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BANDA DELLA MAGLIANA

Post n°240 pubblicato il 07 Giugno 2011 da tignalucida

Antonio Mancini, detto l'accattone (1948) Antonio Mancini, originario del quartiere San Basilio, iniziò la sua carriera criminale in giovane età come membro di una batteria specializzata nell’assalto ai treni, di cui era membro, tra gli altri, anche Gianfranco Urbani detto Er pantera (1). Nell’ambiente era conosciuto con il soprannome di accattone poiché andava vantandosi di una somiglianza tra lui e il protagonista dell’omonimo film di Pasolini (2). Durante i suoi soggiorni in carcere rafforzò i legami con numerosi esponenti della malavita romana e non, tra cui Nicolino Selis, ras di una batteria che operava tra Acilia e Ostia (anch’essa tra l’altro specializzata nell’assalto ai treni in cui militò il primo futuro pentito di quella che sarà la banda della Magliana, Fulvio Lucioli detto Er sorcio) nel carcere di Regina Coeli. Il contatto con Selis sarà importante per l’accattone, poiché sarà grazie a costui che sposerà a pieno il progetto di partecipare alla creazione di una forte organizzazione malavitosa composta di soli romani e volta al controllo in esclusiva dei traffici criminali nella Capitale . In tale progetto il duo Selis-Mancini coinvolse molti criminali di loro conoscenza che da lì a poco tempo sarebbero diventati celeberrimi boss del nuovo sodalizio criminale: Edoardo Toscano detto l’operaietto, Giuseppe Magliolo il killer, Angelo de Angelis detto Er catena, Gianni Girlando il roscio e Libero Mancone. Membro storico della Banda della Magliana, nell’ambito della quale svolgeva principalmente il compito di drizzare i torti (ovvero di “persuadere” eventuali debitori morosi o altri temerari che si ribellavano alla lex de imperio della banda), Mancini era legato da profonda amicizia al boss testaccino Danilo Abbruciati detto Er camaleonte, che accompagnò diverse volte a Milano nel periodo in cui il bandito Francis Turatello era sotto processo ; con il camaleonte formò il plotone d’esecuzione di Antonino Leccese, nell’ambito della medesima spedizione che portò all’eliminazione dell’ex compare e compagno di detenzione Nicolino Selis (cognato di Leccese) il 3 febbraio del 1981(7), per dissidi interni alla banda. Poco più di un mese dopo prese parte all’ agguato di via di Donna Olimpia a danno dei fratelli Proietti detti pesciaroli, accusati da quelli della Magliana di essere gli esecutori dell’omicidio del loro leader Franco Giuseppucci detto Er negro avvenuto il 13 settembre del 1980 . La sera del 16 marzo 1981, Antonio Mancini e Marcello Colafigli intercettarono Maurizio Proietti detto il pescetto e il fratello Mario soprannominato palle d’oro nei pressi via di Donna Olimpia n°152 a Monteverde (quartiere di Roma): nel furibondo scontro a fuoco che ne seguì perse la vita il pescetto, mentre i due banditi della Magliana furono feriti. Nel tentativo di evitare l’arresto e aprirsi un varco, Colafigli e Mancini inscenarono il rapimento di uno dei figli dei Proietti, senza riuscire nell’intento (9). In seguito ai fatti di via di Donna Olimpia per Mancini si aprirono le porte del carcere(10), tra cui quelle della fortezza di Pianosa dove fu trasferito con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio di Sisto Nardocchi. L’esperienza a Pianosa durò meno del previsto, infatti fu trasferito inaspettatamente a Busto Arsizio; il pentito racconterà in seguito che l’intercessione di Enrico “Renatino” De Pedis presso “qualcuno al ministero” si rilevò determinante per il raggiungimento di questo inatteso risultato . Nel 1986 rifiutò, insieme a Toscano, di evadere al termine di un’udienza del maxi processo alla banda della Magliana dall’aula Occorsio del tribunale di