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Messaggi di Agosto 2008

Livorno: un po' di poesia e letteratura non guasta

Post n°723 pubblicato il 10 Agosto 2008 da hesse8

Livorno, città di popoli e poetiRachele Gonnelli

 libri

Nell'estate
della crisi dei grandi Festival teatrali – da Taormina a Santarcangelo
-, a corto d'idee più che di fondi, della crisi delle grandi
manifestazioni-evento diventate stanche slot machine per far soldi,
rinascono da sotto la polvere piccole “chicche” di cultura, angoli di
libertà e sperimentazione. Nascono in provincia guardando però al
mondo. È il caso di Livorno, che dopo aver riscoperto, da anni, il
poeta Piero Ciampi come vate, con tanto di premio a lui dedicato, ora
fa un passo più in là e si riscopre lei stessa città di poeti, anzi
porto dei poeti. Esce dalla sagra strapaesana – croccante e fuochi
d'artificio- si smarca dal fantasy dei giochi medievali, per
trasformare l'agosto, improvvisamente, in un ritorno alla meditazione e
al gusto della parola necessaria.

L'ultima edizione di Effetto Venezia– il mare è davanti ed è il quartiere dei bastioni e dei canali- si
è data una nuova ragione sociale sotto la direzione artistica di un
giovane regista teatrale, Michelangelo Ricci: la ragione di ridare voce
e parole, gesti da attore alle piazze solitamente intontite dal deserto
delle scollature televisive. Un laboratorio interessante anche per il
regista Paolo Virzì e il direttore del Club Tenco Enrico De Angelis,
che infatti si aggirano tra i vari palchi sparsi per la città come
ospiti d'onore. Perchè qui il teatro è parte dal territorio. Si parte
dal toscano Carlo Monni che con Andrea Cambi interpreta Majakovskij e
Pasolini, parlando anche della strage di Bologna – era il 2 agosto – e
si va ai molti gruppi di teatro e di canzoni che coinvolgono i
detenuti-attori del carcere delle Sughere, i ragazzi down
dell'associazione Anffas – quaranta in pedana a fare da spalla a Bobo
Rondelli per interpretare i vecchi successi dell'Ottavo Padiglione- e
infine ci si mischia ai reding di poesie americane, cheyenne,
venezuelane, musiche berbere di Nour Eddine, rai algerino di Sidh, e
ancora blues di New Orleans della cantautrice Lynn Drury, violini della
siberiana Elena Cherkasova, i Buena Vista. Un misto-zuppa dai sapori
forti che non perde l'amalgama di fondo.

