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Post n°14 pubblicato il 26 Novembre 2014 da la_fenice00
“Gli amici entrano ed escono dalla nostra vita come fattorini attraverso le porte girevoli di un hotel”
Un giorno ho fatto una considerazione: un grande dolore apre la mente e ti costringe a guardare le cose alle quali prima non davi importanza. Le persone, soprattutto. Ce ne sono alcune che ho rivalutato e altre che ho abbandonato al loro destino perché non mi danno niente. Non mi davano niente neanche prima, ma forse non me ne accorgevo, oppure non mi interessava saperlo. Adesso invece la separazione è netta. Tagliare i rami secchi. Sono noiosi, saccenti, fanno battute idiote, nessuno glielo chiede e ti raccontano i loro scazzi personali. Poi li incontri in corridoio e ti danno una pacca sulla spalla come a commiserarti, come se ti dicessero “Io ci sono”. Gli amici veri, invece, sono ben altro. Prima fra tutte D. l’unica tra i tanti sul lavoro a tendermi una mano quando ne avevo bisogno. Se non sono affogato è soprattutto merito suo. Mi ha fatto sentire considerato in un momento in cui ero completamente disconnesso dal mondo reale e da quel momento le cose hanno iniziato lentamente a cambiare. Non ha dovuto fare grandi cose, mi ha semplicemente invitato in mensa con il suo gruppo e per me è stato come rinascere. Ho ripreso a mangiare, a parlare con qualcuno, accennare a un sorriso. Poi sono arrivati gli inviti per Natale, le uscite serali, gli happy hour. D. la conosco da 25 anni e mi piace perché è una persona diretta che ti dice le cose in faccia e soprattutto perché sa esserci quando hai veramente bisogno. Se per caso ti comporti da stronzo non te lo manda a dire. Quando ha iniziato a invitarmi con la sua compagnia le ho detto “D. sei mia amica da venticinque anni, le cose me le puoi dire in faccia… non sei obbligata a invitarmi con i tuoi amici, non mi hai adottato. Se ti devi sentire in obbligo, non farlo. Se ti fa piacere chiamami, ma non farlo per pietà o per dovere” E lei rispose “Lo faccio perché mi sento di farlo, perché sei mio amico, non per obbligo” Quante volte mi è arrivato un suo sms durante una crisi serale, oppure una telefonata dopo che avevo appena smesso di piangere. Magari solo per augurare la buonanotte o per chiedermi come stavo… ma così importanti da avere il potere di riuscire a spezzare, anche solo per un momento, la catena del dolore e farmi sentire parte di questo mondo. Sono frasi, sono momenti, che uno non si scorda… Fuori dall’ambiente di lavoro ci sono A., M. e G. e ognuna di loro, a suo modo, mi ha aiutato a guardare avanti e rialzarmi tutte le volte che sono caduto. M. è mia cugina e vive sul lago Maggiore. Ogni giorno telefonava a F. prima in ospedale, poi a casa e infine alla Vidas. Mi è stata vicina fino all’ultimo, mi ha sentito piangere e bestemmiare durante le nostre lunghe telefonate della domenica sera. Mi ha consolato e mi ha sgridato, mi ha scosso quando ne avevo bisogno e mi ha mandato a fanculo quando era il momento di farlo. Non si è mai trincerata dietro il pietismo da due soldi, ma fin dall’inizio mi ha costretto a guardare la realtà ripetendomi tante volte “La F. non torna indietro, fattene una ragione. Vuoi che ti dica che domani torna a casa? Lo sai che non è così. Non torna più” Quante lacrime durante quelle telefonate! Ma mi è servito, avevo qualcuno con cui potevo parlare di F. potevo tirare fuori il mio dolore, potevo sfogarmi. G. la conosco da 15 anni, ci siamo conosciuti perché entrambi avevamo un cane che portavamo fuori prestissimo alla mattina. Per un po’ ci siamo persi di vista, poi ci siamo ritrovati in occasione del funerale di F. Adesso ci vediamo al sabato e alla domenica al parco con i cani, facciamo colazione insieme, ogni tanto una pizza alla sera. L’ho aiutata a sistemare il computer, le ho dato consigli su quale tablet comperare, le ho insegnato a usare facebook, siamo andati a fare qualche giro insieme. È perennemente incazzata con il mondo, ma dopo il quarto d’ora iniziale di scazzi contro l’intera umanità, torna normale e sa anche ridere. Mi ricordo che al funerale mi disse “Quando te la senti telefonami, io per te ci sarò sempre” Per uno come me, che vive la mia situazione, diventa importante sapere che alla domenica può contare su qualcuno che lo aspetta al parco per scambiare due parole, bere un caffé, decidere se uscire a mangiare una pizza. Spezza la monotonia, ti fa sentire vivo, ti aiuta a sopportare giornate che altrimenti sarebbero piatte. Una volta mi sedevo sulla panchina e piangevo disperatamente, completamente schiacciato dal senso dell’abbandono, adesso la storia è cambiata un po’. Queste persone, ognuno a modo loro, mi hanno raddrizzato tante giornate storte e senza saperlo mi hanno asciugato tante lacrime. Una telefonata, un invito, un consiglio… basta veramente poco per far sentire nuovamente considerata una persona che vive sulla propria pelle il senso dell’abbandono. Perché è questo che si prova quando si perde la persona amata. I punti di riferimento sui quali si è costruita la propria vita vengono annullati, ci si sente smarriti, incapaci di affrontare la realtà, tutto viene deformato e nulla appare più come era prima. Il dolore costringe a riflettere, a guardare le cose in modo differente, a prendere decisioni che mai ci saremmo sognati di affrontare. La vita, come si conosceva prima, non esiste più. Adesso c’è una nuova vita tutta da costruire, una nuova strada da percorrere senza però sapere dove ci porterà. È un cambiamento che investe ogni settore della tua vita, uno tsunami che ti scuote dentro l’anima, lasciandoti addosso la consapevolezza che alcune decisioni saranno dolorose per le persone che ti vogliono bene e altre ti renderanno impopolare agli occhi di molti. Ma non mi interessa, a costo di diventare antipatico non torno sulle decisioni prese. Una volta che si è superata la linea di non ritorno si può solo andare avanti, costi quel che costi.
Il mio secondo tempo - Max Pezzali
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Il mio motto è post fata resurgo, perchè sono morto e risorto dalle mie ceneri e anche questa è una delle mie storie, una delle tante.
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