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Messaggi di Dicembre 2008

Il Vaticano dice no alla pillola arbotiva(la scelta e' della donna no di altri)

Post n°805 pubblicato il 15 Dicembre 2008 da hesse8





No di Vaticano e governo alla pillola abortiva Ru486












Ma il via libera definitivo dell'Aifa dovrebbe arrivare questa settimana

Image
Il probabile arrivo in Italia - ultima insieme ad Irlanda e Portogallo
in tutta Europa a renderla accessibile - della pillola abortiva Ru486
sta suscitando il solito putiferio politico-ecclesiastico



A partire dall'anno prossimo infatti potrebbe finalmente entrare in
commercio l'Ru486 e proprio nel giro di questa settimana l’Aifa,
l’Agenzia del farmaco, esaminerà il dossier per darne il via libera
definitivo. Netta la condanna del Vaticano che per bocca del cardinale
Javier Lozano Barragan si scaglia contro l'aborto «in qualsiasi forma
esso venga praticato a casa o in clinica, perché si uccide un essere
innocente». E ancora la pillola RU486 «non è innocente per la salute
delle donne». Ma a ben vedere non è solo la Chiesa a rivoltarsi contro
una pratica farmacologica che eviterebbe un intervento chirurgico a
colei che decide, espletando un suo diritto sancito da una legge dello
Stato, di abortire.

Anche la politica, ormai sempre più
influenzata dai moniti d'Oltretevere, lancia subdoli appelli contro
l'utilizzo della pillola abortiva in nome non dell'etica cattolica ma
della salute stessa. Così la sottosegretaria al Welfare Eugenia
Roccella ribadisce i suoi dubbi sulla pericolosità del farmaco per le
donne e un'altra esponente del governo, il ministro Giorgia Meloni,
afferma che «sempre di aborto si tratta. La Ru486 è l'interruzione di
una gravidanza già iniziata, ed è un farmaco che presenta gravi rischi
per le donne che lo assumono».

Un “attenzione donne fa male” per
un farmaco invece la cui efficacia e sicurezza è ritenuta ampiamente
testata; proprio quest'anno l’Emea, l’Agenzia Europea del controllo sui
farmaci, ha ribadito la sicurezza della pillola. Inoltre il medicinale
dovrà essere somministrato in ospedale con l’obbligo di almeno un
giorno di ricovero, in coerenza con la Legge 194 che regola l’aborto.
L'ennesimo tentativo questa volta non di bloccarla, dato che l'iter è
ormai arrivato a conclusione, ma di delegittimarla, d'altronde dove non
arriva la politica arriva la fede...

C. C.

 
 
 

Sigonella sempre + armata

Post n°804 pubblicato il 13 Dicembre 2008 da hesse8

È ufficiale: a Sigonella i Global Hawk dell’US Air Force
 http://calabria.indymedia.org/attachments/dec2008/1248748761_bca5ce85fc_m49421d0a3cbf5.jpg




di Antonio Mazzeo


Era nell'aria. A Washington si vociferava che la base siciliana di
Sigonella fosse destinata ad ospitare i "Global Hawk", l'ultima
generazione di velivoli senza pilota destinati alla sorveglianza aerea
e alla conduzione delle operazioni di guerra delle forze armate USA.
Ciononostante, prima il governo

Prodi, poi quello Berlusconi, hanno scelto di nascondere il progetto al
parlamento e al popolo italiano. Adesso c'è però una conferma ufficiale
che proviene direttamente dal "nostro" alleato d'oltreoceano: i Global
Hawk giungeranno in Sicilia. Il 2 giugno 2008 giungeva un messaggio al
Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Vincenzo Camporini. A
scrivere era il Comandante supremo delle forze armate degli Stati Uniti
in Europa (USEUCOM), generale Bants J. Craddock. Il massimo
rappresentante militare statunitense nel vecchio continente coglieva
l'occasione della festa della Repubblica per ringraziare i colleghi
italiani.

"La leadership dell'Italia all'interno della Nato e il deciso sostegno
alle operazioni in Afghanistan e nei Balcani sono prova del vostro
impegno per la pace e la stabilità nel mondo", scriveva il generale
Craddock. "Io vi sono particolarmente grato per l'amicizia con cui
operiamo congiuntamente ed in particolare vi voglio ringraziare per
avere approvato la nostra richiesta per i velivoli Global Hawk a
Sigonella". Il testo rivelatore deve aver tanto imbarazzato lo Stato
Maggiore che del messaggio non si fa nota in nessuno dei comunicati
emessi a margine della parata di guerra ai Fori Imperiali. Ma
l'attestato di gratitudine è lì, nell'archivio del Ministero della
difesa, a suggello dell'ennesimo atto di sudditanza dei governanti
d'Italia alle follie militari di Washington.