Livorno
non è una città di poeti laureati: qui anche le gelaterie della piazza
più importante portano l'aggettivo “popolare”. E infatti il festival si
chiama “La Poesia e i Popoli”. Non è una città tranquilla, pacificata
nell'ovvietà benpensante e puritana dell'Italia di oggi. Nelle decine
di palchetti dei vicoli chiunque se vuole, come a Hide Park, può
leggere i suoi versi o quelli dei poeti più amati tra un bicchiere di
rosso e un cartoccio di totano fritto. Passa la banda Majakoskij e
strimpella versi con trombe come cerbottane. E si arriva alla Fortezza
Vecchia, percorsa sulle mura in mattoni da una fantasmagoria di pesci
proiettati con le luci. E' lì lo spettacolo-clou, una produzione ad hoc
per il festival inizialmente pensata con tanto di orchestra da venti
elementi. “Poesia '70”, un allestimento ideato e interpretato da Maria
Teresa Pintus e Luca Faggella. Un progetto impegnativo, sulla poetica
degli anni Settanta, con testi di Dario Bellezza, Bologna, Caproni,
Piero Ciampi, Mario Luzzi, Gatto, Pasolini, Amalia Rosselli, assemblati
in un racconto che inizia con la caduta del palco del festival di
poesia di Castelporziano e finisce con la bomba alla stazione di
Bologna. «So i nomi dei mandanti, anche se non ho le prove, so i nomi
perché sono un intellettuale, uno scrittore». Sono le parole di
Pasolini per la strage di Brescia del '69, trasposte con uno
slittamento di appena 11 anni, da bomba a bomba. Ma in mezzo- anche se
gli attori erano all'epoca troppo piccoli- non ci fu silenzio. Il
suono, la musica dei poeti di quel decennio, risuona ancora. Nella
fortezza medicea. E De Angelis gli regala una scheggia ancora inedita
di Piero Ciampi, una poesia breve scritta nel '61 su un album
dell'Intrepido. “Quando verrai nel mio giardino/Appesa a una
finestra/Troverai una carezza/Che ti aspetta da tanto tempo./ Io ti
aspetterò dietro un cancello/ E non ti dirò niente/Perché non c'è
niente da dire”. “Viviamo in un mondo, in una società –
spiega il direttore artistico del Club Tenco – in cui c'è un gran
bisogno di poesia. Poesia intesa in senso lato, con il suo carattere di
oralità e anche fisicità, non necessariamente quella scritta sui libri.
In un mondo abbrutito dalla tv e dall'intolleranza, dalla politica così
come viene gestita oggi, è indispensabile una cultura che comprenda
anche la poesia e con essa la musica. La musica è uno dei bisogni
primordiali dell'uomo. Attraverso la musica possiamo trasfigurare il
reale e avere più linguaggi, diversificare le visuali. La poesia poi,
come i film belli, fa piangere e ridere insieme, varca i limiti, è
ironia, è libertà di usare le parole”. Perché il lettore, l'amante di
poesia è un artista lui stesso, come diceva Gramsci e dicevano i poeti
futuristi russi tanto amati a Livorno. 

 
 
 

Olimpiadi Pechino:proibito protestare(si lo so la Cina è "comunista",anche io protesterei)

Post n°721 pubblicato il 06 Agosto 2008 da hesse8

La torcia olimpica portata dal cestista Yao Ming sotto le mura della Città Proibita
Tre uomini e una donna srotolano striscioni per il Tibet: portati via dalla Polizia
La fiaccola è arrivata a Pechino
Protesta tibetana: quattro arresti

La piccola manifestazione inscenata da un gruppetto di occidentali
Due giorni all'inaugurazione: la tensione per la sicurezza aumenta
dall'inviato MASSIMO RAZZI


La fiaccola è arrivata a Pechino Protesta tibetana: quattro arresti

Pechino, gli uomini della sicurezza rimuovono lo striscione





PECHINO
- Arriva a Pechino, dopo 130 giorni di viaggio la fiaccola olimpica e
si porta dietro la protesta tibetana. La gente festeggia l'ingresso del
sacro fuoco di Olimpia nella Città Proibita, proprio sotto il grande
ritratto del presidente Mao, ma, intanto, a pochi chilometri di
distanza, vicino a "the Nest", il meraviglioso stadio dove dopodomani
cominceranno i Giochi, la polizia arresta quattro manifestanti che
hanno srotolato e cercato di appendere uno striscione con la scritta
"Free Tibet". E così, sotto il cielo plumbeo (oggi è tornato lo smog)
la capitale cinese ricomincia a vivere la contraddizione
democrazia-Olimpiade che la lacera agli occhi del mondo fin dall'inzio
di questa avventura sportiva e politica.



Portata dalle
gigantesche mani del campione di basket Yao Ming, la torcia ha iniziato
il suo giro della megalopoli che durerà due giorni e, inevitabilmente
preoccuperà gli addetti alla sicurezza dei Giochi. Sotto il grande
ritratto di Mao c'erano alcune migliaia di persone. Commenti positivi,
grida di incitamento per le Olimpiadi e per la Cina: l'orgoglio cinese
per i Giochi è un fatto palpabile. "Mao sarebbe stato felice di vedere
questo - ha detto un anziano signore che guardava estasiato la piccola
cerimonia - Tutto quello che il mondo sa fare, lo sappiamo fare anche
noi".



