Creato da orion971 il 19/12/2005

Idee

Pensare con la propria testa non fa male

 

 

Il vero volto del comunismo: le BR 

Post n°135 pubblicato il 20 Febbraio 2007 da orion971

C'è una parola che sembra proibita nelle cronache e nei dibattiti di questi giorni sulle nuove Brigate Rosse. Serve un aiuto per indovinare quale? Si immagini se fossero le Brigate Nere: nessuno si farebbe problemi a parlare di terrorismo fascista, di violenza fascista, a dire che D'Antona e Biagi sono stati assassinati dai fascisti. Ci sarebbero articoli di fondo sui giornali pieni di richiami all'insufficiente memoria, all'ignoranza, al disprezzo del popolo italiano verso questi barbari individui che nulla hanno imparato dalla Storia e chi più ne ha più ne metta.
Dal momento che i terroristi sono rossi, tutto è invece più soft. Ed ecco che si parla di terrorismo in forma "neutra", senza aggettivi e specifiche. E nessuno si permette di apostrofare più di tanto questi signori: mi viene in mente il coro di insulti che si levò unanime da tutte le forze politiche, un paio d'anni fa, contro gli ignoti autori della scritta "Paolo Mieli ebreo" comparsa su un muro, e non posso non cogliere questo notevole contrasto. Per le Brigate Rosse sembra esserci una sorta di forma di "rispetto": sì, i soliti ritornelli che "bisogna essere uniti contro il terrorismo", che "il terrorismo non vincerà", ma nessuno che parla di "vergogna" o che definisce i brigatisti degli imbecilli.  Sarà un mio limite, ma io sono dell'idea che il terrorismo assassino sia lievemente peggio di una scritta su un muro...
A dire il vero, c'è stato il portavoce di FI Bondi che ha detto che "in Italia c'è ancora chi è disposto ad uccidere in nome del comunismo", subito zittito e invitato ad evitare le "strumentalizzazioni".
Strumentalizzazione o verità inconfessabile? A forza di sentire i comunisti nostrani recitare la parte degli agnellini e riempirsi la bocca di belle parole, la gran parte degli italiani sembra avere dimenticato quale sia la natura, violenta e antidmeocratica, dell'ideologia che anima questi signori. Un paio di ragionamenti semplici semplici possono aiutare a capire meglio la questione.
Il comunismo si basa essenzialmente su una menzogna o, se si preferisce, su una grossolana incomprensione della realtà: che il ricco sia tale perché sfrutta il povero, e che la condizione di quest'ultimo sia dovuta al fatto che c'è chi ha di più e gli toglie. Questa ideologia non contempla nemmeno lontanamente che possa esserci qualcuno che lavora più di altri e che sia magari anche più capace. Qual è quindi una delle più note massime dei comunisti? Che "la proprietà privata è un furto". E' su questa frase che bisogna riflettere. Essere democratici significa riconoscere la legittimità di chi ha idee diverse, giusto? Ma se uno pensa che gli altri sono dei ladri, come potrà mai riconoscerne la legittimità? Nessuna persona sana di mente si sognerebbe di legalizzare il furto e la rapina, anzi tutti riconoscono allo Stato il monopolio dell'uso della violenza per reprimere questi fenomeni. E lo stesso vale, drammaticamente, per il comunista, che nella sua visione distorta è prigioniero di questa concezione oltremodo estesa del furto e della malversazione, sulla base della quale si alimenta tutta una spirale di odio e di mistificazione della realtà che porta a trasformare l'avversario politico in nemico. Ancora peggio se si sposta il discorso a livello degli Stati: se i comunisti pensano che gli Stati ricchi affamano quelli poveri  provocando la morte di milioni di persone, è ovvio che sono disposti a combattere con ogni mezzo questo sistema. Ed ecco Seattle, Genova, Praga messe a ferro e fuoco in occasione dei G8: tutto logico e coerente.
Quanto poi al fatto che il comunismo debba realizzarsi per via "pacifica", come ama dire Bertinotti, è una stupidaggine senza pari. Qualcuno crede davvero che, in tutto il mondo, esista anche una sola persona che, dopo aver rischiato e lavorato sodo per una vita mettendo su un'impresa e sviluppandola, sia disposto a cedere tutto allo Stato anziché godersi i frutti dei propri sacrifici e lasciarli ai figli? E' ovvio che lo farà solo se costretta. Quindi, rivoluzione (non certo evoluzione naturale) e poi esecuzione sommaria o prigione, Gulag, Laogai...  c'è solo l'imbarazzo della scelta tra metodi indispensabili per mantenere quello che è un sistema innaturale.
E' fin troppo evidente che la violenza, al pari della incompatibilità più totale con la democrazia, è connaturata all'ideologia comunista: non è affatto una "deviazione" rispetto alla dottrina "vera", come si vorrebbe far credere. E la Storia (guarda caso) lo conferma: ovunque ne hanno avuto la possibilità, i comunisti hanno soffocato ogni forma di libertà e instaurato spietati regimi autoritari. E laddove questa possibilità è mancata, come appunto in Italia, lunghe scie di sangue hanno comunque accompagnato la loro azione politica.
Chi ancora non fosse convinto e non avesse voglia di cimentarsi con piccoli ragionamenti e ripassi della Storia, può limitarsi a guadare le icone dei comunisti: sulle loro magliette e sulle loro bandiere campeggia forse un simbolo unversale della non violenza come Gandhi, o il guerriero noto con il nome di Comandante Che Guevara? 
I "compagni che sbagliano" non sono affatto le BR: sono gli altri. Quelli che, non di rado, si definiscono "comunisti" senza conoscerne il significato e le logiche conseguenze. Ma in Italia c'è un deficit culturale che porta a concezioni strampalate e ad un clima surreale nel quale ci si prende per i fondelli raccontando le favole del comunismo "pacifico e democratico".

 
 
 

Dico

Post n°134 pubblicato il 10 Febbraio 2007 da orion971

Mamma quante ne devo sentire... "I Dico sono un attacco alla famiglia", "i Dico distruggono la famiglia" e via dicendo.
Qualcuno mi dovrebbe spiegare il meccanismo per il quale, nel momento in cui si riconoscono dei diritti ad alcuni, se ne tolgono automaticamente ad altri... boh.  Non c'è stata nessuna deriva zapaterista, niente matrimoni tra persone dello stesso sesso, niente adozioni per i gay, niente pensione di reversibilità che graverebbe sulle casse dello Stato. Neppure i Pacs approvati in altri Paesi. Semplicemente, si è deciso di riconoscere alcuni diritti, peraltro accompagnati da doveri, ad un numero rilevante e costantemente crescente di persone. E' così scandaloso riconoscere il diritto di accesso nelle strutture ospedaliere del convivente per fini di visita e di assistenza nel caso di malattia o ricovero dell'altro convivente?
E poi non capisco perché proprio i preti si debbano scaldare tanto... la famiglia sparirebbe se tutti facessero come loro, altro che con i Dico.
Prendere atto dei cambiamenti della società e cercare di regolamentare una realtà che riguarda una fetta sempre maggiore della popolazione, andando a colmare quello che è un vuoto legislativo, è da persone ragionevoli. Fare finta che negli ultimi trent'anni nulla sia cambiato e arroccarsi negli slogan sulla famiglia è da cretini.
 

 
 
 

Un segnale forte dalle istituzioni

Post n°133 pubblicato il 05 Febbraio 2007 da orion971

Romano Prodi all'indomani dell'uccisione del povero Filippo Raciti: "Contro la violenza serve un segnale forte dalle istituzioni".
Ad esempio, intitolare un'aula del Senato a Carlo Giuliani?