Quando sia stata approvata la concessione dell'uso del territorio
nazionale per i famigerati aerei senza pilota protagonisti di centinaia
di operazioni di bombardamento contro obiettivi civili e militari in
Afghanistan e Iraq non è dovuto sapere. Di certo, accanto alle
colpevoli omissioni di ben due governi

"antagonisti", vanno pure segnalate le gravissime bugie della casta
militare del nostro paese. Il 31 marzo 2008, due mesi prima cioè del
ringraziamento del generale Bants J. Craddock, a Sigonella si era
recato per un'ispezione Salvatore Cannavò, parlamentare di Sinistra
Critica-PRC. Ad accoglierlo il comandante della base, colonnello
Antonio Di Fiore, contestualmente comandante del 41° Stormo
dell'Aeronautica militare italiana, la stessa forza armata da cui
proviene il generale Camporini. Interrogato sulla veridicità del piano

d'insediamento dei Global Hawk a Sigonella, il colonnello Di Fiore
negava fermamente la questione. "La gestione di quel tipo di aerei
senza pilota non è compatibile col traffico civile del vicino aeroporto
civile di

Catania-Fontanarossa", spiegava il militare. "Smentisco inoltre che
nella base possa essere installato il nuovo sistema satellitare MUOS.
Le antenne del radar MUOS non sono pensabili qui", disse Di Fiore,
omettendo che era già stato deciso il trasferimento dell'impianto dalle
pericolosissime onde

elettromagnetiche nella vicina stazione di telecomunicazione USA di
Niscemi (Caltanissetta), proprio nel bel mezzo di una riserva naturale
regionale. Stando quanto preannunciato dal Comando dell'US Air Force in
Germania, a Sigonella opererà uno squadrone con cinque velivoli. Nella
base siciliana sarà pure realizzato il Global Hawk Aircraft Maintanance
and Operations Complex, il complesso per le operazioni di manutenzione
degli aerei senza pilota che US Air Force e US Navy schiereranno
periodicamente per missioni di spionaggio e "anti-terrorismo" in
Europa, Medio Oriente e continente africano.


I Global Hawk hanno assunto un ruolo determinante nelle strategie di
guerra degli Stati Uniti d'America. Realizzati negli stabilimenti della
Northrop Grumman di San Diego (California) e della Raytheon Systems di
Falls Church, Virginia, possiedono grande autonomia di volo ed un
estesissimo raggio di azione. I Global Hawk sono strumenti teleguidati
con caratteristiche simili ai missili da crociera Cruise, poiché volano
secondo mappe predeterminate che possono mutare in qualsiasi momento su
ordine dei centri operativi terrestri. Il nuovo velivolo senza pilota
sarà il nucleo vitale del sistema AGS - Alliance Ground Surveillance
(sorveglianza alleata terrestre), che la Nato prevede di rendere
operativo sin dal prossimo anno. Il sistema diverrà lo strumento
d'intelligence prioritario per gli interventi della Forza di Risposta
Nato (NRF) attivata recentemente dall'Alleanza Atlantica. Il ministro
della difesa La Russa vuole a tutti i costi che il Centro di comando
AGS venga ospitato in Italia. Dove? Ma a Sigonella naturalmente.


 


 
 
 

Sciopero generale in tutta la Sicilia

Post n°803 pubblicato il 11 Dicembre 2008 da hesse8
Foto di hesse8

(ASCA) - Palermo, 11 dic - Nove manifestazioni, una per
provincia, si terranno domani in Sicilia nel giorno dello
sciopero generale indetto dalla Cgil per chiedere al governo
Berlusconi una politica economica e sociale che aiuti il
paese, le famiglie, i soggetti piu' deboli ad uscire dalla
crisi. Alla vigilia della protesta, il segretario generale
della Cgil siciliana, Italo Tripi, (che domani terra' il
comizio a Siracusa) esprime soddisfazione per ''il consenso
trasversale registrato sulla piattaforma della Cgil, che
segnala - afferma - il malessere reale che esiste nell'isola
dove la crisi si e' innestata su gia' difficili condizioni di
partenza''.

