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Commento alle letture della liturgia del giorno
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Messaggi di Dicembre 2013
Post n°738 pubblicato il 22 Dicembre 2013 da sebregon
NATALE 2013
Nel giro del tempo ritorni
A ricordarci lo splendido giorno
In cui vestite le forme da te stesso create
Sei uscito dal seno di tua mamma Maria
Per venire qui nel mondo
In coraggiosa presenza.
Per la terra fu la più fulgida notte
Mentre dai cieli piovevano angeli
A cantare gloria a Dio
E dirci come prima e divina notizia
Quanto infinitamente Egli ci ami.
Dio ora non è più tra le stelle
O nei pensieri di chi ardito lo cerca
Ma in una umana carne formato
Pronto a crescere ed a dirci la sua parola.
Ma che bisogno aveva d’essere come noi?
Non l’avremmo forse accolto
se fosse venuto solo vestito di luce?
Così ama pensare l’umana progenie
Quando gioca con le idee come se fosse su pista da ballo
Dimenticando di che dura pasta è fatto il cuore dell’uomo.
E Dio che ben sapeva quanto fosse facile
Catturarlo in un sistema d’idee
volle venire a fare concreti gesti d’amore
chè nessuno potesse mettere Dio sul trono
e poi girando la testa violentare le sue creature.
Caro bambino Gesù
Sei venuto a farci conoscere il Padre
E grazie a te siamo figli e fratelli.
C’è forse qualcosa più grande di tale parentela?
Se fossimo solo creati da Dio
Saremmo come le piante e gli animali
Ma qui c’è qualcosa di più, c’è il desiderio di Dio
D’ascoltare le nostre parole
D’avere con noi un intimo gioco d’amore.
Ed eccolo venuto qui neonato
Pronto ad attraversare il suo tempo
Fino alla fine, fino alla morte
Che non lo tenne in mano neppure un istante
ché risorse il Signore
Per essere sempre luce e conforto nel nostro cammino. Gabriele Patmos
Post n°737 pubblicato il 16 Dicembre 2013 da sebregon
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. E visto che era facile aspettarsi la venuta di un Messia “glorioso” e di nobili natali, questo freddo elenco di nomi diventa significativo nel collegare Gesù alla storia di uomini “normali”, appartenenti a un piccolo popolo del Medio Oriente. Un uomo, per intenderci, come noi. E in questo sta la grandezza del suo messaggio.
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Alessandra Callegari
Post n°736 pubblicato il 13 Dicembre 2013 da sebregon
14 DICEMBRE
SAN GIOVANNI DELLA CROCE (m)
Gv 15,9-17
Noi nulla sapevamo di questo amore rivelatoci da Gesù. Sul nostro orizzonte umano conosciamo sì gradazioni d’amore da quello degli sposi a quello dei genitori verso i figli o a quello vissuto nell’amicizia ma nulla sapevamo di un amore che attinge la sua forza su qualcosa che viene prima dei legami di sangue o di quelli puramente affettivi.
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. Questo amore arriva da lontano ed ha la sua origine in quello del Padre che ama Gesù. Della qualità di questo amore siamo investiti. Allora occorre chiedersi come può essere un amore così dal momento che noi conosciamo solo l’amore umano.
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Ed a questa domanda potremo rispondere solo contemplando la passione, morte e resurrezione del Signore. Sul monte Tabor Gesù parla della sua morte con Elia e Mosè e subito dopo si manifesta la voce del Padre che dice a Pietro , Giacomo e Giovanni di ascoltare il suo Figlio diletto. Il Padre dunque sa a che cosa sta andando incontro Gesù ed esortando i discepoli ad ascoltarlo ci introduce in una modalità d’amore per noi completamente sconosciuta.
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Quale padre infatti potrebbe facilitare la strada ad un figlio che mostra l’intenzione di fare passi che sicuramente lo porteranno alla morte? Quest’amore dunque segue strade diverse che nulla hanno a che fare con il togliere il Figlio dalla strada che liberamente ha deciso di percorrere.
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Allora deve essere un amore che va oltre ed altra cosa dall’esercizio che noi ne facciamo in ordine a quelle ristrette cerchie in cui lo viviamo. E’ un amore che è perfetto nel suo scambio dal Padre al Figlio e viceversa ma che non è perfetto come potremmo intenderlo noi e cioè come autosufficienza.
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E’ un amore invece che trova nel donarsi la perfezione della sua legge che non abbandona essendo capace di tenere forte in mano la vita: il Padre risorge Gesù. Ecco noi siamo inseriti in questo stesso amore che il Padre ha per Gesù e dunque come lui attraverseremo la morte fisica ma saremo tenuti saldamente nelle mani della vera vita del Padre.