Non è affatto una battuta pungente. Quanti ragazzi, di fronte alla beatificazione dell'aggressore di Genova, avranno finito col pensare che non dev'essere una cosa così grave tentare di ammazzare un poliziotto? Sarebbe bene che i partiti che hanno fatto e continuano a fare l'oscena apologia di Carlo Giuliani, che ancora oggi a distanza di cinque anni continuano a chiedere inchieste sui fatti di Genova per rovesciarne le responsabilità, avessero la decenza di asteneresi dal piangere lacrime di coccodrillo ed esprimere la propria "solidarietà" alle forze dell'ordine in questo momento.

Un paio di noticine sulla violenza negli stadi: contrariamente a quello che pensano in molti, il fenomeno si è notevolmente ridotto rispetto al passato. Lo confermano le statistiche e le esperienze di tutti coloro che, come il sottoscritto, hanno iniziato ad andare allo stadio negli anni ottanta e lo hanno fatto  fino a tempi recentissimi. Da molti anni gli scontri tra tifosi sono divenuti una rarità, mentre un tempo erano la norma e chiunque poteva trovarsi in mezzo. Oggi avvengono quasi esclusivamente tra ultras e polizia, e comunque meno di prima.
Sarebbe effettivamente un bene sciogliere i gruppi di ultras perché fomentano la violenza, perché è in curva che si apprende la "cultura" che ha portato  all'uccisione del povero Raciti. Ma la cosa è assolutamente irrealizzabile. Di conseguenza, non resta che aspettare un "segnale forte" dalle istituzioni...

 
 
 

Non esiste il negazionismo ma i negazionismI

Post n°132 pubblicato il 29 Gennaio 2007 da orion971

Gli italiani, come noto, hanno una spiccata tendenza a copiare ciò che viene fatto all'estero. Essendo - da qualche anno - previsto in alcuni paesi europei il reato di "negazione dell'Olocausto", ecco che, immancabilmente, si è arrivati anche da noi alla proposta di "adeguamento".  Caspiterina, uno si chiederà quale ferreo ed intransigente uomo di legge possa essere il promotore di una iniziativa del genere... peccato solo che la risposta sia... Clemente Mastella.  Nessuna omonimia, no: proprio lui, il Ministro della Giustizia dell'indulto. L'uomo che -  con il voto del Parlamento e con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti - ha svuotato le carceri di ladri, rapinatori, stupratori ed assassini, adesso avrebbe voluto riempirle con chi dice delle parole sbagliate sul noto accadimento storico di oltre sessant'anni fa. Mica male, eh?
Anche se, alla fine, nel testo del DdL sull'antisemitismo approvato dal Governo non è stato inserito il riferimento specifico alla negazione della Shoah prefigurato dallo zelante Ministro, la questione merita qualche riflessione, perché comunque questo reato esiste in altri Paesi europei e perché, a prescindere dalla punibilità, essa suscita sempre molta rabbia e paroloni di esecrazione ogniqualvolta viene nominata.

A parte l'annoso dubbio se una democrazia possa o meno contemplare nel proprio ordinamento i reati di opinione (pare un ossimoro), al riguardo specifico vi sono delle perplessità che sfiorano (e superano) il paradosso.  Perché chiunque è libero di negare tutto ed il contrario di tutto, tranne l'olocausto. Avete per caso voglia di negare il genocidio del Ruanda o quello degli armeni? Fatelo pure: nessuno vi dirà mai niente. Addirituttura l'ONU fu negazionista riguardo al Ruanda: non riconobbe che era in corso un genocidio per non essere obbligato all'intervento. Oppure volete dire qualcosa di inedito su Napoleone, o che non è vero che la Terra ruota attorno al sole? O che l'11 settembre è stato una montatura? Liberissimi di farlo, ma ci mancherebbe!
Il nostro sistema scolastico, ad esempio, ha negato per decenni i crimini commessi dai comunisti. A parte qualche parolina su Stalin (perché proprio era impossibile farne a meno), decine di milioni di vittime erano state letteralmente cancellate dalla memoria. Oppure, le Foibe, queste sconosciute... Fino a qualche anno fa non se ne trovava traccia sui nostri testi scolastici, a parte qualcuno divenuto famoso per averle attribuite ai nazisti! O peggio ancora, la più grande pulizia etnica della storia europea: quella che ha riguardato la popolazione tedesca al di là della linea Oder-Neisse. Dopo la guerra, estesi territori della Germania ad est di quella linea furono ceduti alla Polonia e all'Urss, con conseguenze disastrose per la popolazione locale: circa diciotto milioni di persone deportate in tempo di pace, private di tutto, sottoposte a violenze e spesso rinchiuse in campi di concentramento  simili a quelli nazisti, con un bilancio finale di vittime compreso tra i due e i tre milioni. Quasi nessuno ne sa niente perché i libri di storia si sono "dimenticati" queste pagine: io sono andato a vedere i miei e ho trovato, in alternativa all'oblio più totale, che la popolazione tedesca "emigrò" dalle regioni cedute! Nemmeno i negazionisti più spinti della Shoah sono arrivati ad un falso tanto grossolano. E qui stiamo parlando del nostro sistema scolastico e formativo, la cui azione diseducativa ha portato al fatto che in Italia ci sono milioni di persone convinte che il comunismo sia stato una buona cosa. E al di là delle "amnesie" e delle storpiature dei nostri testi scolastici, c'è tutta una "letteratura", dai libri scritti da insigni intellettuali ai più stupidi dei blogger, volta a negare i crimini comunisti, a ridurne drasticamente il numero delle vittime, a sminuire, relativizzare, contestualizzare, giustificare. Esattamente come fanno i negazionisti della Shoah, e spesso molto peggio.
Potrei anche raccontare di quando, con i miei occhi, ho visto l'On. Diliberto dire in televisione che "Gianpaolo Pansa scrive delle sciocchezze perché in Italia, dopo la guerra, si sono avute solo alcune decine di vittime". "Alcune decine", non le decine di migliaia che ci sono state: questo non si chiama negazionismo? Oppure il poeta Edoardo Sanguineti, che proprio alcuni gorni fa ha ridotto gli oltre 1.300 studenti cinesi massacrati in Piazza Tien Anmen perché chiedevano libertà e democrazia in "una quarantina di ragazzetti innamorati della Coca Cola"
Eppure è tutto lecito: solo sull'olocausto non si può dire mezza parola. E si finisce davvero nella bizzarria giuridica, perché il Codice penale dovrebbe stabilire quali sono le azioni da vietare e sanzionare indipendentemente dal ... complemento oggetto. Sarebbe come se, anziché l'omicidio senza specifiche, la legge vietasse l'omicidio di Caio, lasciando intendere che Tizio può essere tranquillamente ucciso. Idem potrebbe essere per la diffamazione: si tuteli il prestigio e l'onorabilità di Caio mentre sia lecito sputare tutto il veleno possibile su Tizio. Oppure, come se si stabilisse che è reato il furto della macchina e non quello del motorino, che è reato la rapina in banca e non quella in posta.

Certo, una  volta stabilito che dall'Illuminismo in poi si è scherzato e che la Verità è una e assoluta, leggi come queste possono innescare delle spirali pericolose... Già mi immagino, un domani che si potrebbe passare ad una legge che punisce il "negazionismo sui buchi in bilancio", per esempio. Visto che ogni volta che cambia un governo, il nuovo accusa il precedente di aver lasciato i "buchi" e quegli altri negano, è evidente che una delle due parti dice il falso. Una volta smascherati, tutti in galera! Oppure si potrebbe istituire il reato di "negazione dei benefici della Finanziaria": se Prodi dice che la sua fa bene al Paese e altri dicono che fa male... anche qui, qualcuno dice il falso. Attenti, blogger!!!

