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"Contradeide" ennesima puntata

Post n°755 pubblicato il 03 Agosto 2008 da vocedimegaride
 

ECC.MA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE PENALE, ROMA - ATTO DI RICORSO
Quale difensore di CONTRADA Bruno, nato a Napoli il 02/09/1931, richiedente nell’ambito del procedimento n. 2008/2075 R.G.S., attualmente sottoposto alla misura della detenzione domiciliare presso l’abitazione della sorella, Contrada Anna, propone formale RICORSO avverso l’ordinanza n. 08/2789 emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Napoli, in data 23/07/08, depositata il 24/07/08, con la quale veniva rigettata l’istanza di differimento della pena ed applicata la misura della detenzione domiciliare, per i seguenti MOTIVI Violazione dell’art. 606 lett. B) c.p.p. in relazione all’art. 147, comma 1 n. 2 c.p.p. ed all’art. 47 ter comma 1 ter l.p., per inosservanza o erronea applicazione della legge penale ed art. 606 lett. E) c.p.p. per mancanza di motivazione risultante dagli atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame. La lunga vicenda umana incentrata sulla figura di Bruno Contrada registra, dopo innumerevoli puntate, un ritorno ad interpretazioni più vicine ad una corretta applicazione del dettato legislativo concernente il differimento della pena. Infatti il Tribunale di Sorveglianza di Napoli, nel provvedimento con il quale ordina che al Contrada venga concessa la detenzione domiciliare presso la sorella Anna, ma lontano dagli affetti del suo nucleo familiare (la moglie si trova a
Palermo e le sue gravi condizioni di salute le impediscono di viaggiare per raggiungere il marito), esprime, per la prima volta, parere favorevole all’applicazione della disciplina del rinvio dell’esecuzione della pena. Questa difesa manifesta soddisfazione nel constatare che il Tribunale di Sorveglianza, dopo aver negato, forse con un’eccessiva superficialità ed un notevole puntiglio, il riconoscimento che lo stato di salute e l’età avanzata del Dott. Contrada mal si addicevano alla detenzione carceraria, torni a ricalcare quello stesso indirizzo dallo stesso intrapreso in precedenza. Ci si riferisce al provvedimento adottato dal Tribunale di Sorveglianza, presieduto dallo stesso Presidente, Dott.ssa Di Giovanni, che in quell’occasione così si esprimeva: “Ai fini dell’applicabilità dell’ipotesi di cui all’art. 147 c.p. non è necessario che vi sia incompatibilità con lo stato di salute, ma è sufficiente che il detenuto versi in condizioni di grave infermità fisica, laddove per “grave infermità fisica” deve intendersi una situazione di infermità tale che, sebbene tecnicamente dominabile anche in regime di detenzione, sottoponga il paziente-detenuto ad un supplemento di afflizione tale da trasformare la detenzione in un trattamento contrario al senso di umanità” (Trib. Sorv. Napoli, 30/04/2002). Tuttavia, l’entusiasmo suscitato dall’iniziale lettura del provvedimento, là dove si ravvisano i presupposti per addivenire ad un differimento dell’esecuzione della pena, è gelato dalla conclusione a cui giunge il Collegio di applicare l’ipotesi di cui all’art. 47 ter comma 1 ter l.p., come modificato dalla L. 165/98. Pur consapevoli che la Legge attribuisce tale potere decisionale al Tribunale di Sorveglianza, tuttavia non si può non esprimere un forte e vibrante dissenso verso le assurde motivazioni che sorreggono tale conclusione. Infatti il Tribunale, per giustificare la decisione adottata, fa riferimento ad una presunta (e ridicola) pericolosità sociale attribuita al Contrada. Ma come può un uomo anziano di 77 anni, fortemente debilitato nel fisico e nello spirito, come peraltro accertato e riconosciuto nello stesso provvedimento, essere considerato un pericolo per la società?Egli non è mai stato a capo di alcuna delle famiglie mafiose che dominavano Palermo negli anni (1980) in cui lo stesso, nelle sue funzioni di Capo della Squadra Mobile di Palermo, i componenti di quelle stesse famiglie perseguiva per assicurarli alla Giustizia. E poi, ammesso e non concesso che i fatti (quali fatti?) imputati al Contrada corrispondano al vero, come potrebbe oggi lo stesso rendersi utile ad una organizzazione mafiosa? Considerando il lungo periodo trascorso da quando fu capo della Squadra Mobile a Palermo (28 anni fa)?
E come non considerare che tutti i personaggi con i quali, sempre ammesso e non concesso, avrebbe avuto rapporti, sono da decenni deceduti? E per ultimo, come non tener conto che il Contrada, pur considerandosi nell’animo ancora un servitore dello Stato, è ormai sostanzialmente fuori da ogni carica pubblica? Inoltre, l’assenza di pericolosità sociale non rappresenta una mera costruzione di tutela creata ad arte da questa difesa per difendere Bruno Contrada, ma trova un autorevole riscontro nelle due informative inviate dalla Questura di Palermo, nella persona del Dott. Caruso, al Tribunale di Sorveglianza, nelle quali si evidenzia con estrema chiarezza sia la totale mancanza di collegamenti con soggetti inseriti o gravitanti in contesti delinquenziali che l’assenza di rapporti di parentela o di frequentazione con persone appartenenti alla criminalità organizzata o che abbiano comunque subito condanne
Tale circostanza costituisce certamente motivo di ricorso per cassazione, poiché a seguito della novella legislativa del 2006 è possibile proporre ricorso, ai sensi della lett. e), qualora il vizio di motivazione risulti “… da altri atti del processo specificatamente indicati nei motivi di gravame”. Peraltro, il reato di concorso esterno contestato al Contrada, essendo una mera creazione della Giurisprudenza, sfugge ad una corretta quantificazione della pena, per cui far leva sul reato attualmente in esecuzione, come fa il Tribunale, per ritenere che si rientri nell’ipotesi dell’applicazione dell’art. 47 ter comma 1 ter, non trova adeguato sostegno per una evidente mancanza di normativa.
Infatti, non essendo presente nell’ordinamento giudiziario alcuna norma che disciplini il reato di concorso eventuale in associazione mafiosa, nascendo quest’ultimo dal combinato disposto tra l’art. 110 e l’art. 416 bis del c.p., manca qualsiasi riferimento ad un massimo o minimo edittale dal quale si possa evincere in astratto la gravità della fattispecie. Si richiama l’ormai dominante orientamento della Suprema Corte, la quale sancisce comunque il privilegio per l’istituto del differimento della pena qualora appaiono meramente illusorie le possibilità di concreto reinserimento causa la precarietà dello specifico quadro clinico (Cass. Pen. Sez. I, 15/11/1999; Cass. Pen. Sez. I, 06/03/2000).
Infine, spiace dover sottolineare la grossolana svista nella quale incorre il Tribunale di Sorveglianza nel richiamare la partecipazione del Sost. Procuratore Generale, Dott. Romano, che più volte aveva espresso parere negativo sulla concessione del differimento pena, quando in effetti, a presenziare all’udienza, è stato il Dott. Ugo Ricciardi.
Lo scambio di persona ha particolare rilevanza in considerazione del fatto che il Dott. Ricciardi, a differenza del collega Dott. Romano, ha espresso il suo convincimento (parere favorevole) sulla necessità di concedere a Bruno Contrada il differimento pena, motivando, con senso di umanità e aderenza al dettato legislativo, la sua richiesta di scarcerazione.
In conclusione, è desiderio di questa difesa evidenziare come il P.G. (Dott. Ricciardi), intervenuto all’udienza camerale del 23/07/08, con il suo parere favorevole, ha applicato al caso in specie la disciplina dettata dall’art. 147 comma 1 n. 2 c.p., senza lasciarsi influenzare (come forse ad altri componenti dell’Ufficio della Procura sarà successo) dalla storia e dal nome di Bruno Contrada. Per quanto sopra CHIEDE che l’Ecc.ma Corte di Cassazione a parziale modifica dell’impugnato provvedimento, disponga la concessione del differimento dell’esecuzione della pena ex art. 147 comma 1 n. 2 c.p.p. per un anno o in subordine lo autorizzi alla detenzione domiciliare presso il suo domicilio, ove vive la moglie convivente Adriana Del Vecchio Contrada, nata a Napoli il 19/09/31, in Palermo via Angelo Majorana n. 4 piano 6. Si allega per comodità di consultazione le informative in atti e cioè quelle inviate dal Questore di Palermo al Tribunale di Sorveglianza di Napoli.RICHIESTA DI RIDUZIONE DEI TERMINI EX ART. 169 DISP. ATT. C.P.P. STANTE LE GRAVISSIME PATOLOGIE LAMENTATE E L’ETA’ AVANZATA DEL DOTT. BRUNO CONTRADA SI CHIEDE CHE IL PRESENTE RICORSO VENGA TRATTATO CON LA MASSIMA SOLLECITUDINE
Catania, 1 agosto 2008
Con ossequi
Avv. Giuseppe Lipera

