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Messaggi di Settembre 2008

La mis-siciliana e anche rossa eheeheh(auguri alla Catanese)

Post n°744 pubblicato il 14 Settembre 2008 da hesse8
Foto di hesse8

Miss Italia è di Acireale


SALSOMAGGIORE (PARMA) - Miss Italia
2008 è la catanese Miriam Leone, 23 anni, di Acireale. È stata
incoronata a Salsomaggiore Terme dai due presidentissimi di giuria Andy
Garcia e Giancarlo Giannini, nella serata conclusiva del concorso
condotta in diretta su Raiuno da Carlo Conti. Nel rush finale a due ha
battuto un'altra catanese, la diciannovenne Marianna Di Martino De
Cecco. Terza l'udinese Athina Covassi, 18 anni.

Miriam Leone,
nata il 14 aprile '85, ha occhi verdi, capelli rosso-rame (una
caratteristica insolita per Miss Italia) ed è alta 1,76. Era arrivata a
Salso con il titolo di 'Prima Miss dell'Anno 2008' (era stata eletta
nella notte di San Silvestro su Raiuno da Rimini, nel programma
condotto anche in quel caso da Carlo Conti).

Eliminata martedì
scorso, alla prima delle quattro finali di Miss Italia, Miriam è stata
ripescata all'inizio dell'ultima diretta tv, prima del 'rush' della
finalissima. Ha vinto anche la fascia di Miss Cinema, che ora dovrà
cedere - come da regolamento - alla seconda classificata, Valentina
Mio, 18 anni, bionda friulana di Pordenone che vive a Porcia.

"Credo
che il cinema ti porterà fortuna", ha augurato in diretta a Miriam il
presidente della giuria tecnica, Enrico Lucherini. Sarà comunque la neo
Miss Italia - ha precisato Patrizia Mirigliani - a seguire il corso di
recitazione gratuito di tre mesi negli Usa, in uno dei celebri 'The Lee
Strasberg Theater Institute' a Los Angeles o New York, che ha vinto
come prima Miss Cinema.

Miriam Leone si è diplomata al liceo
classico e frequenta la facoltà di Lettere a Catania, indirizzo 'arti e
spettacolo': le mancano due esami per laurearsi. Intanto lavora in una
radio locale e nel tempo libero scrive poesie e fa trekking sull'Etna.
"Vorrei anche lanciarmi con il parapendio - ha confidato - per provare
la sensazione di volare".

Ad Acireale vive con la famiglia: il
padre Ignazio (insegnante in pensione), la mamma Gabriella (impiegata)
e il fratello Sergio, 19 anni, studente di pianoforte al Conservatorio
di Catania. Senza dimenticare il gatto Gaetano, detto 'Ninni'. Della
sua Sicilia ama in particolare Leonardo Sciascia e, nella musica,
Carmen Consoli.

Già a gennaio Miriam sognava la corona, mai
poggiata sul capo di una ragazza dai capelli rossi perchè, sostiene
lei, il prototipo della rossa "è meno rassicurante e non è facilmente
associato ad una ragazza acqua e sapone". Il suo caso - si disse allora
- potrebbe essere l'eccezione che conferma la regola. Così è stato.

 
 
 

L' Italia va' bene (lo dice il Berluska "vive il suo mondo aziendale")

Post n°743 pubblicato il 12 Settembre 2008 da hesse8


Indagine Acli: gli italiani sempre più poveri

 poveri, povertà, povero (ansa)

Sempre
più poveri. Sempre più in condizione di incertezza sociale. Negli
ultimi cinque anni sei italiani su dieci sentono peggiorata la loro
condizione economica. Mentre in tre anni, dal 2005 al 2008, il popolo
della quarta settimana è cresciuto del 14%. Sono alcuni dei dati che
certificano il clima di incertezza sociale ed economica del Paese
emersi dall'indagine esplorativa presentata dalle Acli venerdì 12
settembre a Perugia, nel corso della seconda giornata del convegno
nazionale di studi, dedicata al tema della destra e della sinistra
'dopo le ideologie', tra 'nuove paure e nuove povertà'.