Orgoglio, dunque, e
festa. Ma la paura di azioni dimostrative o, peggio, terroristiche
renderà la festa di questi ultimi due giorni molto tesa e bloccata.
Migliaia di militari in divisa e scorteranno la fiaccola nella sua
marcia di avvicinamento cittadina al "Nest".





E, proprio sotto lo stadio che sembra un nido intrecciato da qualche
gigantesco volatile, si è consumata l'ennesima protesta. Quattro
persone, (due uomini americani e un uomo e una donna britannici, tra i
23 e i 34 anni) si sono arrampicati su due piloni della luce ed hanno
quindi esposto due striscioni. Il primo diceva "il Tibet sarà libero"
in inglese e in cinese, mentre sul secondo c'era scritto "Un mondo, un
sogno: Tibet libero". Il gruppo appartiene all'organizzazione
studetesca "Studenti per il Tibet libero". Dopo una dozzina di minuti è
arrivata la polizia e ha portato via i quattro giovani con i loro
striscioni.



Uno dei
manifestanti, che si è identificato come Ian di Edimburgo, ha parlato
via telefono cellulare con la Abc mentre scendeva dal lampione."Verrò
probabilmente arrestato dalla polizia ed espulso dal Paese -ha detto-
ma è nulla in confronto ai rischi che affrontano i tibetani sotto
l'occupazione cinese".



"Il governo cinese
ha leggi e regolamenti molto chiari, ha spiegato il portavoce degli
organizzatori dei giochi Sun Weide condannando l'episodio.

 
 
 

Finalmente si condividono le stesse lotte

Post n°720 pubblicato il 04 Agosto 2008 da hesse8






Verso un autunno caldo, di lotta, di classe













La Cgil pronta alla mobilitazione generale. Epifani, «manovra iniqua, a pagare sono sempre gli stessi»

Image

Una
«mobilitazione generale» nelle fabbriche per protestare contro una
manovra economica che «soffoca la crescita», così il leader della Cgil,
Guglielmo Epifani, annuncia un autunno caldo



dalle pagine di Repubblica, in una lunga intervista, nella
quale allunga le distanze della sua organizzazione dal Governo e dalla
sua politica economica, oltre che dalla logica negoziale delle altre
due confederazioni sindacali, Cisl e Uil.
«La crisi c'è - ammette
Epifani - ma di fronte al suo aggravarsi, il Governo ha messo in campo
tagli alla spesa pesanti, come raramente si è fatto nel passato. E con
questa inflazione il drenaggio fiscale opera un aumento del prelievo
superiore di mezzo punto all'anno per i lavoratori dipendenti».

Manovra
iniqua, che rinuncia a qualsiasi intervento sullo sviluppo, che non
agevolerà le imprese in difficoltà, che aumenta il carico fiscale sui
lavoratori, e per la quale, soprattutto, «a pagare sono sempre gli
stessi». Concetti chiari, quelli espressi dal leader della Cgil, a
fronte dei quali, si prepara per l'autunno una «mobilitazione generale
nelle fabbriche e nelle città». Un altro tassello che va ad inserirsi
in un calendario, non ufficiale ma già profondamente radicato nelle
coscienze sociali: dal Pdci che ha lanciato al suo congresso una grande
manifestazione nazionale, ad autunno, di tutta la sinistra, di chiunque
voglia protestare condividendo la piattaforma politica, contro il
governo sulle grandi questioni sociali, alla sinistra della Cgil, che
riunitasi a Roma il 23 luglio, annuncia mobilitazione a settembre, fino
allo sciopero generale.

Tutto questo mentre il Partito
democratico, che non dimentichiamo essere il più grande partito non di
maggioranza in Parlamento, continua a non fare opposizione. Dialoga con
Berlusconi sulle riforme, legge elettorale in primis, e prepara la sua
manifestazione di ottobre, raccogliendo firme in tour per l'Italia.