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Anonimo il 04/08/08 alle 00:59 via WEB
JAMME! E PASSATEVE 'NA MANO P'A CUSCIENZA! 'AVIMMA MURI' TUTTE QUANTE.... TUTTE QUANTE FERNIMMO SOTTO 'A SETTE PALME 'E TERRA... 'O RRE E PULLECENELLA! FACITECE 'STA GRAZZIA: MANNATANCELLO 'A CASA 'STU CRISTIANO... MA CHE VE TRASE DINT'A SACCA A FA' 'E FETIENTI? FACITE FERNI' 'STA FETENZIA. PENZATE A DIMMANE! ROSARIO
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 04/08/08 alle 19:23 via WEB
Non sarebbe male scrivere in italiano. Io che sono toscana ho capaito ben poco. Grazie. Patty Ghera
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 04/08/08 alle 21:41 via WEB
Traduzione per i non napoletani: JAMME! E PASSATEVE 'NA MANO P'A CUSCIENZA! (suvvia, passatevi una mano sulla coscienza) 'AVIMMA MURI' TUTTE QUANTE....(tutti dobbiamo morire) TUTTE QUANTE FERNIMMO SOTTO 'A SETTE PALME 'E TERRA... (tutti finiamo sotto sette palmi di terra) 'O RRE E PULLECENELLA! il re e Pulcinella!) FACITECE 'STA GRAZZIA:(fateci questa grazia) MANNATANCELLO 'A CASA 'STU CRISTIANO... (mandatelo a casa quest'uomo) MA CHE VE TRASE DINT'A SACCA (ma cosa ci guadagnate) A FA' 'E FETIENTI? (a fare i fetenti?) FACITE FERNI' 'STA FETENZIA. (mettete fine a quest'onta) PENZATE A DIMMANE! (pensate al domani) ROSARIO (nome proprio di persona di sesso maschile) la redazione
 
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Anonimo il 04/08/08 alle 21:55 via WEB
Grazie della traduzione. Rosario l'avevo capito, burloni! Patty Ghera
 
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