Usa toni duri, invece Tripi, nei confronti di chi ha
criticato apertamente lo sciopero di domani: ''Lo sciopero -
dice - e' uno strumento sindacale attraverso il quale i
lavoratori segnalano il proprio disagio e la propria
protesta. Noi - aggiunge - non abbiamo chiesto a nessun
partito di aderire allo sciopero, abbiamo chiesto solo una
valutazione sulla piattaforma. Stupisce dunque
l'atteggiamento di quei politici che piuttosto che esprimersi
sui contenuti hanno criticato lo strumento, fermandosi a
guardare il dito piuttosto che la luna. A questi - conclude
Tripi- diciamo che dovrebbero avere un po' di umilta' e fare
uno sforzo per capire i problemi dei lavoratori, invece di
soffermarsi sulle forme di lotta legittimamente
esercitate''.

Questo l'elenco delle manifestazioni di domani nell'isola: a
Palermo e' previsto un concentramento alle 9 a piazza Croci e
alle 11.30 a piazza Verdi il comizio della segretaria
confederale nazionale Vera Lamonica. A Catania, alle 9 a
piazza Dante il concentramento e alle 10.30 a piazza
Universita' il comizio di Paola Agnello Modica (segreteria
nazionale Cgil); a Messina l'appuntamento e' alle 9.30 in
piazza Antonello, poi il corteo e il comizio alle 11 del
segretario generale nazione della Flc, Mimmo Pantaleo. A
Siracusa, alle 9 il concentramento a piazza teatro Greco e
alle 10.30 in piazza Pancali il comizio del segretario
generale della Cgil Sicilia, Italo Tripi. Cortei e comizi
anche ad Agrigento, Gela (Caltanissetta), Enna, Ragusa,
Trapani (l'elenco dettagliato e' sul sito
www.sicilia.cgil.it).

 
 
 

La Grecia protesta è sciopero generale

Post n°802 pubblicato il 10 Dicembre 2008 da hesse8

Grecia, è sciopero generale: manifestazioni in tutto il Paese

 






La
giornata di sciopero generale convocata già da lunga data dalle grandi
confederazioni sindacali in Grecia rischia di accrescere ulteriormente
la tensione in un Paese che ha vissuto gli ultimi tre giorni in un
clima di gravi violenze e disordini. La polizia è in stato di massima
allerta. La manifestazione della potente COnfederazione generale dei
lavoratori greci (GSEE, 600.000 aderenti) e la Federazione dei
funzionari (ADEDY, 200.000 membri) inizierà alle 13 nel centro di
Atene. Caramanlis aveva chiesto ai sindacati di revocare lo sciopero in
considerazione della situazione di estrema tensione degli ultimi
giorni. Un'altra manifestazione è prevista in mattinata in seguito
all'appello delle sigle sindacali comuniste (PAME), sempre nel centro
della capitale.



Martedì il leader dell'opposizione socialista Georges Papandreu aveva
chiesto al primo ministro di sciogliere le camere e convocare elezioni
politiche anticipate. Lo sciopero di 24 ore, che avrà ripercussioni
soprattutto nel settore dei trasporti, contro la politica di austerità
promossa dal governo conservatore, vuole esercitare pressioni sul
governo di Costas Caramanlis, già indebolito dalla fiammata di violenze
seguite alla morte di Alexis Grigoropoulos, un ragazzo di 15 anni
ucciso sabato dal fuoco aperto da un poliziotto.



Martedì numerosi incidenti erano seguiti ai funerali del giovane, nella
periferia di Atene. Gli scontri tra studenti e polizia sono proseguiti
nella notte, con diverse incursioni verso l'esterno da parte degli
studenti che sono barricati all'interno delle facoltà di legge e del
Politecnico della capitale. Danneggiati un ufficio postale, una banca e
un'agenzia di viaggi nel centro della capitale. 55 persone sono state
fermate, alcune per violenze, altre per furti; fra i fermati anche 25
stranieri. Il sindaco della capitale, Nikitas Kaklamanis ha stimato in
360 il numero dei negozi danneggiati «parzialmente o interamente».



Anche a Salonicco, seconda città della Grecia, si sono verificati
scontri nel corso della notte fra la polizia e una cinquantina di
giovani barricati all'interno della facoltà di filosofia. Incidenti si
sono verificati anche a Patrasso, Larissa, Kalamata e Giannina. Nel
corso della notte la calma è tornata in tutte le città.

