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Messaggi del 20/06/2008

PD: Dopo le ferie protesteremo (perchè non subito)

Post n°681 pubblicato il 20 Giugno 2008 da hesse8

Assemblea Pd, Veltroni: «Non siamo più ex»

 Walter Veltroni Pd
«Basta
con essere "ex" di qualcosa, con l'avere ancora l'idea che c'è
un'identità allo stesso livello di quella nuova, nella nostra gente
questo è già successo, ora deve succedere a salire, nei Comuni, nelle
città, da lì deve venire la spinta forte al 'rimescolò». Walter
Veltroni, concludendo l'assemblea costituente del Pd, rinnova l'appello
a superare le rispettive appartenenze di partito.

«So che
bisogna garantire ancora gli equilibri - aggiunge Veltroni - ma io
spero che tra qualche mese, o un anno, ognuno si sentirà solo
Democratico, per quello che significa, cioè la capacità di coniugare
culture diverse».

Il segretario del Pd aggiunge: «Non c'è
ritorno o alternativa al Pd, se non lo sgretolamento del riformismo,
che sarebbe una tragedia per l'Italia. Abbiamo perciò la responsabilità
di capire che dobbiamo accelerare la fusione. So che ci vuole tempo, so
che le urla fanno male al corpo collettivo», ma assicura anche che «chi
ha la responsabilità della sintesi sa che non è un'improvvisazione di
un giorno, che è una costruzione complessa, ma non mi piace la
schizofrenia di chi se non vede un tornaconto non tollera le
approssimazioni».

È stato però Arturo Parisi ad animare
l'assemblea del Pd. L'ex ministro della Difesa è il più critico nei
confronti della relazione di Veltroni e su come sta procedendo
l'organizzazione del partito e la discussione interna. Tanto da
decidere di rifiutarsi di fare parte della Direzione del partito.

«Cosa
vuole che resti. Di interventi ne ho sentito a sufficienza. La
differenza tra una assemblea politica e una accademia culturale è
tuttavia il fatto che in una assemblea di partito le parole sono
chiamate a trasformarsi in decisioni nel quadro delle regole
concordate», aveva commentato Parisi.

«Sapendo che i presenti
erano l'assoluta minoranza dei componenti della Assemblea, nonostante
le richieste - ricorda Parisi - non è stata consentita neppure la
verifica del numero legale. E dire che abbiamo cambiato con raffiche di
voti lo Statuto che costituisce il quadro di garanzia e di legalità
della nostra convivenza. Uno Statuto che, anche se per applauso, era
stato approvato appena nella precedente assemblea. Oltre a non
chiederci perchè gli elettori ci hanno abbandonato il guaio - conclude
l'ex ministro della Difesa - è che qua non abbiamo avuto neppure il
coraggio di chiederci come mai ci hanno abbandonato anche i delegati».

È
Piero Fassino a rispondere a Parisi, difendendo l'organizzazione per
aree politiche. «Siamo nella fase di costruzione del Pd - ricorda - lo
abbiamo fondato poco più di nove mesi fa sulla base dell'esperienza
dell'Ulivo, alla nascita vale per un partito quello che vale per una
persona: per generarla ci vuole l'accordo di due volontà. Poi man mano
che cresce si costruisce una sua autonomia, una sua identità che si
distacca da quella di chi l'ha generato». «Riconoscere che siamo un
partito plurale - garantisce l'ex segretario dei Ds - non vuol dire
cristallizzarlo nelle vecchie appartenenze».

Parisi aveva
iniziato a dare battaglia sul numero legale. Lo statuto del partito
richiede che le votazioni dell'Assemblea la maggioranza assoluta dei
componenti delle Assise, che sono 2.800. In sala, invece, si sono
registrati circa 800 delegati.

Lo strappo di Arturo Parisi con
il Pd si consuma fino in fondo e l'ex ministro della Difesa rimane
fuori dalla Direzione del partito, visto che aveva rifiutando di
entrarvi in "quota Bindi" ma esigeva di farne parte a capo di una
propria componente.

