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« RESOCONTO DELLA CRIMINAL...PARABOLE E INTERSEZIONI »

STORIA DELLA MORTE DI GRAZIELLA CAMPAGNA UCCISA VIGLIACCAMENTE DALLA MAFIA parte 1

Post n°341 pubblicato il 07 Gennaio 2012 da tignalucida

Diciassette anni fa un barbaro omicidio di mafia sconvolgeva la vita di una piccola cittadina nella provincia di Messina. Graziella Campagna, giovane diciassettenne, veniva sequestrata e poi assassinata a colpi di lupara. Per diversi anni il movente, gli autori e i mandanti di questo delitto sono rimasti nell’ombra. La tenacia dei familiari, il coraggio dell’avvocato di parte civile, il desiderio di giustizia di due associazioni antimafia, hanno fatto sì che la Procura riaprisse le indagini e inchiodasse alle proprie responsabilità una potente organizzazione criminale che ha operato sino ai giorni nostra tra Messina, Villafranca Tirrena, Barcellona e Portorosa. Nel 1998 si apriva il processo contro i presunti responsabili della morte di Graziella Campagna: un omicidio ‘preventivo’, per impedire che la giovane si rendesse conto della reale identità di uno dei maggiori narcotrafficanti di Cosa Nostra e della rete di complicità e protezioni che istituzioni dello Stato, imprenditori e politici avevano tessuto. Quattro anni di udienze non sono state sufficienti a rendere giustizia a Graziella e ai suoi familiari. Oggi, per la seconda volta, il processo è sospeso in attesa di una pronuncia della Corte costituzionale. C’è il forte rischio che si perda altro tempo prezioso, che la nebbia offuschi il contesto in cui è maturato l’assassinio, che nuovi inquinamenti e depistaggi rendano più difficoltoso l’accertamento della verità. Per contribuire a mantenere la memoria del sacrificio della giovane Graziella, per testimoniare concretamente la nostra solidarietà ai genitori e a coloro che hanno lottato per darle giustizia, Terrelibere dedica all’omicidio Campagna questo speciale, mettendo in rete il volume di denuncia curato dall’Associazione Rita Atria di Milazzo e dal Comitato messinese per la pace e il disarmo unilaterale e due recenti interrogazioni parlamentari di Nichi Vendola che ricostruiscono attraverso la lettura degli atti processuali, la trama occulta di mafiosi, magistrati, imprenditori e carabinieri che ha soffocato col piombo i sogni e le speranze di un’adolescente siciliana.

