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Messaggi del 06/12/2008

Consumate, consumate (lo ha detto un pirla)   

Post n°800 pubblicato il 06 Dicembre 2008 da hesse8

Censis: una famiglia su tre a rischio tracollo

 


Una famiglia su due teme la bancarotta per la crisi finanziaria che si
sta abbattendo sull’Italia e sul mondo.Due italiani su tre ormai
attendono i saldi, o vanno a caccia di promozioni e offerte, prodotti
senza marchio, discount. Oltre il 41 percento delle famiglie che ha un
mutuo ha problemi a pagare la rata mentre i consumi restano al palo,
cresce l’indebitamento e aumentano i morosi, quelli che non ce la fanno
a pagare l’affitto soprattutto nelle grandi città.



Il
42esimo rapporto del Censis presentato venerdì a Roma al Cnel fotografa
un Paese impaurito, non solo impoverito ma semiparalizzato dal timore
che la situazione economica sia in peggioramento. Sono quasi 12
milioni, il 48,8% del totale, le famiglie che «denunciano un concreto
rischio di default».



E il 41,7% degli italiani pensa che complessivamente usciremo male
dalla crisi perché non abbiamo alle spalle un sistema paese solido. Il
33,9% dichiara che intende risparmiare di più per fronteggiare la crisi
mentre il 25,2% sceglie il taglio radicale dei consumi.



Non si rinuncia al cellulare, a un mezzo per gli spostamenti che sia
l'automobile o la moto, a una vacanza l'anno di almeno una settimana.
Si cerca di non eliminare il dentista e le attività extrascolastiche
per i figli, dallo sport ai corsi di musica o inglese. Ma si taglia su
tutto il resto, dai capi d’abbigliamento agli hobby, dal ristorante al
parrucchiere.



Alla presentazione del presidente del Censis Giuseppe De Rita il 2008
viene definito «l’anno della paura». O meglio sarebbe dire, delle
paure. Si parla di una «mucillaggine priva di qualsiasi spinta
all'integrazione», di una società che vive una «regressione
antropologica» sempre maggiore, dominata da piccole e grandi paure:
dagli immigrati, alle rapine, dagli ubriachi al volante e al precariato
passando per quella enorme, una sorta di «panico generalizzato»,
indotta da una crisi finanziaria internazionale che non risparmia
niente e nessuno.



Ben il 71,7% degli italiani pensa che il terremoto dei mercati
finanziari potrà avere ripercussioni dirette sulla propria vita, solo
il 28,3% è convinto che ne uscirà indenne.



Le famiglie a rischio
Tra le famiglie che
denunciano un concreto rischio di default ci sono 2,8 milioni di
famiglie, l'11,8% del totale, che hanno investimenti in prodotti
rischiosi come azioni o quote di fondi comuni e di queste 1,7 milioni,
il 7,1% delle famiglie italiane, vi ha collocato più della metà dei
risparmi; quasi 2 milioni di famiglie, l'8,2% del totale, impegnate nel
pagamento del mutuo della casa in cui vivono e di queste 250mila
(l'1,1%) dichiarano di non riuscire a rispettare le scadenze di
pagamento o che hanno avuto difficoltà nel pagare le rate. Poi ci sono
quelli del credito al consumo; 3,1 milioni, il 12,8% del totale, si
sono indebitati per l'acquisto di beni di consumo e di queste 971mila,
il 4% del totale, hanno un debito superiore al 30% del reddito annuo
familiare mentre 3,873 milioni di famiglie, il 16% del totale non
possiede risparmi da impiegare eventualmente per fronteggiare spese
impreviste e rincari.



Il lavoro a rischio
Una delle paure più diffuse
riguarda la precarietà lavorativa. Più di un italiano su tre «considera
la propria occupazione a rischio» e questo timore cresce tra i
lavoratori flessibili, gli operai e i più giovani.



L'idea di perdere il lavoro preoccupa il 38,8% degli occupati,
percentuale che sale al 64,7% tra i lavoratori flessibili, al 54,1% tra
gli operati e al 44,3% tra chi ha meno di 30 anni. In generale, ciò che
preoccupa di più (il 71,1% degli italiani) è il rischio di dover
rinunciare in futuro al tenore di vita raggiunto. Il 62,2% teme di
doversi trovare nelle condizioni di non poter far fronte alle esigenze
di cura personali o di un famigliare. Più della metà (60,5%) indica al
terzo posto tra i possibili effetti del credit crunch la perdita dei
propri risparmi. Segue il timore di non riuscire a pagare il mutuo per
la casa (il 44,5% di chi ha contratto un mutuo) o le rate per gli
acquisti fatti con il credito al consumo (43% di chi ha fatto acquisti
rateali). Infine il 32,6% di italiani teme di dover essere costretto a
indebitarsi nel breve periodo.



