Creato da liberaliberas il 14/02/2008

Inferno XXVI

Misi me per l'alto mare aperto, sol con un legno, e con quella compagna picciola da la qual non fui diserto....

 

Ultimi Commenti

dianavera
dianavera il 29/10/10 alle 22:45 via WEB
Quando morrò voglio le tue mani sui miei occhi: voglio la luce e il frumento delle tue mani amate passare una volta ancora su di me la loro freschezza , sentire la soavità che cambiò il mio destino. Voglio che tu viva mentr'io, addormentato, t'attendo, voglio che le tue orecchie continuino a udire il vento, che fiuti l'aroma del mare che amammo uniti e che continui a calpestare l'arena che calpestammo. Voglio che ciò che amo continui a esser vivo e te amai e cantai sopra tutte le cose, per questo continua a fiorire, fiorita, perché raggiunga tutto ciò che il mio amore ti ordina, perché la mia ombra passeggi per la tua chioma, perché così conoscano la ragione del mio canto. Pablo Neruda
 
dianavera
dianavera il 28/10/10 alle 21:48 via WEB
La fatica è sedersi senza farsi notare. Tutto il resto poi viene da sé. Tre sorsate e ritorna la voglia di pensarci da solo. Si spalanca uno sfondo di lontani ronzii, ogni cosa si sperde, e diventa un miracolo esser nato e guardare il bicchiere. Il lavoro (l'uomo solo non può non pensare al lavoro) ridiventa l'antico destino che è bello soffrire per poterci pensare. Poi gli occhi si fissano a mezz'aria, dolenti, come fossero ciechi. Se quest'uomo si rialza e va a casa a dormire, pare un cieco che ha perso la strada. Chiunque può sbucare da un angolo e pestarlo di colpi. Può sbucare una donna e distendersi in strada, bella e giovane, sotto un altr'uomo, gemendo come un tempo una donna gemeva con lui. Ma quest'uomo non vede. Va a casa a dormire e la vita non è che un ronzio di silenzio. A spogliarlo, quest'uomo, si trovano membra sfinite e del pelo brutale, qua e là. Chi direbbe che in quest'uomo trascorrono tiepide vene dove un tempo la vita bruciava? Nessuno crederebbe che un tempo una donna abbia fatto carezze su quel corpo e baciato quel corpo, che trema, e bagnato di lacrime, adesso che l'uomo giunto a casa a dormire, non riesce, ma geme. (Cesare Pavese) -------non per rattristarti, abbraccio
 
dianavera
dianavera il 25/10/10 alle 22:43 via WEB
Ma che cosa, dunque, sono io? Una cosa che pensa. E che cos’è una cosa che pensa? E' una cosa che dubita, che concepisce, che afferma, che nega, che vuole, che non vuole, che immagina anche, e che sente. Cartesio > Meditazioni metafisiche > II meditazione
 
DiapasonRed
DiapasonRed il 15/10/10 alle 13:53 via WEB
Wow, bene..sono curioso! ;-)
 
liberaliberas
liberaliberas il 14/10/10 alle 15:29 via WEB
Già rinato, anche se in forme diverse...e per la gioia non solo mia ma di tanti :)
 
liberaliberas
liberaliberas il 14/10/10 alle 15:27 via WEB
cara Diana...:)
 
DiapasonRed
DiapasonRed il 14/10/10 alle 08:00 via WEB
Allora auguro che presto rinasca per te qualcosa di bello :-)
 
dianavera
dianavera il 13/10/10 alle 21:40 via WEB
Analisi perfetta. Un sorriso di ringraziamento
 
CalleDeLaVida0
CalleDeLaVida0 il 13/10/10 alle 20:47 via WEB
un vero peccato...
 
liberaliberas
liberaliberas il 13/10/10 alle 13:31 via WEB
.....gli ulivi sotto il cemento in fondo non stavano bene, e le loro radici già forzavano lo scudo insopportabile. Poi a volte il cambiamento richiede inevitabilmente delle vittime...cose o persone che vanno sacrificate... E' dura, ma è nel conto...la vita è un continuo morire e rinascere sulle ceneri.
 

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AMORE E PSICHE---IREM INCENDAYI

 

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FINALMENTE LIBERI

Ho sempre ritenuto questo:
che l'uomo nasce vecchio,
poi, piano piano, diventa giovane.
Ringiovanire significa,
secondo me, eliminare.
Eliminare sempre più,
eliminare certe cose inutili
che noi facciamo da giovani.
Certe cose inutili che ci danno
 
l'impossibilità
di essere liberi.

Eduardo De FIlippo

 

LA POESIA E LA DIVINA FOLLIA

Chi senza la follia delle Muse si avvicina alla poesia, inutile è lui e la sua arte, perchè di fronte alla poesia dei folli, la poesia del saggio ottenebrata scompare.------PLATONE, Fedro, 245 a.

 

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