 
 
 

Bologna:28 anni fa' la strage fascista.Per non dimenticare

Post n°719 pubblicato il 02 Agosto 2008 da hesse8

Bologna ricorda la sua strage Fischi al ministro RotondiNapolitano: un crimine barbaro e vile

 Rotondi
Le
polemiche dei giorni scorsi sembrano essersi concluse. Non è stato
così. Quando il ministro per l'Attuazione del programma Gianfranco
Rotondi, in rappresentanza del Governo, ha preso la parola dal palco
delle commemorazioni per il ventottesimo anniversario della strage alla
stazione di Bologna (85 morti, 200 feriti), almeno metà della folla che
occupava il piazzale antistante la stazione ferroviaria ha lasciato la
piazza. I primi ad andarsene sono stati i rappresentanti dei sindacati
di base Rdb e Cub, dietro lo striscione "Ci vediamo in autunno:
sciopero generale". Insieme a loro anche i militanti di Rifondazione
Comunista e moltissima gente comune, tra cui alcuni parenti delle
vittime. La piazza, quando sono le 10.43, comincia a svuotarsi e
l'impressione è che le presenze si dimezzino in modo netto. Nel
piazzale, a contestare il ministro, è rimasto un gruppetto di persone
dell'Assemblea Antifascista Permanente, con fischi e grida contro il
ministro.


«Non mi disturbano i fischi», ha detto a denti stretti
Rotondi. «Sono i soli che mi considerano un ministro», ha aggiunto,
riferendosi a quel passo dell'intervista dell'assessore comunale Libero
Mancuso secondo il quale nessuno si sarebbe preso la briga di
fischiarlo perché personalità «incolore e sconosciuta». «Anche questa è
par condicio», ha concluso Rotondi.


«Una cosa molto contenuta», cerca di minimizzare il sindaco Sergio
Cofferati, che aveva rivevuto anch´egli una buona dose di fischi da
parte di dalle fila dei sindacati di base e dell'assemblea antifascista
permanente. «Sono molto contento anche delle cose che ha detto il
ministro», ha concluso. Minimizza il presidente dell'associazione dei
familiari delle vittime, Paolo Bolognesi: «È stata una contestazione
minimale. Oggi i fischi non si sono praticamente sentiti».


Le manifestazioni per l´anniversario della strage erano iniziate con il
ricevimento dei familiari delle vittime, prima nella Sala Rossa del
Comune poi nell'Aula consiliare di Palazzo d'Accursio. In un breve
discorso ai familiari e alle altre autorità nella sala consiliare,
presente anche Rotondi, Cofferati ha sottolineato l'importanza di
questa giornata perché «non venga dimenticato quel terribile giorno».
Ma anche perché - ha aggiunto Cofferati - «nessuno possa ignorare la
verità storica come quella giudiziaria, lontano dai tentativi troppe
volte strumentalizzati di mettere in discussione quello che è stato
sancito dal lavoro faticoso e sempre attento dei magistrati».


«Sono trascorsi ventotto anni dalla strage. Le immagini di quel crimine
così barbaro e vile, che scosse e scuote tuttora nel profondo la
coscienza degli italiani, rimangono impresse in modo indelebile nella
memoria dell'intero Paese», ha fatto sapere il presidente della
Repubblica, Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato
all'Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla
stazione di Bologna. «Occorre coltivare un dovere della memoria che si
traduca in una rinnovata ampia assunzione di responsabilità per la
difesa dei valori di democrazia, libertà e giustizia come fondamento
del nostro patto costituzionale e garanzia irrinunciabile di crescita
politica, culturale e sociale anche per le nuove generazioni. Con
questi sentimenti di commossa solidarietà – ha concluso Napoletano -
rivolgo il mio cordiale e partecipe saluto alla coraggiosa città di
Bologna e ai familiari delle vittime, indelebilmente segnati nel loro
dolore».


Dal presidente dell'associazione dei familiari delle vittime
della strage del 2 agosto è arrivato l'invito a «evitare polemiche e
fischi e a fare in modo che oggi sia il giorno del ricordo». Nel suo
intervento Bolognesi ha esordito dicendo: «Deluderò quelli che pensano
che io interverrò sulle polemiche di questi giorni». Quindi, l'appello
alle «forze politiche di qualsiasi colore a ricordare i parenti delle
vittime». Il presidente dell'associazione dei familiari sottolinea la
«notevole partecipazione dei parenti che hanno voluto essere qui in
modo massiccio» e «l'importante presenza delle autorità e delle
istituzioni e del governo», rappresentato da appunto Rotondi, seduto
accanto al a Cofferati tra i banchi della giunta comunale.