In conclusione, si può dire che:
- Per quanto possa talvolta non essere bello, tutti hanno una naturale tendenza a negare o quantomeno a mettere in discussione tutto, a seconda della propria convenienza e del proprio  orientamento politico o ideologico. E non si capisce perché debba essere criminalizzato solo il negazionismo in questione negli ultimi giorni;
- Le leggi che perseguono penalmente chi nega l'Olocausto sono un'aberrazione sul piano del diritto e dei diritti, oltre che una grandissima cavolata;
- Mastella non si smentisce mai...

 
 
 

Perché devono essere chiamati "pacifinti"

Post n°131 pubblicato il 21 Gennaio 2007 da orion971

L'Unione è divisa (che strano) sul rifinanziamento della missione militare in Afghanistan. Rifondazione, Comunisti italiani e Verdi sono contrari. Gli stessi che avevano fortemente protestato, con manifestazioni di piazza ed infuocati articoli grondanti di esecrazione per la guerra sui loro giornali, quando gli USA avevano attaccato l'Afghanistan in risposta agli attentati dell'11 settembre 2001, organizzati e partiti proprio da quel Paese.
Risultato di quella guerra è stata la fine del barbaro e medioevale regime dei Talebani, e l'inizio di un percorso di democrazia e di ricostruzione della società civile nel martoriato Paese.

A dire il vero, non era certo la prima di guerra che vedeva coinvolta quell'area: dal 1979 al 1989 l'Afghanistan aveva dovuto subire una lunga e sanguinosa guerra causata dall'occupazione sovietica. E' bene ricordare che l'invasione da parte dell'URSS, a differenza dell'azione militare USA, non era partita dal più sanguinoso attentato terroristico della storia, ma da una politica di pura espansione (per imperialismo, si potrebbe dire usando il vetusto linguaggio caro ad una certa sinistra nostrana). E la condotta di quella guerra da parte delle forze di occupazione sovietiche fu spietata: vennero commessi crimini di guerra di ogni genere e su vasta scala. Oltre alle testimonianze di Amnesty International, vi è da segnalare quella del Tribunale Permanente dei Popoli, che ha condotto inchieste su eccidi di massa e massacri compiuti sui villaggi sospettati di organizzare la resistenza: tremendi atti di barbarie furono compiuti ai danni della popolazione civile, senza distinzione tra uomini donne e bambini, e diversi tipi di gas tossici vennero usati contro gli abitanti. L’aviazione sovietica fece uso massiccio di napalm e fosforo, mentre l’esercito gettava sostanze tossiche nelle sorgenti d’acqua potabile, causando la morte delle persone e del bestiame. Fu compiuto un uso notevole anche delle mine antiuomo: 20 milioni ne furono sistemate soprattutto intorno alle zone di sicurezza delle truppe  sovietiche e delle fabbriche. Innumerevoli furono le donne afghane struprate dai soldati russi (una costante, questa, in tutte le guerre che li ha visti protagonisti). Infine, il terrore politico: il Khad, la polizia segreta afgana comunista, collaborazionista dei sovietici, controllava luoghi di detenzione aventi caratteristiche al di sotto di ogni standard per ciò che concerne l’igiene e gli spazi, con uso anche di celle sotterranee; un rapporto delle Nazioni Unite del 1986 accusa pesantemente il Khad, definendolo “macchina di tortura“. Secondo un censimento, sempre di quegli anni,  il numero totale dei prigionieri avrebbe oltrepassato le 100.000 persone. Il triste bilancio di questa guerra  fu l’alto numero dei morti, tra un milione e mezzo e due milioni, di cui il 90% di civili, e quello dei feriti, tra i 2 e i 4 milioni.

Dov'erano tutti questi "pacifisti" in quei lunghi dieci anni? Presto detto: la sera dell’invasione, si era riusciti a racimolare solo sette persone – davvero eroiche – per protestare sotto l’ambasciata sovietica. Sette persone. Poi il silenzio per tutti i dieci anni.
Ora, una volta appurato che non si tratta affatto di pacifismo ma di antiamericanismo, vorrei porre una domanda a questi signori. A parte i vostri sogni ideologici, la realtà è che adesso siamo li, giusto? E andando via tutti a gambe levate, che cosa sperate di ottenere? Il ritorno dei Talebani per fare un dispetto agli americani? Ma complimenti!!
Sarebbe bene che le persone serie riflettessero su che razza di gente abbiamo al governo.

 

 
 
 

La moda del "perdonismo"

Post n°130 pubblicato il 14 Gennaio 2007 da orion971

I tragici fatti di Erba hanno riproposto un copione giornalistico divenuto di moda negli ultimi anni: la domanda, posta a caldo ai familiari delle vittime, se sono disposti a "perdonare".
Non mi è molto chiaro cosa significhi questo perdono mediatico, se è un "rinuncerei a scannarti se ne avessi la possibilità", oppure "potrei anche bere un caffè assieme a te, e magari, perché no, si potrebbe pure diventare amici", o altro.
In ogni caso, non può non destare perplessità il perdono del signor Carlo Castagna: che, con i corpi  a momenti ancora caldi della moglie, della figlia e del nipotino di due anni, questo signore annunci in televisione il suo perdono senza contropartite a due bestie che nemmeno hanno avuto mezza parola di pentimento, è un messaggio non solo deresponsabilizzante (qualsiasi cosa fai, c'è sempre il perdono perché gli altri devono essere "buoni"), ma che suona anche come una mancanza di rispetto (o quasi) verso i suoi congiunti

Vanno bene i riguardi e le premure verso Caino, ma pensare un po' anche ad Abele non guasterebbe.

 
 
 

