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LE MISTERIOSE PIETRE DEGLI DEI

Post n°384 pubblicato il 13 Maggio 2007 da io_deifobe

Da Stonehenge a Carnac, dalle Piramidi ai Mohai, dall’omphalos ai ciottoli Aziliani, dalla Pietra di Faal alla Kaaba... tutta la storia della civiltà dell’uomo ruota intorno alle "pietre".
Le "ossa della terra" caratterizzarono la più antica cultura dello uomo... e non solo quella, ne costituirono il primo materiale da costruzione, il primo mezzo per comunicare agli altri il proprio pensiero.
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È fuori discussone che le pietre, ma anche altri manufatti, abbiano rivestito un particolare significato, non solo strumentale, per l’uomo megalitico. Ma non solo per lui.
Questa circostanza era ben presente al redattore della Bibbia che dichiarò: "E Giosuè scrisse queste parole nel libro della legge di Jahveh e, presa poi una grande pietra, la eresse ivi sotto il terebinto che era sotto il santuario del Signore". Non sappiamo se si trattasse di un menhir o un altare. Certamente era un simbolo di alleanza.
Andando avanti nel tempo neppure i greci pensarono di sottrarsi al fascino della pietra. Essi venerarono l'omphalos, pietra di forma conico-arrotondata, posta nel tempio di Apollo a Delfi e ne fecero il punto centrale, l'ombelico del mondo.
Forse in quella stessa epoca 
(1), i Celti fecero di una pietra, la "Pietra di Faal", uno dei quattro doni che i Tuata de Danaan lasciarono agli uomini quando decisero di lasciare la terra.
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Non mi sembra il momento di dilungarmi su tanti altri aspetti di pietre famose: vi tornerò tra breve.
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GLI AEROLITI E LE PIETRE DEGLI DEI
Un geologo austriaco, Otto Much, stabilì - sulla base di calcoli di vari studiosi di chiara fama 
(2) - che il 5 giugno 8496 a.C. un corpo celeste di notevoli proporzioni, a causa di una inconsueta congiunzione Terra-Luna-Venere, era precipitato nell’Atlantico settentrionale spaccandosi in diversi frammenti.
Sulla terra del pleistocene prosperava la cultura dell’uomo di Crô Magnon che conservò nel mito il ricordo delle catastrofi che ne seguirono (tra le quali l’inabissamento di Atlantide ed il diluvio Universale del quale ho trattato in "
I misteri del Diluvio nella storia e nel mito".
Indipendentemente dal fatto che la teoria di Much possa essere condivisibile, resta il fatto che gli antichi ebbero una vera e propria venerazione per le pietre cadute dal cielo.
Come ci fa osservare Peter Kolosimo, nell'antichità gli aeroliti furono "...avvolti da un alone magico: chiamati cerauni, bétili, pietre fulmine, pietre animate, erano considerati veri doni del cielo, forniti di virtù mirabolanti, se non addirittura abitati da divinità".
E Robert Charroux, ci parla di altre famose meteoriti dei tempi andati. Si pensi alla Pietra Nera della Kaaba (La Mecca) che fu portata dagli angeli, alle pietre del tempio del Sole dell'isola del Lago Titicaca che ricordavano la storia di giganti discesi dal cielo per edificare le prime case degli uomini; la pietra di Apollo che Eleno 
(3) avrebbe ricevuto da un dio; le pietre di Cibele del monte Ida (Troade), di Pessinunte (Frigia), di Creta e di Tebe; la Pietra di Diana ad Efeso accompagnata dalla celebre statua della dea; l’ancile romano lasciato cadere da Marte a protezione di Roma; la Pietra di Argo (Tracia) la cui natura sarebbe stata svelata al filosofo Anassagora; la pietra caduta nel 1492 e custodita nella Chiesa di Eisenheim in Alsazia (4).
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AEROLITI E SCIENZA
Cosa fossero gli aeroliti è stato stabilito, fin dal 1795, dal fisico tedesco Ernst Florens Chladni di Wittenberg, ma la teoria venne accettata solo agli inizi dell'800 ad opera dal chimico M.H. Klaproth e dall'astronomo K. F. Rommelsberg entrambi tedeschi.
Questi studiosi videro negli aeroliti delle sopravvivenze del passaggio di comete "...da tempi immemorabili erano state considerate apportatrici di sfortuna, di epidemie, di catastrofi naturali, di grossi rivolgimenti politici. Quanto nel 44 a.C. Giulio Cesare morì ... molti posero l'avvenimento in relazione con la comparsa di un astro chiomato. E nel 68 d.C. qualcuno ci dirà che la fine di Nerone era stata annunciata da un fenomeno analogo."
