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Articolo di Giuliano Ferrara
da "Il Giornale" del 24/03/2013
L'orgoglio dei veri italiani alla
faccia di chi li offende.
Non è la via stretta, quella di Bersani, è la via sbagliata. Quattro mentecatti
che vorrebbero dichiarare ineleggibile il principale uomo politico italiano
degli ultimi vent'anni, i micromeghisti che passeggiano a Roma, piazza
Santi Apostoli, sono nell'immaginazione malata di questo vecchio e fino
a ieri prudente capo apparato l'avanguardia della cosiddetta società
civile dei Farinetti, delle Gabanelli, dei Barca (oddiomio!) e di non
so chi altro, manca solo Saviano alle Pari Banalità. Un governo aperto
ai grillini, cioè agli alieni, alle astensioni dalla presenza in aula, cioè
ai futuri cecchini, un governo ridondante di scemenze programmatiche,
senza numeri e senza idee, pronto a tutto pur di durare un pochettino
di più della compagine Prodi del 2006, quella che aveva ventimila
voti di vantaggio alla Camera su Berlusconi. Ecco il pragmatismo,
ecco il cambiamento.
Invece a Piazza del Popolo ci sono i berluscones. Milioni di voti
regolarmente espressi. Una esperienza di molti anni e un assetto
della vera società civile, quella dei piccoli imprenditori, delle
casalinghe, dei pensionati, del sud e del mondo della produzione
nordista, dei lavoratori dipendenti e autonomi di pezzi d'Italia in rivolta
contro gli eccessi del carico fiscale, un terzo del paese. Con questi,
dice Bersani, non si parla. Non esistono se non alla lontana per un qualche
accordo formale sulle riforme istituzionali ed elettorali. Ma non fanno
"discorso di rinnovamento", non si prestano alla mascherata che ha
portato alla presidenza delle Camere gli outsider senza consenso, gli ultimi
venuti senza altro appeal che non sia una presuntiva garanzia civile
derivante dalle sezioni umanitarie dell'Onu e, figuriamoci, da una
carriera in magistratura.
Questa via non c'entra niente con la buona politica, con la Costituzione,
con le buone regole della convivenza civile. È la via della faziosità,
della demagogia sfrenata, dell'ottusità, del muro contro muro, del
guerreggiare senza costrutto, dell'esclusione programmatica.
Hai la maggioranza? Allora forma un governo e rispetta l'opposizione
invece di sognare decreti autoritari per abolirne la leadership, nessuno
te lo impedisce. Non ce l'hai? Allora fa' una grande coalizione con
l'avversario di ieri, con l'altro grande partito che ha preso praticamente
i tuoi voti, sei obbligato dalla logica, dalla situazione effettiva in cui
si trova il tuo Paese, dall'orientamento ovvio dell'opinione europea
e italiana a favore di soluzioni per quanto possibile stabili,
che abbiano fondamento in un vero consenso.
Che i capricci molesti del gruppo Espresso-Repubblica e le invidiose
cattiverie dei neopuritani del Palasharp abbiano a tal punto condizionato
Bersani e il suo Pd è veramente uno scandalo in movimento,
difficile da sopravvalutare. Bersani è un faticone della vita di partito
e un buon ministro «riformista», uno dei pochi che si segnalarono
per qualche idea efficace nei governi di centrosinistra degli anni Novanta.
Il suo progetto culturale era chiaro: restaurare un certo ordine mentale
e culturale in politica, fare le cose che è possibile fare, tenere conto
del ruolo e della storia delle forze sociali e politiche realmente
espresse dalla società italiana, senza chiusure pregiudiziali a quel
che si muove fuori delle istituzioni, ma senza star lì a adulare ogni
cascamorto che si autoinsignisce della titolarità della società civile.
È finita malamente. Il Pd si vergogna di sé stesso, e il suo leader
sacrifica al proprio interesse personale provvisorio, come uno che scopra
il potere a sessant'anni, i sogni della generazione che aveva giurato
di voler promuovere alla guida del Paese.
Vinci le elezioni e fa' il governo che avevi promesso agli elettori, con
i tuoi uomini e donne di partito, con i Fassina, con i Matteo Orfini, con
le Moretti, con le forze vive che hanno nutrito la tua battaglia
(sbagliata, peraltro) contro Matteo Renzi. Non sarà niente di
eccezionale ma questo è il risultato di una fisiologia democratica. Invece
ecco che Bersani le elezioni non le vince, e fa o vuole fare il governo
suggerito dai giornali di area, dalle lobby della cosiddetta società
civile, un esecutivo subalterno ai dettati di Grillo e Casaleggio. Faccia tosta:
dal governo di Bettola, con benzinaio incorporato, alla giunta di Gaia,
la fumisteria apocalittica del guru.
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