L'Archetipo

Una donna come tante, un passato da scoprire, l'inizio di una fantastica avventura

 

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La notte non è mai così nera come prima dell'alba, ma poi l'alba sorge sempre a cancellare il buio della notte. Così ogni nostra angoscia, per quanto profonda prima o poi trova motivo di attenuarsi e placarsi, purchè lo vogliamo. Sappiamo che c'è la luce perchè c'è il buio che c'è la gioia perchè c'è il dolore che c'è la pace perchè c'è la guerra e dobbiamo sapere che la vita vive di questi contrasti. (R. Battaglia)

 

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Le paludi

Post n°7 pubblicato il 23 Febbraio 2012 da Tabita.G
 

La risvegliarono le prima luci dell'alba.

Accasciata sul fondo della scialuppa, stremata e dolorante Hanna mugugnò socchiudendo gli occhi.

Imbambolata, con i muscoli rattrappiti, cercò di mettersi a sedere, ma una fitta lancinante le strappò un urlo di dolore. 

Si afferrò il braccio zuppo di sangue.

Dalla spalla spuntava una freccia argentata.

- O cavolo... cavolocavolocavolocavolocavolo! - gridò in preda alla confusione. Non sapeva che fare.

"Dovrei estrarla" fu il suo primo pensiero, ricacciato subito dal secondo "No! Se la estraggo svengo, dovrei trovare un posto più tranquillo, magari un ospedale..."

I ricordi recenti l'assalirono devastanti, gettandola nello sconforto più nero. Calò un silenzio desolante, interrotto solo dallo sciabordio delle onde e Hanna chinò il capo sopraffatta.

Ai suoi piedi, le assi scricchiolarono pigre.

Si guardò le mani graffiate, sporche di sangue rappreso, il pigiama a brandelli,i capelli arruffati le ricadevano scomposti sul viso. Le si era gonfiato un piede e lo sentiva pulsare a causa delle schegge di vetro e così le tornò in mente anche la fuga del giorno precedente. La fuga dalla sua casa, dalla sua famiglia, dalla sua vita.

Il volto sogghignante dell'uomo dagli occhi color miele le si parò davanti ed Hanna sentì montare nel cuore una rabbia densa e profonda, mai provata prima.

 

Urlò con quanto fiato in gola.

Una, due, tre volte e ad ogni grido si sentì un po' più sollevata.

- Eèricon! Giuro che se dovessimo incontrarci di nuovo ti uccido! Ti uccido, hai capito?! Ti trapasso con la spada, ti scarico addosso una pistolettata dritta, dritta in mezzo alla fronte, ti riduco a brandelli e poi, una volta morto, lego al carro il tuo cadavere e lo trascino attorno alla rocca di Troia e se qui non dovesse esisterne una, allora la costruisco io e poi la inauguro a modo mio, ah, ah, ah! -

Scoppiò in un'isterica risata che pian, piano si trasformò in singhiozzi disperati - Mai più... - pianse - Non mi troveranno mai più! Sperduta in questa terra schifosa, in mezzo al mare, senz'acqua, nè cibo, senza il mio bambino... - lacrime calde le scorrevano lungo gli occhi persi lungo il desolato orizzonte.

E pianse ancora e ancora, finchè, in mezzo a tutta quella disperazione, non notò un uccello sciacquettare ignaro accanto alla scialuppa.

Tra un singhiozzo e l'altro Hanna esclamò stupita - E tu da dove sbuchi?! -

D'improvviso, un nugolo di volatili le sfrecciò accanto lanciando striduli richiami.

La donna si voltò e rimase a bocca aperta.

- Oh beh... - balbettò sentendosi un'idiota - ...questa poi...-

Davanti a lei s'innalzavano alti canneti e alberi affusolati coperti di liane che s'intrecciavano sopra le chiome sparute. Strisce di terra paludosa affioravano sull'acqua stagnate e Hanna sentì che mai s'era trovata innanzi ad uno spettacolo tanto desolante e ripugnante, da destarle un velo di speranza.

"Una speranza triste e putrida, ma pur sempre una speranza" constatò rassegnata.

Si asciugò le lacrime con la manica del pigiama. Il tessuto le lasciò una lunga striscia marrone, poi afferrò un remo stando bene attenta a non usare il braccio ferito e lo immerse nell'acqua, dove affondò per circa un metro, toccando il fondo viscido e melmoso.