Il 45%
degli italiani, prosegue l'indagine, dichiara di aver avuto difficoltà
nell`ultimo anno nell`acquisto di beni o servizi di prima necessità
(qualche volta, 35%, spesso, 10%). Lo stesso dato, registrato nel 2005
dall'Iref, l'istituto di ricerca delle Acli, si fermava al 31%.
Rispetto a 5 anni fa sentono peggiorata la loro condizione economica il
61% dei cittadini (soprattutto pensionati, operai, artigiani e piccoli
esercenti). Solo il 6% del campione (1500 individui rappresentativi
della popolazione italiana, intervistati dall'Iref nel mese di luglio)
ha risposto indicando un miglioramento.

Il futuro incerto e
carico di rischi deprime, quindi, 6 italiani su 10, che dicono di
ritenere «inutile fare progetti impegnativi per sé e per la propria
famiglia». Si sentono appartenenti al ceto medio il 51% degli
intervistati, al ceto popolare il 39%, alla classe dirigente il 4%.
Esiste un 'ceto medio impoverito' che sente fortemente peggiorata la
propria condizione (79%), più di quanto non l'avvertano gli stessi
appartenenti al ceto popolare (74%). La prima preoccupazione degli
italiani sul lavoro è legata al reddito.

Il fatto di non
riuscire a guadagnare abbastanza per arrivare alla fine del mese è il
primo pensiero per il 42% degli intervistati. La precarietà è l'incubo
per il 36% degli italiani: il 20% preoccupati di non riuscire ad
ottenere un impiego continuativo e sicuro, il 16% con la paura di
perdere il lavoro Con l'incertezza economica e sociale cresce il clima
di sfiducia e di insicurezza anche nelle relazioni quotidiane e
personali.
Sul lavoro la fiducia nei colleghi sopravanza la
diffidenza di pochi decimi di punto (40,2% contro 39,6%, mentre il
20,2% degli intervistati è indeciso).

Ci si fida (molto o
abbastanza) dei parenti (85%), dei vicini (74%), ma per il resto si
vive sul chi va là, se a stento 1 italiano 2 (50,5%) due dichiara di
nutrire fiducia nei confronti della gentè in generale. Nei confronti
degli immigrati che vivono nel proprio quartiere il grado di fiducia,
com`era prevedibile, è ancora più basso (36%). È alto anche il livello
di preoccupazione sui rischi connessi alla criminalità. Gli italiani
temono di subire furti in casa (molto + abbastanza, 62%), di essere
aggrediti da un malvivente sconosciuto (62%), di rimanere vittima di
scippi e borseggi (61%). Solo nel caso delle truffe il valore dei
molto/abbastanza preoccupati scende sotto la soglia del 60% (55).

Solo
il 3% degli intervistati, tuttavia, mostra fiducia nella difesa
autorganizzata dei cittadini, come ad esempio le ronde. Gli italiani
chiedono senz'altro pene più severe contro la criminalità e il pugno di
ferro delle forze dell`ordine (46%), ma si dicono anche consapevoli
(44%) che è necessario anche agire sulle cause e spingono le persone a
delinquere.

 
 
 

