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Se dico "Cucciolo", ti distruggo un mese di attività didattica

Post n°7 pubblicato il 20 Maggio 2013 da lascuolaoggi
 
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Stefania segue un bambino affetto da un disturbo di iperattività. Quando lo ha incontrato a scuola, a novembre, ha capito che l’iperattività è un problema più serio di quanto dai libri avesse potuto intuire. Armata di buona volontà, ha acquistato dei testi sull’argomento (se potesse, direbbe a Dario Ianes : “maestro, fa’ di me quel che vuoi”), li ha approfonditi, ha somministrato test d’ingresso per poi costruire un percorso personalizzato, centrato sull’autonomia e sulle competenze (che parolone). Cosa vuol dire?. Semplicemente che si è chiesta come fossero le performance del bambino rispetto alle abilità previste per la sua fascia d’età. Ha optato, quindi, per una didattica per immagini e per stimoli differenziati,costanti,di breve durata cominciando, parallelamente, a costruire una buona relazione educativa, fondata sul riconoscimento reciproco. Il bambino era lontano dall’essere scolarizzato, trascorreva i suoi giorni nei corridoi o in bagno, andava a zonzo, assumeva un atteggiamento provocatorio, era maleducato. Stefania, come la sua indole le suggeriva, non ha voluto porsi secondo il modello della maestra-mamma, tanto gettonato nella scuola primaria, ma ha tentato di fare l’educatrice, cosa ben più complessa da riuscire a porre in atto. Per assumere il ruolo dell’educatrice ci vuole, infatti, spessore culturale, professionalità,conoscenza disciplinare e buonsenso, perché in ogni momento bisogna ritornare sul contenuto, sul metodo, sulla relazione educativa, sottolineando i ruoli, i doveri ed i diritti di docente e discente. Non è stato facile per lei. Non appena il suo tono di voce si faceva più severo, le colleghe la guardavano con disapprovazione. Eppure, erano le stesse colleghe che avevano consentito ad un bambino, un minore, di aggirarsi da solo, e senza controllo, nei corridoi della scuola. Le stesse che lo avevano esonerato dall’apprendimento, perché “il bambino è difficile, è aggressivo”, privandolo, in questo modo, del diritto di imparare. “Non è dolce, è troppo severa”, le sentiva bisbigliare nei loro consuetudinari incontri di compresenza, rigorosamente tenuti in corridoio. Ma Stefania le ignorava, in fondo erano le stesse persone che non avevano neppure saputo presentarle l’allievo, potenzialità e lacune, e che, in assenza della docente di sostegno, lo avevano abbandonato a se stesso, facendo semplicemente il gioco dello scarica barile, fino ad arrivare “a quell’asina di maestra che aveva in prima elementare”. Durante una faticosa sessione di matematica,mentre maestra e allievo erano alle prese con il materiale multi-base, i regoli, i colori, gli insiemi, per riscoprire insieme il concetto di quantità, il bambino si è alzato ed ha cominciato la sua solita danza nel corridoio. Tutto normale per un bambino iperattivo. Stefania lo rimprovera e gli dice che dopo la matematica avrebbe avuto i suoi dieci minuti di svago. Ma la maestra di religione non ne può più e interviene: “Cucciolo, vieni qui, vieni in classe mia, stai un poco con me”. Il bambino ovviamente accetta l’invito con entusiasmo (quale bambino può preferire le decine e le unità alla religione?). “Vorrà dire che i tuoi dieci minuti di svago li farai studiando la religione?” aggiunge Stefania. L’allievo trascorre la successiva mezz’ora con la maestra di religione,seduto accanto a lei  a godersi il dolce far niente, proprio come lei. Per non sollevare un polverone, Stefania non reagisce come vorrebbe,non fa notare alla collega quanto sia stato diseducativo oltre che irrispettoso il suo comportamento. Si limita a dire che l’appuntamento con la matematica è solo rimandato. Episodi del genere si sono verificati spesso, ma chi crede in ciò che fa difficilmente si arrende. Oggi, a distanza di mesi, l’allievo di Stefania svolge da solo gli esercizi di italiano, matematica e inglese, ovviamente costruiti su obiettivi minimi; quando sente la necessità di svagarsi gli è concesso di passeggiare, ma per pochi minuti e sotto il controllo della docente, chiede il permesso per allontanarsi, ma soprattutto abbraccia con calore la maestra che gli ha insegnato a contare con pazienza senza saltare le cifre, che gli ha insegnato a chiedere il permesso, che lo ha trattato come un qualunque altro bambino.

 
 
 
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