La Direzione è stata eletta con una lista
unitaria proposta dal segretario Walter Veltroni, lista composta su
base proporzionale, come prevede lo statuto, delle varie componenti.

Per
registrare il peso interno di queste ultime sono stati presi i
risultati delle primarie e in particolare i voti ottenuti dalle tre
liste che il 14 ottobre sostennero Veltroni, e le due che appoggiarono
rispettivamente la candidatura di Rosy Bindi e Enrico Letta.

Parisi
il 14 ottobre è stato eletto all'Assemblea del Pd nelle liste a
sostegno della Bindi e quest'ultima lo aveva inserito tra i nominativi
dati a Veltroni per la composizione della Direzione. Parisi però ha
messo in discussione la validità di tale criterio di appartenenza a una
componente; d'altra parte con Bindi aveva già rotto nelle scorse
settimane, disertando il seminario dell'Associazione «Democratici per
davvero» che fa capo all'ex ministro per la Famiglia. E così Parisi e
gli esponenti a lui vicini (tra gli altri l'ex sottosegretario Mario
Lettieri, Gad Lerner e Mario Barbi) sono rimasti fuori dalla Direzione
eletta dall'Assemblea.

 
 
 

Calipari:nessun processo a chi l' ha ucciso

Post n°680 pubblicato il 20 Giugno 2008 da hesse8

Calipari, nessun processo per il marine che lo uccise

rosa villecco calipari
Rosa Villecco, la vedova di Calipari
Nessun
processo in Italia per Mario Lozano, il militare americano che il 4
marzo del 2005 in Iraq sparò contro l’auto su cui viaggiava Nicola
Calipari, l’agente del Sismi che aveva appena liberato dal sequestro la
giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena. Il verdetto
definitivo arriva dalla Corte di Cassazione che conferma quanto era già
stato deciso in Appello lo scorso anno.

In sostanza, nel nostro
ordinamento ci sarebbe una «carenza di giurisdizione» e per questo
motivo Lozano può essere sottoposto soltanto alla giurisdizione
americana.

Peccato che negli Usa la vicenda di tre anni fa non
sembra agitare troppo gli animi. Nonostante la sparatoria contro chi
nemico non era, Lozano non è stato oggetto di nessuno procedimento e
continua tranquillamente a lavorare nell'esercito americano,
continuando pure a godere dell’immunità.

Contro la decisione
della Corte d’Appello aveva fatto ricorso la Sgrena, e alla sua
richiesta si erano poi associati l’avvocatura di Stato e la vedova
dell’agente ucciso, Rosa Villecco Calipari. Ma la Cassazione lo ha
bocciato e Lozano, nelle aule della giustizia italiana, non ci entrerà
mai. Rosa Villecco, prima della sentenza, aveva detto al sostituto
procuratore Alfredo Montagna, contrario al processo a Lozano, che
«dovrà risponderne alla sua coscienza».

Dopo la lettura della
sentenza, Rosa Villecco ha espresso tutta la sua amarezza: «Sono
profondamente addolorata e delusa – ha detto – Oggi si è resa evidente
l'impotenza delle istituzioni del nostro paese. A questo punto Nicola
Calipari non è più un eroe dello Stato. Chi doveva difenderci –
aggiunge – se oggi l'avvocato dello Stato, facendo marcia indietro
rispetto alla precedente richiesta di processare Lozano in Italia, ha
detto di scegliere una posizione agnostica?».

Dura anche la
reazione di Giuliana Sgrena, secondo la quale la sentenza sancisce «la
garanzia dell'impunità ai soldati americani in tutto il mondo». Non
processare Lozano, per la giornalista, equivale a «una rinuncia
dell'Italia alla propria sovranità, è il frutto del clima che si
respira nel nostro Paese – conclude – in cui è sempre più accentuato lo
spirito di asservimento» agli Stati Uniti.

 
 
 
 
 

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