Hanna fissò con desiderio la riva.

"Se solo riuscissi ad avvicinarmi senza cadere in questo pantano..." non terminò il pensiero che il remo scivolò cogliendola di sorpresa.

Perso l'equilibrio, sbilanciatasi oltre la sponda della scialuppa, non ebbe nemmeno il tempo di gridare, che si ritrovò immersa nell'acqua paludosa con un dolore lancinante alla spalla.

Urlando e imprecando di rabbia non le rimase altro se non raggiungere la riva fangosa a piedi, disgustata dalla poltilgia che imprigionava ad ogni passo i suoi piedi e rischiava di farla ripiombare sott'acqua.

Raggiunto un lembo di terra tra i canneti, vi si issò sopra con qualche sforzo.

Il dolore ed il disgusto sicvolavano in densi rivoli di fango e acqua lungo le gambe.

- Che schifo! - brontolò guradandosi attorno.

Alberelli putrescenti, soffocati da lunghe liane rinsecchite, correvano lungo quella che assomigliava ad un sentierino che andava perdendosi nell'oscurità della palude.

Non vendendo alternative, Hanna s'avviò rassegnata in quella direzione, ma fatti pochi passi, sentì l'aria farsi calda e appiccicosa e si bloccò titubante. Dinanzi a lei s'innalzava un muro di canne, alberi rinsecchiti e liane attraverso i quali la luce stentava a filtrare.

- Ok... - si disse ad alta voce - non hai alternative, quindi... andiamo...-

Attraversato il muro, si ritrovò circodata dalla vegetazione. Gli alberelli affusolati, s'andavano intrecciandosi in chiome rinsecchite, che sembravano tenute assieme dalle liane, che pendevano da quel soffocante soffitto. Tutto sembrava triste e stanco.

La striscia di terra su cui camminava, spesso spariva in qualche acquitrino, per poi ricomparire sul lato opposto, costringendola ad immergersi nel fango fino alle ginocchia. Allora avanzava scivolando, brontolando e inveendo, senza mai mollare la presa attorno alla spalla nella quale era conficcata la freccia, altre volte invece proseguiva spedita sul terreno asciutto riuscendo a gettare uno sguardo qua e là.

A mano, a mano che avanzava nella palude, la luce scemava lasciando il posto ad una strana oscurità opalescente. Su tronchi e sassi, crescevano muschi e licheni di uno strano colore pulsante, che irradiavano tutt'attorno una luce verdognola, mentre l'aria sembrava farsi sempre più irrespirabile.

Arrancando, con la testa in subbuglio, stanca e affranta, Hanna avanzò per quelle che sembrarono ore e ore di inutile cammino, fino a quando, stremata, si fermò ansimando.

- Matteo, Carlo... - piagnucolò strofinandosi il pigiama sugli occhi, accennò un altro passo, ma slittò su di una pietra e finì seduta nel fango.

Il dolore le annebbiò la vista e per qualche istante non riuscì a respirare.

Desolata e abbattuta raccolse un pugno di fango appiccicoso e lo scagliò nelle acque immobili di una pozza da cui si alzò un nugolo di mosche, che come impazzite presero a svolazzarle attorno.

Hanna cercò di cacciarle agitando gambe e braccia, ma desistette subito per la ferita e si arrese, afflosciandosi su se stessa, coperta dal fango a dal fastidioso ronzio delle mosche.

- Che schifo - 

Con un lungo sospiro esasperato lasciò ricadere il mento sul petto e simile ad un grottesco animale scolpito nella roccia, rimase lì, immobile.

 

 

 

 
 
 
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"...come quand'ero piccola e nel bel mezzo della notte chiamavo la mamma perchè avevo sentito un rumore sotto il letto o dentro all'armadio. Lei allora socchiudeva la porta, i capelli scarmigliati sul viso assonnato e si infilava nella stanza per rassicurarmi ch'era tutto a posto, che andava tutto bene. Adesso vorrei tanto fosse qui, per rassicurarmi ancora, per riaprire gli occhi e scoprire che l'incubo è finito e ritrovarmi in quel letto, in quella vita di cui tanto detestavo la monotonia che ora rimpiango" disse Hanna al drago.

 

 

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