Continua+ Saviano

Post n°741 pubblicato il 10 Settembre 2008 da hesse8

La verità, la sola oscena verità che, in ore come queste, appare con
tragica evidenza è che Roberto Saviano è un uomo solo. Non so se sia
giusto dirlo già un uomo immaginando o pretendendo di rintracciare
nella sua personalità, nella sua fermezza d'animo, nella sua stessa
fisicità la potenza sorprendente e matura del suo romanzo, Gomorra.
Roberto è ancora un ragazzo, a vederlo. Ha un corpo minuto, occhi
sempre in movimento. Sa essere, nello stesso tempo, malizioso e
insicuro, timidissimo e scaltro. La sua è ancora una rincorsa verso se
stesso e lungo questo sentiero è stato catturato da uno straordinario
successo, da un'imprevedibile popolarità, dall'odio assoluto e
assassino di una mafia, dal rancore dei quietisti e dei pavidi,
dall'invidia di molti. Saranno forse queste le ragioni che spiegano
come nel suo volto oggi coabitino, alternandosi fraternamente, le rughe
della diffidenza e le ombre della giovanile fiducia di chi sa che la
gioia - e non il dolore - accresce la vita di un uomo. "Sai, questa
bolla di solitudine inespugnabile che mi stringe fa di me un uomo
peggiore. Nessuno ci pensa e nemmeno io fino all'anno scorso ci ho mai
pensato. In privato sono diventato una persona non bella: sospettoso,
guardingo. Sì, diffidente al di là di ogni ragionevolezza. Mi capita di
pensare che ognuno voglia rubarmi qualcosa, in ogni caso raggirarmi,
"usarmi". E' come se la mia umanità si fosse impoverita, si stesse
immeschinendo. Come se prevalesse con costanza un lato oscuro di me
stesso. Non è piacevole accorgersene e soprattutto io non sono così,
non voglio essere così. Fino a un anno fa potevo ancora chiudere gli
occhi, fingere di non sapere. Avevo la legittima ambizione, credo, di
aver scritto qualcosa che mi sembrava stesse cambiando le cose. Quella
mutazione lenta, quell'attenzione che mai era stata riservata alle
tragedie di quella terra, quell'energia sociale che - come
un'esplosione, come un sisma - ha imposto all'agenda dei media di
occuparsi della mafia dei Casalesi, mi obbligava ad avere coraggio, a
espormi, a stare in prima fila. E' la mia forma di resistenza, pensavo.
Ogni cosa passava in secondo piano, diventava di serie B per me.
Incontravo i grandi della letteratura e della politica, dicevo quello
che dovevo e potevo dire. Non mi guardavo mai indietro. Non mi
accorgevo di quel che ogni giorno andavo perdendo di me. Oggi, se mi
guardo alle spalle, vedo macerie e un tempo irrimediabilmente perduto
che non posso più afferrare ma ricostruire soltanto se non vivrò più,
come faccio ora, come un latitante in fuga. In cattività, guardato a
vista dai carabinieri, rinchiuso in una cella, deve vivere Sandokan,
Francesco Schiavone, il boss dei Casalesi. Se lo è meritato per la
violenza, i veleni e la morte con cui ha innaffiato la Campania, ma
qual è il mio delitto? Perché io devo vivere come un recluso, un
lebbroso, nascosto alla vita, al mondo, agli uomini? Qual è la mia
malattia, la mia infezione? Qual è la mia colpa? Ho voluto soltanto
raccontare una storia, la storia della mia gente, della mia terra, le
storie della sua umiliazione. Ero soddisfatto per averlo fatto e
pensavo di aver meritato quella piccola felicità che ti regala la virtù
sociale di essere approvato dai tuoi simili, dalla tua gente. Sono
stato un ingenuo. Nemmeno una casa, vogliono affittarmi a Napoli.
Appena sanno chi sarà il nuovo inquilino si presentano con la faccia
insincera e un sorriso di traverso che assomiglia al disprezzo più che
alla paura: sono dispiaciuti assai, ma non possono.... I miei amici, i
miei amici veri, quando li ho finalmente rivisti dopo tante fughe e
troppe assenze, che non potevo spiegare, mi hanno detto: ora basta, non
ne possiamo più di difendere te e il tuo maledetto libro, non possiamo
essere in guerra con il mondo per colpa tua? Colpa, quale colpa? E' una
colpa aver voluto raccontare la loro vita, la mia vita?".

