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« Messaggio #99Soffi di tramontana »

Moto perpetuo

Post n°100 pubblicato il 27 Dicembre 2006 da ventovela
Foto di ventovela

La sera ha un peso morbido sulle spalle. La sera dolce come un sospiro.
C'è un moto perpetuo - che è sempre stato, che non conosce termine o confini, che torno a sentire (lo sorprendo in pieno dondolio, dentro al petto) ora che ascolto "almost blue" -

C'è che la vita mi si dispiega tra gli occhi e le palpebre chiuse, in quel luogo sottile che sono le immagini dei miei ricordi. Vedo una strada illuminata di lucine di natale, mi pare di avere davanti agli occhi i colori arrotondati di una farmacia in centro, risento il formicolio al naso di un raffreddore invernale. Una scena così, presa dalla mia infanzia (una scena senza significato altro che quello d'essere mia, e appartenente ai miei primi anni, quando mio padre era alto e potente, e il fatto che mi tenesse la mano per la strada era sufficiente per rassicurarmi di qualsiasi pericolo).
Questo ricordo - mio padre, la mia mano piccola, l'inverno, una farmacia.
Quando lo spazio e il tempo non avevano ancora preso a funzionare a dovere, ed io confondevo entrambe le dimensioni: oggi, ieri, qui, lontano - non c'erano confini netti, ordini cronologici, e misure di distanza. Le cose si mischiavano tutte insieme, ed io vivevo in una specie di sogno non ancorato alle regole del mondo.

E ricordo un negozio di ferramenta, un giorno che era la vigilia di natale, e noi facevamo le compere all'ultimissimo momento, e la negoziante aveva detto che il natale era così bello quando nevicava - ed io ascoltavo "the christmas song" alle cuffie di un walkman primordiale, ed avevo sparse, intorno alle ciglia, le scintille dei sogni che si allontanavano da me e confondevano tutta la realtà - c'erano le strade di milano, fredde e sconosciute. E c'erano i centri commerciali e i senzatetto fuori, a mangiare l'uva alla fermata dell'autobus.

Ricordo vetrine in alto, al secondo piano dei grandi magazzini, e manichini che sembravano osservare il traffico nell'aria fredda del tempo vicino al natale. Manichini in posa indifferente, con le mani in posizioni generiche, vaghe, altere.

Ricordo la prima neve della mia vita: ricordo le mie mani rosse perché mi ero rifiutata di indossare i guanti per costruire il mio primo, striminzito, pupazzo di neve.

Ricordo l'odore della stufa della mia casa, misto all'odore di bucato. Ricordo l'inverno fatto di camminate sulla via principale del paese, col passo svelto, verso compere in cartoleria.

Ricordo di avere fortemente voluto che mi comprassero dei paraorecchie rossi.

Ricordo.

E' questa sera nera, bagnata di una foschia leggera, che mi prende per mano, per portarmi a ritroso verso le cose che chiamo il mio passato. Cose che mi sembrano splendide e tenere perché sono mie. E' il moto perpetuo del mio sentire.

 
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