Saddam e la pena di morte: tra ipocrisia e inconsapevolezza

Post n°129 pubblicato il 31 Dicembre 2006 da orion971

Giusto impiccare Saddam Hussein? Secondo me no, anche se non c'è da scandalizzarsi. E' stato un atto gratuito ed inutile, che nemmeno influirà più di tanto sulla spirale di violenza in Iraq. Si tratta tuttavia di una questione molto ampia e particolare.
Personalmente, pur non essendo favorevolissimo, io non sono pregiudizialmente ostile alla pena di morte, ma solo in funzione di deterrenza, non per vendetta. Non perché, come sostengono in molti, "chi uccide deve essere ucciso": questo mi sembra ingiusto e anche barbaro.
Mi spiego: è senz'altro vero che, laddove 
è in vigore la pena di morte, la criminalità è comunque elevata, ma chi può dire che, a livello individuale, essa non influisca sulle azioni quanto meno di alcuni criminali? Sappiamo quanti sono quelli che uccidono nei paesi dove essa è prevista e viene applicata, ma non sapremo mai se altri rinunciano a farlo pensando al momento in cui finirebbero sulla sedia elettrica. Se anche un solo individuo avesse rinunciato o rinunciasse a commettere un delitto per questo motivo, per quanto mi riguarda sarebbe una ragione più che valida per sostenere la pena di morte. Considerato che la vittima di quel delitto evitabile potrebbe essere ciascuno di noi, sarebbe semplicemente illogico pensarla diversamente.
Chi si dichiara contro la pena di morte "senza se e senza ma" assume tale posizione perché non direttamente coinvolto nel tema. Fino a quando la criminalità è solo qualcosa di cui si sente parlare in televisione tutto va bene, ma è assai prevedibile che queste persone cambierebbero idea se il problema dovesse riguardarli direttamente. E questo non solo nel caso estremo che qualcuno entrasse in casa loro e massacrasse le loro famiglie, ma anche, verosimilmente, qualora dovessero sperimentare lo shock relativamente piccolo di uno scippo subito per strada.
Questo discorso è ancora più evidente nel caso in questione di Saddam Hussein. Sentendo i piagnistei di adesso, non posso non notare come, nel coro di coloro che parlano di un epilogo sbagliato dal punto di vista umanitario, giuridico e politico, vi sono tutti i comunisti nostrani. Faccio un passo indietro: poco più di un anno fa, l'On. D'Alema si era permesso di dire che Mussolini avrebbe dovuto essere processato. Qualcuno si ricorda le critiche  e gli attacchi dei quali fu oggetto da parte della sinistra Ds, di Rifondazione e dei Comunisti italiani? Sissignori, esattamente gli stessi che oggi per primi si scandalizzano ed invocano il diritto e la civiltà per Saddam Hussein, giustiziato dopo un regolare processo. Come faccia questa gente a guardarsi allo specchio è per me un mistero: uno dovrebbe avere un minimo di coerenza e di onestà intellettuale. Ma i comunisti, si sa, sono incomprensibili. E' tuttavia interessante notare come ci sia molta gente che parla di "barbarie" o di "inciviltà" quando si tratta dell'impiccagione del dittatore lontano che altri hanno dovuto subire sulla loro pelle, ma che, se si tocca l'argomento del "proprio" di dittatore, a distanza di sessant'anni (!) grida all'eresia se qualcuno si permette di dire che non è stato molto bello che sia stato ammazzato senza l'ombra di un processo, preso a calci e sputi  e impiccato dopo morto. Questi sono quelli che si autodefiniscono progressisti, garantisti e civili. Mi sia concesso di esprimere un commento di sole due brevi parole: che schifo.
Ma atteggiamenti non troppo dissimili - ancorché infinitamente meno disgustosi - sono riscontrabili anche in molte persone intellettualmente oneste, che nulla hanno a che vedere con i comunisti e la loro doppiezza morale. Esempio: qualcuno ha mai espresso una condanna vigorosa  delle impiccagioni dei capi nazisti a Norimberga? E a parte quel noto processo, dopo la guerra furono svariate migliaia, in tutta Europa, i nazisti e i collaborazionisti che finirono sulla forca, talvolta in pubblico e molto spesso al termine di processi tenuti senza nessuna delle garanzie che oggi consideriamo imprescindibili. Tutti o quasi considerano normali e giuste quelle condanne a morte, e la ragione è evidente ancora una volta. Gli europei sono molto sensibili ai crimini nazisti, si sentono toccati nel vivo; il satrapo orientale Saddam, invece, chi lo sente sulla propria pelle, da queste parti? Nessuno. Sì, sappiamo per sentito dire che ha ucciso e torturato spietatamente un numero incredibile di persone, che solo la guerra con l'Iran ha provocato più di un milione di morti, ma dopo tutto, sono affari "loro". A noi non importa più di tanto. Ed ecco che tutti si sentono in diritto di moraleggiare sull'orrore della pena di morte e sullla "sacralità della vita umana anche per uno spietato dittatore come Saddam". Se qualcuno dovesse rispondere a questo paragone con le solite frasi fatte sui nazisti, commetterebbe una duplice ingenuità: in primo luogo perché la criminalità di Saddam non ha nulla da invidiare a quella dei nazisti, e soprattutto perché la contrarietà alla pena di morte può solo essere assoluta. Non si fanno distinzioni, ed è un controsenso dire: "sono contrario alla pena di morte ma questi crimini sono talmente aberranti che faccio un'eccezione." Chi dice così non si rende conto di essere, in realtà, a favore della pena di morte al pari di chi esplicitamente si dichiara tale, dal momento che anche quest'ultimo è, di norma, portato ad invocarla solo nei casi più gravi e non in tutti. Cambia solo il target, non la sostanza ed il principio.
Se qualcuno ancora non fosse convinto di questo, si può provare a sostituire il nome dell'uomo sull forca: Adolf Hitler al posto di Saddam Hussein. Chi avrebbe avuto il coraggio di dire le stesse cose che si sentono in questo momento? Tutti i bei discorsi sul valore della vita umana svanirebbero nel nulla. Vorrei far notare che, per una grossa parte del popolo iracheno, per quello iraniano e per quello kuwaitiano, Saddam è peggio di Hitler. E' il "loro" Hitler.
In conclusione, il succo di tutto questo discorso può essere riassunto dicendo, in modo rozzo ma significativo,  che chi piange per Saddam e moraleggia sulla pena di morte in generale è il classico che fa il frocio col culo degli altri.
Tutti - seppur con sfumature diverse, e a parte forse Pannella e pochi altri, ammirevolmente coerenti - sono in realtà a favore della pena di morte. Si possono suddividere nelle seguenti categorie:
- quelli che lo ammettono
- gli ipocriti che si riempiono la bocca di belle parole
- quelli in buona fede, che si illudono di essere contrari
- quelli che sono al tempo stesso ipocriti, talmente cretini da non rendersi conto di essere più che a favore, e anche stronzi: i comunisti di cui sopra.

Non so se qualcuno ha avuto la pazienza di leggere tutto, in ogni caso


Buon anno a tutti, amici e non!

 
 
 

:-)))

Post n°128 pubblicato il 30 Dicembre 2006 da orion971

Lettura Messaggio Ricevuto
Con la Messaggeria hai la possibilità di scambiare messaggi con i tuoi amici della Community senza dover utilizzare la tua mail.

immagine Da:abasketcaseData:30/12/06 09:07:46 

immagine
Testo del messaggio:
immagineimmagine
bello,non potevo passare oltre!!ma come cazzo sei messo a scrivere una presentazione del genere,se è sfigato chi visita e legge il tuo profilo,tu cosa saresti a metterti qui a farlo?!Idiota.. :-))))
poi,leggendo il tuo blog,ho avuto un'importante conferma su un mio punto fermo,che sarebbe la certezza che il fascismo non può che essere alimentato dall'ignoranza più gretta!Sai almeno cosa vuol dire gretta?
Ecco,adesso,evitati figure di merda citando Lenin,Stalin,Mao e cazzate che ogni pirla forzista saprebbe dirmi,perchè sono guevarista e mi stanno sul cazzo gli imperialisti travestiti di rosso,in più evita di sparare cagate su uno di cui non hai mai letto un cazzo(il Che)e limitati ad una risposta costruttiva,se ne sei capace,ma ne dubito..
Scommetto che non sai neanche a che partito apparteneva il caro Benito prima di dare vita al movimento del fascio!Saluti!