N.B. Ad uccidere Alexis(il 15 enne anarchico) è stato un proiettile di rimbalzo lo dice l' avvocato che difende l' agente

 
 
 

Consumate, consumate (lo ha detto un pirla)   

Post n°800 pubblicato il 06 Dicembre 2008 da hesse8

Censis: una famiglia su tre a rischio tracollo

 


Una famiglia su due teme la bancarotta per la crisi finanziaria che si
sta abbattendo sull’Italia e sul mondo.Due italiani su tre ormai
attendono i saldi, o vanno a caccia di promozioni e offerte, prodotti
senza marchio, discount. Oltre il 41 percento delle famiglie che ha un
mutuo ha problemi a pagare la rata mentre i consumi restano al palo,
cresce l’indebitamento e aumentano i morosi, quelli che non ce la fanno
a pagare l’affitto soprattutto nelle grandi città.



Il
42esimo rapporto del Censis presentato venerdì a Roma al Cnel fotografa
un Paese impaurito, non solo impoverito ma semiparalizzato dal timore
che la situazione economica sia in peggioramento. Sono quasi 12
milioni, il 48,8% del totale, le famiglie che «denunciano un concreto
rischio di default».



E il 41,7% degli italiani pensa che complessivamente usciremo male
dalla crisi perché non abbiamo alle spalle un sistema paese solido. Il
33,9% dichiara che intende risparmiare di più per fronteggiare la crisi
mentre il 25,2% sceglie il taglio radicale dei consumi.



Non si rinuncia al cellulare, a un mezzo per gli spostamenti che sia
l'automobile o la moto, a una vacanza l'anno di almeno una settimana.
Si cerca di non eliminare il dentista e le attività extrascolastiche
per i figli, dallo sport ai corsi di musica o inglese. Ma si taglia su
tutto il resto, dai capi d’abbigliamento agli hobby, dal ristorante al
parrucchiere.



Alla presentazione del presidente del Censis Giuseppe De Rita il 2008
viene definito «l’anno della paura». O meglio sarebbe dire, delle
paure. Si parla di una «mucillaggine priva di qualsiasi spinta
all'integrazione», di una società che vive una «regressione
antropologica» sempre maggiore, dominata da piccole e grandi paure:
dagli immigrati, alle rapine, dagli ubriachi al volante e al precariato
passando per quella enorme, una sorta di «panico generalizzato»,
indotta da una crisi finanziaria internazionale che non risparmia
niente e nessuno.



Ben il 71,7% degli italiani pensa che il terremoto dei mercati
finanziari potrà avere ripercussioni dirette sulla propria vita, solo
il 28,3% è convinto che ne uscirà indenne.



Le famiglie a rischio
Tra le famiglie che
denunciano un concreto rischio di default ci sono 2,8 milioni di
famiglie, l'11,8% del totale, che hanno investimenti in prodotti
rischiosi come azioni o quote di fondi comuni e di queste 1,7 milioni,
il 7,1% delle famiglie italiane, vi ha collocato più della metà dei
risparmi; quasi 2 milioni di famiglie, l'8,2% del totale, impegnate nel
pagamento del mutuo della casa in cui vivono e di queste 250mila
(l'1,1%) dichiarano di non riuscire a rispettare le scadenze di
pagamento o che hanno avuto difficoltà nel pagare le rate. Poi ci sono
quelli del credito al consumo; 3,1 milioni, il 12,8% del totale, si
sono indebitati per l'acquisto di beni di consumo e di queste 971mila,
il 4% del totale, hanno un debito superiore al 30% del reddito annuo
familiare mentre 3,873 milioni di famiglie, il 16% del totale non
possiede risparmi da impiegare eventualmente per fronteggiare spese
impreviste e rincari.



Il lavoro a rischio
Una delle paure più diffuse
riguarda la precarietà lavorativa. Più di un italiano su tre «considera
la propria occupazione a rischio» e questo timore cresce tra i
lavoratori flessibili, gli operai e i più giovani.



L'idea di perdere il lavoro preoccupa il 38,8% degli occupati,
percentuale che sale al 64,7% tra i lavoratori flessibili, al 54,1% tra
gli operati e al 44,3% tra chi ha meno di 30 anni. In generale, ciò che
preoccupa di più (il 71,1% degli italiani) è il rischio di dover
rinunciare in futuro al tenore di vita raggiunto. Il 62,2% teme di
doversi trovare nelle condizioni di non poter far fronte alle esigenze
di cura personali o di un famigliare. Più della metà (60,5%) indica al
terzo posto tra i possibili effetti del credit crunch la perdita dei
propri risparmi. Segue il timore di non riuscire a pagare il mutuo per
la casa (il 44,5% di chi ha contratto un mutuo) o le rate per gli
acquisti fatti con il credito al consumo (43% di chi ha fatto acquisti
rateali). Infine il 32,6% di italiani teme di dover essere costretto a
indebitarsi nel breve periodo.



