arte e viva gli artisti!
JUNGLE
Area personale
Ringraziamenti
Un affettuoso e doveroso
GRAZIE
va ad un uomo dalle cui parole è stato preso lo spunto e il materiale per molti dei nostri articoli: il prof. Carlo Palumbo.
GRAZIE DI CUORE anche a tutti voi visitatori: jungle siete voi!
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Paolo Uccello (1397 – 1475) è un importante pittore che mai, nella sua carrierà artistica, si discostò nettamente da una visione medievale e soprattutto tardo-medievale, soprattutto perché legato alla tradizione del suo maestro, Lorenzo Ghiberti (altro importantissimo artista).
La particolarità delle sue opere è insita soprattutto in due fattori:
- L’impronta quattrocentesca strettamente legata tuttavia ad un gusto gotico
- Il suo “immolare” la propria arte allo studio di una prospettiva tanto acuta quanto difficile.
Proprio a quest’ultimo proposito c’è infatti da dire che Paolo Uccello fu talmente ossessionato dalle regole prospettiche da finire per piegare ogni cosa ad esse: colore, figure, ecc… La prospettiva giungerà addirittura ad allontanare le sue opere dalla realtà. Proprio questa ostinata passione per certi studi finì per rendere la vita affettiva e sociale dell’artista triste e povera.
Nel 1436 Paolo Uccello dipinge, sulla parete della navata sinistra della cattedrale di Firenze, il “Monumento a Giovanni Acuto”. Il monumento celebra il condottiero inglese John Hawkwood (che, italianizzato, è Giovanni Acuto) che nel 1364, alla testa dell’esercito del capoluogo toscano, aveva sconfitto i Pisani nella battaglia di Cascina.
L’affresco è monocromo, o meglio in “verde terra” (per dirla come il Vasari, che, tra le altre cose, è stato anche un importantissimo storico grazie al quale è giunta fino a noi la testimonianza di vita e opere di molti artisti medievali); questo per dare l’impressione di una scultura. Il dipinto è così composto: su un basamento sorretto da tre mensoloni, un sarcofago è sormontato dall’Acuto a cavallo del suo destriero.
Per la prima volta dalla fine dell’età classica l’attenzione di un artista si concentra sul cavallo, che viene rappresentato con grande sapienza. La parte posteriore dell’animale, quasi un cerchio perfetto, è più alta di quella anteriore; l’attaccatura della testa al collo è sottile, il petto è arrotondato, le narici sono dilatate, gli occhi sporgenti e la bocca socchiusa.
I punti di vista per l’intelaiatura prospettica del dipinto sono due: il primo, in basso a sinistra, per le mensole, la piattaforma e il sarcofago; il secondo, frontale, vale per cavallo e cavaliere. L’impressione di trovarsi di fronte ad una sagoma che si staglia contro il fondo scuro è superata dall’esistenza della luce tergale che da sola costruisce i volumi di Giovanni Acuto e del suo destriero.
C’è un errore nel dipinto, che perde il suo sbaglio perché corretto: è il cavallo che alza due zampe dallo stesso lato. Nella realtà questo sarebbe impossibile! Tuttavia l’acuta mente di Paolo procurò volutamente questo sbaglio per poter inserire la correzione e ingannare pittoricamente l’occhio facendo sembrare normale ciò che in una scultura sarebbe impossibile.
In conclusione, non rimane da dire che questa mirabile opera si qualifica sicuramente come uno dei classici del ‘400 italiano. Fantastica!
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