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Contro la pena di morte nel mondo
Messaggi del 03/05/2008
Post n°616 pubblicato il 03 Maggio 2008 da hesse8
Entrambi condannati a morte per quello che hanno scritto, i due autori Roberto Saviano SALMAN Rushdie, 60 anni, romanziere angloindiano, condannato a morte dall'Ayatollah Khomeini per aver scritto nel 1988 I versi satanici: più di dieci anni passati nascondendosi, viaggiando su auto blindate, con otto uomini di scorta. Roberto Saviano, 28 anni, giornalista e scrittore napoletano, vive blindato da 19 mesi, cambiando continuamente domicilio da quando si è scoperto un progetto per eliminarlo del clan camorristico dei Casalesi. La sua colpa? Aver scritto il libro Gomorra, tradotto in 42 Paesi. Salman Rushdie si avvicina a Roberto Saviano, gli sorride, si presenta, lo abbraccia e subito gli chiede: "Hai la scorta anche qui?". "Sì, me l'ha data l'Fbi: tutti agenti italoamericani si occupano di mafia e traffici internazionali". "Io invece non ho più la scorta, qui in America sono tornato ad essere un uomo libero". Inizia così, con un incontro casuale in una casa privata, un lungo dialogo che parla di vite rubate, della paura, della solitudine, delle minacce, della libertà di scrivere e della speranza di recuperare una vita normale. Saviano ha un girocollo di lana blu, i jeans e le scarpe da tennis. Rushdie una giacca scura con un golf grigio e un paio di scarpe nere. Sono entrambi a New York per il Festival internazionale di letteratura PEN World Voices. I due parlano fitto come si conoscessero da tempo, si mettono in un angolo, come non volessero disturbare con le loro storie angosciose. In mezzo a loro una gallerista newyorkese, Valentina Castellani, che si trova a fare per caso da traduttrice. Rushdie ha conosciuto Gomorra grazie a un suo amico napoletano, il pittore Francesco Clemente, e aveva mandato a Saviano una mail di solidarietà quando aveva saputo delle prime minacce. Leggi tutto |
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