Certo, ce la possiamo ancora fare ma non in questo stato di
prostrazione. De Rita avverte che il Paese deve avere una «reazione
vitale» di fronte a una crisi che investe tutti i sistemi socio
economici del mondo altrimenti rischia «che davvero la lunga durata
diventi luogo del rattrappimento e della rinuncia a un ulteriore
sviluppo».



«Occorrerebbe agire con strumenti idonei, a partire da una dilazione
delle scadenze di pagamento senza innalzare in modo spropositato i
tassi di interesse sulle tasse residue, fenomeno già ampiamente
verificatosi nell'arco degli ultimi due anni».



E poi bisogna migliorare la scuola, dove il fenomeno del bullismo
insieme alla diffusione dell’alcol tra gli adolescenti, si stanno
espandendo. La nostra scuola sta perdendo colpi come agente educativo
in genere. I livelli di competenza degli studenti italiani, dopo il
biennio delle scuole superiori, risultano «inadeguati» se confrontati a
quelli degli altri Paesi Ocse. Nonostante ciò, i primi risultati
dell'indagine del Censis, condotta su un panel di 441 dirigenti
scolastici di scuole secondarie di II grado, sembrano indicare «la
presenza nel corpo scolastico di elementi di vitalità e di proposte
costruttive e concrete per migliorare le performance della scuola».
Riguardo poi agli scarsi rendimenti scolastici e alla dispersione
particolarmente incidente nei primi anni delle superiori, «si registra
la tendenza ad individuare nella scuola secondaria di I grado -ovvero
la scuola media- l'anello debole della catena educativa».



I dati positivi non sono molti, ma pure qualcosina c’è
da segnalare. Gli italiani più maturi nel consumo di farmaci, ad
esempio. Sanno meglio delle generazioni precedenti come e quando usarli
in una diffusa propensione all'«autogestione misurata», sanno
abbastanza bene quando non servono o quando chiedere consulto a un
esperto.



Le donne acquisiscono ruolo e istruzione
. Nel
1950, le ragazze in età scolastica iscritte alla scuola superiore erano
solo 7 su 100, mentre oggi risalgono al 92%. Nel 1951 le donne attive
nel mercato del lavoro, tra i 15 ed i 64 anni, erano 21 su 100, mentre,
nel 2007, erano il 51 %. Sono aumentate soprattutto nelle professioni
intellettuali, dove le percentuali di donne occupate sono cresciute
negli ultimi tre anni: medici (35,7%) specialisti in scienze della vita
(55%), dirigenti di organizzazioni nazionali e sovranazionali (40,5%),
magistrati (26,3%), pubblici amministratori (47,2%), addetti ai servizi
di ricerca e sviluppo (44,5%), alle attività immobiliari e ai servizi
alle imprese (44,1%). Ma restano fuori dalle posizioni di vertice sia
in politica che nel governo economico, nelle aree a forte connotazione
tecnologica. Tra i legislatori, i dirigenti e gli imprenditori le donne
sono un quarto

rispetto ai colleghi uomini, mentre occupano più della metà delle posizioni esecutive.



Giovani, tutti computer e cellulare Se il sistema
Paese arretra nella penetrazione di Internet – dal 43 percento al 42
percento delle famiglie è collegata alla Rete ed è l’unico paese in
Europa a segnare un calo nella diffusione – c’è però una fascia, quella
dei giovani, dove invece c’è stato un vero e proprio boom dell’accesso
alle nuove tecnologie. I ragazzi italiani tra 14 e 29 anni sono quasi
quotidianamente collegati al web. C’è stato un salto tra il 2003 e il
2007 dell'utenza complessiva (uno o due contatti la settimana) in
questa fascia d’età, che è passata dal 61% all'83%, e l'uso abituale
(almeno tre volte la settimana) dal 39,8% al 73,8%.



Il cellulare è usato praticamente da tutti i giovani (il 97,2%), il
74,1% legge almeno un libro l'anno (esclusi ovviamente i testi
scolastici) e il 62,1% più di tre libri. Il 77,7% dei giovani legge un
quotidiano (a pagamento o free press) una o due volte la settimana (il
59,9% nel 2003), mentre il 57,8% legge almeno tre giornali la
settimana. La flessione che si registra nell'uso della televisione
tradizionale rispetto al 2003 (dal 94,9% all'87,9%) è ampiamente
compensata dall'incremento conosciuto in questi anni dalla tv
satellitare (dal 25,2% al 36,9% dei giovani).



