Life sailing - parole alla deriva di un'anima che naviga libera
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Post N° 51

Quanta paura fanno le parole. Quanto dannato timore lasciano ad impastarti gli occhi, a prosciugare la gola. Questa stanza non può contenere tutte le parole che non ci siamo detti, tutte le paure che abbiamo avuto paura di pronunciare. E ora è tardi.
 

Salsedine umida che appiccica il bordo del cappotto e parole lontane che scendono nei vortici del cervello per scoppiare nel mezzo del cranio. Le parole che non hai mai detto, che non hai mai sentito, che non hai mai voluto.
 

Vibra nel cuoio delle mani di marinai ingrigiti, scosta i capelli ed accarezza il profilo del collo, ma non esiste. Sbuffa insistente per diradare nebbie e scola disgraziata nel tombino torbido dell'anima.
 

Arriva dal nucleo acido del mondo. Arriva dal seme schiumoso di Giove e Nettuno. Arriva dal ventre fertile della Terra. Arriva dal cuore.
 

Che strana, terribile, alchimia l'essere umano. Con le mani ancora imbrattate di sangue e i capelli annodati di sudore rimesto nel torbido brodo del dolore, ma gli occhi sono rivolti al cielo. Sbatto le palpebre nel soffio sottile di brezze marine e mentre uno spruzzo di luna mi illumina il viso capisco che il mare…
 

Anche qui, questa notte, raccolgo pezzi di anima ferita. Brandelli di tela logora e chiodi arrugginiti. Mi sembra di sentirti dal fondo della stanza o seduta sulla Thunderbird a sputare polvere e sogni, mi sembra di sentire che scandisci le parole per non farti dire che trascini sempre tutto, parole e decisioni.  "Rialzati Claudia. Rialzati…
 

Il display si illumina un'altra volta di azzurro. Lampeggia ad intermittenza, insistente. Graffia il mio dolore, sibilando. "Rispondi, devi rispondere. Tanto non può essere peggio di così" è la voce di Federica, della mia amica di una vita che non ha più voce, non ha più occhi per guardare le stelle, ma ha ancora l'anima…
 

Indice, medio, anulare. Puliti. La linea della vita che forma un arco netto, un solco profondo tra l'indice ed il pollice, poi giù verso il centro del polso.  E il cuore, la ragione, scolpiti nella carne e sfrangiati verso qull'arco possente che è la vita. Ma non si incontrano, non si sfiorano, toccano per sbaglio…
 

Guardo il palmo della mia mano destra. Pallido, morbido, tagliato a caso dalle linee della vita, del cuore, della ragione. Allargo le dita a ventaglio. Osservo con attenzione che quel sangue non si sia appiccicato anche lì, che non sia sceso dolciastro fino al polso sottile. Indice, medio, anulare...
 

Ma non cerco più di capire. Non si può capire un filo spezzato per caso. O per destino. O per l'asfalto bagnato. Più semplicemente non c'è nulla da capire. Non ci saranno più albe, nè abbracci, non colazioni a latte e caffè, nè viaggi disordinati; non ci saranno occhi negli occhi, non le mani tese…
 

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