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Buonismo a buon mercato

Post n°127 pubblicato il 23 Dicembre 2006 da orion971

"Il cuore di Milano con i Rom". Questo uno dei titoli di apertura del Tg1 di stasera, relativo alla manifestazione organizzata oggi da alcune associazioni in favore dell'accoglienza per i Rom a Opera, alle porte di Milano, dopo le vibranti proteste dei residenti negli ultimi giorni. Si sono visti cartelli con scritto "Sì ai Rom, no ai razzisti".
Eh sì, non si riesce proprio a capire questi cattivoni di residenti, con la Panda e con la Punto, che non ne vogliono sapere di integrare questi poveracci di Rom con i Mercedes. Meno male che ci sono i buoni, quelli con il "cuore" come dice il Tg, che la pensano diversamente. Ma sarà davvero il cuore che li distingue... o magari la zona di residenza, nel loro caso lontana dagli zingari? 
Questi pozzi di scienza della tolleranza a spese degli altri sono convinti che i "razzisti" parlino per ignoranza e generalizzazioni. Una delle loro massime preferite è che "si ha paura di ciò che non si conosce"... non sono minimamente sfiorati dall'idea che forse si ha paura anche di ciò che si conosce e magari proprio per questo motivo. Vediamo se si riesce ad accompagnarli mano nella mano in un piccolo ragionamente semplice semplice... Tutte le mattine vi alzate e andate a lavorare, giusto? Quale che sia il vostro lavoro, dipendente o autonomo, vi recate sempre nello stesso posto, giusto? E di quel posto avete un maledetto bisogno visto che, con tutto il culo che vi fate tutti i santi giorni, molti di voi fanno pure una dannata fatica ad arrivare alla fine del mese, giusto anche questo? Bambini "antirazzisti" seguitemi, che non è difficile. A questo punto, immaginate se vi proponessero di abbandonare tutto e partire per una vita da nomade, in roulotte: cosa direste? Sicuramente declinereste l'invito... e come mai? Non solo perché avete una cultura per così dire "stanziale", ma anche perché pensereste subito al vostro lavoro che perdereste, e di conseguenza vi domandereste: "come farei a campare?" Ora, non c'è ragione per la quale la medesima domanda  non debba valere anche per i Rom, vero? Quindi, come cacchio fanno questi a vivere secondo voi? Spedite le cartoline con la risposta, amici! Alla prossima settimana e linea al Tg!


 
 
 

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Post n°126 pubblicato il 21 Dicembre 2006 da orion971

Sulla fine della triste vicenda di Piergiorgio Welby non ho molto da aggiungere a quanto ho già detto in precedenza... sennonché rimango sempre colpito, ora più che mai, dalla presunzione di chi si è sempre opposto alla sua richiesta e che adesso invoca l'intervento punitivo della magistratura. Parlo di presunzione perché mi è davvero difficile comprendere come possano delle persone perfettamente in salute, che nemmeno sono in grado di immaginare cosa abbia sofferto Welby, giudicare quella situazione e dire: "No, guarda, stabiliamo noi che tu devi continuare a subire questa tortura in nome dei nostri valori".
Avrebbe diritto a parlare così uno che si trova nelle stesse condizioni (fino a un certo punto), ma tutti questi... potrebbero avere almeno l'umiltà di non giudicare. Oltre che, magari, riflettere sul rispetto della persona e della dignità umana prima ancora di un valore della vita elevato (o ridotto) ad una sorta di feticcio.
 

 
 
 

E se Casini non avesse tutti i torti?

Post n°125 pubblicato il 08 Dicembre 2006 da orion971

Non è esattamente il mio pensiero, ma un interrogativo che mi pongo e sul quale vorrei invitare a riflettere.
La maggior parte delle persone che sui blog di Libero scrivono di politica, di destra e di sinistra, hanno una caratteristica in comune: il fatto di non capirci molto. O se si preferisce, di concepire la politica con una partigianeria tale da assomigliare al tifo calcistico.
In questi tempi, ad esempio, capita di leggere commenti fortemente negativi su Casini nei blog che sostengono la Casa delle Libertà. Il che ci può stare, è anzi comprensibile, ma nessuno sembra preoccuparsi di cercare di capire le sue posizioni ed il senso delle sue parole. Quando, ad esempio, dice che la CDL farebbe bene a sfidare l'Unione sul terreno delle liberalizzazioni anziché ritirarsi sull'Aventino perché così facendo esploderebbero le contraddizioni in seno alla maggioranza, mi sembra che esprima un più che ragionevole e legittimo dissenso rispetto al modo attuale di fare opposizione. L'accusa più ridicola che ho letto e sentito è che "Casini è un traditore": ridicola perché in politica non esistono la lealtà, la coerenza e l'amiciza. Esiste solo la rappresentanza degli interessi, che possono essere convergenti o divergenti.
Innanzi tutto, Casini non ha mai detto di voler passare dall'altra parte. E neppure di voler rifondare il cosiddetto "grande centro": sebbene questo sia il naturale desiderio suo e di tutti gli ex-democristiani, non è così stupido da non rendersi conto che il bipolarismo in Italia è una realtà irreversibile. E' ormai entrato nelle teste dei singoli individui, e farcelo uscire è un'operazione che richiederebbe un arco di tempo di almeno una generazione.
In realtà, Casini ha ribadito che il suo partito è e resta alternativo alla sinistra. Perché questa è la sua collocazione naturale, come in quasi tutte le grandi democrazie europee. L'anomalia italiana (se così possiamo chiamarla) è che da noi esiste un centro cattolico (numericamente tutt'altro che irrilevante) alleato alla sinistra. E certamente non entusiasta della cosa: credo che Rosi Bindi, Castagnetti e Mastella farebbero volentieri a meno di stare nella stessa coalizione di Capezzone, Giordano e Diliberto, coi quali nulla hanno a che spartire. Come evidente a tutti, il collante che li tiene uniti ha un solo nome: Berlusconi.
Il leader della CDL è indiscutibilmente un grande, e la riprova (se mai ce ne fosse bisogno) è l'invidia malsana, tendente all'odio, che la sua figura suscita nei mediocri. I suoi meriti sono immensi: senza di lui, nel 1994 la gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto avrebbe stravinto e, con ogni probabilità, governato ininterrottamente fino ad oggi. La destra non sarebbe mai stata sdoganata e la sinistra sarebbe rimasta padrona assoluta del gioco. Ma altrettanto vero è che, in politica, non si può vivere di ringraziamenti. All'epoca Berlusconi era stato indispensabile e senza di lui il centrodestra non avrebbe mai nemmeno visto la luce. Ma oggi? Quanti sono i consensi che Berlusconi porta alla coalizione di centrodestra e quanti quelli che sottrae? Per rispondere alla prima domanda, basta guardare la manifestazione dell'altro giorno o fare un giro su questi blog: chi oggi vota il centrodestra lo fa a prescindere da Berlusconi. Lo fa perché nutre un'avversione profonda, insopprimibile verso la sinistra. Viceversa, e qui veniamo alla seconda domanda, non tutti quelli che votano il centrosinistra hanno un'avversione pregiudiziale verso l'altra parte: ce l'hanno verso Berlusconi. Io di persona ne conosco diversi che non votano la CDL per questo motivo e, in ogni caso, è più che prevedibile che senza di lui, senza il nemico da combattere, l'Unione si sfalderebbe.
Il progetto potrebbe essere di lasciare Ds, Verdi, Rifondazione e Diliberto (mi viene da ridere perché quasi tutti ormai citano lui invece del nome del partito perché negativamente emblematico) da soli e in contrapposizione al resto del Paese, come è in quasi tutta Europa: molto difficilmente questi quattro partiti riuscirebbero da soli a ottenere il 50% più uno dei voti. E questa diverrebbe una situazione strutturale, perché la maggior parte degli italiani NON sono di sinistra. Certamente, poi si porrebbe la questione dello spostamento verso il centro dell'asse della coalizione della CDL, ma si tratta di temi che, vista la portata della posta in gioco, prima di venire rigettati meriterebbero di essere affrontati seriamente, anziché lasciati alle chiacchiere da bar sport o ai tradimenti immaginari.