Unica nota polemica di Bolognesi contro il presidente emerito
della Repubblica, Francesco Cossiga: «Le piste "alternative" che si
sono viste fino ad ora non hanno nessuna validità. La pista palestinese
si era sviluppata anche nell´81», ha commentato Bolognesi. «Anzichè
accreditare nuove piste sulla strage di Bologna, Cossiga farebbe bene a
pensare ai suoi rapporti con la Loggia massonica P2 e non parlare di
palestinesi per difendere Francesca Mambro, Giusva Fioravanti e Luigi
Ciavardini».

 
 
 

Vicenza: solidarieta' a chi difende il territorio

Post n°718 pubblicato il 01 Agosto 2008 da hesse8
Foto di hesse8

Dopo la sentenza del Consiglio di Stato in migliaia alla fiaccolata
dell'indignazione. Il corteo si dirige verso la stazione, manganellate
della polizia contro donne e uomini a mani alzate. Ma, nonostante la
violenza delle forze dell'ordine, i binari vengono occupati.


“Bravi, bravi, bravi, bravissimi”: è il coro che chiude la
manifestazione dei No Dal Molin indirizzato ai poliziotti che, poche
decine di minuti prima, non avevano esitato a sferrare manganellate
contro donne e giovani a mani alzate.


La fiaccolata dell'indignazione, era stata definita la
manifestazione di questa sera. Migliaia di persone, tante famiglie con
i bambini e i nonni fianco a fianco. Come il 16 gennaio 2007, quando
Prodi impose il proprio si alla nuova base statunitense e i vicentini
occuparono la stazione ferroviaria dimostrando che la partita non era
chiusa. Questa volta l'imposizione viene dal Consiglio di Stato che,
con una sentenza che decreta la prevalenza degli interessi militari
statunitensi sulla salute e sui diritti dei cittadini, ha annullato la
sospensiva del Tar del Veneto. E anche questa volta migliaia di
vicentini – almeno 2000 secondo l' agenzia Ansa – si sono diretti verso
la stazione ferroviaria per invadere i binari; ma la celere, a
differenza di un anno e mezzo fa, si è schierata con scudi e manganelli
davanti agli ingressi, determinata ad impedire lo svolgimento
dell'azione di protesta.


“Vi facciamo male”, ripeteva un poliziotto sotto il suo casco
azzurro; detto fatto: pochi minuti e i manganelli volteggiano sulle
teste di quanti, a mani alzate, vogliono difendere il proprio diritto
ad essere cittadini e non sudditi. I primi colpi cadono sulle teste
delle donne, da sempre protagoniste del movimento che si oppone alla
militarizzazione dell'aeroporto vicentino. Le mani alzate non sono
bastate ad evitare la violenza di chi è stato mandato a Vicenza per
soffocare la democrazia e garantire la realizzazione dei progetti
statunitensi.


Ma a prevalere, ancora una volta, è la creatività e la
determinazione dei tanti vicentini scesi in strada: i binari, infatti,
sono stati comunque raggiunti attraverso un cancello secondario situato
a cinquanta metri dalla stazione ferroviaria. Treni bloccati e segnale
lanciato: noi non ci arrendiamo e resisteremo un minuto in più di chi
vuol imporci questa base, anche se di fronte a noi vengono schierati
musi duri e manganelli.


Il Questore, questa sera, si è assunto la responsabilità di far
picchiare donne e uomini a mani alzate; in gioco non è più soltanto il
futuro del Dal Molin e la salvaguardia dell'ambiente. La posta in gioco
è la democrazia: da una parte l'imposizione, dall'altra la
partecipazione. Questa sera ha vinto la seconda.

 
 
 
 
 

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