Documenti storici di particolare importanza - come il papiro Ipuwer ed i geroglifici di Medinet Habu, del resto ci dicono che anche i figli del Nilo, parlavano di un astro il cui passaggio sarebbe stato all’origine o messo in relazione a grandi distruzioni. È sintomatico il racconto delle battaglie combattute da Ramses III, contro gli iperborei (popoli del mare) nel 1300 a.C. La leggenda narra di avvenimenti connessi al passaggio di una cometa che, simile a un tizzone ardente, avrebbe flagellato la Libia riducendola a un deserto sabbioso.
Ovviamente l’unico caso di evento "fortunato" connesso ad una cometa, è quella che apparve per indicare ai Re Magi la via per giungere al Salvatore.
Per inciso mi limiterò ad osservare che il segno celeste fu considerato favorevolmente solo dai Magi, mentre gettò nel panico Erode e la popolazione 
(5).
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ALTRE PIETRE FAMOSE
Nel complesso monumentale di Palenque, c’è la Piramide delle iscrizioni. È stata scoperta nel 1949 da Albert Ruiz Lhuillier, risale al 692 d.C. ed è l’ultima dimora del re maya Pacal.
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Palenque, Messico, ai giorni nostri. Decine di curiosi visitano il Tempio Maya delle Iscrizioni, datato 692 d.C. e scoperto nel 1949 dall’archeologo Albert Ruz Lhuillier. La piramide è per molti versi un inestricabile enigma.
Tanto per cominciare è piramide del mesoarmerica ad ospitare una tomba. In secondo luogo la pietra tombale è nota come "tomba dell’astronauta": certo la stranezza del bassorilievo non sfugge neppure al più feroce degli avversari degli ufologi 
(6).
Ma il tempio delle iscrizioni di Palenque non esaurisce il fenomeno che mi riguarda. Infatti il dottor Javier Cabreras Darquea, Peruviano, possiede una raccolta straordinaria. Il suo personale museo custodisce oltre ventimila pietre di andesite delle forme e dimensioni più svariate, con una caratteristica che le accomuna: tutte indistintamente sono coperte da segni e disegni le cui origini si perdono nella notte della preistoria. Le pietre del medico sono ben note agli studiosi americani che le conoscono come "I petroglifi di Ica": Ica è la piccolissima località dalla quale provengono.
Il giornalista nordamericano Steiger fa osservare che "In molte di queste pietre si vedono i progenitori dell’homo sapiens, esseri prima anfibi, poi rettili ed infine mammiferi, comunque anteriore alle scimmie (della tradizione darwiniana)".
Dirò per inciso che Cabreras è convinto di una assoluta follia: che questi esseri siano manipolazioni genetiche d una razza delle Pleiadi stanziati su una base esplorativa venusiana. Vero o falso? Impossibile dirlo. Cabreras si limita ad osservare che esisterebbero almeno altre 50.000 pietre analoghe e che il loro insieme costituirebbe un vero e proprio tesoro nazionale.
È fuori discussione che non tutti condividano gli entusiasmi del dottor Cabreras. Molti, come Federico Kauffmann Doig, ritengono che i Petroglifi di Ica altro non siano che le locali "Patacche" per turisti deficienti: Infatti già nel 1967 sarebbe stato rintracciato uno degli autori di questi petroglifi: un certo Basilio Uchuya il quale avrebbe confessato di essere l’autore delle incisioni sulle pietre laviche.
L’argomento non meriterebbe altro commento 
(7).
Tuttavia le avverse considerazioni sembrarono non convincere lo studioso francese Robert Charroux il quale, nel 1977, pervenne alla conclusione che i falsi di Uchuya non avevano nulla in comune con i petroglifi originali. Egli affermò: "Ho esaminato le pietre false incise da Uchuya e la differenza è palese, il tratto è pesante e grossolano. Non è possibile confondere questi disegni così maldestri con le magistrali incisioni autentiche. Vorrei sapere poi come ha fatto Basilio a realizzare, dal 1960 al 1967, ben 11.000 pietre. Esiste poi una collezione analoga, in Colombia. L’archeologo dilettante Jaime Gutierrez Lega ha raccolto un centinaio di piccole pietre, la più interessante delle quali, ribattezzata il disco genetico, è larga 22 centimetri e riporta, finemente incisa, quella che Gutierrez ritiene la struttura microscopica dei geni e dei cromosomi..."
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A mio avviso il vero problema che avvolge i petroglifi è di natura diversa. Quelli di Ica non sono gli unici: il Sud America (non è il solo continente: ne conta anche l’Europa, ad esempio, ad Eisenheim) letteralmente pullula di pietre degli dei. Sono decisamente troppi per una possibile falsificazione!