Certo, ce la possiamo ancora fare ma non in questo stato di
prostrazione. De Rita avverte che il Paese deve avere una «reazione
vitale» di fronte a una crisi che investe tutti i sistemi socio
economici del mondo altrimenti rischia «che davvero la lunga durata
diventi luogo del rattrappimento e della rinuncia a un ulteriore
sviluppo».



«Occorrerebbe agire con strumenti idonei, a partire da una dilazione
delle scadenze di pagamento senza innalzare in modo spropositato i
tassi di interesse sulle tasse residue, fenomeno già ampiamente
verificatosi nell'arco degli ultimi due anni».



E poi bisogna migliorare la scuola, dove il fenomeno del bullismo
insieme alla diffusione dell’alcol tra gli adolescenti, si stanno
espandendo. La nostra scuola sta perdendo colpi come agente educativo
in genere. I livelli di competenza degli studenti italiani, dopo il
biennio delle scuole superiori, risultano «inadeguati» se confrontati a
quelli degli altri Paesi Ocse. Nonostante ciò, i primi risultati
dell'indagine del Censis, condotta su un panel di 441 dirigenti
scolastici di scuole secondarie di II grado, sembrano indicare «la
presenza nel corpo scolastico di elementi di vitalità e di proposte
costruttive e concrete per migliorare le performance della scuola».
Riguardo poi agli scarsi rendimenti scolastici e alla dispersione
particolarmente incidente nei primi anni delle superiori, «si registra
la tendenza ad individuare nella scuola secondaria di I grado -ovvero
la scuola media- l'anello debole della catena educativa».



I dati positivi non sono molti, ma pure qualcosina c’è
da segnalare. Gli italiani più maturi nel consumo di farmaci, ad
esempio. Sanno meglio delle generazioni precedenti come e quando usarli
in una diffusa propensione all'«autogestione misurata», sanno
abbastanza bene quando non servono o quando chiedere consulto a un
esperto.



Le donne acquisiscono ruolo e istruzione
. Nel
1950, le ragazze in età scolastica iscritte alla scuola superiore erano
solo 7 su 100, mentre oggi risalgono al 92%. Nel 1951 le donne attive
nel mercato del lavoro, tra i 15 ed i 64 anni, erano 21 su 100, mentre,
nel 2007, erano il 51 %. Sono aumentate soprattutto nelle professioni
intellettuali, dove le percentuali di donne occupate sono cresciute
negli ultimi tre anni: medici (35,7%) specialisti in scienze della vita
(55%), dirigenti di organizzazioni nazionali e sovranazionali (40,5%),
magistrati (26,3%), pubblici amministratori (47,2%), addetti ai servizi
di ricerca e sviluppo (44,5%), alle attività immobiliari e ai servizi
alle imprese (44,1%). Ma restano fuori dalle posizioni di vertice sia
in politica che nel governo economico, nelle aree a forte connotazione
tecnologica. Tra i legislatori, i dirigenti e gli imprenditori le donne
sono un quarto

rispetto ai colleghi uomini, mentre occupano più della metà delle posizioni esecutive.



Giovani, tutti computer e cellulare Se il sistema
Paese arretra nella penetrazione di Internet – dal 43 percento al 42
percento delle famiglie è collegata alla Rete ed è l’unico paese in
Europa a segnare un calo nella diffusione – c’è però una fascia, quella
dei giovani, dove invece c’è stato un vero e proprio boom dell’accesso
alle nuove tecnologie. I ragazzi italiani tra 14 e 29 anni sono quasi
quotidianamente collegati al web. C’è stato un salto tra il 2003 e il
2007 dell'utenza complessiva (uno o due contatti la settimana) in
questa fascia d’età, che è passata dal 61% all'83%, e l'uso abituale
(almeno tre volte la settimana) dal 39,8% al 73,8%.