 
 
 

Il popolo non è solo di sinistra

Post n°124 pubblicato il 03 Dicembre 2006 da orion971

Ho notato un certo elemento di sorpresa nelle dichiarazioni rilasciate dagli esponenti del centro-sinistra sulla manifestazione della CDL di ieri. Probabilmente, non si aspettavano un'adesione così massiccia e hanno dovuto constatare, loro malgrado, che la piazza non è un'esclusiva della sinistra. Forza Italia, ad esempio, non si è rivelato esattamente quel "partito azienda", come è stato sempre definito con malcelato disprezzo, e nemmeno il partito degli evasori. Da ieri, nessuno può più negare che esistono partiti di massa anche a destra, capaci di mobilitare cittadini di ogni estrazione sociale. 
Anche la più che prevedibile strumentalizzazione delle bandiere nere della Fiamma Tricolore è stata molto limitata e non particolarmente convinta: dev'essere fin troppo evidente a tutti che, al di là di quelle bandiere, non c'è stato nemmeno un atto di violenza o di vandalismo, a differenza delle manifestazioni nelle quali è presente la sinistra radicale.
Credo che, d'ora in avanti, la maggioranza non potrà non tenere conto di questa opposizione fortissima e profondamente radicata nel Paese: è probabile che ci sarà più cautela nell'adottare provvedimenti unilateralmente e senza "concertazione" (inutile ricordare quali sono stati), e anche nel mettere le mani in tasca agli italiani. In questo senso, la manifestazione potrebbe avere centrato in pieno gli obiettivi prefissati.
Volendo spendere due parole sulla giornata di ieri, devo dire di avere trovato un po' troppo populisti alcuni degli slogan: mi sembra eccessivo parlare di "regime" e di "libertà". Così come non esisteva il regime di cui parlava la sinistra quando governava Berlusconi, oggi non c'è alcun regime con Prodi. Credo che le cose vadano chiamate col loro nome. Il fatto, ad esempio, di sostenere che si sta facendo una Finanziaria per lo "sviluppo" nel momento in cui (per dirne una ) si va a proporre la tassa di soggiorno in un' Italia che vive di turismo e che da diversi anni sta subendo una concorrenza fortissima da parte di molti Paesi,  in italiano non si definisce con la parola "regime" ma con un'altra: scemenza.

 
 
 

Esiste qualcuno peggio di Rutelli?

Post n°123 pubblicato il 28 Novembre 2006 da orion971

La domanda è ovviamente in relazione al post n. 121...
E la risposta sembra proprio essere affermativa, se guardiamo le azioni e le dichiarazioni di Livia Turco, il nostro Ministro della Salute che prima si fa promotore della brillante e indispensabile iniziativa di aumentare le dosi minime di cannabis per uso personale e poi, a distanza di pochi giorni, rilascia le seguenti dichiarazioni: 

Domanda: Ministro, esiste il «dovere di non ammalarsi»?

Risposta: «Sì. Lavoriamo ad welfare responsabile e per garantirlo serve la collaborazione dei cittadini. In sanità i diritti verranno agganciati ai doveri. Per i danni diretti ed indiretti che derivano da stili di vita non corretti lo Stato spende decine di miliardi di euro l'anno. Daremo linee guida perché è giusto che le istituzioni facciano maturare la consapevolezza. I corretti stili di vita verranno promossi; e se ciò non basta, ne verrà in qualche modo sanzionata la mancata osservanza. L'idea della multa può essere un utile deterrente perché i diritti devono andare a braccetto con le responsabilità».

 Ma ci è o ci fa?

 
 
 

Non sono necessarie  le prove quando i giudici vogliono condannare qualcuno

Post n°122 pubblicato il 25 Novembre 2006 da orion971

La Corte d'Appello di Roma ha confermato la condanna all'ergastolo inflitta in primo grado a dieci ex militari delle SS per la strage di Sant'Anna di Stazzema, nella quale furono uccisi oltre cinquecento civili per rappresaglia agli attacchi partigiani.
Chiunque senta distrattamente questa notizia, non potrà che accoglierla con favore. Bastano le parole "strage" e "SS". E' invece un tipico caso in cui fermarsi un attimo a riflettere può aiutare a capire come le cose possano essere meno semplici di come ci vengono servite dai media. 
I  processi per crimini di guerra sono sempre piuttosto controversi, in generale per la loro unilateralità ed in particolare riguardo alla legittimità della tesi difensiva di avere obbedito agli ordini. Ma stavolta siamo ben oltre quella disquisizione... anche ammettendo la possibilità di disobbedire (che potrebbe però - con non poca forzatura - essere accolta per gli ufficiali, non certo per un caporale, il grado di uno di questi ex-SS), il punto è un altro e, se vogliamo, più "originale". Si tratta del fatto che, a parte uno degli imputati che ha ammesso di essere stato presente a Sant'Anna e di avere effettivamente aperto il fuoco, gli altri hanno negato recisamente, e viene da domandarsi in base a quali prove possano essere stati smentiti. Sono stati forse riconosciuti dai superstiti a distanza di oltre sessanta anni? Naturalmente no, tra l'altro i soldati con divisa ed elmetto sembrano tutti uguali (e quelli tedeschi della seconda guerra mondiale più degli altri), al punto che non sarebbero stati riconoscibili neppure in un confronto all'americana effettuato la sera stessa dei fatti.
L'unica "prova" a carico degli imputati è la loro appartenenza alla 16ma Divisione Reichsfuehrer delle Waffen SS, della quale è storicamente accertato che facevano parte gli autori del massacro... Ma poichè non è pensabile che l'intera divisione possa essere entrata nel paese per compiere la strage, gli imputati avrebbero potuto:
- trovarsi in un'altra linea del fronte, fuori dal paese a fronteggiare i partigiani (saranno esistiti anche quelli, a meno che non si voglia dare ragione a chi dice che sono sbucati solo dopo il 25 aprile), o anche più lontano ancora;
-  avere marcato visita quel giorno;
- essere stati in licenza (dubito esistano ancora i carteggi relativi ai permessi di quella divisione);
- oppure trovarsi effettivamente a Sant'Anna ma non avere sparato a nessuno, magari anche - paradosso dei paradossi - rischiando a loro volta la fucilazione.
E si potrebbe continuare (varie ed eventuali).
In un processo di questo genere, fondamentale dovrebbe essere appurare chi era presente sul luogo e anche chi ha effettivamente sparato e chi no; in questo caso è stato  considerato irrilevante, cosa che,  giuridicamente, è semplicemente una bestialità. Con un procedimento non condizionato da fattori emotivi esterni, per almeno nove dei dieci imputati la sentenza sarebbe stata di assoluzione non per insufficienza ma, verosimilmente, per mancanza totale di prove. Non solo: non ci sarebbero stati nemmeno i presupposti per istruire un processo.
Parlo di fattori emotivi esterni perché la vicenda Priebke, con il Tribunale che aveva emesso la prima sentenza assediato dai giovani ebrei romani sostenuti dalla gran parte della stampa e dei politici,  ha insegnato che il copione (tale è) non ammette, nei processi per crimini nazisti degli ultimi anni, sentenze diverse dalle condanne all'ergastolo. Ma compito della Giustizia è fare giustizia applicando le norme del diritto, non fare contenti le comunità ebraiche e i familiari delle vittime. E il nostro diritto, già dalla Costituzione, stabilisce che la responsabilità penale è personale. Non esistono responsabilità oggettive ed un Tribunale deve processare i singoli individui per il ruolo da questi svolto in un fatto, non una intera divisione composta da migliaia e migliaia di militari.
Naturalmente non è questo processo-farsa in sé ad essere importante, dal momento che, innocenti o colpevoli che siano, nessuno di questi imputati finirà mai in carcere; è semmai interessante (o inquietante) domandarsi quante persone, per vicende attuali, vengano analogamente condannate sulla base di teoremi e senza stralcio di prova, finendo magari dietro le sbarre.
Qualche figura istituzionale continua a ripetere che bisogna avere fiducia nella magistratura. Io dico che bisogna averne soprattutto paura...