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Gesù con queste parole non vuole introdurre i discepoli in filosofie esoteriche ma dà loro delle chiavi interpretative per affrontare e capire ciò che succederà dopo e cioè la sua morte e la sua resurrezione. San Paolo dice che se Gesù non fosse risorto allora cadrebbero tutte le sue parole e noi non saremmo costituiti come figli del Padre amati dallo stesso amore con cui ama il suo figlio Gesù. Ed in forza di questo amore eterno portato nel tempo che Gesù chiede d’essere ascoltato quando esorta i discepoli ad osservare i comandamenti del Padre suo che sono quelli di entrare in questo modo d’amore in cui il livello divino è il perno fondante e quello umano il chiamato a riceverne l’impronta e cioè di viverlo con la stessa sua dinamica: riceverlo e donarlo: amatevi gli uni gli altri».
La nostra vita e la Parola
Spirito Santo che sei il perno di questo via vai d’amore infinito tra il Padre ed il Figlio aiutaci a viverlo sempre più profondamente e con sempre maggiore verità.
Gabriele Patmos
Post n°735 pubblicato il 11 Dicembre 2013 da sebregon
II settimana di AVVENTO – Giovedì
Is. 41, 17
Una poesia bellissima di Padre Turoldo, dall’andamento ritmico come solo lui riusciva a donare alla poesia si intitola “Il canto della sete” e racconta la sete di tutte le cose che sfocia nel grido di Gesù sulla croce (anzi, come scrive Turoldo, sull’albero). Mi è subito venuto in mente questo canto che vi invito a leggere, anzi a pregare e a gustare (come si fa con la poesia, particolarmente quella di Turoldo) mentre leggevo questo versetto che la liturgia dell’avvento prende dal libro del deutero Isaia, il libro della consolazione di Israele, del ritorno del Signore in Sion e dei progetti di Pace, di Dio che si fa difensore del popolo che è un popolo definito come “vermiciattolo di Giacobbe” e “Reietto (Rigettato) delle nazioni”. .
. A questo popolo Dio non dà più leggi e comandamenti, rituali o cerimoniali o sacrifici, ma fa semplicemente delle promesse, che alla fine si sintetizzano in una promessa sola: Io sarò con voi, io (come dice questo versetto) non vi abbandonerò. L’unica cosa che richiede è che riconosca la sua povertà e il suo bisogno. .
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Vi immaginate se in una giornata caldissima pur di non bere e di lamentarsi ci ostinassimo a dire “Non ho sete!”? Eppure noi viviamo in una società che preferisce non bere e dire “non ho sete” piuttosto che riconoscersi poveri e miseri anzi, mettiamo spesso il nostro bisogno davanti a tutto pur di no essere aiutati e di non accogliere Colui che già adesso ci sta rispondendo, che già è presente in mezzo a noi e che, se solo glielo chiedessimo, farebbe sgorgare fiumi di acqua viva dal nostro cuore che laverebbero le brutture di cui noi ci gloriamo.
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E diventiamo così come il cattivo di “C’era una volta il west” che era partito per vedere l’oceano e muore miseramente di fronte a una pozzanghera. Ma come ci risponde Dio? Proprio condividendo la nostra sete. E allora giustamente Padre Turoldo fa sfociare la sete di tutte le cose nella sete di Dio dalla croce. Sì Dio ha sete, ancora oggi Dio soffre la sete. Dio ha sete di te, della tua vita che vuole sia una vita a disposizione dei progetti di pace e di bene che egli ha, Dio ha sete che la tua vita sappia spegnere la sete dei fratelli che è sete di Lui, che è la sua stessa sete. .
. Anche a noi Dio non dà più leggi e comandamenti, ci ha dato Cristo, da cui escono fiumi di grazia capaci di dissetare il mondo intero per sempre. Dice infatti nel Vangelo di oggi che “La legge e i profeti hanno profetato fino a Giovanni” intendendo così che dopo di lui non servono più profezie, perché la Profezia è Lui stesso. Mi piace allora concludere citando l’ultima delle 11 tesi su Feuerbach di Carl Marx. Giovane filosofo egli scriveva “I filosofi finora hanno interpretato il mondo, ora si tratta di cambiarlo”.