Il cellulare è usato praticamente da tutti i giovani (il 97,2%), il
74,1% legge almeno un libro l'anno (esclusi ovviamente i testi
scolastici) e il 62,1% più di tre libri. Il 77,7% dei giovani legge un
quotidiano (a pagamento o free press) una o due volte la settimana (il
59,9% nel 2003), mentre il 57,8% legge almeno tre giornali la
settimana. La flessione che si registra nell'uso della televisione
tradizionale rispetto al 2003 (dal 94,9% all'87,9%) è ampiamente
compensata dall'incremento conosciuto in questi anni dalla tv
satellitare (dal 25,2% al 36,9% dei giovani).



Cambia il rapporto con il fine-vita. Un altro dato
positivo: le attività legate a donazione di organi e trapianti in
Italia rappresentano «un caso di eccellenza a livello internazionale»,
anche se è ancora lacunosa la «cultura della donazione». E qui spicca
il dato che vede, secondo il Censis, il 49,9% degli italiani favorevoli
«all'interruzione delle cure dei malati terminali».



La fabbrica della paura
I media hanno funzionato
come «fabbrica della paura», denuncia De Rita. Il 25,6% dei cittadini
dichiara infatti che la paura deriva dal fatto che giornali e
televisioni non parlano d'altro. Interrogati su quali sono i soggetti
responsabili dell'aumento dell'insicurezza, il 20,4% afferma che il
circuito informativo-mediatico cavalca le paure, attraverso la
presentazione selettiva delle notizie, per catturare l'audience. Prima,
però, secondo il Censis, vengono i politici, ritenuti tra coloro che
più fomentano le paure per distogliere l'attenzione dai problemi reali,
favorire il consenso, legittimare il proprio ruolo (la pensa così il
29,6%). In particolare, quasi un romano su due (47,8%) imputa ai media
la responsabilità di creare allarme sociale, più di un quarto (28,6%)
alla politica, mentre i gruppi terroristici vengono indicati solo dal
7%.



Trasgressione normalizzata
Di positivo c’è
ancora che il numero dei fumatori è diminuito: dal 25,8% della
popolazione nel 1993 al 23% nel 2006. Gli italiani che aspirano più di
20 sigarette in un giorno sono passati dal 10,8% al 7,5% dei fumatori.
Calano anche i consumi di alcol, anche se aumenta quello consumato
fuori pasto e si riduce quello a tavola. La droga interessa meno
fenomeni di devianza pesante ma si diffonde invece in versione
“normalizzata”. Calano le overdose, la quantità di eroina sequestrata.
Al contempo aumenta l'uso di droghe compatibili. La cocaina sequestrata
(oltre 2mila chili in più in 6 anni) e le persone segnalate per l'uso
di questa droga passano da 8.221 del 2001 a 13.078 del 2007, così come
aumentano i ritrovamenti di droghe sintetiche.



Sotto l'effetto di stupefacenti si guida sempre di più: tra il 2004 e
il 2008 le contravvenzioni sanzionate tra il venerdì e la domenica con
questa motivazioni sono il 46,8% del totale. Guidare a velocità folle,
assumere cocaina o droghe sintetiche e cose simili per emozioni estreme
sono comportamenti trasgressivi ritualizzati e incasellati in una sorta
di apparente normalità, scrivono gli analisti del Censis.



Donne e immigrati, fattori di salvezza «Quella che
stiamo vivendo è una crisi non banale – dice il presidente De Rita -,
non è una delle tante, e se ne può uscire con una grande metamorfosi,
che probabilmente è già in atto, anche se non ce ne siamo accorti». I
fattori che possono dare luogo a questa metamorfosi - ben diversa dalla
prima, quella avvenuta in Italia nel dopoguerra - sono innanzitutto gli
immigrati, «quattro milioni di persone che stanno cambiando la chimica
della popolazione». Guai, avverte il presidente del Censis, a reagire a
questa presenza cercando di tornare al carattere tradizionale, storico,
identitario: «Questo ci farebbe tornare indietro». L'altro fattore è il
«crescente potere femminile», che si manifesta in tutti gli ambiti,
dalla famiglia, alle imprese e al sociale. Ancora: rispetto alla prima
metamorfosi, oggi c'è «un senso del temperamento del consumo che è
diverso dallo stringere la cinghia dei nostri nonni».