Introduzione Morire a diciassette anni. Morire di mafia. A cura di: Associazione Antimafia ‘Rita Atria’ di Milazzo Comitato per la pace e il disarmo unilaterale di Messina Morire a diciassette anni. Morire di mafia. GRAZIELLA CAMPAGNA, una ragazza semplice di Saponara, una famiglia numerosa la sua, dove i genitori insegnano ai figli i principi della vita civile, i valori dell’onestà. “Era una ragazza buona” dicono i familiari e tutti coloro che l’hanno conosciuta. “Una ragazza posata, riservata in società, una ragazza sincera, che parlava di tutto con la sua famiglia”. Il 12 dicembre 1985 è stata rapita e uccisa. Undici anni trascorsi senza che lo Stato le abbia riconosciuto il diritto alla verità e alla giustizia. Undici anni in cui le è stato negato il diritto alla memoria, ad essere riconosciuta vittima di un potere criminale troppo spesso sottovalutato nel messinese. Il 7 dicembre ‘96, il Tribunale di Messina ha deciso di riaprire il caso Graziella Campagna. Un riconoscimento dell’impegno di coloro che non hanno voluto e non vogliono dimenticare. Le dedichiamo questo dossier. Per tracciare le fasi salienti di un’inchiesta infinita; inchiesta superficiale e discutibile come discutibile ci appare la stessa sentenza di proscioglimento dei due ‘presunti’ assassini, i mafiosi palermitani Gerlando Alberti junior e Giovanni Sutera. Un dossier per inserire il delitto in un contesto fatto di trame occulte, poteri forti, organizzazioni criminali, traffici di morte. Nello sfondo gli anni delle stragi di mafia e dell’eversione neofascista, un connubio destabilizzante che proprio a Messina e nello Stretto si è alimentato e sviluppato nell’omertà e nei silenzi di tanti. Di troppi. Abbiamo fondati motivi per ipotizzare che l’agendina smarrita da Gerlando Alberti e ritrovata da Graziella contenesse gli elementi per individuare esecutori e mandanti della strage del rapido 904 del 23 dicembre 1984. Siamo convinti che nel messinese Gerlando Alberti e i suoi protettori siano stati “cerniera” di equilibri politici, economici e mafiosi. Sarà dovere dei giudici accertare le verità che intuiamo. L’omicidio di Graziella, alla luce di queste ipotesi, non può essere letto senza analizzare le motivazioni che hanno spinto i suoi assassini a non avere scrupoli; l’omicidio non può essere attribuito solo a due boss mafiosi, ma occorre scavare in quel mondo di complicità, di collusioni, di coperture, di garanzie di impunità che ha circondato Gerlando Alberti e il Sutera. Quel mondo in cui una vita umana ha un peso inversamente proporzionale al grado dei suoi sporchi interessi: se il prezzo per garantire la “serenità” dei potenti è una Vita, la Vita di Graziella, allora si può uccidere. E dimenticare. C’è da fare ancora tanta strada per riconciliare una comunità con la vita spezzata di Graziella. Bisogna stringersi a fianco dei familiari che hanno ritenuto giusto costituirsi parte civile in sede processuale. C’è bisogno dell’impegno delle autorità statali e locali a collaborare affinchè giustizia sia fatta e in fretta. C’è bisogno di uno sforzo delle nuove generazioni a comprendere che il sacrificio di Graziella non è stato invano se esso è servito a chiarire una volta per tutte che Messina non è periferia di mafia, bensì luogo strategico per i traffici di armi e droga e per il riciclaggio del denaro sporco. Alle giovani vittime di mafia è stato negato il diritto a crescere, apprendere, socializzare, amare. E’ soprattutto nelle scuole, in un salone, una palestra, una classe, che può e deve essere ricordata Graziella. Perchè viva. Perchè non la si dimentichi. Perchè non si dimentichi che anche a Messina a diciassette anni si muore. Di mafia. Introduzione Morire a diciassette anni. Morire di mafia. A cura di: Associazione Antimafia ‘Rita Atria’ di Milazzo Comitato per la pace e il disarmo unilaterale di Messina Morire a diciassette anni. Morire di mafia. GRAZIELLA CAMPAGNA, una ragazza semplice di Saponara, una famiglia numerosa la sua, dove i genitori insegnano ai figli i principi della vita civile, i valori dell’onestà. “Era una ragazza buona” dicono i familiari e tutti coloro che l’hanno conosciuta. “Una ragazza posata, riservata in società, una ragazza sincera, che parlava di tutto con la sua famiglia”. Il 12 dicembre 1985 è stata rapita e uccisa. Undici anni trascorsi senza che lo Stato le abbia riconosciuto il diritto alla verità e alla giustizia. Undici anni in cui le è stato negato il diritto alla memoria, ad essere riconosciuta vittima di un potere criminale troppo spesso sottovalutato nel messinese. Il 7 dicembre ‘96, il Tribunale di Messina ha deciso di riaprire il caso Graziella Campagna. Un riconoscimento dell’impegno di coloro che non hanno voluto e non vogliono dimenticare. Le dedichiamo questo dossier. Per tracciare le fasi salienti di un’inchiesta infinita; inchiesta superficiale e discutibile come discutibile ci appare la stessa sentenza di proscioglimento dei due ‘presunti’ assassini, i mafiosi palermitani Gerlando Alberti junior e Giovanni Sutera. Un dossier per inserire il delitto in un contesto fatto di trame occulte, poteri forti, organizzazioni criminali, traffici di morte. Nello sfondo gli anni delle stragi di mafia e dell’eversione neofascista, un connubio destabilizzante che proprio a Messina e nello Stretto si è alimentato e sviluppato nell’omertà e nei silenzi di tanti. Di troppi. Abbiamo fondati motivi per ipotizzare che l’agendina smarrita da Gerlando Alberti e ritrovata da Graziella contenesse gli elementi per individuare esecutori e mandanti della strage del rapido 904 del 23 dicembre 1984. Siamo convinti che nel messinese Gerlando Alberti e i suoi protettori siano stati “cerniera” di equilibri politici, economici e mafiosi. Sarà dovere dei giudici accertare le verità che intuiamo. L’omicidio di Graziella, alla luce di queste ipotesi, non può essere letto senza analizzare le motivazioni che hanno spinto i suoi assassini a non avere scrupoli; l’omicidio non può essere attribuito solo a due boss mafiosi, ma occorre scavare in quel mondo di complicità, di collusioni, di coperture, di garanzie di impunità che ha circondato Gerlando Alberti e il Sutera. Quel mondo in cui una vita umana ha un peso inversamente proporzionale al grado dei suoi sporchi interessi: se il prezzo per garantire la “serenità” dei potenti è una Vita, la Vita di Graziella, allora si può uccidere. E dimenticare. C’è da fare ancora tanta strada per riconciliare una comunità con la vita spezzata di Graziella. Bisogna stringersi a fianco dei familiari che hanno ritenuto giusto costituirsi parte civile in sede processuale. C’è bisogno dell’impegno delle autorità statali e locali a collaborare affinchè giustizia sia fatta e in fretta. C’è bisogno di uno sforzo delle nuove generazioni a comprendere che il sacrificio di Graziella non è stato invano se esso è servito a chiarire una volta per tutte che Messina non è periferia di mafia, bensì luogo strategico per i traffici di armi e droga e per il riciclaggio del denaro sporco. Alle giovani vittime di mafia è stato negato il diritto a crescere, apprendere, socializzare, amare. E’ soprattutto nelle scuole, in un salone, una palestra, una classe, che può e deve essere ricordata Graziella. Perchè viva. Perchè non la si dimentichi. Perchè non si dimentichi che anche a Messina a diciassette anni si muore. Di mafia.

 
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