La nostra vita e la Parola
Dio con noi, tu sei il Dio che ha sete, che ha fame, che condivide il nostro bisogno, e che si fa bisognoso di Noi, per portare a compimento i suoi progetti, guidaci a condividere quello che siamo, prima di quello che abbiamo, il nostro bisogno, prima delle nostre capacità, a saper guardare al bisogno dei fratelli per poter insieme a loro dissetarci in te e cambiare il mondo trasformandolo con te in un giardino dove tu passeggi con noi e rimani nostro amico, per sempre. Amen Elia Spezzano
Post n°734 pubblicato il 09 Dicembre 2013 da sebregon
II SETTIMANA DI AVVENTO - MARTEDÌ
E’ sulla roccia di queste parole: “Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda»”, che possiamo sperare ed essere certi che la morte non prevarrà su di noi. Prima di ogni nostro rifiuto e di ogni nostro essere perduti in un deserto senza speranza c’è una volontà più forte che tanto ci ama da far di tutto per raggiungerci e salvarci. .
. E se noi non volessimo questa salvezza? Egli potrebbe raggiungerci e noi dirgli di no. Ora io mi chiedo se questo sia possibile… forse… in qualche caso… perché se uno è con l’acqua alla gola e vede avvicinarsi una mano che vuol tirarlo su la rifiuterà o si aggrapperà? Io dico che si aggrapperà e poi ringrazierà chi l’ha salvato. .
. Non riesco a pensare diversamente. Ma allora se è così vi potrà essere mai qualcuno che non sia salvato? Bella domanda a cui è difficile rispondere ma forse il testo evangelico ci offre una pista per entrare in questo mistero profondo. Infatti il testo dice: “ Se riesce a trovarla” e ciò vuol dire che può anche non trovarla. .
. Ma è mai possibile che Dio non trovi la sua creatura per salvarla? Impossibile ed allora bisogna credere che non è il Signore che non trova la sua creatura ma che questa non vuole farsi trovare. E nonostante questo rifiuto le belle parole di Gesù ci dicono che la volontà del Padre rimane tetragona nel volere che ‘neanche uno di questi piccoli si perda’. .
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. Oggi occorre che tutti diventiamo come il pastore che va a cercare la pecorella smarrita. Il mondo ha bisogno di scoprire l’esistenza di un Padre così buono e proprio per questo è stato indetto da Benedetto XVI l’anno dedicato all’evangelizzazione.
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. Ora si è concluso ma non si può mai chiudere questa necessità impellente di far conoscere attraverso Gesù l’esistenza di un piano di salvezza che vuole farci entrare nella pienezza della vita divina. .
. Molte carte lungo la storia ce le siamo giocate noi cristiani ma quando ci avviciniamo al cuore del messaggio di Gesù ed alla sua vita non possiamo che ripartire sempre a cercare la pecorella smarrita. Certo avendo sempre presente che quella pecorella potremmo essere noi in prima persona ma non facendosi scudo di questa consapevolezza per non darsi da fare e non cercare nuovi modi per far conoscere il nostro tesoro.
La nostra vita e la Parola
Spirito Santo, che leghi il Padre ed il Figlio con il tuo fuoco d’amore dacci fede, forza e coraggio per aiutare chi si trova nelle tenebre della morte. Gabriele Patmos
Post n°733 pubblicato il 07 Dicembre 2013 da sebregon
SANT'AMBROGIO vescovo e dottore della Chiesa (+397)
Gv 10,11-18
Il buon pastore è un’immagine che ho sempre amato, fin da piccola. Il buon pastore non abbandona il suo gregge nei momenti difficili, anzi li affrontano insieme,perché lui è lì, sta. Il buon pastore accoglie e conduce anche pecore che non sono del suo gregge, se necessario. Non fa differenze. .
. E soprattutto non lo fa per soldi, ma perché ci crede, è la sua missione.Un’immagine, letta ora da adulta, che vedo unire l’archetipo materno e quello paterno: accoglie e tiene insieme, protegge e mette confini, lascia andare e riprende. È in sé un’unica coppia genitoriale, yin e yang. .
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Il buon pastore è come il TAO! E l’invito di questo brano è di essere anche noi così, dei buoni pastori che nella nostra vita valorizziamo le qualità genitoriali, applicabili avendo dei figli, ma non solo. .
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Per questo, leggendo oggi questo brano mi viene in mente il lavoro che faccio con il corso di formazione della scuola di counseling creata insieme a un caro amico. Da nove anni conduciamo un corso che è sì, anche, di formazione professionale, ma è soprattutto un percorso di crescita personale. E siamo, in effetti, una coppia genitoriale, un insieme – anche per via dei nostri due diversi caratteri – di paterno e di materno che a volta si scambia e si mescola.