E infine, ma non ultimo, il «meccanismo dei territori: viviamo sempre
di più in megacities, nuovi poli urbani che vedono la presenza di
milioni di pendolari». Oggi, ha aggiunto De Rita, «il processo che
stiamo vivendo, per usare una formula inglese, non è di adaptation, ma
di exaptation, cioè i caratteri tramutanti vengono da fuori» e la nuova
metamorfosi si vedrà alla distanza, perché i processi saranno più
lenti. «Occorre capire - conclude De Rita - se il Paese avrà l'orgoglio
di recuperare la sua progettualità. Non c'è sicuramente oggi l'energia
che ci fu nel dopoguerra e in altri momenti difficili, ma forse c'è una
maggiore cultura ed eleganza».




 
 
 

Ricordando Avola 40 anni fa' 2 dicembre 68--2 dicembre 2008

Post n°798 pubblicato il 02 Dicembre 2008 da hesse8
Foto di hesse8

Lunedì 2 dicembre 1968, Avola,
sciopero generale. Uffici, banche, negozi, scuole, poste, cantieri, bar,
circoli, è tutto fermo a causa dello sciopero a sostegno della lotta dei braccianti per il rinnovo del contratto di
lavoro. 

Gli studenti in corteo raggiungono la statale 115, dove i braccianti hanno
organizzato blocchi stradali. Il prefetto, D'Urso,
comunica al sindaco socialista di Avola, Giuseppe Denaro, l'imminente intervento della
polizia da Catania, per rimuovere i blocchi, e verso le 11 il contingente
della Celere catanese giunge nei pressi del bivio
Lido di Avola. La situazione precipita: inutile la
mediazione del sindaco con il prefetto. Ore 14, i commissari di polizia, con indosso la sciarpa tricolore, ordinano la
carica: tre squilli di tromba e inizia il lancio dei lacrimogeni. I
braccianti cercano riparo; alcuni lanciano sassi. Il vento spinge il fumo dei
lacrimogeni contro la stessa polizia: è allora che gli agenti aprono il fuoco
contro i braccianti. Un inferno che durerà circa mezz'ora.
Alla fine, Piscitello, deputato comunista,
raccoglierà sull'asfalto più di due chili di bossoli. 

Due braccianti, Giuseppe Scibilia, 47 anni, e
Angelo Sigona, 25 anni, vengono
uccisi. Scibilia, soccorso dai suoi compagni, dirà:
"Lasciatemi riposare un po' perché sto soffocando". Verrà trasportato in ospedale su una 500 ma per lui non ci
sarà niente da fare. Oltre ai due morti, si
conteranno tra i braccianti 48 feriti, tra cui alcuni gravi. Il '68, anno
della contestazione e della presa di parola, termina nel sangue. Per la prima
volta, dopo l'avvio della stagione dei governi di
centro-sinistra, la polizia uccide dei lavoratori durante uno sciopero. 


Dicembre 1968, Avola:
2 morti; aprile 1969, Battipaglia: 2 morti
. E' un segnale inquietante
lanciato da una parte della classe dirigente: la scelta di rispondere al
conflitto sociale con la violenza. Un anno dopo, a Milano, la bomba nella
Banca dell'Agricoltura aprirà la drammatica stagione della strategia della
tensione. 

La provincia di Siracusa era divisa in due zone agricole: la prima,
denominata A, che comprendeva i comuni della zona nord, quelli più ricchi; la
seconda, B, comprendeva i comuni dell'area meridionale della provincia,
quelli più poveri. 

Nelle due zone erano applicati differenti orari di lavoro (7 ore e 30 contro
8 ore) e differenti salari (3.480 lire al giorno
contro 3.110). La lotta dei braccianti poneva, quindi, una elementare
rivendicazione egualitaria. 

Ugualmente, per quanto riguardava la questione delle commissioni paritetiche
di controllo, si trattava di chiedere l'attuazione dell'accordo, sottoscritto
in precedenza dalle parti sociali e rimasto lettera morta per le resistenze e
l'arrogante rifiuto degli agrari. 


La battaglia per il rinnovo contrattuale inizia a settembre
del 1968 e raggiunge il suo apice alla metà di novembre. Il 24 novembre viene dichiarato lo sciopero generale dei lavoratori
agricoli della provincia. 

Le trattative si arenano per la rigidità degli agrari; conseguentemente la
tensione sale e i braccianti decidono di ricorrere ai blocchi stradali, come
strumento di pressione.

Il prefetto convoca le parti per il 30, ma gli agrari non si presenteranno.
Il 1 dicembre lo sciopero prosegue, anche per sollecitare la prefettura a una condotta più energica nei confronti
dell'associazione degli agrari. Di fronte alle ulteriori
esitazioni del prefetto, che accetta di convocare un nuovo incontro solamente
per il 3 dicembre, viene proclamato lo sciopero generale ad Avola. Siamo alla vigilia del drammatico scontro. 


