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Messaggi del 02/12/2008

Ricordando Avola 40 anni fa' 2 dicembre 68--2 dicembre 2008

Post n°798 pubblicato il 02 Dicembre 2008 da hesse8
Foto di hesse8

Lunedì 2 dicembre 1968, Avola,
sciopero generale. Uffici, banche, negozi, scuole, poste, cantieri, bar,
circoli, è tutto fermo a causa dello sciopero a sostegno della lotta dei braccianti per il rinnovo del contratto di
lavoro. 

Gli studenti in corteo raggiungono la statale 115, dove i braccianti hanno
organizzato blocchi stradali. Il prefetto, D'Urso,
comunica al sindaco socialista di Avola, Giuseppe Denaro, l'imminente intervento della
polizia da Catania, per rimuovere i blocchi, e verso le 11 il contingente
della Celere catanese giunge nei pressi del bivio
Lido di Avola. La situazione precipita: inutile la
mediazione del sindaco con il prefetto. Ore 14, i commissari di polizia, con indosso la sciarpa tricolore, ordinano la
carica: tre squilli di tromba e inizia il lancio dei lacrimogeni. I
braccianti cercano riparo; alcuni lanciano sassi. Il vento spinge il fumo dei
lacrimogeni contro la stessa polizia: è allora che gli agenti aprono il fuoco
contro i braccianti. Un inferno che durerà circa mezz'ora.
Alla fine, Piscitello, deputato comunista,
raccoglierà sull'asfalto più di due chili di bossoli. 

Due braccianti, Giuseppe Scibilia, 47 anni, e
Angelo Sigona, 25 anni, vengono
uccisi. Scibilia, soccorso dai suoi compagni, dirà:
"Lasciatemi riposare un po' perché sto soffocando". Verrà trasportato in ospedale su una 500 ma per lui non ci
sarà niente da fare. Oltre ai due morti, si
conteranno tra i braccianti 48 feriti, tra cui alcuni gravi. Il '68, anno
della contestazione e della presa di parola, termina nel sangue. Per la prima
volta, dopo l'avvio della stagione dei governi di
centro-sinistra, la polizia uccide dei lavoratori durante uno sciopero. 


Dicembre 1968, Avola:
2 morti; aprile 1969, Battipaglia: 2 morti
. E' un segnale inquietante
lanciato da una parte della classe dirigente: la scelta di rispondere al
conflitto sociale con la violenza. Un anno dopo, a Milano, la bomba nella
Banca dell'Agricoltura aprirà la drammatica stagione della strategia della
tensione. 

La provincia di Siracusa era divisa in due zone agricole: la prima,
denominata A, che comprendeva i comuni della zona nord, quelli più ricchi; la
seconda, B, comprendeva i comuni dell'area meridionale della provincia,
quelli più poveri. 

Nelle due zone erano applicati differenti orari di lavoro (7 ore e 30 contro
8 ore) e differenti salari (3.480 lire al giorno
contro 3.110). La lotta dei braccianti poneva, quindi, una elementare
rivendicazione egualitaria. 

Ugualmente, per quanto riguardava la questione delle commissioni paritetiche
di controllo, si trattava di chiedere l'attuazione dell'accordo, sottoscritto
in precedenza dalle parti sociali e rimasto lettera morta per le resistenze e
l'arrogante rifiuto degli agrari. 


La battaglia per il rinnovo contrattuale inizia a settembre
del 1968 e raggiunge il suo apice alla metà di novembre. Il 24 novembre viene dichiarato lo sciopero generale dei lavoratori
agricoli della provincia. 

Le trattative si arenano per la rigidità degli agrari; conseguentemente la
tensione sale e i braccianti decidono di ricorrere ai blocchi stradali, come
strumento di pressione.

Il prefetto convoca le parti per il 30, ma gli agrari non si presenteranno.
Il 1 dicembre lo sciopero prosegue, anche per sollecitare la prefettura a una condotta più energica nei confronti
dell'associazione degli agrari. Di fronte alle ulteriori
esitazioni del prefetto, che accetta di convocare un nuovo incontro solamente
per il 3 dicembre, viene proclamato lo sciopero generale ad Avola. Siamo alla vigilia del drammatico scontro. 