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Da noi arrivano persone diversissime per età, professione, cultura, stato sociale. E il minimo comune denominatore è di crescere insieme. E noi con loro.Sento questo lavoro – per me che non ho figli - come una opportunità straordinaria di crescere io, nel valorizzare il mio maschile e il mio femminile. E di essere madre e anche un po’ padre delle persone che a noi si affidano per un tratto del loro viaggio. E che a loro volta, così, crescono nel loro essere sempre più dei buoni pastori di altri. .
Alessandra Callegari
Post n°732 pubblicato il 04 Dicembre 2013 da sebregon
I SETTIMANA DI AVVENTO - GIOVEDÌ
Mt 7, 21.24-27
La casa sulla roccia per guardare ai venti che scuotono la nostra vita personale e comunitaria. .
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La casa sulla roccia per stare senza paura di fronte a tutti i problemi irrisolti.
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La casa sulla roccia non per frenare l'impeto del vento dei desideri e la pioggia delle emozioni, ma per guardare alla loro dissoluzione e trasmutazione. .
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La casa sulla roccia per guardare allo straripamento dei nostri pensieri. .
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La casa sulla roccia per constatare/accettare che viviamo in un territorio dissestato che è la nostra vita.
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. La casa sulla roccia dove dopo la bufera la mente tace e si apre un spazio di silenzio.
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Vanruis Groendal #lacasasullaroccia
Post n°731 pubblicato il 03 Dicembre 2013 da sebregon
3 DICEMBRE
Anche a noi sarebbe piaciuto conoscere di persona il Signore Gesù tuttavia se fossimo stati là nel suo tempo come ci saremmo comportati? Avremmo capito subito l’occasione d’oro che avevamo davanti o avremmo fatto parte dei più, anche buoni, ma che lo seguivano solo per i miracoli per abbandonarlo poi quando sarebbero sorte le difficoltà?
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. Noi oggi siamo in qualche modo più fortunati di tanti di allora non solo perché gli crediamo senza averlo visto di persona, ma anche perché usufruiano del patrimonio teologico che la Chiesa ha tesaurizzato in questi duemila anni di storia e delle testimonianze di coloro che hanno creduto nel Signore anche dando la vita.
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Shahbaz Batti, ministro pakistano cristiano ucciso dagli estremisti. . L’occasione della gioia di Gesù è data dal ritorno dei 72 discepoli da una missione dove avevano scacciato i demoni nel suo nome. Gesù è contento perché i discepoli gli avevano creduto. Il motivo della sua gioia è legato al fatto che sono i piccoli ad aver ricevuto le rivelazioni del Padre e non i sapienti ma non perché ce l’avesse con costoro ma semplicemente perchè si sono rifiutati di credergli. .
. I ‘sapienti’ hanno come riferimento un mondo di idee, le loro, e difficilmente riescono a collocarsi con umanità a livello delle persone e dei tesori che racchiudono nel cuore. Questo tipo di sapienti non si fa educare dalla vita perché volgendo la mente ai grandi sistemi passano il tempo a vedere se le occorrenze del quotidiano possono o no entrare in questi loro schemi. .
. Ad es. se uno non ha nella vita avuto mai l’occasione di incontrare la sfera religiosa arriverà presto alla conclusione che essa è inutile e se poi vorrà essere più radicale dirà che le sue implicazioni rendono l’uomo un alienato perché spostano la sua attenzione dalla terra al cielo e cioè da un mondo concreto ad un altro fantastico ed inesistente. .
. Questo modo di procedere è da falso ‘sapiente’ e falso ‘dotto’ perché porta l’esperienza di questo singolo, o di un insieme che la pensa nello stesso modo, a regola generale. Più onesto sarebbe dire: “ La mia vita fino ad adesso credo di averla vissuta bene senza l’aiuto di alcuna credenza religiosa e nello stesso tempo non mi precludo niente perché tutto è vita”. .
. Ritrarsi a priori da possibili esperienze perché si è deciso che Dio non esiste è prendere per oro colato ciò che suggerisce una ragione che ha così tanti buchi da non poter essere considerata la bocca della verità. Gesù gioisce perché i discepoli si sono affidati alla sua parola portando a casa pieni di gioia un risultato strepitoso.
La nostra vita e la Parola
Spirito Santo quanto più ci affidiamo alle parole di Gesù tanto più davanti a noi si aprono le vie della vita: aiutaci allora in questo cammino di affidamento.
Gabriele Patmos
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