Piacciono poco, da noi, i martiri.
Morti e sepolti, li si può ancora, periodicamente, sopportare. Vivi,
diventano antipatici. Molto antipatici. Roberto Saviano è molto
antipatico a troppi. Può capitare di essere infastiditi dalla sua
faccia in giro sulle prime pagine. Può capitare che ci si sorprenda a
pensare a lui non come a una persona inseguita da una concreta minaccia
di morte, a un ragazzo precipitato in un destino, ma come a una
personalità che sa gestire con sapienza la sua immagine e fortuna.
Capita anche in queste ore, qui e lì. E' poca, inutile cosa però
chiedersi se la minaccia di oggi contro Roberto Saviano sia attendibile
o quanto attendibile, più attendibile della penultima e quanto di più?
O chiedersi se davvero quel Giuseppe Setola lo voglia disintegrare,
prima di Natale, con il tritolo lungo l'autostrada Napoli-Roma o se gli
assassini si siano già procurati, come dice uno di loro, l'esplosivo e
i detonatori. O interrogarsi se la confidenza giunta alle orecchie
delle polizie sia certa o soltanto probabile.
E' poca e inutile cosa,
dico, perché, se i Casalesi ne avranno la possibilità, uccideranno
Roberto Saviano. Dovesse essere l'ultimo sangue che versano. Sono
ridotti a mal partito, stressati, accerchiati, incalzati, impoveriti e
devono dimostrare l'inesorabilità del loro dominio. Devono poter
provare alla comunità criminale e, nei loro territori, ai "sudditi" che
nessuno li può sfidare impunemente senza mettere nel conto che alla
sfida seguirà la morte, come il giorno segue la notte.





Lo sento addosso come un cattivo odore l'odio che mi circonda. Non è
necessario che ascolti le loro intercettazioni e confessioni o legga
sulle mura di Casale di Principe: "Saviano è un uomo di merda". Nessuno
da quelle parti pensa che io abbia fatto soltanto il mio dovere, quello
che pensavo fosse il mio dovere. Non mi riconoscono nemmeno l'onore
delle armi che solitamente offrono ai poliziotti che li arrestano o ai
giudici che li condannano. E questo mi fa incazzare. Il discredito che
mi lanciano contro è di altra natura. Non dicono: "Saviano è un
ricchione". No, dicono, si è arricchito. Quell'infame ci ha messo sulla
bocca degli italiani, nel fuoco del governo e addirittura
dell'esercito, ci ha messo davanti a queste fottute telecamere per
soldi. Vuole soltanto diventare ricco: ecco perché quell'infame ha
scritto il libro. E quest'argomento mette insieme la parte sana e
quella malata di Casale. Mi mette contro anche i miei amici che mi
dicono: bella vita la tua, hai fatto i soldi e noi invece tiriamo
avanti con cinquecento euro al mese e poi dovremmo difenderti da chi ti
odia e ti vuole morto? E perché, diccene la ragione? Prima ero ferito
da questa follia, ora non più. Non mi sorprende più nulla. Mi sembra di
aver capito che scaricando su di me tutti i veleni distruttivi,
l'intera comunità può liberarsi della malattia che l'affligge, può
continuare a pensare che quel male non ci sia o sia trascurabile; che
tutto sommato sia sopportabile a confronto delle disgrazie provocate
dal mio lavoro. Diventare il capro espiatorio dell'inciviltà e
dell'impotenza dei Casalesi e di molti italiani del Mezzogiorno mi
rende più obiettivo, più lucido da qualche tempo. Sono solo uno
scrittore, mi dico, e ho usato soltanto le parole. Loro, di questo,
hanno paura: delle parole. Non è meraviglioso? Le parole sono
sufficienti a disarmarli, a sconfiggerli, a vederli in ginocchio. E
allora ben vengano le parole e che siano tante. Sia benedetto il
mercato, se chiede altre parole, altri racconti, altre rappresentazioni
dei Casalesi e delle mafie. Ogni nuovo libro che si pubblica e si vende
sarà per loro una sconfitta. E' il peso delle parole che ha messo in
movimento le coscienze, la pubblica opinione, l'informazione. Negli
anni novanta, la strage di immigrati a Pescopagano - ne ammazzarono
cinque - finì in un titolo a una colonna nelle cronache nazionali dei
giornali. Oggi, la strage dei ghanesi di Castelvolturno ha costretto il
governo a un impegno paragonabile soltanto alla risposta a Cosa Nostra
dopo le stragi di Capaci e di via D'Amelio. Non pensavo che potessimo
giungere a questo. Non pensavo che un libro - soltanto un libro -
potesse provocare questo terremoto. Subito dopo però penso che io devo
rispettare, come rispetto me stesso, questa magia delle parole. Devo
assecondarla, coltivarla, meritarmela questa forza. Perché è la mia
vita. Perché credo che, soltanto scrivendo, la mia vita sia degna di
essere vissuta. Ho sentito, per molto tempo, come un obbligo morale
diventare un simbolo, accettare di essere al proscenio anche al di là
della mia voglia. L'ho fatto e non ne sono pentito. Ho rifiutato due
anni fa, come pure mi consigliavano, di andarmene a vivere a New York.
Avrei potuto scrivere di altro, come ho intenzione di fare. Sono
restato, ma per quanto tempo dovrò portare questa croce? Forse se
avessi una famiglia, se avessi dei figli - come li hanno i miei "angeli
custodi", ognuno di loro non ne ha meno di tre - avrei un altro
equilibrio. Avrei un casa dove tornare, un affetto da difendere, una
nostalgia. Non è così. Io ho soltanto le parole, oggi, a cui
provvedere, di cui occuparmi. E voglio farlo, devo farlo. Come devo -
lo so - ricostruire la mia vita lontano dalle ombre. Anche se non ho il
coraggio di dirlo, ai carabinieri di Napoli che mi proteggono come un
figlio, agli uomini che da anni si occupano della mia sicurezza. Non ho
il cuore di dirglielo. Sai, nessuno di loro ha chiesto di andar via
dopo quest'ultimo allarme, e questa loro ostinazione mi commuove. Mi
hanno solo detto: "Robe', tranquillo, ché non ci faremo fottere da
quelli là"".