Peraltro le pietre di Ica erano già note nel XVII secolo come è possibile verificare da documenti la cui autenticità non è stata mai messa in dubbio.
Possono esservi dei falsi fra le pietre del dottor Cabreras, è possibilissimo; Ma di qui a credere che siano tutte pietre "fasulle" ce ne corre. Vero è che il sospetto nasce legittimo sulla base di una diversa considerazione: dalla generale indifferenza dell’archeologia ufficiale nei confronti delle pietre di Ica.
In effetti questa "sottostima" si spiega col fatto che la zona è estremamente ricca di reperti molto più preziosi ed interessanti (dai reperti dei Paracas alle selci lavorate, ai disegni di Nazca).
Indipendentemente da ogni diversa considerazione sta di fatto che la cultura ufficiale peruviana è rimasta pressoché indifferente nei confronti delle pietre di Ica.
Mentre, per parte sua, Cabreras da tempo si è convinto che i disegni di Ica abbiano la medesima natura delle altrettanto enigmatiche linee di Nazca. A suo avviso nell’uno e nell’altro caso comparirebbero i medesimi disegni soprattutto tra quelli di natura geometrica.
E non solo: gli uni e gli altri sarebbero da collegarsi agli atterraggi degli abitanti delle Pleiadi. La prova, se di prova si tratta, starebbe nella scoperta di frammenti di un materiale scuro, infrangibile, capace di incidere il quarzo, fatta nell’anno 1955 da un geologo dell’Università di Lima, tale Klaus Dikudt. Il Dikudt, dopo vari test, si sarebbe infine reso conto che il materiale reagiva in modo anomalo agli esami; per giunta esso rimaneva inalterato anche quando veniva sottoposto ad una temperatura di 4000 gradi. Naturalmente resta ignoto cosa fossero i frammenti, a quale corpo appartenessero e, soprattutto, da dove provenissero.
Quando parliamo di corpi che escono fuori della comune esperienza, naturalmente possiamo fare solo due cose: descriverli o rilevare della somiglianze oggettive 
(8). È appunto il caso delle affinità tra le pietre di Ica ed una placca in metallo trovata ad Edmonton, in Canada.
Era i 4 novembre del 1967 quando un italiano residente ad Edmonton - tale Leonardo Romano - ebbe modo di osservare un globo luminoso che scendeva nel campo vicino alla fattoria nella quale si trovava. Nel posto del presunto atterraggio, dove la terra risultava bruciata, Romano trovò una piccola lastra di metallo 
(9). Va da sé che questo reperto è stato ignorato dalla scienza ufficiale. E quindi il mistero rimane.
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Indubbiamente esistono (o sono esistiti) migliaia di reperti 
(10) che vengono ignorati - o peggio distrutti - per il semplice fatto di non corrispondere ad un modello precostituito e che potrebbero parlarci di epoche sconosciute della storia umana se solo fossimo capaci di dimenticare i nostri preconcetti accademici.
M. Cremo e R. Thompson lasciano, a questo proposito intendere, pur negandolo, che ci troviamo di fronte ad una congiura della disinformazione e parlano di un illogico quanto ingiusto "filtraggio della conoscenza".
Per quello che mi riguarda mi limiterò ad osservare, di fronte a fenomeni come quelli di cui sto per parlarvi, di una mancanza assoluta di correttezza tutte le volte in cui, quando non si riesce a spiegare una cosa, la cosiddetta "scienza" preferisce limitarsi ad ignorarla.
Mi riferisco a:

  • Il pestello con mortaio in pietra trovato da J.H. Neale, sovrintendente della Montezuma Tunnel Company, nel Table Mountaine di Tuolumne, datato a 33-35 milioni di anni fa insieme ad un cranio fossilizzato ed altri reperti anomali.
  • L'incavo rettangolare ritrovato all'interno di un blocco di marmo proveniente di una cava a nord-ovest di Philadelphia (11). Il pezzo sembra recare incisi segni alfabetici fatti da mani umane intelligenti.
  • La presunta impronta di suola di scarpa trovata dal dr. W.H. Ballou, nel 1922, in una roccia del Triassico (almeno 5 milioni di anni fa) (12).
  • La sfera metallica ritrovata in un deposito minerale del periodo Precambriano, datato oltre 2,8 miliardi di anni fa, in Sud Africa (13); A quanto pare il ritrovamento di tali sfere è "normale" nella zona mentre pare da escludere la naturalità del fenomeno.
  • Il petroglifo rinvenuto dalla spedizione scientifica Dohenny nel 1924 nel Canyon Havai Supai dell’Arizona che sembra la raffigurazione di un tirannosauro (14).

 
 
 
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