Le organizzazioni sindacali proclamano uno sciopero
generale di 6 ore in tutta la
Sicilia per il 3 dicembre; nelle altre regioni, invece, gli
operai e i lavoratori sospendono spontaneamente il lavoro per manifestare la
propria rabbia e indignazione. 

Numerose manifestazioni di studenti e operai occupano le piazze delle
principali città d'Italia: a Milano una manifestazione si conclude
con duri scontri tra studenti e la polizia. I cartelli portati dagli operai e
dai braccianti nelle manifestazioni di protesta sono amari e indignati:
"il sangue e la morte non sfamano i
lavoratori", "i contratti non si firmano con il sangue". 


La tensione nel paese è altissima. L'uccisione di due
braccianti in lotta per rivendicazioni elementari si rivela immediatamente
ingestibile da parte della destra e dei partiti di governo. L'eccidio di Avola cade, tra l'altro, in
una situazione politicamente delicata. 

Il governo "balneare", guidato dal democristiano Giovanni Leone, è
appena caduto lasciando il paese nel pieno dell'ennesima crisi politica.
Alcuni giornali e commentatori politici cercheranno di mettere in relazione
l'eccidio con il "vuoto" di potere politico determinato dalla crisi
di governo. Pochi giorni dopo nascerà un nuovo governo di
centro-sinistra guidato dal democristiano Mariano Rumor.

L'ennesimo atto di brutalità compiuto dalla polizia durante uno sciopero
rilancia
la richiesta da parte delle organizzazioni sindacali e dei
partiti di sinistra di disarmare la polizia durante i conflitti di
lavoro. 


Il fatto che la polizia spari su dei braccianti che
rivendicano un aumento salariale minimo e, soprattutto, un trattamento
egualitario nell'ambito della stessa provincia, viene
interpretato come dimostrazione della non riformabilità
dello Stato e della sua intrinseca “ferocia di classe”. 

Il salto di qualità dalle cariche della polizia e dalle inchieste della
magistratura contro gli studenti all’uso delle armi da fuoco contro gli
scioperanti, viene percepito dal movimento come una scelta di chiusura
drastica da parte del governo e dei poteri costituiti: un richiamo all’ordine,
la scelta di arrestare quel fiume in piena della contestazione che aveva,
ormai, ampiamente superato i cancelli delle università per diffondersi nei
posti di lavoro, nelle scuole, nell’intera società. 

Avola è, però, anche un oltraggio alla miseria.
Nella società italiana, trasformata radicalmente dal miracolo economico,
nella quale il livello di vita è significativamente cambiato per molti, nella
quale ormai i consumi crescono mentre va
affermandosi uno stile di vita lontano dalle privazioni e dalla parsimonia
postbellica, la polizia spara contro i braccianti. 


Il movimento studentesco, già attraversato da un ideologia anticonsumistica, legge l’eccidio di Avola anche come un arrogante risposta dei ricchi contro
i poveri. Dopo Avola, si radicalizza
la protesta studentesca contro il lusso e la sua ostentazione. 

Il 7 dicembre 1968, a
Milano, gli studenti guidati da Mario Capanna, contestano
la prima della Scala, storica vetrina della ricca borghesia meneghina; alla
fine del mese, a Viareggio, la notte di Capodanno, la contestazione si
rivolge
contro i frequentatori del lussuoso locale notturno “La Bussola”. La polizia torna a sparare, questa volta contro gli studenti, e un ragazzo,
Soriano Ceccanti, rimane
paralizzato in
seguito alle ferite riportate.


Progetto
comunista Sicilia

N.B:

Ricorrenze: dopo i fatti di Chiusa di Carlo, il 2 dicembre 1968, venne
firmato lo storico statuto che abolì le gabbie salariali in tutto il
Paese

 

 
 
 

Dati ISTAT

Post n°797 pubblicato il 01 Dicembre 2008 da hesse8

 

SindacoAlfio Mangiameli

CAP96016

Prefisso095
Codice CatastaleE532
Codice Istat089011

Popolazione24.093 abitanti (1 gen 2008 - ISTAT)
Superficie215,84 Km²
Densità112 abitanti/Km²
Altitudine53 m s.l.m.



www.comune.lentini.sr.it
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