A chi appartiene la vita di Roberto? Soltanto a lui che può perderla?
Il destino di Saviano - quale saranno da oggi i suoi giorni, quale sarà
il luogo dove sceglierà, "per il momento", di scrivere per noi le sue
parole necessarie - sono sempre di più un affare della democrazia
italiana.


La sua vita disarmata - o armata soltanto di parole - è caduta in
un'area d'indistinzione dove sembra non esserci alcuna tradizionale
differenza tra la guerra e la pace, se la mafia può dichiarare guerra
allo Stato e lo Stato per troppo tempo non ha saputo né cancellare
quella violenza sugli uomini e le cose né ripristinare diritti
essenziali. A cominciare dal più originario dei diritti democratici: il
diritto alla parola. Se perde Saviano, perderemo irrimediabilmente
tutti.

 
 
 

Dal sito del PdCI nazionale

Post n°740 pubblicato il 08 Settembre 2008 da hesse8

Palermi: 8 settembre. La Russa e Alemanno vergogna italiana


Ufficio Stampa


Roma 8 settembre 2008


Una
vergogna italiana: i fascisti di oggi difendono i fascisti di ieri, la
guerra, le torture, le leggi razziali (per le quali si dice che è stata
solo un’esagerazione), le persecuzioni, la carneficina a cui l’Italia
fu sottoposta a causa delle scelte del regime dittatoriale fascista. Il
sindaco della Capitale insulta Roma, la sua storia o suoi morti. E
gravissime anche le affermazioni di un ministro, il ministro della
Difesa, che difende la memoria dell’esercito di Salò, l’esercito della
vergogna. A La Russa ricordiamo che egli è un ministro della Repubblica
Italiana e non della Repubblica di Salò, ed oggi è ministro perché
vinse la repubblica antifascista. Dopo le sue parole in un paese
democratico non ci sarebbero altro che le dimissioni.