 
 
 

Si autocommenta

Post n°121 pubblicato il 22 Novembre 2006 da orion971

Francesco Rutelli, 10 XI: «Le critiche alla tassa di soggiorno? Solo piagnistei assurdi»
Francesco Rutelli, 14 XI: «Il ritiro della tassa di soggiorno? Saggia decisione: avrebbe messo in difficoltà il turismo

Un consiglio: se siete in strada, vi accorgete di aver dimenticato l'orologio a casa e il primo passante che incrociate è Rutelli, non chiedetegli che ore sono. Troppa è la fiducia che bisogna riporre nella persona alla quale si rivolge una domanda del genere....

 
 
 

"10, 100, 1000 Nassiriya" e l'ipocrisia

Post n°120 pubblicato il 20 Novembre 2006 da orion971

Ho dato un'occhiata nei vari blog di destra alle critiche per la manifestazione di Roma nella quale è riecheggiato lo slogan "10, 100, 1000 Nassiriya". Si parte dai giudizi non propriamente lusinghieri sulle capacità intellettive dei manifestanti per arrivare agli attacchi  contro la sinistra istituzionale, contro Prodi, la sua Finanziaria, la sua faccia ecc. ecc. Tutto più che legittimo, ma anche tremendamente scontato e prevedibile, più o meno come l'abbaiata di un cane quando qualcuno passa davanti al suo cancello.
Vediamo se mi riesce di essere un po' meno banale.....
Tutta questa esecrazione generalizzata (quindi anche a sinistra) mi pare fuori luogo. Più che altro perché siamo nella Repubblica nata dalla gloriosa Resistenza: da sessant'anni ci fanno una testa così con "Una mattina, mi son svegliato...e ho trovato l'invasor". Mi spiego: la destra, che ha appoggiato l'azione militare in Iraq, considerando in particolar modo la presenza italiana  un intervento umanitario a sostegno della popolazione civile da un lato e una missione di peace keeping dall'altro, ha tutto il diritto di indignarsi per quello slogan infame e demenziale.  Ma il versante opposto dello schieramento politico? Quante volte abbiamo sentito gli esponenti del centro-sinistra (non della sinistra radicale, si badi bene) dire che siamo andati a fare la guerra, che siamo lì come truppe di occupazione di un Paese che era sovrano e via dicendo? Non si contano. La conseguenza diretta, logica e naturale di quelle che sono sempre state le posizioni del centro-sinistra è che gli iracheni hanno tutto il diritto e il dovere di compiere attentati e azioni militari contro i nostri soldati. Del resto, non è forse l'Italia il Paese che ha onorato e decorato gli attentatori di Via Rasella, portandone anche uno in Parlamento? Via Rasella e Nassiriya: due attentati compiuti da chi lottava per il proprio Paese contro degli occupanti stranieri ritenuti illegittimi. A questo punto, o si scherza nella glorificazione dell'uno o si scherza nell'esecrazione dell'altro, altrimenti si è di fronte ad un'evidente contraddizione.
I manifestanti che hanno scandito quello slogan sono solo coerenti con se stessi e con tutto quello che è stato insegnato loro dalla nascita e che hanno assorbito acriticamente: più che rabbia dovrebbero suscitare compassione. Molto più esecrabile è l'esecrazione (ripetizione voluta) del centro-sinistra, che parla di guerra, occupazione militare e mani grondanti di sangue quando c'è da prendere i voti dell'elettorato pacifista o pacifinto, e piange poi lacrime da coccodrillo nel momento in cui c'è da assumersi la responsabilità di queste posizioni, quando cioè i nostri soldati vengono uccisi o la loro memoria vilipesa come è successo sabato.

 
 
 

Una sentenza esemplare

Post n°119 pubblicato il 18 Novembre 2006 da orion971

MILANO —Tra gli obblighi di cura dei propri figli, i genitori devono farsi carico di una «strategia dell’attenzione » che comprenda anche un’«educazione sentimentale» degli adolescenti, favorendo «la crescita "sociale" dei ragazzi» nell’insegnare loro «le modalità relazionali anche con l’altro sesso»: se dunque i figli quindicenni/sedicenni hanno tormentato sessualmente per 14 mesi una compagna di giochi di 11 anni, e i loro padri e madri non solo non offrono alcun risarcimento ma anzi «tendono a negare la gravità dei fatti commessi dai figli» sino persino a «individuarne la causa nel comportamento della ragazzina», proprio i genitori possono essere chiamati, sotto questo profilo e in sede cautelare di garanzia, a risarcire la vittima e i suoi parenti.
Con questa motivazione il Tribunale civile di Milano ha autorizzato la famiglia della ragazzina angariata a porre sotto sequestro conservativo, in vista dell’esito della causa civile tuttora in corso per il vero e proprio risarcimento dei danni, le case o qualunque altro bene dei genitori dei figli sotto processo per le violenze alla bambina. Fino a un valore di 220 mila euro: 150 mila a favore della ragazza oggi 17enne, che non è più riuscita ad andare a scuola ed è in psicoterapia; e 70 mila a favore dei suoi genitori, padre portiere di condominio e madre collaboratrice domestica. Un sequestro conservativo ordinato, peraltro, dopo che almeno una delle famiglie dei ragazzi aveva «proceduto all’alienazione di un immobile di sua proprietà».
 
Mi sembra una sentenza esemplare, a condizione che ci si limiti all'analisi del fatto specifico e non diventi una regola di carattere generale che i genitori debbano pagare per le azioni dei figli minori. In questo caso, è sconcertante che dei genitori i cui figli  hanno fatto queste cose cerchino di negare la gravità dei fatti e addirittura, comportamento ancora più odioso, di dare la colpa alla vittima undicenne.

 
 
 

Fidel, tra illusione e realtà

Post n°118 pubblicato il 17 Novembre 2006 da orion971
Foto di orion971

Brevi passaggi di un'intervista ad Alina Castro, figlia di Fidel, pubblicata sul Corriere di oggi

Che ricordi ha della sua infanzia a Cuba?
«Ricordo che all'età di tre anni i cartoni animati di Topolino furono rimpiazzati in televisione dalle esecuzioni ordinate da mio padre. Fu per me un trauma e ne parlo nella mia autobiografia Alina, la figlia ribelle di Fidel Castro».

Come spiega che Fidel Castro continui per molti a essere un mito?
«La sinistra europea, i Paesi non allineati e le star di Hollywood lo vedono come l'ultimo dei mohicani. L'hanno talmente idealizzato da non riuscire più a vedere di là dallo schermo da loro stessi creato. L'idea di una rivoluzione proletaria nei Caraibi è molto più esotica per la sinistra europea che non le purghe staliniane. E lo dico da persona di sinistra».

Anche negli Stati Uniti Castro è per molti un idolo.
«Eppure uno dei Paesi che l'hanno idealizzato di più resta l'Italia. Ogni volta che la visito vedo più t-shirt di mio padre e di Che Guevara che non nel resto del mondo. Nell'immaginario collettivo degli italiani lui sarà legato per sempre a Guevara: insieme sono gli eterni rivoluzionari. L'ultimo pretesto dei marxisti per difendere la loro ortodossia. Questa gente non conosce la realtà cubana e farebbe meglio a vivere nel Paese per un po', prima di parlare».

E' bene riportare queste testimonianze, anche se non basteranno a riportare alla realtà comunisti, radical chic e pseudo-intellettuali nostrani: loro saranno senz'altro convinti di conoscere Fidel Castro meglio di sua figlia.