Cambia il rapporto con il fine-vita. Un altro dato
positivo: le attività legate a donazione di organi e trapianti in
Italia rappresentano «un caso di eccellenza a livello internazionale»,
anche se è ancora lacunosa la «cultura della donazione». E qui spicca
il dato che vede, secondo il Censis, il 49,9% degli italiani favorevoli
«all'interruzione delle cure dei malati terminali».



La fabbrica della paura
I media hanno funzionato
come «fabbrica della paura», denuncia De Rita. Il 25,6% dei cittadini
dichiara infatti che la paura deriva dal fatto che giornali e
televisioni non parlano d'altro. Interrogati su quali sono i soggetti
responsabili dell'aumento dell'insicurezza, il 20,4% afferma che il
circuito informativo-mediatico cavalca le paure, attraverso la
presentazione selettiva delle notizie, per catturare l'audience. Prima,
però, secondo il Censis, vengono i politici, ritenuti tra coloro che
più fomentano le paure per distogliere l'attenzione dai problemi reali,
favorire il consenso, legittimare il proprio ruolo (la pensa così il
29,6%). In particolare, quasi un romano su due (47,8%) imputa ai media
la responsabilità di creare allarme sociale, più di un quarto (28,6%)
alla politica, mentre i gruppi terroristici vengono indicati solo dal
7%.



Trasgressione normalizzata
Di positivo c’è
ancora che il numero dei fumatori è diminuito: dal 25,8% della
popolazione nel 1993 al 23% nel 2006. Gli italiani che aspirano più di
20 sigarette in un giorno sono passati dal 10,8% al 7,5% dei fumatori.
Calano anche i consumi di alcol, anche se aumenta quello consumato
fuori pasto e si riduce quello a tavola. La droga interessa meno
fenomeni di devianza pesante ma si diffonde invece in versione
“normalizzata”. Calano le overdose, la quantità di eroina sequestrata.
Al contempo aumenta l'uso di droghe compatibili. La cocaina sequestrata
(oltre 2mila chili in più in 6 anni) e le persone segnalate per l'uso
di questa droga passano da 8.221 del 2001 a 13.078 del 2007, così come
aumentano i ritrovamenti di droghe sintetiche.



Sotto l'effetto di stupefacenti si guida sempre di più: tra il 2004 e
il 2008 le contravvenzioni sanzionate tra il venerdì e la domenica con
questa motivazioni sono il 46,8% del totale. Guidare a velocità folle,
assumere cocaina o droghe sintetiche e cose simili per emozioni estreme
sono comportamenti trasgressivi ritualizzati e incasellati in una sorta
di apparente normalità, scrivono gli analisti del Censis.



Donne e immigrati, fattori di salvezza «Quella che
stiamo vivendo è una crisi non banale – dice il presidente De Rita -,
non è una delle tante, e se ne può uscire con una grande metamorfosi,
che probabilmente è già in atto, anche se non ce ne siamo accorti». I
fattori che possono dare luogo a questa metamorfosi - ben diversa dalla
prima, quella avvenuta in Italia nel dopoguerra - sono innanzitutto gli
immigrati, «quattro milioni di persone che stanno cambiando la chimica
della popolazione». Guai, avverte il presidente del Censis, a reagire a
questa presenza cercando di tornare al carattere tradizionale, storico,
identitario: «Questo ci farebbe tornare indietro». L'altro fattore è il
«crescente potere femminile», che si manifesta in tutti gli ambiti,
dalla famiglia, alle imprese e al sociale. Ancora: rispetto alla prima
metamorfosi, oggi c'è «un senso del temperamento del consumo che è
diverso dallo stringere la cinghia dei nostri nonni».



E infine, ma non ultimo, il «meccanismo dei territori: viviamo sempre
di più in megacities, nuovi poli urbani che vedono la presenza di
milioni di pendolari». Oggi, ha aggiunto De Rita, «il processo che
stiamo vivendo, per usare una formula inglese, non è di adaptation, ma
di exaptation, cioè i caratteri tramutanti vengono da fuori» e la nuova
metamorfosi si vedrà alla distanza, perché i processi saranno più
lenti. «Occorre capire - conclude De Rita - se il Paese avrà l'orgoglio
di recuperare la sua progettualità. Non c'è sicuramente oggi l'energia
che ci fu nel dopoguerra e in altri momenti difficili, ma forse c'è una
maggiore cultura ed eleganza».




 
 
 
 
 

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