Roma, episodio ancora oggi famoso e per certi versi scandaloso che vide alla fine protagonista un altro membro della banda, Vittorio Carnovale detto Er coniglio. Mancini era infatti vicino a ottenere un regolare permesso dopo ben sei anni di detenzione . Una pagina particolarmente importante della vita di Mancini fu quella riguardante la relazione con Fabiola Moretti, l'ex compagna di Abbruciati nel frattempo ucciso a Milano il 27 aprile del 1982. Con la Moretti, legata tra l’altro a Enrico De Pedis da una profonda amicizia (legame che predilesse temporaneamente allorquando costui, entrato in conflitto con l’ala maglianese della banda di cui Mancini era esponente, venne ucciso in via del Pellegrino il 2 febbraio del 1990), visse intensi anni al limite della legalità: trascorse con lei l’ultimo periodo da criminale, fino all’ arresto avvenuto nella primavera del 1994 che precedette di poco la decisione di collaborare con la giustizia . Le dichiarazioni dell’accattone aiutarono gli inquirenti a svelare molti dei misteri che ancora avvolgevano la banda e numerosi fatti di cronaca nera degli ultimi trent’anni: dal delitto Pecorelli, ai rapporti con i servizi segreti e il ruolo della banda nelle ricerche della prigione di Aldo Moro (15). Nel corso degli interrogatori di Mancini, la sua convivente Fabiola Moretti fu vittima di strane visite e atti intimidatori, non ultimo l’irruzione in casa di misteriosi ladri, avvenimento assai strano per un boss del calibro dell’accattone . Nel 2006 Mancini tornò alla ribalta della cronaca affermando di riconoscere nella voce di “Mario”, il misterioso telefonista del rapimento di Emanuela Orlandi, un killer al servizio di Enrico De Pedis . Adesso Antonio Mancini sta scontando agli arresti domiciliari gli ultimi scampoli di pena inoltre, si dedica all’assistenza di ragazzi disabili. TONI CHICCHIARELLI Toni Chicchiarelli è il falsario della Banda della Magliana, specializzato nei falsi De Chirico. È lui a scrivere – durante il sequestro Moro – il falso comunicato n. 7, quello che il 18 aprile 1978 annuncia che il cadavere di Moro si trova nel Lago della Duchessa. Oggi è accertato che quel comunicato fu commissionato dai servizi segreti per smuovere le acque in una fase di stallo del sequestro. Chicchiarelli viene ucciso il 26 settembre 1984. Nel corso della perquisizione della sua abitazione, la polizia trova un filmato della rapina al deposito della Brink’s e altri materiali provenienti dalle Br. Si parla addirittura di due polaroid di Moro nella “prigione del popolo”. Il suo commercialista Osvaldo Lai sosterrà che la rapina alla Brink’s Securmark gli era stata commissionata da “un membro della P2 legato a Sindona''. L’avvocato Pino De Gori, legato all’uomo politico Dc Flaminio Piccoli dichiarerà: ''E’ stato il Mossad (il servizio segreto israeliano) ad autorizzare la rapina. Era una ricompensa per il comunicato falso del Lago della Duchessa, poi però l’hanno fatto fuori''. Ad oggi non si sa chi abbia ucciso Chicchiarelli. NICOLETTI ENRICO IL BANCHIERE DELLA BANDA Uno dei personaggi meno noti e più inquietanti della saga della Banda della Magliana. Costruttore, amico di Giuseppe Ciarrapico e politicamente vicino a Giulio Andreotti, Nicoletti svolge un’intensa attività di prestiti e depositi che serve a riciclare denaro sporco. Nel mandato di cattura a suo carico, il giudice Lupacchini scrive: ''Nicoletti funziona come una banca, nel senso che svolge un’attività di depositi e prestiti e attraverso una serie di operazioni di oculato reinvestimento moltiplica i capitali investiti dell’organizzazione''. Con l’operazione “Colosseo” la polizia sequestra ai boss della Magliana ottanta miliardi di beni mobili e immobili.

 
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