 
 
 

Il grande Saviano a Mantova per il festival della letteratura

Post n°738 pubblicato il 07 Settembre 2008 da hesse8

NodalMolin aggrediti dalla polizia clicca


L'EVENTO SPECIALE
Saviano, grande attesa al Festival

A
sorpresa, per ragioni di sicurezza, l'autore di 'Gomorra' sarà ospite
della rassegna il 7 settembre. Ha detto: "Racconterò come vive uno
scrittore sotto scorta"



E'
stata annunciata a sorpresa per ragioni di sicurezza la partecipazione
straordinaria di Roberto Saviano come ospite dell'evento finale della
rassegna letteraria. L'autore di 'Gomorra', il reportage sul sistema
economico della camorra in testa alle classifiche, da due anni vive
sotto scorta per il suo impegno contro i clan. Il suo intervento, sul
quale si concentrerà l'attenzione dei tanti visitatori della kermesse,
è previsto al Teatro Sociale alle 21 di domani, domenica 7 settembre.


"Voglio raccontare al pubblico - ha detto Saviano nell'annunciare la
sua presenza - come vive uno scrittore dopo due anni sotto scorta.
Voglio fare un racconto dell'Italia che vive in prima fila la lotta
contro i clan e di come la parola letteraria si è opposta a loro". Lo
scrittore, che sta preparando il suo intervento, non rilascia altre
dichiarazioni sui temi che affronterà

 
 
 

Licenziati con 1 sms(quando si dice la tecnologia)

Post n°737 pubblicato il 05 Settembre 2008 da hesse8






Licenziamento tecnologicamente avanzato via sms, «non presentatevi, l'azienda è chiusa»













Otto lavoratori di Reggio Emilia vengono licenziati con questo messaggino

Image

Immaginate
di ricevere sul cellulare un sms con una frase del tipo «La fabbrica
chiude, potete evitare di ripresentarvi al lavoro domani».
Probabilmente pensereste ad uno scherzo, di cattivo gusto, ma pur
sempre uno scherzo



E invece no, è quanto successo ad otto dipendenti della Creativity
Tiles, piccola azienda artigianale che produceva pezzi speciali
ceramici e lapidei, con sede a Fora di Cavola (Reggio Emilia) che si
sono visti comunicare la cessazione di attività ed il conseguente
licenziamento con un sms sui cellulari. Messaggio tra l'altro neppure
inviato dai titolari, ma da uno studio, cui è stato affidato il compito
dai titolari di gestire la crisi. «La Creativity Tiles ha chiuso
l’attività per mancanza di lavoro e debiti ed ha affidato al nostro
studio le quote e la ricerca di una soluzione a tale crisi. La
preghiamo di non andare inutilmente al lavoro domani e di rivolgersi da
domattina in poi a questo numero… (studio legale)» è il laconico testo
del messaggio.

La Creativity Tiles è, o era, una fabbrica
artigianale, che produceva pezzi speciali ceramici e lapidei, aveva da
tempo problemi, con pochi addetti, motivo per cui non esiste la
possibilità di attivare gli ammortizzatori sociali.
Gli otto operai
in questione erano quelli rimasti dopo alcuni licenziamenti e
dimissioni nei mesi scorsi. La notizia della vicenda è stata diffusa da
esponenti della Fillea-Cgil.

La Cgil per voce di Dusca Bonini si
dice sconcertata, trovandosi di fronte ad una situazione mai vista
prima: «Un episodio di una scorrettezza clamorosa, purtroppo è la spia
di una situazione economica grave che coinvolge non solo i livelli
locali ma anche modelli produttivi nazionali ed internazionali: si è
lasciata la regolamentazione dell'economia solo al mercato con gli
imprenditori che ormai chiedono solo risparmio e liberalizzazione dello
sfruttamento dei lavoratori, i quali ormai per un posto, per mangiare,
sono disposti a tutto».

 
 
 

Ken Loach scrive ai No-daMolin

Post n°736 pubblicato il 04 Settembre 2008 da hesse8

Ken_Loach.jpg

[...] Come sapete, penso che abbiate assolutamente ragione ad opporvi alla costruzione della base americana.

Perché gli Stati Uniti hanno bisogno della base? La ragione la
conosciamo. Gli Stati Uniti vogliono imporre con la forza militare la
propria volontà in tutto il mondo, in particolare nell'Europa dell'Est
e nei paesi mediorientali ricchi di petrolio.

Useranno la vostra terra come hanno usato la nostra, per i loro scopi, senza curarsi dei diritti delle popolazioni locali.