Le organizzazioni sindacali proclamano uno sciopero
generale di 6 ore in tutta la
Sicilia per il 3 dicembre; nelle altre regioni, invece, gli
operai e i lavoratori sospendono spontaneamente il lavoro per manifestare la
propria rabbia e indignazione. 

Numerose manifestazioni di studenti e operai occupano le piazze delle
principali città d'Italia: a Milano una manifestazione si conclude
con duri scontri tra studenti e la polizia. I cartelli portati dagli operai e
dai braccianti nelle manifestazioni di protesta sono amari e indignati:
"il sangue e la morte non sfamano i
lavoratori", "i contratti non si firmano con il sangue". 


La tensione nel paese è altissima. L'uccisione di due
braccianti in lotta per rivendicazioni elementari si rivela immediatamente
ingestibile da parte della destra e dei partiti di governo. L'eccidio di Avola cade, tra l'altro, in
una situazione politicamente delicata. 

Il governo "balneare", guidato dal democristiano Giovanni Leone, è
appena caduto lasciando il paese nel pieno dell'ennesima crisi politica.
Alcuni giornali e commentatori politici cercheranno di mettere in relazione
l'eccidio con il "vuoto" di potere politico determinato dalla crisi
di governo. Pochi giorni dopo nascerà un nuovo governo di
centro-sinistra guidato dal democristiano Mariano Rumor.

L'ennesimo atto di brutalità compiuto dalla polizia durante uno sciopero
rilancia
la richiesta da parte delle organizzazioni sindacali e dei
partiti di sinistra di disarmare la polizia durante i conflitti di
lavoro. 


Il fatto che la polizia spari su dei braccianti che
rivendicano un aumento salariale minimo e, soprattutto, un trattamento
egualitario nell'ambito della stessa provincia, viene
interpretato come dimostrazione della non riformabilità
dello Stato e della sua intrinseca “ferocia di classe”. 

Il salto di qualità dalle cariche della polizia e dalle inchieste della
magistratura contro gli studenti all’uso delle armi da fuoco contro gli
scioperanti, viene percepito dal movimento come una scelta di chiusura
drastica da parte del governo e dei poteri costituiti: un richiamo all’ordine,
la scelta di arrestare quel fiume in piena della contestazione che aveva,
ormai, ampiamente superato i cancelli delle università per diffondersi nei
posti di lavoro, nelle scuole, nell’intera società. 

Avola è, però, anche un oltraggio alla miseria.
Nella società italiana, trasformata radicalmente dal miracolo economico,
nella quale il livello di vita è significativamente cambiato per molti, nella
quale ormai i consumi crescono mentre va
affermandosi uno stile di vita lontano dalle privazioni e dalla parsimonia
postbellica, la polizia spara contro i braccianti. 


Il movimento studentesco, già attraversato da un ideologia anticonsumistica, legge l’eccidio di Avola anche come un arrogante risposta dei ricchi contro
i poveri. Dopo Avola, si radicalizza
la protesta studentesca contro il lusso e la sua ostentazione. 

Il 7 dicembre 1968, a
Milano, gli studenti guidati da Mario Capanna, contestano
la prima della Scala, storica vetrina della ricca borghesia meneghina; alla
fine del mese, a Viareggio, la notte di Capodanno, la contestazione si
rivolge
contro i frequentatori del lussuoso locale notturno “La Bussola”. La polizia torna a sparare, questa volta contro gli studenti, e un ragazzo,
Soriano Ceccanti, rimane
paralizzato in
seguito alle ferite riportate.


Progetto
comunista Sicilia

N.B:

Ricorrenze: dopo i fatti di Chiusa di Carlo, il 2 dicembre 1968, venne
firmato lo storico statuto che abolì le gabbie salariali in tutto il
Paese

 

 
 
 
 
 

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