 
 
 

Il servizio pubblico e la propaganda di parte

Post n°117 pubblicato il 11 Novembre 2006 da orion971

Giovedì sera ho visto Anno zero, la trasmissione del biondo Santoro salita alla ribalta delle cronache più per "la gnocca senza testa" che per i suoi contenuti. Che palle questa storia...io non so se Rula Jebreal sia con o senza testa, ma quello che posso certificare è che è effettivamente un grandissimo pezzo di gnocca. Decisamente eccessiva tutta questa montatura, manco avessero detto "una racchia senza testa".
Tornando alla puntata di giovedì, a parte l'impareggiabile spacciatore nordafricano che raccontava di avere passato solo tre giorni in galera perché poi "grazie a Dio e grazie a Prodi c'è stato l'indulto", Santoro si è rivelato quello che è sempre stato. Un conduttore più che fazioso, beffardo, indisponente verso gli ospiti che non sono del suo colore politico e, soprattutto, grande manipolatore della realtà e propagandista professionale. Dopo la performance del Ministro Ferrero sulla politica "che non deve occuparsi del velo delle donne islamiche" (per la serie, si occupi dei problemi in attacco del Milan), si è parlato di come nascono le guerre di religione, mostrando prima un prete che faceva la predica su Marco D'Aviano e si macchiava del delitto di avere nel suo ufficio una  biografia di Erich Priebke ("ma come può? Sono morte 330 persone!", chiedeva lo zelante intervistatore), poi i ragazzotti di Forza Nuova con il Duce sulla maglietta che manifestavano contro la costruzione di una moschea e via dicendo. Il messaggio che ne usciva, a testimonianza che le cose che si studiano a scuola servono, era una singolare applicazione di quella che in algebra si chiama proprietà transitiva: l'associazione di chi non raggiunge l'orgasmo per l'invasione islamica e vuole preservare la nostra cultura con il Duce, Priebke, quindi il nazismo e magari anche l'Olocausto. Perfetto! E i musulmani, in tutto questo? Niente di niente, candididi e innocenti.
Come nel più tipico stile santoriano, si è cercato di mettere in ridicolo le posizioni non gradite: si è chiesto ad una manifestante se temeva l'islamizzazione dell'Italia, e alla risposta affermativa si è ribattuto "ma le sembra possibile, siamo 57 milioni!" (analizzare i flussi migratori crescenti, confrontare il tasso di natalità di questa gente con i nostri e sulla base di questi dati fare delle proiezioni è evidentemente da scemi......chi è quel buontempone che ha detto che la statistica è una scienza?). Successivamente, Santoro stesso ha ostacolato in tutti i modi l'intervento di un giovane prete in studio che parlava dell'identità italiana come una cornice all'interno della quale devono stare le diverse sfumature. Ecco, qui c'è una cosa che io non riesco a capire: perché l'identità è un diritto ed un valore da riconoscere, tutelare e promuovere quando si tratta degli immigrati, specie se islamici, e diventa una vergogna, un delitto, quando si parla della nostra? E' la stessa parola, dopotutto. C'è un passaggio che mi sfugge in questo processo di trasformazione di un vocabolo..
Le riflessioni che si possono trarre dai programmi di Santoro sono le seguenti:
- si può capire chi non paga il canone Rai.
- gli ordini professionali sono da abolire, visto che quello dei giornalisti non ha mai preso provvedimenti contro di lui
- Berlusconi avrà fatto tante cavolate, ma fra queste non rientra  quella di averlo cacciato a pedate nel sederino  

 
 
 

Il diritto-dovere della vergogna

Post n°116 pubblicato il 05 Novembre 2006 da orion971

La premessa di questo post è che a Napoli, come in tutti gli altri posti del mondo, ci sono persone brave e meno brave. Banale ma indispensabile per prevenire i soliti ritornelli degli indignatori a buon mercato...o almeno provare a farlo.
Dunque, serve l'esercito in quella città? Magari fosse così semplice....significherebbe essere di fronte ad una emergenza transitoria, ad un problema di natura tutto sommato superficiale. Purtroppo, tutti sanno che non è così: a Napoli l'illegalità ha un radicamento talmente profondo nella società, nei comportamenti ed anche nelle coscienze di molti suoi abitanti che non si cancella di certo con dei semplici palliativi. L'illegalità, da quelle parti, è una vera e propria cultura, in netto contrasto (fortunatamente) con la quasi totalità del resto del Paese. Gli esempi sono infiniti, dalla camorra agli scippi, dalle magliette con disegnata la cintura di sicurezza al casco che, se indossato, porta il motociclista ad essere scambiato per killer o rapinatore, fino ai panni stesi che in tutto il mondo sono delle eccezioni che innescano accese liti condominiali mentre a Napoli sono un simbolo ostentato della città...Non si capisce poi per quale ragione lì debba essere normale andare in tre su un motorino e senza casco: qualcuno può spiegare perché i vigli urbani napoletani non fanno il proprio dovere come i loro colleghi del resto della penisola? E' inutile girarci attorno e prendersi in giro: Napoli è diversa.
C'è qualcosa che non mi quadra nel dibattito in corso: non si fa altro che ripetere che "Napoli ha sì dei problemi, ma anche delle risorse straordinarie". Quali? I risultati non sembrano confermare queste frasi fatte.
Quello che colpisce di questa città è l'orgoglio dei suoi abitanti ed il loro senso di appartenenza. Io penso che i napoletani possano essere orgogliosi di se stessi, individualmente, se sono delle persone perbene (come è per molti di loro), ma per quanto riguarda la loro città e la loro comunità...che motivo hanno? Forse l'essere la capitale dell'immondizia e della camorra? Orgogliosi della propria terra potrebbero esserlo, semmai,  i lombardi e i veneti, per la ricchezza che hanno saputo creare con il lavoro, i bergamaschi che si alzano alle cinque per andare a fare i muratori a Milano e in altre province....invece no. Siamo al paradosso che chi produce ricchezza è meno orgoglioso di chi produce rifiuti.
Tutti quelli che dibattono su Napoli sono convinti della necessità di un cambiamento forte, ma i suoi abitanti lo sono altrettano? Non si direbbe, visto che hanno sempre premiato gli amministratori locali che hanno portato negli anni allo scempio dei rifiuti e al degrado più totale. Bassolino, eletto sindaco per la prima volta nel 1993, è stato confermato con una maggioranza schiacciante (72,9% dei voti) nel 1998, diventando successivamente addirittura Presidente della Regione Campania e riuscendo poi ad ottenere una seconda elezione anche per questa carica.
Idem per Rosa Russo Iervolino: eletta sindaco per la prima volta nel 2001, mentre i rifiuti continuavano ad aumentare di volume è stata premiata dagli elettori partenopei con un secondo mandato nel 2006. 
Dovrebbe essere evidente che i napoletani avrebbero bisogno di una bella scossa, non di sentir parlare delle "risorse straordinare" della loro città.
Purtroppo, il coro degli ipocriti si puntualmente levato grondante di esecrazione per le parole di Calderoli che, a parte il linguaggio senz'altro discutibile, non ha fatto altro che dire quello che tutti pensano. I napoletani per primi dovrebbero invece rispondere "Sì, Calderoli, sarai pure sgradevole ma hai ragione. La nostra città è ridotta ad uno schifo, e siccome noi ce ne vergognamo, d'ora in avanti faremo di tutto per migliorarla!". E' anche una questione di dignità, mi sembra.
Che un po' di sana e onesta vergogna prenda il posto del più immotivato e suscettibile degli orgogli identitari, è la premessa necessaria per scuotere le coscienze e far scattare la molla che può portare ad iniziare a risalire la china. Chi si indigna  contro Calderoli anziché contro i responsabili (a tutti i livelli) del degrado e continua a parlare delle "risorse straordinarie" di Napoli, non rende nessun servizio a questa città: fornisce invece la ricetta migliore per far sì che non cambi un emerito cazzo.

 
 
 

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