Perché i nostri politici non si oppongono? Perché appoggiano gli
interessi del capitale e delle multinazionali che gli Stati Uniti
rappresentano.

Tutto viene sacrificato a questo principio. I politici sono come dei
ragazzini che seguono il bulletto della scuola e che hanno paura di
dargli contro.


Come possiamo resistere? Be', penso che voi ci stiate riuscendo
bene. Dobbiamo mobilitare la forza collettiva dei lavoratori con una
leadership dotata di un forte senso etico e che non li tradirà.

Più facile a dirsi che a farsi – ma non mi viene in mente nessun altro modo.

Buona fortuna! Spero che tutti coloro che credono nella pace, nella giustizia e nella democrazia vi diano il loro sostegno!


I miei migliori auguri,
Chi è Ken Loach

 
 
 

Presentazione libro "Un posto civile" smilitarizziamo la sicilia

Post n°735 pubblicato il 02 Settembre 2008 da hesse8

 


Un Posto Civile


E’
per questa sera la presentazione del libro “Un posto civile", un libro
di Antonello Mangano, edizioni terrelibere.org – in collaborazione con
la “Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella”.

Interverranno: Francesca Longo (Docente di Politica dell`Unione Europea
all`Università di Catania), Gaetano Ventimiglia (lavoratore civile
aeroporto di Sigonella), Natya Migliori (giornalista).

Nel corso dell’incontro sarà presentato il progetto “Morire a Lentini”,
una video-inchiesta a cura di Natya Migliori e Giacomo Grasso

Diretta web è su www.terrelibere.org



 
 
 

Tragedia sul lavoro: 2 operai della ferrovia travolti dal treno

Post n°734 pubblicato il 01 Settembre 2008 da hesse8

Catania, due ferrovieri travolti da un regionale

Erano
al lavoro alla stazione ferroviaria di Motta Sant’Anastasia, quando il
regionale Catania-Palermo li ha travolti e uccisi. Sono morti così due
operai delle Fs, Giuseppe Virgillito, 35 anni, e Fortunato Calabrese,
58.

Secondo una prima ricostruzione, i due lavoratori
indossavano le cuffie antirumore e per questo non hanno sentito i
fischi che avvisavano dell’arrivo del treno. Il macchinista si sarebbe
accorto della presenza dei due operai sui binari e avrebbe attivato il
freno di emergenza, senza riuscire ad evitare l'impatto. Gli agenti
della PolFer stanno ora indagando sulla dinamica.

Sull'incidente
interviene Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro e ora parlamentare
del PD, che esprime il cordoglio dei democratici. «La situazione -
scrive Damiano - conferma l`esigenza di tenere alta la guardia sul tema
della sicurezza nei luoghi di lavoro. Questo argomento non può
ritornare nel silenzio e nell'oblio di qualche anno fa, né si può
consentire che vengano smantellate pezzo a pezzo le tutele che il
governo Prodi ha definito e consolidato nel testo unico sulla salute e
sicurezza, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il primo maggio scorso».
E ribadisce l'impegno del Partito Democratico in questa battaglia:
«Continueremo la nostra battaglia contro la precarietà, contro il
lavoro nero e per la sicurezza dei lavoratori. Per questo la nostra
iniziativa d`autunno avrà fra i suoi temi fondamentali la difesa e la
integrale applicazione del testo unico sulla salute e sicurezza, sul
quale il governo è intervenuto negativamente; per l'approvazione, entro
la fine dell'anno, del decreto sui lavori usuranti; per l'approvazione
del dispositivo, già finanziato nel testo unico, di costituzione di un
fondo per i familiari delle vittime sul lavoro».

Di «emergenza» parla anche Claudio Fava, coordinatore nazionale di Sinistra Democratica: «L'avevamo
detto
solo pochi giorni fa: in Italia esiste un problema sicurezza. Che però
non si affronta né con i militari né prendendo le impronte ai bambini
rom. È la vergognosa strage degli infortuni sul lavoro la vera
emergenza sicurezza in Italia».

 
 
 
 
 

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